• Non ci sono risultati.

L’eredità dei Mau Mau e il dibattito storiografico

I Mau Mau erano stati sconfitti militarmente, ma sei anni dopo l’esecuzione di Dedan Kimathi, il Kenya divenne indipendente. I principali leader della Kenya African Union, arrestati nel 1952 con la proclamazione dello stato d’emergenza, non avevano mai rico- nosciuto legittima la lotta del Kenya Land Freedom Army, ma una volta in libertà e riassunta la guida della comunità kikuyu, e con essa di tutte le etnie del Kenya, racco- glievano il frutto dell’indipendenza e della transizione dal dominio coloniale all’autogoverno. Kenyatta fu sin da subito ambivalente nei confronti del lascito dei Mau Mau. Non appena tornato in libertà, il leader del futuro Kenya indipendente aveva avuto modo di confermare le proprie critiche verso il movimento, descrivendolo nel settembre del 1962 quale «una malattia che era stata sradicata». In effetti, nessuno degli ex- combattenti del Kenya Land Freedom Army e del movimento Muhimu assunse ruoli di guida del partito a livello nazionale, anche se Kaggia, Kariuki e il generale China rico- prirono incarichi minori in alcune realtà locali66. Al tempo stesso Kenyatta incontrò più volti molti dei leader della sollevazione che erano rimasti ancora in vita, ed invitò alcuni ex-guerriglieri alle celebrazioni per l’indipendenza. Ma una volta conseguito l’obiettivo dell’Uhuru, e divenuto a partire dal 1964 presidente della Repubblica67

a seguito dell’approvazione di un emendamento alla costituzione con il quale egli diveniva capo dello Stato e del governo, Kenyatta preferì appoggiare una politica di rimozione

65

B. A. Ogot, op. cit., in B. A. Ogot, W.R. Ochieng’, op. cit., p. 76.

66

M. S. Clough, Mau Mau and the Contest for Memory, in E.S. Atieno Odhiambo, J. Lonsdale (eds.), op.

cit., p. 255

67

112

dell’eredità della rivolta. «Forgive and Forget»68

, fu questa la formula elaborata dal go- verno per evitare di affrontare a livello ufficiale tutte le questioni rimaste irrisolte del processo di indipendenza. Fu una scelta quasi obbligata, per un paese che rimaneva le- gato alla Gran Bretagna data l’adesione al Commonwealth, e che Kenyatta riteneva in- dispensabile non solo per non compromettere i rapporti con l’ex-madrepatria69

, ma per non indispettire quei coloni europei che erano rimasti in Kenya e il cui appoggio poteva rivelarsi determinante. Fu una scelta che scontentò tutti coloro che avevano combattuto i britannici durante il conflitto70, ma che si inseriva nella sapiente trama costruita da Ke- nyatta per realizzare e mantenere un forte potere centralizzato, basato sulla sua figura e sul partito unico, dove non poteva esserci spazio per riaprire le questioni inerenti la ri- volta dei Mau Mau e i rapporti tra insorti e lealisti.

Anche negli anni successivi alla sua morte, avvenuta nel 1978, e con l’assunzione del potere da parte di Daniel arap Moi, la rivolta Mau Mau rimase a lungo questione da non rievocare pubblicamente. Tanto che nel 1990 provocò notevole imbarazzo il riferimento fatto da Mandela, appena liberato e in visita a Nairobi, davanti alle maggiori autorità di governo, alla lotta dei Mau Mau quale esempio per tutti i movimenti di liberazione dell’Africa e di lotta all’apartheid71

, individuando nella figura di Dedan Kimathi una delle più fulgide personalità della storia recente del continente, e dalla quale lui stesso ammetteva di aver tratto ispirazione. Non sfuggiva alla leadership della KANU il poten- ziale eversivo che il ricordo degli anni dell’emergenza poteva avere sulla struttura di po- tere radicata in Kenya dagli anni Sessanta. Con la fine della Guerra Fredda anche il mo- nopartitismo aveva i giorni contati, cosicché nei primi anni Novanta fu consentito a nuove formazioni di presentare candidature alle elezioni generali. Solo nel 2002 , dopo 24 anni al potere, Moi passò la mano. Con l’elezione a presidente della repubblica di Mwai Kibaki, primo capo di Stato eletto quale guida di una coalizione di cui non faceva parte la KANU, l’orientamento ufficiale delle istituzioni a proposito del ruolo dei Mau Mau nella lotta per l’indipendenza cominciò a mutare. Nel 2007 venne eretta a Nairobi

68

«Perdona e dimentica». Ivi, p. 256.

