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2. Il processo di omogeneizzazione della giustizia sportiva ed il

2.3. La responsabilità oggettiva

2.3.1. La responsabilità presunta

Per quanto, invece, concerne la responsabilità presunta delle società sportive, essa si discosta dal principio di colpevolezza (che, come sappiamo, richiede un pieno accertamento anche dell’elemento soggettivo della colpevolezza) e, conseguentemente, anche dal principio di effettività della tutela, in modo meno marcato rispetto a quanto avviene con l’istituto della responsabilità oggettiva (ed al distacco totale che questa comporta nei confronti del suddetto principio). D’altro canto, ciò non vale a rendere la responsabilità presunta un istituto conforme alla presunzione di non colpevolezza, dalla quale, anzi, anch’essa si posiziona agli antipodi. Infatti, la responsabilità presunta determina una particolare tipologia di accertamento, in virtù

193 A. CANDUCCI, La responsabilità oggettiva nella giustizia sportiva: un architrave su pilastri di argilla, in Riv.

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del quale si determina un’inversione dell’onere della prova rispetto alla tradizionale attribuzione di questo, che il principio di non colpevolezza depone in capo al soggetto che prospetta l’ipotesi accusatoria. Tale istituto, dunque, se da un lato non impedisce che la società in questione possa essere chiamata a rispondere di condotte illecite effettuate da soggetti ad essa tesserati, dall’altro consente alla stessa, seppur attraverso un’inversione dell’onere probatorio, di dimostrare la mancanza del suo coinvolgimento all’interno della vicenda. Infatti, tale meccanismo determina, per la società che voglia difendere le proprie situazioni giuridiche soggettive e che sia coinvolta in un determinato contenzioso, certamente un aggravamento dell’onere della prova, ma non determina in modo automatico ed oggettivo l’attribuzione alla stessa di una determinata responsabilità, sulla base di un collegamento ipotizzabile tra quanto accaduto e la stessa società. Questa, del resto, risulta essere la differenza sostanziale tra i due tipi di accertamento della responsabilità, oggettiva e presunta, ampiamente operanti nell’ambito dell’ordinamento sportivo. Sotto tale aspetto, nella responsabilità presunta «ci si accontenta di una tranquillante ragionevole certezza, che è qualcosa di meno dell’al di là di ogni ragionevole dubbio e qualcosa di più della mera probabilità194». Infatti, così come appositamente disciplinato dall’art. 4, comma 5 CGS FIGC, «la responsabilità è esclusa quando risulti o vi sia un ragionevole dubbio che la società non abbia partecipato all’illecito o lo abbia ignorato». Entrambi gli istituti fin qui esposti, e cioè quello della responsabilità oggettiva e quello della responsabilità presunta, incidono, anche se in maniera diversa (il secondo in modo più attenuato del primo) sul principio del diritto di difesa e, in generale, sul principio di effettività della tutela. Si pensi al caso (peraltro già richiamato) della sanzione applicata nei confronti di una società sportiva (di calcio, basket ecc.) della disputa di più partite a porte chiuse, a titolo di responsabilità oggettiva, per le inottemperanze commesse dai propri sostenitori e non arginabili e governabili dalla stessa società (come per esempio accade nel caso dei cori razzisti). Oppure, si pensi al caso della società sanzionata con dei punti di penalizzazione in classifica a causa di un illecito sportivo commesso da un suo tesserato che, a fronte di un corrispettivo di denaro, ha alterato la propria prestazione sportiva, in danno della sua stessa società e per avvantaggiare quella avversaria (ipotesi, questa, peraltro già accaduta, soprattutto attraverso il già citato scandalo del calcioscommesse). Ecco, dunque, che la società in questione viene ad essere chiamata in causa, nonché a rispondere effettivamente dell’illecito commesso, in relazione ad

194 In questi termini si è espresso G. TORNATORE, il quale ha avuto modo di intervenire, in qualità di Procuratore

Federale Aggiunto della FIGC, in occasione del Corso di Diritto Sportivo organizzato a Roma in data 08 aprile 2016, sottolineando come, in effetti, quello della responsabilità presunta sia un meccanismo che si posiziona in una sorta di momento intermedio tra la responsabilità oggettiva e l’ordinario accertamento della responsabilità richiesto nell’ambito dell’ordinamento giuridico generale.

