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La reazione del governo della colonia nella prima fase della mobilitazione Mau Mau si dimostrò largamente insufficiente. Ciò fu dovuto ad una limitata conoscenza della situa- zione che si era affermata tra i kikuyu dopo la Seconda guerra mondiale, unita ad una complessiva sottovalutazione del pericolo, tanto che alla fine degli anni Quaranta né il governatore Philip Mitchell, né i più influenti proprietari e uomini d’affari britannici in Kenya, sospettavano che la progressione degli eventi potesse condurre all’aperto con- flitto. Durante il suo mandato Mitchell, governatore dal dicembre 19441, tentò di coniu- gare una politica favorevole agli interessi e ai privilegi degli europei con la progressiva cooptazione in ruoli di rappresentanza degli elementi di maggior spicco della popola- zione africana. Più volte informato dell’escalation di violenze che stava coinvolgendo i distretti centrali del Kenya, non credette che la minaccia fosse tale da necessitare prov- vedimenti urgenti e straordinari2. Eppure, ad analizzare la sequenza dei fatti, i segnali non dovevano essere equivocabili.

La crescita del movimento Muhimu era stata guidata da personalità che, almeno inizial- mente, non facevano parte della Kenya African Union. Personaggi quali Kubai, Mungai, Beauttah, Kaggia e Mutonyi avevano maturato la loro esperienza nell’attività sindacale o nella lotta politica al di fuori del principale partito rappresentativo dei kikuyu. Solo in una seconda fase alcuni di loro ne avevano fatto ingresso, più per sfruttarne la struttura che per scelta ideale. Ma l’attività dei Muhimu restava distinta da quella della KAU. Nel partito invece i più giovani membri del Kiambaa Parliament3 avevano tentato di impri- mere una svolta, proponendo di appoggiare alcune forme di lotta politica che si stavano affermando in quegli anni, alternative a quelle del moderato nazionalismo dei più anzia- ni leader della comunità kikuyu. Ciò che premeva era porsi alla guida di tali lotte, ma il tentativo fallì, e la KAU si dimostrò incapace di riassumere l’iniziativa. Kenyatta, dal canto suo, pur avendo infiammato le masse negli anni precedenti, con discorsi e comizi

1

R. Frost, Enigmatic Proconsul: Sir Philip Mitchell and the Twilight of the Empire, London, The Rad- cliffe Press, 1992, p. 178.

2

C. Elkins, op. cit., pp. 29-30.

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che denunciavano le asprezze del dominio coloniale, non mostrò mai sostegno alla mo- bilitazione, ed anzi nel 1951 e nel 1952 prese più volte pubblicamente le distanze dai Mau Mau, denunciandone metodi e violenze4. La politica dei giuramenti su larga scala, accompagnata anche da costrizione nei confronti dei riluttanti, fu contrastata dai pro- prietari e da molti capi locali. Nella primavera del 1950 la Naivasha Farmers’ Associa- tion raccolse testimonianze e prove per denunciare le azioni dei Mau Mau, e nel proces- so che ne seguì, che vide imputati numerosi militanti, un kikuyu lealista, Parmenas Kiri- tu, testimoniò le modalità nelle quali avvenivano i giuramenti e le finalità dell’azione politica dei Mau Mau5. Il governo, che nell’agosto 1950 aveva proclamato illegale il movimento Mau Mau, agì su un duplice binario, peraltro senza che esistesse una strate- gia complessiva data la scarsa conoscenza del fenomeno in atto: proseguì sul piano de- gli arresti verso coloro che organizzavano, o erano sospettati di organizzare, azioni di resistenza anticoloniale; tentò di consolidare la componente lealista all’interno della comunità kikuyu. Sul primo piano, particolarmente significativo fu l’arresto di Beauttah nel 1951, assicurato alla giustizia coloniale per aver organizzato una protesta contro il programma di vaccinazione del bestiame nel distretto di Fort Hall6. Processato ad inizio del 1952, fu condannato a 2 anni di reclusione e lavori forzati. Per quando riguarda il secondo aspetto, l’iniziativa più clamorosa fu la promozione di un programma di con- tro-giuramenti, basati sul lavoro di un antropologo vicino ai kikuyu, Louis Leakey. Leakey era figlio di un missionario britannico ed era cresciuto nel distretto di Kiambu. Considerava sé stesso un kikuyu bianco e riteneva di conoscere la cultura della tribù meglio di qualunque altro europeo. Legato ad uno dei più influenti capi kikuyu, Waruhiu wa Kungu, Paramount Chief 7della Provincia Centrale dal 1950, promosse al suo fianco una campagna di giuramenti allo scopo di obbligare gli aderenti a contrap- porsi alla lotta dei Mau Mau. Nel 1952 pubblicò un’opera, Mau Mau and the Kikuyu, le cui riflessioni costituirono la base teorica della nuova campagna8. Leakey partiva da un assunto: tecnicamente i giuramenti amministrati dai Mau Mau non erano validi, in quan- to in molti casi l’adesione non si fondava sulla scelta volontaria dei contraenti ma sulla

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In un discorso dell’agosto 1952 Kenyatta disse: «I Mau Mau hanno deturpato questo paese. Lasciamo che si estinguano per sempre». P. E. Dow, "School in the Clouds": The Rift Valley Academy Story, Pasa- dena, William Carey Library, 2003, p. 126.