69

Kenyatta chiese alla Gran Bretagna l’invio di truppe per sedare la ribellione scoppiata alla fine del 1963 nella frontiera nord del paese e promossa dalla minoranza somala con l’obiettivo di separarsi dal Kenya e costituire una Grande Somalia. Durante il conflitto il governo keniano si servì di molte delle tecniche di contro-insurrezione usate dal governo coloniale britannico durante la rivolta Mau Mau. Si veda H. Whit- taker, Insurgency and Counterinsurgency in Kenya: A Social History of the Shifta Conflict, c. 1963-1968, Boston, Brill, 2011.

70

Sulla posizione di alcuni degli ex-combattenti si veda M. wa Kinyatti, Kenya‟s…cit., pp. 119-132.

71

113

una statua raffigurante Dedan Kimathi72, mentre nella nuova costituzione approvata nel 2010 il Kenyatta Day, celebrato sin dall’indipendenza del paese ogni anno il 20 ottobre, è stato sostituito dal Mashujaa Day73, il giorno degli eroi, dedicato a tutti coloro che hanno lottato per la liberazione del paese, dunque anche e soprattutto i combattenti e le combattenti Mau Mau. Richieste di risarcimenti e compensazioni sono state avanzate negli ultimi anni nei confronti del Regno Unito, da parte di ex appartenenti al movimen- to e da loro familiari in relazione ai crimini commessi durante il dominio coloniale bri- tannico, particolarmente negli anni del conflitto. Nel giugno del 2013 il governo britan- nico annunciò che avrebbe risarcito oltre 5000 individui, sottoposti a torture e abusi su- biti durante gli anni del conflitto, per un ammontare complessivo di poco meno di 20 milioni di sterline, con la previsione di un ulteriore finanziamento per costruire un me- moriale dedicato alle vittime della dominazione coloniale. Il 6 maggio del 2014 il par- lamento keniano approvò il Kenya Heroes Act, attraverso il quale le istituzioni si impe- gnavano a promuovere ogni ricerca volta ad individuare tutti coloro che svolsero una funzione decisiva nel processo di liberazione del Kenya e che potevano quindi essere ufficialmente riconosciuti quali eroi nazionali74.

Se il progressivo recupero dell’eredità della rivolta dei Mau Mau da parte delle istitu- zioni caratterizzava gli anni più recenti, l’interesse degli studiosi sulla materia non fu mai sopito75. Inizialmente, negli anni del conflitto e in quelli immediatamente successi- vi, prevalsero nella pubblicistica orientamenti filo-britannici, volti, più che ad una com- prensione del fenomeno, ad un approccio criminologico sulla questione Mau Mau76. A questa corrente reagirono nei decenni successivi da una parte gli studi legati ad una vi- sione positiva della lotta del movimento Mau Mau e del suo ruolo nella liberazione del Kenya, dall’altra alcuni tentativi di analizzare nel modo più equidistante possibile (al- meno nelle intenzioni) le cause che condussero allo scoppio del conflitto. Studiosi euro- pei e keniani, di orientamento liberale o conservatore, radicale o marxista affrontarono

72

M. Mwanzia Koster, Recasting the Mau Mau Uprising: Reparations, Narrations and Memory, in M. M Kithinji, M. Mwanzia Koster, J. P. Rotich (eds.), Kenya After 50: Reconfiguring Historical, Political, and

Policy Milestones, Houndmills, Palgrave Macmillan, 2016, p. 55.

73

R. M. Maxon, T. P. Ofcansky, op. cit., p. 172.

74

M. Mwanzia Koster, op. cit., in M. M Kithinji, M. Mwanzia Koster, J. P. Rotich (eds.), op. cit., Houndmills, Palgrave Macmillan, 2016, p. 56.

75

Una rassegna dei diversi orientamenti storiografici che si sono succeduti nel tempo a proposito del mo- vimento Mau Mau si trova in S. M. S. Alam, Rethinking Mau Mau in Colonial Kenya, New York, Palgra- ve Macmillan, 2007, pp. 23-41.

76

114

la questione secondo diverse prospettive e angolazioni77, offrendo letture e analisi spes- so utili, anche se non raramente parziali78.

