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Il 28 luglio 1954 Alan Lennox-Boyd79 sostituì Oliver Lyttelton nella carica di Secretary of State for the Colonies. Il nuovo ministro dimostrò sin da subito di aderire al punto di vista dei coloni, e cioè che la ribellione fosse il prodotto di una sociopatia di massa che si era fatta strada nella comunità kikuyu. Durante un dibattito alla House of Commons nel quale era chiamato a riferire a proposito dell’evoluzione del conflitto, Lennox-Boyd espresse l’opinione che quella in corso fosse una cospirazione che trovava origine in

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Sulla figura di Lennox-Boyd si veda P. Murphy, Alan Lennox Boyd: A Biography, London, I. B. Tauris, 1999.

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una «totale perversione dello spirito umano»80, e che la pratica dei giuramenti condotti dai Mau Mau, attraverso rituali che si avvicinavano alla stregoneria, avevano avuto l’effetto di trasformare numerosi giovani kikuyu in «creature subumane senza speranze e con la morte come unica possibile liberazione»81. Il governo di Londra, nella persona del suo ministro delle colonie, confermava di aderire ad una teoria di derivazione psi- chiatrica per spiegare la sollevazione dei kikuyu, e avallava dunque i metodi sperimen- tati con l’operazione Anvil e con le deportazioni di massa.

Dopo la cattura di China e lo smantellamento di tutte le strutture presenti a Nairobi, la situazione dell’ala militare del movimento si era fatta disperata. Di fatto, la fazione del Monte Kenya, che fino ad allora aveva dimostrato di essere quella più efficiente sia dal punto di vista militare che da quello del conseguimento del consenso tra la popolazione civile, si ritrovava priva di una guida credibile. L’unica figura che aveva qualche possi- bilità di porsi come leader di tutta la mobilitazione era Kimathi, ma nei mesi che segui- rono non fu in grado di ricompattare i Mau Mau sotto la sua autorità. Tuttavia, se l’amministrazione coloniale aveva posto termine ad Anvil nella convinzione di aver eli- minato la presenza Mau Mau da Nairobi, il calcolo si rivelò quasi subito errato. All’inizio dell’estate del 1954, appena fuori dalla città cominciarono a raggrupparsi nuove formazioni di “irregolari”, riusciti a sfuggire al controllo degli screening team ce- lando la propria appartenenza al movimento. Questi gruppi inizialmente non risponde- vano ad alcuna autorità militare, essendo stato reciso qualsiasi canale precedentemente esistente con le leadership del Monte Kenya e degli Aberdare. Successivamente fu pos- sibile ricreare un collegamento con il Kenya Parliament, anche se le difficoltà logistiche erano aumentate rispetto alle prime fasi dell’emergenza. Tra i capi di queste nuove for- mazioni, i principali erano Karioki Chotara, David Mathu, Mwangi Toto e il capitano Nyagi Nyaga, soldato dell’etnia meru che aveva combattuto nei reparti operanti nella regione del Monte Kenya e che raggiunse, a capo di alcune decine di uomini, la zona at- torno a Nairobi alla fine dell’estate del 1954.

A partire dal mese di luglio questi nuovi gruppi dettero avvio ad una serie di attacchi verso civili e polizia nella parte meridionale del distretto di Kiambu e nella periferia di Nairobi. In settembre l’attività delle nuove formazioni si intensificò. Nei primi giorni del mese i ribelli attaccarono le abitazioni di alcuni contadini europei a Limuru, appena fuori Nairobi. Nella periferia nord il 4 settembre un piccolo nucleo ingaggiò uno scontro

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D. Anderson, Histories…cit., p. 280.

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a fuoco con le forze di polizia, lasciando sul campo 6 caduti. Il 16 settembre Mathu gui- dò una spedizione d’assalto alla prigione di Lukenya, a 20 miglia da Nairobi82