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Kiritu fu il primo ad utilizzare l’espressione “Mau Mau” per designare la mobilitazione in atto. Nel lin- guaggio kikuyu essa denota impazienza e poco criterio. D. Branch, Defeating Mau Mau, Creating Kenya,

Counterinsurgency, Civil War and Decolonization, New York, Cambridge University Press, 2009, p. 22.

6

D. Anderson, Histories…cit., p. 45.

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Si veda Cap. 1.

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costante minaccia di rappresaglie, sull’uso della violenza e sul ricatto; inoltre, venivano amministrati indiscriminatamente anche a donne e bambini. Forse più per rispetto delle tradizioni kikuyu in tema di giuramenti, che per il timore che la condotta dei Mau Mau potesse condurre alla guerra civile, Leakey si attivò sin dal 19499 per contrastare tale prassi, denunciandone l’esistenza alle autorità coloniali. Più tardi ottenne l’autorizzazione a dare avvio alla sua iniziativa. I nuovi giuramenti erano amministrati allo scopo di “purificare” coloro che avevano aderito alla causa dei Mau Mau. Il pro- gramma ebbe inizio nella primavera del 1952 e fu dapprima attuato nei distretti di Kiambu e Nyeri per poi essere esteso alle White Highlands10. Migliaia di kikuyu furono coinvolti in queste cerimonie, ma nel lungo periodo la campagna si rivelò un fallimento. Essa non riuscì a sradicare il movimento Mau Mau, recando con sé le stesse criticità dei giuramenti della KAU, quali le eccessive richieste di denaro di coloro che li ammini- stravano, e fallì dunque nel riconvertire ad una pacifica convivenza larghe fasce della popolazione.

In realtà, l’iniziativa promossa da Leakey giungeva in ritardo rispetto all’evoluzione de- gli eventi. Sin dal 1951 i Mau Mau avevano dato inizio a una serie di omicidi mirati, le cui vittime erano per lo più kikuyu lealisti e informatori del governo. Il 21 giugno del 1952 Mitchell lasciò la carica di governatore, proprio nel momento in cui il rischio di una rivolta generale stava giungendo al suo picco. Per tutta l’estate gli attacchi degli aderenti Mau Mau si susseguirono. Solo dopo tre mesi un nuovo governatore giunse in Kenya all’apice della crisi.

Evelyn Baring11 assunse la carica di governatore il 30 settembre del 1952, sostituendo il titolare pro-tempore Henry Steven Potter. Potter era stato il primo che, il 17 agosto, aveva informato il governo Churchill della necessità di adottare misure straordinarie.12 Baring, già governatore della Rhodesia del Sud negli anni della Seconda guerra mondia- le, era uomo che aveva esperienza delle dinamiche tipiche delle colonie britanniche in Africa, ma scarsa conoscenza della specifica realtà del Kenya. Per meglio comprendere la natura della mobilitazione e delle violenze in atto, Baring intraprese un tour nella provincia centrale del Kenya, dove ebbe modo di incontrare i capi kikuyu leali al gover-

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V. Morell, Ancestral Passions: The Leakey Family and the Quest for Humankind's Beginnings, New York, Touchstone, 1996, p. 165.

10

D. Branch, Defeating…cit., p. 41.

11

Sulla figura di Evelyn Baring si veda C. Douglas-Home, Evelyn Baring: The Last Proconsul, London, Collins, 1978.

12

F. Furedi, Colonial Wars and the Politics of Third World Nationalism, Londra, I. B. Tauris Publisher, 1994, pp. 166-167

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no, i più influenti proprietari della regione, alcuni insegnanti e missionari. Ascoltandoli, Baring si persuase del fatto che esisteva un profondo legame tra i Mau Mau e il naziona- lismo kikuyu moderato. Secondo questa prospettiva, al vertice del movimento c’era la dirigenza della KAU, i cui principali esponenti interpretavano il ruolo di mandanti e di- retti organizzatori degli omicidi e delle azioni più violente. Fu questa convinzione a de- terminare le iniziative del governo coloniale per tutta la prima fase del conflitto. Il coin- volgimento nella ribellione di gran parte della comunità kikuyu era data per scontata, nonostante già dall’inizio del 1952 lo Special Branch, il servizio di intelligence nella co- lonia, avesse indicato nei propri rapporti come esistesse una divisione all’interno dalla tribù, con la presenza di elementi i cui interessi si contrapponevano a quelli dei Mau Mau. Baring ebbe poco tempo per comprendere la natura delle violenze in atto. Si tro- vava ancora impegnato nel suo viaggio, quando il 7 ottobre del 1952 Waruhiu wa Kun- gu fu ucciso a Nairobi, su ordine dei leader Mau Mau.