La questione che in questa sede preme analizzare, tenendo presenti i lavori che furono pubblicati negli anni successivi al conflitto, è relativa al contributo che la rivolta Mau Mau dette al processo di emancipazione del Kenya. Per poter dare una risposta in tal senso occorre chiedersi quale fu la natura del movimento, quale il livello di consapevo- lezza politica dei principali protagonisti della rivolta, e quali furono i loro obiettivi. Nel corso degli anni gli studiosi che si interessarono alla rivolta dei Mau Mau, a prescindere dalle loro convinzioni, tentarono di rispondere a interrogativi come quelli relativi alle caratteristiche del conflitto, per capire se si trattò di guerra civile o guerra di liberazione; quelli relativi alla prevalenza di fattori scatenanti di tipo socio-economico o legati al sorgere, tra i protagonisti, di nuove forme di consapevolezza attorno ad un’identità co- mune; ancora, se le coordinate di questa identità fossero da rintracciare nell’insorgere di un indipendentismo pan-etnico o se esse rimanessero confinate in ambito tribale; infine, gli interrogativi inerenti al tipo di risposta che le autorità coloniali britanniche dettero alla sollevazione in atto. La portata di tali questioni, che imponevano di domandarsi an- che quale fosse stato il lascito del dominio coloniale nell’Africa orientale, e se la raffi- gurazione del processo di decolonizzazione nei territori sotto dominazione britannica come qualcosa di diverso e meno cruento rispetto agli analoghi processi nei domini francesi, spagnoli, portoghesi fosse davvero confermata, permise di mantenere sempre aperto e vivo il dibattito, con una eterogeneità di interpretazioni che rifletteva sia le di- verse metodologie di ricerca adottate sia gli interessi politici in gioco.

Non furono pochi coloro che concentrarono l’attenzione sull’ultimo punto sopra citato, relativo alle modalità con la quale il colonialismo britannico rispose alla sollevazione Mau Mau e che tipo di mezzi adottò, per stabilire se aderire o meno alla tesi che preten- deva che le autorità coloniali in Kenya avessero attuato la dottrina del minimum force79. Abbiamo già in precedenza concluso come in realtà l’esercito britannico dovette adotta- re in più di un’occasione misure repressive su larga scala, legate a pratiche radicalmente alternative al minimum force, quali l’utilizzo dei bombardieri della RAF per colpire le postazioni dei Mau Mau. Allo stesso modo, il ricorso intensivo alle deportazioni di mas-

77

J. Koskey Chang’ach, Reflections on the Legitimacy of Mau Mau Rebellion 50 Years after Independ-

ence in Kenya, in “Global Journal of Human-Social Science: History, Archaeology and Anthropology”,

Vol. 14, 2014, p. 9.

78

Per una critica dei limiti dei principali approcci alla questione dei Mau Mau si veda J. Lonsdale, The

Moral Economy of the Mau Mau: The Problem, in B. Berman, J. Lonsdale (eds.), Unhappy, Book Two… cit., pp. 265-303.

79

115

sa testimoniarono come il tipo di risposta esercitata dal governo britannico fosse ben lontana dall’idea di un utilizzo della forza e della coercizione strettamente proporzionata all’obbiettivo da conseguire. La rappresentazione, spesso interessata, del colonialismo britannico come qualcosa di radicalmente diverso dalle esperienze degli altri domini co- loniali in Africa non trovò conferma nell’esperienza riscontrata in Kenya. La forma di dominazione instaurata, con la creazione sin dai primi anni di una robusta classe di pro- prietari terrieri bianchi e una sterminata massa di indigeni sfruttati, realizzò un tipo di società profondamente verticista e razzista.