. L’operazione aveva ricevuto la preventiva approvazione del Kenya Parliament83

. Mathu lanciò l’attacco alle 8 del mattino. I suoi uomini penetrarono facilmente nella prigione, la cui guarnigione era numericamente scarsa, ferendo alcuni uomini di guardia ed ucci- dendone uno. Più di 200 prigionieri Mau Mau furono liberati, ma la quantità di arma- menti e munizioni sottratti fu di scarsa entità. Si trattò ad ogni modo di un clamoroso successo militare, che andava ad evidenziare come la partita attorno a Nairobi non fosse chiusa. Più tardi fu chiaro che si era trattato di un successo effimero. Se è vero che nelle settimane successive Mathu e gli altri leader portarono a termine nuove operazioni di minore entità84, il mese successivo i britannici ottennero alcune vittorie decisive. Il 12 ottobre le forze coloniali uccisero Mwangi Toto e ferirono e catturarono Mathu. Due settimane dopo fu assestato il definitivo colpo di grazia. Presso Dandora, in una zona paludosa a nord di Nairobi, avevano posto la loro base gli uomini di Nyaga, nascosti tra le alte canne di papiro che vi crescevano. Il 25 ottobre, alla sera, reparti di polizia, del Kenya Regiment, delle Home Guard e dei Royal Northumberland Fusiliers attaccarono la base, dando avvio ad una battaglia85 che durò tutta la notte. Alcuni guerriglieri riusci- rono a guadagnare una via di fuga. La resistenza dei Mau Mau venne sopraffatta solo dopo molte ore, all’alba. I caduti furono più di 30, i prigionieri almeno 50, tra i quali lo stesso Nyaga. Il capitano fu sottoposto agli interrogatori dello Special Branch per tre settimane, nelle quali dimostrò buono spirito collaborativo86 e fornì alcune informazioni importanti relative all’ala militare del movimento, nella speranza di veder commutata la propria probabile condanna a morte in una pena detentiva, sull’esempio di quanto acca- duto con il generale China. Per gli uomini catturati nella palude di Dandora furono alle- stiti sette differenti processi, la cui celebrazione ebbe inizio nel dicembre 1954. Diversi erano i livelli di coinvolgimento nella ribellione, e dunque si rese necessario separare i loro procedimenti. Nyaga fu processato assieme ad altri 5 compagni, anch’essi combat- tenti di lungo corso. Tutti furono condannati a morte. In totale le condanne capitali comminate nei sette diversi procedimenti furono 17. Le esecuzioni ebbero luogo dal 3

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Ivi, p. 213.

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M. Clough, Mau Mau Memoirs…cit., p. 152.

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Come l’eliminazione di 6 Home Guard il 25 settembre.

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D. Anderson, Histories…cit., pp. 214-215. Si veda anche Id., The Battle of Dandora Swamp; Recon-

structing the Mau Mau Land Freedom Army, October 1954, in E. S. Atieno Odhiambo, J. Lonsdale (eds.), op.cit., pp. 155-175

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gennaio al 20 marzo del 1955. Alla fine di gennaio anche Chotara87 cadde nelle mani del nemico. La resistenza Mau Mau attorno a Nairobi era stata definitivamente sconfitta. Il mese di dicembre fu anche quello in cui per la prima volta le atrocità commesse dalle Home Guard e dalla polizia divennero di dominio pubblico. Il capo della polizia, Arthur Young, e il capo della Criminal Investigation Departement (CID), Donald MacPherson, avevano speso l’estate del 1954 nell’investigazione di numerosi casi di abusi e torture commessi da lealisti e britannici nell’esercizio delle loro funzioni, soprattutto nella zona di Nyeri, dove si erano avvalsi della collaborazione di uno zelante ufficiale del CID, Hadingham88. Uno di questi casi, riguardanti l’omicidio di due kikuyu presso la stazione delle Home Guard di Ruthagathi, era giunto a processo89. Il giudice Arthur Cram, che presiedeva il dibattimento, emise la sentenza il 10 dicembre. Nel condannare i 6 colpe- voli, di cui l’esecutore materiale dei due omicidi, Muriu Wamai, alla pena di morte, Cram denunciava l’esistenza di un sistema fondato da un lato sull’utilizzo sistematico della violenza e della tortura da parte delle forze dell’ordine, e dall’altro dalla copertura di tali crimini sin al più alto livello dell’amministrazione coloniale. Baring tentò di im- pedire che le motivazioni della sentenza circolassero, ma con l’anno nuovo queste di- vennero di dominio pubblico anche a Londra. Young chiese al governatore di consentir- gli di proseguire nella sua opera di risanamento. Baring era invece intenzionato a non esporre la polizia ad una campagna di accusa che avrebbe indebolito l’amministrazione coloniale nel bel mezzo del conflitto. In disaccordo con il governatore, la posizione di Young divenne critica, il suo ruolo di fatto esautorato. Non restava che rassegnare le proprie dimissioni90. Il fallimento nel tentativo di ristrutturare la polizia, e di renderne l’attività irreprensibile in tema di rispetto della disciplina e dei diritti della popolazione, seguiva quanto era già accaduto nell’esercito, dove la volontà riformatrice di Erskine aveva dovuto scendere a patti con la realtà. Eppure, nonostante per Baring la necessità di salvare le apparenze fosse centrale, fu lo stesso governatore a promuovere un mode- rato cambiamento. In gennaio le Home Guard furono sciolte e i suoi effettivi reintegrati in nuovi reparti, componenti la Tribal Police, maggiormente legati all’amministrazione

