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La sentenza n 49/2011 della Corte Costituzionale: una (contestata)

3. Le problematiche relative alla giustizia di tipo disciplinare

3.2. La sentenza n 49/2011 della Corte Costituzionale: una (contestata)

La Corte Costituzionale, chiamata a decidere sull’annosa questione relativa alla presunta violazione degli artt. 24, 103 e 113 della Costituzione da parte dell’art. 2 del decreto legge n. 220/2003, come modificato dalla l. n. 280/2003, attraverso una sentenza che verrà poi aspramente criticata da ampia parte della dottrina, ha ritenuto la questione di legittimità costituzionale sollevata dal TAR Lazio non fondata, precisando però che la riserva in favore degli organi di giustizia sportiva in materia disciplinare debba intendersi solo nel senso della esclusione di una giurisdizione di carattere pieno, ovvero demolitoria, da parte del Giudice Amministrativo, ferma comunque restando la sussistenza di una giurisdizione meramente risarcitoria in capo a quest’ultimo. Analizzando la discussa decisione della Corte, occorre affermare che essa, prima di entrare nel merito della questione, esamina in prima battuta alcuni profili preliminari, partendo dall’analisi del dato letterale della norma “incriminata” e delle stesse scelte operate dal legislatore in sede di conversione del decreto in legge. In tal senso, la Corte fa immediato riferimento ai lavori in sede di conversione del decreto, durante i quali si decise di espungere le lettere c) e d) del precedente decreto-legge, le quali come sappiamo si

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riferivano rispettivamente all’ammissione ed affiliazione dei tesserati e delle società alla Federazione sportiva, nonché all’organizzazione ed allo svolgimento delle attività agonistiche a programma illimitato e la relativa ammissione di squadre e atleti. Ciò ci fa giungere immediatamente alla conclusione che, attraverso questa mossa, il legislatore abbia voluto far emergere il concetto secondo il quale solo queste ultime materie sono di fatto di interesse per l’ordinamento generale qualora fossero in gioco diritti soggettivi ed interessi legittimi dei soggetti coinvolti, con la conseguente ed evidente irrilevanza per l’ordinamento della Repubblica di tutto il rimanente ambito disciplinare sportivo, rimesso per ciò alla esclusiva giurisdizione e competenza dei giudici sportivi. In seguito, i giudici proseguono con il ricordare uno dei principi fondamentali da considerare in sede di decisione sulla legittimità costituzionale di un testo normativo, peraltro già affermato dalla stessa Corte in numerosi casi precedenti138, secondo il quale «Le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perché è possibile darne interpretazioni incostituzionali, ma perché è impossibile darne interpretazioni costituzionali». Ciò premesso, il giudice di legittimità osserva come sia la stessa sentenza del Consiglio di Stato, la quale è stata richiamata dal rimettente TAR, a fugare ogni dubbio di costituzionalità, evidenziando come «tali norme debbano essere interpretate in un’ottica costituzionalmente orientata, nel senso che, quando il provvedimento adottato dalle Federazioni sportive o dal CONI abbia incidenza anche su situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento generale, la domanda volta ad ottenere non già la caducazione dell’atto, ma il conseguente risarcimento del danno, debba essere proposta innanzi al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, non operando alcuna riserva a favore della giustizia sportiva, innanzi alla quale la pretesa risarcitoria nemmeno può essere fatta valere». In altri termini, la Corte Costituzionale, richiamando il precedente del Consiglio di Stato n. 5782/2008, ha ritenuto di non ravvisare nella normativa oggetto del presente giudizio una assoluta preclusione della tutela giurisdizionale, ma soltanto una parziale e ragionevole limitazione della stessa relativa alla esclusiva tutela risarcitoria e con conseguente esclusione della tutela demolitoria. Dunque, il giudice delle leggi altro non ha fatto che operare una soluzione di ripiego in modo tale da salvaguardare definitivamente il principio di autonomia dell’ordinamento sportivo, affermando che in effetti la tutela giurisdizionale nei confronti del soggetto che sia stato sanzionato da un provvedimento disciplinare illegittimo sussiste, anche se in forma parziale. Sulla base di tali motivazioni, quindi, la Corte ha ritenuto che non vi fosse l’illegittimità costituzionale avanzata dal rimettente TAR nei confronti del già citato art. 2 della