Numerosi furono anche i tentativi di stabilire quale fosse la causa principale alla base della sollevazione, onde individuare la natura specifica della ribellione, se maggiormen- te determinata da fattori a carattere sociale e di classe oppure legata alla formazione di una comune identità, di tipo pan-etnico, o coinvolgente le sole comunità delle regioni centrali del paese. Per quanto ci riguarda, analizzando alcuni documenti elaborati dai combattenti Mau Mau, sia nelle loro memorie che nei rapporti redatti durante la guer- ra80, dove i riferimenti alle rivendicazioni economico-sociali, come la questione della terra, si fondono con l’afflato indipendentista, ci pare di dover concludere che le riven- dicazioni economiche coesistettero e si fusero con la volontà di costituire una nuova na- zione indipendente. Quanto alla presenza, tra i principali esponenti della sollevazione, di una visione relativa alla liberazione dal giogo coloniale che andasse oltre i confini delle comunità direttamente coinvolte, i testi elaborati dai protagonisti testimoniavano in tal senso, come evidenziava ad esempio la lucida consapevolezza di Kimathi81 in relazione all’esistenza di un indipendentismo non solo kikuyu, embu e meru ma coinvolgente tut- te le etnie del paese, che era compito del movimento unificare sotto un’unica bandiera una volta sconfitta la dominazione europea. Se i territori coinvolti furono quelli della Provincia Centrale, e se l’etnia di riferimento fu senza dubbio quella kikuyu, ciò non si- gnificò che i protagonisti della sollevazione focalizzassero la loro attenzione esclusiva- mente sugli interessi dell’etnia dominante.

Sinteticamente, e senza stabilire una gerarchia tra essi, furono questi alcuni dei principa- li fattori alla base della rivolta dei Mau Mau: la formazione di una robusta comunità di

squatter, le cui rivendicazioni economiche costituirono la base per la creazione di un

forte consenso di massa attorno alla questione della terra; lo scarto generazionale tra i

80

Come i documenti ufficiali del Kenya Parliament, si veda M. wa Kinyatti, Kenya‟s…cit.

81

Lo dimostra il fatto che il Field-Marshal abbia sempre fatto riferimento nelle proprie lettere e nei propri dispacci, sia ai commilitoni che indirizzati al nemico, alla liberazione di tutto il Kenya e non semplice- mente delle etnie della Provincia Centrale.

116

più anziani membri della comunità e i nati a partire dal 1920, che erose la tradizionale autorità dei primi e fu dovuto anche, se non soprattutto, all’influenza che la dominazio- ne coloniale esercitò sulla società della Provincia Centrale del Kenya, in particolar mo- do attraverso la diffusione delle missioni cristiane e il successivo contrasto che le scuole indipendenti kikuyu esercitarono nei confronti della loro egemonia culturale; la nascita di un’avanguardia di giovani kikuyu che avevano combattuto la Seconda guerra mon- diale, particolarmente negli scacchieri dell’Asia e del Pacifico, dove avevano avuto mo- do di entrare in contatto con esponenti dell’indipendentismo locale; lo sviluppo di un sentimento di comunanza tra le diverse tribù dell’Africa orientale, accomunate dall’essere sottoposte alla dominazione britannica, sentimento che fu sempre presente, come abbiamo visto sopra, nei capi Mau Mau, e che permise l’adesione nel movimento, seppur largamente minoritaria, di esponenti di altre etnie oltre a quella kikuyu; la pre- senza di una classe di proprietari bianchi, molto influente nei confronti del governo co- loniale, la cui visione sul futuro del Kenya si rivelò incompatibile, all’inizio degli anni Cinquanta, con qualsiasi opzione riformista di miglioramento della condizione dei nativi (anche se negli anni successivi furono le forze “costituzionaliste” ad ottenere, attraverso la concertazione, prima l’autonomia e poi l’indipendenza, ciò avvenne dopo che la ribel- lione era stata sconfitta, e dopo che qualsiasi ipotesi di ritorno alla realtà antecedente al 1952 dovette con tutta evidenza risultare impercorribile). Tutti questi elementi si rivela- rono allo stesso modo decisivi e interdipendenti tra loro. La questione del possesso della terra, correlata all’imposizione di un nuovo modello economico in Kenya sin dalla con- quista del paese, si legavano naturalmente e a doppio filo con la nascita di un nuovo sentimento identitario, che superava le antiche linee di confine tribali e di cui i principa- li leader del movimento furono consapevolmente i portavoce. I Mau Mau costituirono sia un movimento di rivolta sociale, con un’evidente base contadina e proletaria, che at- traversò e divise la comunità kikuyu, che un movimento indipendentista che ebbe l’obiettivo di porre fine al dominio britannico, e tra i due scopi non vi era contraddizio- ne: agli occhi dei Mau Mau riappropriarsi della terra equivaleva ad ottenere l’indipendenza, e l’indipendenza non era possibile senza un ritorno al possesso della ter- ra. Oltre a ciò i ribelli furono protagonisti di un rinnovamento della società kikuyu, con un diverso ruolo, ben più attivo che in passato in ambito sociale, assegnato alle donne, e con una rivoluzione complessiva dei costumi che costituì un importante lascito degli anni del conflitto. Allo stesso modo la questione relativa al tipo di conflitto, se una guer- ra di liberazione dal giogo coloniale o se una guerra civile all’interno della comunità ki-

