13. Gli effetti dell’impugnazione
13.1. L’effetto devolutivo
Il giudice dell’impugnazione interviene sulla res iudicanda in quanto investito della cognizione da una domanda di parte e l’effetto devolutivo si identifica proprio nella capacità dell’atto di impugnazione di trasferire sul primo l’oggetto dell’accertamento già operato nel grado precedente393.
Un accertamento, si badi, che è di per sé idoneo ad acquisire la forza della cosa giudicata, ma che non riesce a dotarsi della veste formale tipica e della portata effettuale di essa in ragione, proprio, della richiesta di verifica formulata dal soggetto interessato.
Volendo enucleare una nozione generale di effetto devolutivo, deve intendere con siffatta espressione «il trasferimento, realizzato attraverso un atto impugnatorio proposto da una delle parti processuali, della cognizione totale o parziale della regiudicanda, in capo a un giudice diverso da quello che ha pronunciato il provvedimento impugnato ed avente competenza superiore»394.
Nozione, quella appena richiamata, che proiettata sul piano dell’efficacia giuridica racchiude un grado di significazione “plurisenso”395 della categoria
logica sottostante e che chiama in causa la distinzione tra devoluzione totale e devoluzione parziale, distinzione che riposa a sua volta sul criterio costituito dall’ampiezza del controllo cognitivo deferito (ma, prima ancora, deferibile), per l’effetto dell’attivazione del rimedio, al giudice dell’impugnazione: «il mezzo di impugnazione è totalmente devolutivo qualora determini, in via automatica, la devoluzione integrale del thema decidendum al giudice deputato al controllo, al di là ed indipendentemente dalle eventuali argomentazioni
390 Marandola, Le disposizioni generali, cit., 209.
391 Tranchina, Impugnazione (diritto processuale penale), cit., 740. Per una critica rispetto all’effettiva
rilevanza della distinzione, al di là del punto di vista sistematico ed esplicativo, De Caro, Il sistema delle impugnazioni penali: legittimazione, forme e termini, cit., 66.
392 Del Pozzo, Impugnazioni (Diritto processuale penale), cit., 437. 393 Marandola, Le disposizioni generali, cit., 211.
394 Gaeta, Macchia, L’appello, cit., 307. V., inoltre, Tranchina, Impugnazione (diritto processuale penale),
cit., 750. L’attribuzione della cognizione ad un giudice superiore – e non, semplicemente, funzionalmente diverso – costituisce l’elemento centrale della classificazione – mezzi devolutivi e non devolutivi – di Leone, Trattato di diritto processuale penale, cit., 11. Per una diversa opinione v., invece, Del Pozzo, Impugnazioni (Diritto processuale penale), cit., 437.
395 Rinaldi, Impugnazioni (in generale), cit., 448. V., inoltre, Gaeta, Macchia, L’appello, cit., 312, ove si
postevi a corredo, in punto di fatto e di diritto; il mezzo di impugnazione, invece, è parzialmente devolutivo ove il perimetro, e non l’area, della cognizione del giudice dell’impugnazione sia determinato, con i motivi, dalla parte processuale che reclama il controllo, che ha l’onere, pertanto, oltre che di indicare le ragioni che giustificano l’attivazione della verifica giurisdizionale, anche di indicare i capi ed i punti della decisione oggetto di controllo»396.
La portata dell’effetto devolutivo – dunque, l’ampiezza della verifica demandata al giudice dell’impugnazione – è questione affidata al diritto positivo, essendo compito del legislatore definire la “graduazione dell’effetto”397 e, quindi,
stabilire in che termini ed in quale misura la res iudicanda si presta a sottostare ad un’attività di controllo e, in ipotesi, ad un’opera di rivalutazione critica. Il principio della domanda motivata rende già sul piano logico – ancora prima che su quello normativo – inevitabile una stretta correlazione tra contenuto dell’atto di impugnazione e ampiezza del potere valutativo e decisorio del giudice, così come è connaturato all’essenza del processo un progressivo restringimento degli ambiti della verifica con il progredire dell’itinerario processuale.
«Processus viene da procedere» – faceva notare la dottrina tanti anni addietro – «e nella sua etimologia esprime un meccanismo in movimento: una serie di atti, appunto, che, attraverso vari momenti o fasi, procedono da qualche cosa verso altra qualche cosa»398.
Un itinerario complesso, il quale prende le mosse dalla descrizione soggettivamente orientata di un fatto e dall’affermazione della sua verificazione contenute in un atto dotato di valenza imputativa per pervenire ad un giudizio di fondatezza (o meno) di quest’ultima.
La parzialità della devoluzione costituisce il portato logico della progressione processuale, di talché il susseguirsi di accertamenti sulla medesima res iudicanda non può tradursi nella reiterazione di giudizi ispirati a medesime regole procedurali e identici canoni valutativi, ma richiede che l’accertamento successivo al primo – presuntivamente giusto e suscettibile di divenire, come già detto, cosa giudicata – si svolga secondo una logica di verifica, seguendo regole proprie e in stretta correlazione con l’istanza proposta dalla parte interessata.