138 Corte Cost., 20 febbraio 2007, n. 403 in Giur. Cost. 2007; Corte Cost., 22 ottobre 1996, n. 356, in Cons. Stato,

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legge n. 280/2003, ed ha al tempo stesso qualificato la tutela risarcitoria come una «forma di tutela per equivalente», nonché come una «diversificata forma di tutela giurisdizionale»139. Pertanto, e definitivamente, il destinatario di una sanzione disciplinare inflitta dagli organi di giustizia sportiva, il quale lamenti la lesione di una situazione soggettiva giuridicamente protetta, può agire in giudizio, impugnando il suddetto provvedimento dinanzi alla giustizia amministrativa, solo ed esclusivamente per ottenere il risarcimento del danno e non già per ottenere l’annullamento del suddetto atto140. Alla luce di tutto ciò, secondo il giudice di legittimità si tratterebbe di un bilanciamento, non irragionevole, operato dal legislatore tra le esigenze di tutela del singolo soggetto e quelle di coesione della comunità sportiva, in un certo senso ritenute queste ultime prevalenti rispetto alle prime. Qualcuno, in considerazione delle conclusioni cui è discutibilmente giunta la Corte, ha parlato (a ragione) di un evidente danno, di una lesione che la stessa ha effettuato nei confronti del fondamentale diritto di difesa e di tutela dei soggetti tesserati coinvolti141. Il tutto, quindi, si basa sul semplice fatto che la tutela risarcitoria che il legislatore attribuisce ai soggetti destinatari di sanzioni disciplinari sia, seppur una tutela in forma mediata e dunque parziale, comunque più che sufficiente sia per ritenere che non sussiste alcuna illegittimità costituzionale della legge in questione, sia (e conseguentemente) che la tutela giurisdizionale dei soggetti coinvolti non viene dunque meno ed è per questo sufficiente, ad avviso dei giudici della Consulta, per poter affermare con certezza l’esistenza di una qualche forma di protezione di cui possono usufruire tesserati ed affiliati. In realtà, è proprio su tale aspetto che la decisione della Corte non è affatto sembrata convincente, dato che la tutela risarcitoria non può assolutamente essere considerata come sufficientemente appagante nei confronti del soggetto colpito dalla sanzione, poiché quest’ultima ha già efficacemente prodotto i suoi effetti, anche e soprattutto quelli che in

139 Per completezza, si riporta testualmente il passaggio della Corte su tale profilo. «È sicuramente una forma di

tutela, per equivalente, diversa rispetto a quella in via generale attribuita al giudice amministrativo (ed infatti si verte in materia di giurisdizione esclusiva), ma non può certo affermarsi che la mancanza di un giudizio di annullamento (che, oltretutto, difficilmente potrebbe produrre effetti ripristinatori, dato che in ogni caso interverrebbe dopo che sono stati esperiti tutti i rimedi interni alla giustizia sportiva, e che costituirebbe comunque, in questi casi meno gravi, una forma di intromissione non armonica rispetto all’affermato intendimento di tutelare l’ordinamento sportivo) venga a violare quanto previsto dall’Art. 24 Cost.. Nell’ambito di quella forma di tutela che può essere definita come residuale viene, quindi, individuata, sulla base di una argomentata interpretazione della normativa che disciplina la materia, una diversificata modalità di tutela giurisdizionale».

140 P. SANDULLI, M. SFERRAZZA, Il giusto processo sportivo; il sistema di giustizia sportiva della Federcalcio,

Milano, 2015, p. 33.

141 A. DE SILVESTRI, La Corte Costituzionale “azzoppa” il diritto d’azione dei tesserati e degli affiliati, in Riv.

Dir. Sport., L’autore afferma che dalla lettura della sentenza «traspaia un qualche imbarazzo della Corte laddove questa, nel richiamare il proprio precedente arresto n. 254 del 2002, ove la deroga al regime risarcitorio era stata incentrata sulla realizzazione di un ragionevole punto di equilibrio tra le esigenze proprie dei due portatori di interesse, ha nella specie ritenuto di poter ripiegare, più timidamente, sull’anzidetto “non irragionevole bilanciamento”».