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Tre anni dopo Chotara, detenuto nella prigione di Lokitaung, attentò alla vita di Jomo Kenyatta. Fu il generale China a salvare il futuro leader del Kenya indipendente, M. Osborne, op. cit., in M. Osborne (ed.), op. cit., p. 32.

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D. Branch, Defeating...cit., p. 85.

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D. Anderson, Histories…cit., pp. 297-305.

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A. Clayton, Frontiersmen: Warfare In Africa Since 1950, London, Taylor and Francis Library, 2001, p. 17.

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coloniale e meglio sorvegliati da ufficiali europei91, giacché si credeva che alla base del- la proliferazione di crimini commessi dai lealisti ci fosse l’eccessiva loro indipendenza. Era una mossa che si rendeva necessaria anche per evitare che il nuovo clima inaugurato a seguito della sentenza sul caso Ruthagathi producesse defezioni all’interno delle Ho- me Guard, con il rischio che la componente lealista della comunità kikuyu si avvicinas- se progressivamente ai ribelli.

Data la situazione, Erskine ritenne di anticipare la nuova offerta di amnistia generale, che secondo i piani dell’esercito doveva essere lanciata nel marzo del 1955, contestual- mente all’intensificazione delle operazioni delle forze speciali nelle foreste. Il War Council formulò i termini di una doppia amnistia, i destinatari della quale sarebbero sta- ti sia i guerriglieri Mau Mau che avessero accettato di arrendersi sia i membri delle Home Guard, con effetto per i reati commessi fino al gennaio 1955. Il 18 gennaio Ba- ring annunciò tale svolta a Nyeri, in un comizio alla presenza di quasi 12.000 kikuyu92. Ancora una volta la politica delle amnistie incontrò la forte opposizione dei coloni bri- tannici, ma sia il governatore che i più alti gradi dell’esercito condividevano l’opinione che questa fosse la strada giusta da seguire per indebolire la resistenza Mau Mau negli Aberdare e per rinsaldare il legame con la componente lealista. Nelle settimane che se- guirono l’amministrazione lanciò una campagna di informazione nelle riserve, dove no- nostante la “villagization” resisteva una sparuta fazione appartenente all’ala passiva del movimento Mau Mau, e nei pressi delle foreste. In previsione della resa di centinaia di Mau Mau, il 1° febbraio il War Council emanò una direttiva nella quale estendeva da 48 ore ad un mese la permanenza dei prigionieri nel campo di Thika, quello in cui venivano raccolti in prima istanza i guerriglieri consegnatisi volontariamente93. Erskine era co- munque lontano dal rinunciare ad offensive militari: due operazioni, la Hammer, nei Monti Aberdare, e la First Flute, nella regione del Monte Kenya, furono lanciate tra la metà del dicembre del 1954 e l’aprile del 1955. La seconda condusse alla quasi definiti- va sconfitta delle forze Mau Mau nel Monte Kenya, con la cattura di 90 uomini e la morte di quasi 20094.

Ancora una volta, sull’esempio di quanto accaduto l’anno precedente con l’utilizzo dei generali China e Tanganyika nella conduzione delle trattative col nemico, le autorità co- loniali ritenevano di avere nel maggiore Chui, un leader Mau Mau arresosi in preceden-

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D. Branch, The Enemy Within: Loyalists and the War Against Mau Mau in Kenya, in ”Journal of Afri- can History”, n. 48, 2007, p. 304.

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H. Bennett, op. cit., p. 141.

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Ivi, p. 147.