117

kuyu, appare una falsa questione, poiché la rivolta Mau Mau, e non poteva essere altri- menti, fu entrambe le cose. Del resto la contrapposizione tra ribelli e lealisti in seno ad una comunità dominata da stranieri non fu prerogativa esclusiva della realtà dell’Africa orientale degli anni Cinquanta, ma appartenne a molte altre esperienze storiche relative a conflitti di liberazione, a partire dal precedente della guerra di indipendenza america- na, per arrivare alle esperienze di resistenza alla dominazione nazista in Italia e Francia. Anche in questo caso sembra utile sottolineare come elementi di carattere economico e materiale si siano fusi ad elementi ideali nella scelta, da parte dei singoli individui, di quale fazione appoggiare durante il conflitto: i più ricchi e anziani tra i kikuyu, coloro che più avevano ottenuto dal dominio coloniale, stettero dalla parte dei britannici; i più giovani e poveri, gli squatter nelle campagne e nelle riserve e gli operai e i lavoratori nelle città parteggiarono, attivamente o come semplici sostenitori, per il Kenya Land Freedom Army. Ma non mancarono eccezioni, che non rientravano meccanicamente in questa bipartizione.

In tale contesto risultò inevitabile, dopo la fine della guerra, e dopo la raggiunta indi- pendenza, il sorgere di diverse memorie retoricamente contrapposte tra loro, una di ma- trice lealista, che vide nella difesa della tradizioni kikuyu dall’assalto dei Mau Mau la base per la realizzazione dell’indipendenza, e un’altra che invece interpretò le modalità con cui la stessa indipendenza è avvenuta, e nella decisione di Kenyatta e del suo go- verno di adottare la politica del «Forgive and Forget», un vero e proprio tradimento de- gli ideali e della lotta dei Mau Mau82. La decisione presa dalla classe dirigente del paese di dare un colpo di spugna alle questioni rimaste aperte, di adottare una retorica per la quale tutti avevano combattuto per l’Uhuru83

onde favorire una fittizia riconciliazione nazionale, rese ogni tentativo di costruire una memoria storica almeno in parte condivi- sa del tutto sterile.

Quale fu allora il ruolo dei Mau Mau, sconfitti dai britannici e dai lealisti, nella decolo- nizzazione del paese? Quanto del processo che portò all’indipendenza del Kenya fu le- gato all’azione del movimento e quanto invece alla mutata situazione internazionale, specie dopo la Seconda guerra mondiale, la crisi di Suez e l’inizio del processo di deco- lonizzazione in tutta l’Africa? È evidente che tutti questi elementi ebbero parte impor-

82

Si veda a titolo di esempio M. wa Kinyatti, Mau Mau: a Revolution Betrayed, London, Vita Books, 2000.

83

Kenyatta lo disse a chiare lettere in un discorso tenuto nel 1968. W. Vianni, Jomo Kenyatta: War, land,

and Politics in Kenya, in E. Obadare, W. Adebanwi, Governance and the Crisis of Rule in Contemporary

118

tante e furono determinanti nel favorire l’evoluzione degli eventi. Altrettanto evidente è che vi fu una continuità tra il regime politico che la dominazione coloniale aveva eretto e quello edificato dal nuovo stato nazionale frutto dell’indipendenza. Molti di coloro che si trovarono ad assumere posizioni di responsabilità politica negli anni successivi all’Uhuru avevano precedentemente militato tra le file dei lealisti, fianco a fianco dei britannici. Tuttavia, non si può liquidare il passaggio dal dominio britannico all’autogoverno come semplice cosmesi, una finzione che avrebbe lasciato inalterati i rapporti di dominio. Per quel che concerne l’oggetto di questa tesi, si può senz’altro concludere che la rivolta dei Mau Mau, se fallì da un punto di vista militare, pose le basi per rendere impossibile un ritorno al tipo di dominio che era stato instaurato preceden- temente nel paese. Se non furono materialmente i leader Mau Mau a portare a termine il processo di emancipazione e ad assumere la guida del paese, è pur vero che, nonostante