Al di là di particolari meccanismi di controllo caratterizzati dalla regola dell’effetto devolutivo pieno (art. 309 c.p.p.), la disamina del sistema delle impugnazioni ordinarie «lascia […] trasparire come il legislatore del 1988 abbia
396 Rinaldi, Impugnazioni (in generale), cit., 448. V., inoltre, Tonini, Manuale di procedura penale, cit.,
923. Nonché, in prospettiva diversa, De Caro, Il sistema delle impugnazioni penali: legittimazione, forme e termini, cit., 66.
397 Del Pozzo, Impugnazioni (Diritto processuale penale), cit., 438. 398 Bellavista, Lezioni di diritto processuale penale, Milano, 1973, 1.
accordato valenza […] al principio dell’effetto parzialmente devolutivo, in ragione del quale il trasferimento della res opera entro le specifiche iniziative di chi ha proposto impugnazione, per cui l’oggetto del giudizio ad quem è strettamente correlato all’ambito sostanziale, vale a dire contenutistico, della domanda d’impugnazione»399.
L’efficacia devolutiva non è, poi, delineata in termini unitari rispetto alla categoria generica delle impugnazioni, ma strutturata in termini diversificati a seconda del mezzo specificamente configurato ed alla luce della funzione ordinamentale tipica dell’organo competente.
E così, mentre l’appello, in linea con la sua connotazione di mezzo d’impugnazione a critica libera, attribuisce al giudice di secondo grado la cognizione del procedimento limitatamente ai punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti (art. 597, co. 1 c.p.p.), il ricorso per cassazione, tipico mezzo a critica vincolata, attribuisce alla Corte Suprema la cognizione del procedimento limitatamente ai motivi proposti (art. 609, co. 1 c.p.p.)400.
L’elaborazione dottrinale401 e giurisprudenziale ha condotto a conclusioni
abbastanza stabilizzate sul tema afferente ai concetti base dell’esplicarsi dell’effetto devolutivo, secondo le quali per capo della sentenza deve intendersi quella parte della decisione riguardante ciascun fatto reato oggetto di un autonomo rapporto processuale, mentre per punto della sentenza deve assumersi ciascuna statuizione sia in fatto che in diritto di cui consta un capo, estraibile dalla lettura del dispositivo della sentenza e suscettibile di una sua propria valutazione in quanto oggetto di indagine e di statuizione avente consistenza autonoma402.
Con la precisazione che la nozione di “punti della decisione” di cui all’art. 597, co. 1 c.p.p. va collegata al momento dispositivo della sentenza appellata e deve riferirsi alla decisione del giudice, per cui la preclusione derivante dall’effetto devolutivo dell’appello, concernente i punti della decisione che
399 Marandola, Le disposizioni generali, cit., 214.
400 Distingue, invece, tra impugnazioni a censure illimitate ed impugnazioni a censure limitate,
invece, Nappi, Ambito oggettivo ed estensione soggettiva dei giudizi di impugnazione, in Cass. pen., 2009, 3239.
401 Tonini, Manuale di procedura penale, cit., 924. V., però, Spangher, Appello (diritto processuale penale),
cit., 4, il quale mette in evidenza come sia difficoltoso individuare in concreto i “punti” della decisione, con conseguenti ricadute sul piano applicativo.
402 V., in questi termini e tra le prime, Cass. pen., Sez. IV, 18 dicembre 1992, Cornici. Sul tema v., poi,
Cass. pen., Sez. un., 9 marzo 2007, Michaeler. Nonché, da ultimo, Cass. pen., Sez. un., 14 febbraio 2017, Aiello e altro; Cass. pen., Sez. VI, 15 gennaio 2018, n. 1422. Nell’ambito di una posizione dottrinale sostanzialmente unanime v., inoltre, De Caro, Maffeo, Appello, cit., 54; Bargis, Impugnazioni, cit., 748; De Gregorio, La dinamica generale delle impugnazioni, cit., 163; Nappi, Guida al codice di procedura penale, cit., 761; Galati, Le impugnazioni in generale, cit., 456; De Caro, Il sistema delle impugnazioni penali: legittimazione, forme e termini, cit., 52. Problematico, invece, l’approccio di Gaeta, Macchia, L’appello, cit., 315.
non sono stati oggetto dei motivi di gravame e che acquistano autorità di giudicato, non riguarda gli argomenti logici403.
I motivi ai quali si riferisce l’art. 609 c.p.p., invece, consistono nell’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che, conformemente con la tipizzazione effettuata dall’art. 606 c.p.p., sorreggono le richieste formulate nell’atto d’impugnazione404.