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qualche modo vanno a ledere l’immagine che tali persone hanno non solo nel mondo dello sport, ma soprattutto nell’ordinamento generale. Una soluzione di compromesso che non può non lasciare perplessi, addirittura aggravata dal fatto di «non essere neppure consolidata nell’esperienza giurisprudenziale e dunque per questo non accoglibile»142. Non a caso, tale decisione ha decisamente lasciato del tutto insoddisfatti tanto i sostenitori della legittimità della piena riserva a favore degli organi di giustizia sportiva, quanto soprattutto i fautori della illegittimità della suddetta norma, secondo i quali l’ordinamento, nell’area disciplinare sportiva, non può precludere ai destinatari della sanzione la tutela assolutamente principale, ovverosia quella di carattere demolitorio dell’atto lesivo143. Vi è anche chi ha criticato la decisione della Corte a partire dai presupposti logici su cui essa si è basata per giungere a tale conclusione144, giudicati come troppo deboli per sostenere l’argomento, se non addirittura «del tutto fuori quadro», al punto tale da «assestare un fendente micidiale al principio della piena tutela giurisdizionale, estesa cioè a tutte le azioni in astratto esperibili»145. Sulla base di questi orientamenti, sembra logico pensare che di fatti la Corte, ancor più che porre in essere una decisione discutibile su di una questione assai delicata, abbia anzi fatto in modo che ad uscire sconfitta da questa faccenda sia stata la garanzia dei diritti degli associati146 (la quale, come si è già avuto modo di precisare, molto spesso è stata bersaglio indiscriminato delle scorrette decisioni, tanto del legislatore in sede di emanazione di normative urgenti, quanto degli organi di giustizia sportiva e delle Federazioni nell’ambito della loro autonomia organizzativa e del rapporto che essi intrattengono con gli associati ed i tesserati). Altri ancora hanno parlato di «creazione artificiale di una protezione semipiena, in quanto affidata unicamente alla concessione ex post di una somma di denaro che dovrebbe compensare i sacrifici ingiustamente sopportati»147. Insomma, sulla base di quanto fin qui esposto, si ritiene che la mancanza di un

142 A. SCALA, Autonomia dell’ordinamento sportivo, diritto di azione ex art. 24 Cost., effettività della tutela

giurisdizionale: una convivenza impossibile? in Riv. Dir. Sport., ed. online www.coni.it.

143 A. DE SLVESTRI, La Corte Costituzionale “azzoppa” il diritto di azione dei tesserati e delle affiliate, in Riv.

Dir. Sport., 2011. L’autore afferma che «la matassa interpretativa portata alla cognizione della Corte non poteva essere districata se non muovendo dalla considerazione che, attualmente, il diritto nazionale dello sport è sinonimo di diritto statuale dello sport, nel senso che le pretese sportive maturate in ambito federale, ove si manifestino anche come situazioni soggettive che il legislatore non può deprivare di tutela giurisdizionale perché garantite dalla Costituzione, non possono che risolversi in pretese statuali direttamente azionabili, senza bisogno di essere filtrate per il tramite dell’ordinamento sportivo».

144 Ci si intende riferire, in primis, alla presunta tardività fisiologica dell’intervento demolitorio del giudice

amministrativo in materia disciplinare sportiva, oggettivamente smentita dalla realtà dei fatti, costituita da una pronta e tempestiva risposta fornita in questi anni dal giudice amministrativo nella suddetta materia.

145 F. G. SCOCA, I mezzi di tutela giurisdizionale sono soggetti alla discrezionalità del legislatore, in Corr. Giur.,

2011, p. 1543 e ss.

146 I. PIAZZA, Ordinamento sportivo e tutela degli associati: limiti e prospettive del nuovo equilibrio della Corte

Costituzionale, in Giustiziasportiva.it, 2012, 1.