Quella mattina Waruhiu si stava dirigendo in macchina presso il Native Tribunal appena fuori Nairobi. Con lui c’erano l’autista e altri due funzionari lealisti. Durante il tragitto l’auto fu seguita da un taxi. Ad un tratto questo li superò, quindi si accostò in modo da bloccare la vettura. Due uomini scesero dal taxi e spararono al Paramount Chief13. Quattro colpi, tre al torace ed uno alla testa, si rivelarono immediatamente fatali. L’operazione fu rapida e precisa, ma gli assassini commisero l’errore di lasciare in vita l’autista e gli altri due passeggeri. Dapprima la polizia identificò la persona alla guida del taxi, Wawinga Waweru Kamundia, poi il presunto sparatore, Gathugu Migwe. En- trambi sulle prime confermarono la loro colpevolezza, salvo poi ritrattare, sostenendo che le loro confessioni erano state estorte con violenze e torture. Il caso coinvolse anche la famiglia Koinange, i cui membri furono a vario titolo accusati di essere i mandanti del fatto. Uno di loro, John Westley Mbiyu Koinange, fu sottoposto a processo assieme a Kamundia e Migwe. Grazie ai servigi di un prestigioso avvocato, Dingle Foot, che dimostrò come non vi fossero evidenze a proposito del coinvolgimento del suo assistito, Koinange fu assolto. Diverso fu il destino di Migwe e Kamundia. Entrambi furono rico- nosciuti colpevoli dei fatti a loro ascritti e condannati a morte. La sentenza fu eseguita nel maggio del 1953.

Il 9 ottobre si celebrò il funerale di Waruhiu. Lo stesso giorno Baring inviò un memo- randum ad Oliver Lyttelton, Secretary of State for the Colonies, nel quale chiedeva a Londra il permesso di dichiarare lo stato d’emergenza. Per dieci giorni i due si tennero

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in contatto al fine di stabilire i termini di tale svolta. Ciò che fu chiaro fu che i Mau Mau avevano impresso un’accelerazione degli eventi, realizzando un salto di qualità tale da entusiasmare i sostenitori ed atterrire i coloni e i lealisti. Nella percezione dei kikuyu, Waruhiu rappresentava il vertice dell’amministrazione coloniale, con al di sopra il solo governatore. Era il Paramount Chief ad avere la responsabilità del mantenimento dell’ordine nella comunità. La sua morte rappresentava un successo propagandistico di enorme rilevanza. Essa dimostrava come nessuno, a prescindere da quale posto occu- passe nella gerarchia dei funzionari, potesse sentirsi al sicuro dalle azioni dei Mau Mau. Era un attacco al cuore dello stato coloniale, e come tale le autorità del governo lo inter- pretarono. Il 14 ottobre Lyttleton dette la sua formale autorizzazione alla proclamazione dello stato d’emergenza, che il governatore tuttavia impose ufficialmente una settimana dopo. Baring ordinò allo Special Branch di redigere una lista di 150 nominativi com- prendenti i massimi leader della Kenya African Union e alcuni uomini sospettati di aver aderito alla mobilitazione Mau Mau. La notte del 20 ottobre fu lanciata un’imponente operazione di polizia, al fine di assicurare alla giustizia i sospetti. Denominata Opera-

zione Jock Scott, essa ebbe luogo poche ore prima dell’effettiva proclamazione dello

stato d’emergenza (21 ottobre), e condusse all’arresto di Jomo Kenyatta e di tutti i prin- cipali membri della famiglia Koinange14, escluso il più anziano esponente, Peter Mbiyu. Questa ondata di arresti si rivolse contro il governo: il nazionalismo moderato si trovò privato dei suoi vertici, mentre alcuni dei principali capi Mau Mau riuscirono ad evitare la cattura riparando nelle foreste del Monte Kenya e dei Monti Aberdare. Già in settem- bre Waruhiu Itote, più tardi conosciuto come General China, era fuggito nelle foreste per evitare una probabile cattura. Nella notte del 20 ottobre anche Dedan Kimathi e Stanley Mathenge si resero irreperibili. Con l’Operazione Jock Scott, Baring decapitò la dirigenza della KAU ed involontariamente eliminò un’organizzazione che poteva rap- presentare l’unico serio ostacolo all’escalation. Buona parte della popolazione kikuyu si allineò sempre più al movimento Mau Mau. La convinzione da parte degli ambienti go- vernativi che Kenyatta fosse il leader della sollevazione in corso, unita alla presunzione di poter ricomporre la crisi in poche settimane, rese confusa e inefficace l’azione dei britannici, consentendo ai Mau Mau di poter organizzare la guerriglia.

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