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un comportamento che, non solo, è posto in essere da un estraneo (come nel caso dei sostenitori) ma potrebbe essere stato realizzato anche senza alcun tipo di compartecipazione morale o materiale da parte del club. Anzi, la casistica annovera innumerevoli casi in cui la commissione dell’illecito è stata realizzata per perseguire una finalità di mero arricchimento personale del tesserato in questione, con la conseguente ed evidente mancanza di ogni collegamento con la società per cui lo stesso è tesserato. Per questo motivo, il legislatore sportivo ha previsto, all’art. 9, comma 3 CGS, che «la presunzione di responsabilità si ha per superata se dalle prove fornite dalla società, dall’istruttoria svolta dall’Ufficio Indagini o dal dibattimento risulti, anche in via di fondato e serio dubbio, che la società medesima non ha partecipato all’illecito e lo ha ignorato». Dunque, la presunzione di responsabilità può essere superata, non solo quando si accerti l’estraneità della società da qualunque forma di compartecipazione alla commissione dell’illecito, bensì anche nel caso in cui la prova della compartecipazione, sebbene esistente, sia insufficiente o contraddittoria. Per questo motivo, laddove il giudice ravvisi che sussistano seri e fondati dubbi sulla collaborazione della società, non potrà applicarsi la disciplina in merito alla responsabilità presunta e quindi alla stessa non dovrà essere applicato alcun tipo di provvedimento sanzionatorio.

Per quanto invece concerne la responsabilità oggettiva vera e propria, occorre affermare come, soprattutto in seguito all’entrata in vigore dei nuovi Codici e Regolamenti delle singole Federazioni sportive, seguendo la scia di quanto già avviato a suo tempo dalla Riforma del 2014, essa sia stata considerevolmente ridimensionata. Troppo severa era ritenuta la sua applicazione in passato, in considerazione del fatto che i club e le società erano gli unici soggetti effettivamente condannati dalla giustizia sportiva, anche qualora fosse da escludere una loro collaborazione alla commissione del fatto illecito. Ebbene, ad oggi si può dire che la responsabilità oggettiva sia stata di fatto degradata ad una forma di responsabilità “aggravata”, prevedendo la possibilità, per le società stesse, di essere scagionate, qualora esse dimostrino di aver rispettato determinate linee guida. Per questo, si offre ai club la possibilità di non essere puniti dalla sanzione disciplinare, con la dimostrazione di aver adottato ogni forma di cautela atte ad evitare le inottemperanze dei propri sostenitori. Il nuovo art. 7 Statuto FIGC, infatti, derubricato “Scriminante o attenuante della responsabilità della società, dispone che «al fine di escludere o attenuare la responsabilità della società di cui all’art. 6, così come anche prevista e richiamata dal Codice, il giudice valuta la adozione, l’idoneità, l’efficacia e l’effettivo funzionamento del modello di organizzazione, gestione e controllo predisposto dalla società». Dunque, le società che si adegueranno al Piano di Organizzazione e Gestione,

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appositamente predisposto dalla Federazione, potranno beneficiare delle esimenti. Ciò significa, in sostanza, che si è venuto a creare un nuovo sistema di responsabilità oggettiva, ben più attento alle effettive dinamiche ed alla posizione della società coinvolta: per questo motivo non è azzardato affermare che, probabilmente, nel campo della responsabilità oggettiva si è verificato il più significativo ed apprezzabile (nonché giusto) passo avanti dell’intera struttura della giustizia sportiva, la quale, del resto, continua comunque a presentare alcuni aspetti di evidente problematicità (sebbene siano evidenti, perlomeno, i tentativi delle istituzioni di proseguire nella direzione delle modifiche e delle riforme, a suo tempo tracciata dalla predisposizione del nuovo Codice di Giustizia Sportiva).

2.4. L’acquisizione delle prove nel processo sportivo: aspetti problematici