147 A. PALMIERI, Sanzioni disciplinari sportive, ricadute su interessi giuridicamente rilevanti e tutela

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giudizio di annullamento della sanzione disciplinare ingiustamente applicata nei confronti del tesserato non possa in alcun modo essere pienamente ed efficacemente sostituita da una mera tutela di carattere risarcitorio, al contrario di chi invece ritiene che quest’ultima debba essere considerata una forma di tutela capace di soddisfare in pieno chi abbia subito un pregiudizio dal provvedimento sanzionatorio in questione148. Inoltre, in proposito occorre osservare come quella risarcitoria costituisca una tutela che può essere irrogata soltanto qualora venisse accertata la sussistenza di presupposti ulteriori rispetto a quello dell’accertamento della mera illegittimità dell’atto in conseguenza della cui adozione il risarcimento viene ad essere richiesto (a differenza di quanto accade qualora venisse invocata la tutela demolitoria che, invece, su tale mero accertamento si fonda). La tutela risarcitoria, per l’appunto, risulta essere addirittura più gravosa: si pensi, ad esempio, al fatto che il risarcimento del danno implica, per il riconoscimento del relativo diritto, anche la verifica della sussistenza dell’elemento soggettivo della colpa o del dolo del danneggiante, il che comporta un aggravarsi della posizione del soggetto coinvolto, il quale dovrebbe comunque dimostrare l’oggettività di una serie di elementi non facilmente provabili allo scopo di ottenere, tra l’altro, una tutela non perfettamente corrispondente al danno già subito149. L’impressione, infatti, è quella della assoluta presunzione di irrilevanza giuridico-economica della materia tecnica e disciplinare operata a monte dal legislatore, a cui ha fatto seguito la (non) decisione della Corte Costituzionale, la quale non ha deciso in senso netto sulla questione ma, pur di salvaguardare il principio di autonomia dell’ordinamento sportivo, ha di fatto operato un compromesso che ha scontentato molti e accontentato pochi, con il risultato che si è giunti, ancora una volta, ad una soluzione di ripiego che non ha risolto i problemi preesistenti e non ha apportato certezza ad un sistema troppo spesso deficitario e negligente in tal senso150. Infatti, attesa l’ormai enorme importanza sociale

148 L. GIACOMARDO, Sanzioni disciplinari sportive e rapporti tra ordinamenti, in Riv. Dir. Sport., cit. p. 154 e

ss.

149 E. LUBRANO, La Corte Costituzionale n.49/2011: nascita della giurisdizione meramente risarcitoria o fine

della giurisdizione amministrativa in materia disciplinare sportiva? in Riv. Dir. Sport., 2011, l’autore afferma che «inoltre, la soluzione «individuata» dalla Corte Costituzionale non ha considerato il fatto che la tutela di ordine risarcitorio costituisce un «rimedio» peggiore dello stesso male (illegittimità del provvedimento) e dovrebbe essere considerata, quindi, solo come una sorta di estrema ratio, da scongiurare quanto più possibile, stante il «carattere dannoso» del risarcimento dei danni per tutti gli interessi dell’intero «sistema» («casse federali» peraltro sovvenzionate con «soldi pubblici», interesse al ripristino della legalità e della regolarità agonistica, che resta frustrato mediante l’irrogazione di un provvedimento disciplinare poi riconosciuto come illegittimo, ma non più «rimovibile» ecc.), come ben evidenziato dalla dottrina».

150 E. LUBRANO, La Corte Costituzionale n.49/2011: nascita della giurisdizione meramente risarcitoria o fine

della giurisdizione amministrativa in materia disciplinare sportiva? in Riv. Dir. Sport., 2011, cit. p. 32, «la Corte avrebbe potuto, più semplicemente, valutare la legittimità o meno di tale riserva e dichiarare la norma costituzionalmente legittima o meno (in particolare, a parere dello scrivente, essa avrebbe dovuto dichiararne l’illegittimità costituzionale, stante la oggettiva potenziale rilevanza giuridico-economica delle questioni disciplinari, come unanimemente riconosciuto dalla giurisprudenza amministrativa richiamata), senza cercare necessariamente una soluzione (piuttosto «forzata») per salvare comunque la norma in questione».

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ed economica delle odierne competizioni sportive, soprattutto nel settore del professionismo, appare chiaro come ogni sanzione di carattere disciplinare covi in sé il rischio di avere comunque delle influenze e delle ricadute molto importanti, tanto patrimoniali quanto a livello sociale, con la conseguenza che si dovrebbe sempre e comunque ammettere la giurisdizione statale su tali materie, attraverso una piena tutela, di carattere sia demolitorio oltre che risarcitorio, anche a costo di mettere in crisi l’intoccabile principio di autonomia, su cui poggia le basi l’intero ordinamento sportivo. Ed allora appare auspicabile una nuova e definitiva riforma legislativa che disciplini in modo differenziato il sistema sportivo, mettendo in primo piano la tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche soggettive di tutti i soggetti coinvolti, troppo a lungo messe da parte e sacrificate sull’altare dell’autonomia del fenomeno sportivo rispetto all’ordinamento generale.

4. Due giustizie e due velocità: gli esiti spesso contraddittori dei meccanismi