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za, una nuova risorsa da utilizzare. Il 4 febbraio gli alti gradi dell’esercito, dell’intelligence e alcuni funzionari governativi si riunirono per discutere il prosegui- mento della strategia. Fino a quel momento l’amnistia aveva condotto alla resa di meno di 60 uomini. Negli Aberdare Kimathi e Mathenge riuscivano ancora a mantenere la di- sciplina e la lealtà alla causa all’interno dei loro reparti. Era dunque necessario aprire un nuovo canale di trattative e fissare al tempo stesso un termine per l’offerta di amnistia, onde instillare un sentimento di urgenza in quei ribelli che potevano vacillare di fronte alla prospettiva di ottenere il perdono del governo coloniale. Il 10 febbraio Chui e altri 3 ex-guerriglieri furono condotti nelle foreste degli Aberdare per tentare di stabilire un contatto con la leadership nemica. Non fu tuttavia possibile incontrare né Kimathi né Mathenge, la cui diffidenza nei confronti di qualsiasi proposta di pace da parte del go- verno era inalterata. Il leader più importante cui fu possibile parlare fu Henry Kahinga Wachanga. Questi consegnò a Chui una lettera, affinché la portasse all’attenzione di Ba- ring ed Erskine95. Nella missiva Kahinga si dichiarava disposto a proseguire nei nego- ziati, purché le autorità avessero promosso segnali distensivi. Il governo accolse la ri- chiesta e pochi giorni dopo la sua compagna, imprigionata precedentemente, fu rilascia- ta. Il War Council autorizzò la creazione di un nuovo comitato responsabile della con- duzione delle trattative, composto dal Ministro per gli Affari Africani, dal Chief of Staff dell’esercito Heyman e dal capo dello Special Branch. Questa nuova struttura fu in bre- ve in grado di intensificare i contatti coi ribelli. Erskine decise di interrompere l’operazione Hammer per puntare tutto sulla strategia del negoziato. Lo Special Branch indirizzò lettere sia a Kahinga che a Kimathi. Se il secondo mantenne la propria diffi- denza, il primo proseguì nelle trattative, tanto da arrivare, l’11 marzo, a guidare una de- legazione di 4 rappresentanti per incontrare Heyman ed altri ufficiali a Nairobi. Per una settimana le due parti discussero i termini della resa. Kahinga si impegnò a ritornare ne- gli Aberdare per concordarne con gli altri leader le modalità. A fine mese Kahinga in- contrò nuovamente gli uomini dell’esercito per chiedere ulteriore tempo: risultava diffi- cile infatti radunare tutti i generali del Kenya Land Freedom Army. Lo Special Branch sperava che Kahinga coinvolgesse anche i pochi Mau Mau rimasti in azione nella regio- ne del Monte Kenya, onde chiudere la partita in entrambi i fronti, ma la rottura delle comunicazioni tra i due settori rendeva la cosa pressoché impossibile. Mentre i negozia- ti proseguivano, il numero dei soldati che individualmente decidevano di consegnarsi ai britannici cresceva giorno dopo giorno, tanto che Erskine ritenne preferibile ripristinare

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i più favorevoli termini di resa previsti al tempo del Green Branch surrender scheme. Le trattative non subirono interruzioni neanche a seguito della decisione, presa in aprile da Kimathi, di far arrestare Kahinga e gli altri ribelli direttamente coinvolti nei negozia- ti. Il Field-Marshal tornò infatti sui suoi passi dopo pochi giorni, probabilmente anche lui convinto, se non altro per motivi tattici, della necessità di proseguire nei negoziati. Fu in questa fase che si verificarono due eventi di portata significativa. Il 6 aprile Win- ston Churchill, ormai ottantenne, rassegnò le proprie dimissioni da leader del partito conservatore e da primo ministro. Gli succedette Anthony Eden, già ministro degli este- ri dal 1935 al 1938, dal 1940 al 1945 e nell’ultima esperienza di governo di Churchill. Eden convocò immediatamente nuove elezioni generali, che si tennero il 26 maggio e videro la netta affermazione del Partito Conservatore96. La compagine governativa ven- ne in buona parte confermata, con Harold Macmillan successore di Eden agli esteri e Lennox-Boyd ancora in sella alle colonie.

Meno di un mese dopo le dimissioni di Churchill, Erskine lasciava il Kenya. Il 2 maggio un nuovo comandante in capo delle forze armate, il Lieutenant-General Gerald Lathbu- ry, ne prese il posto. Erskine era riuscito a incanalare il conflitto verso la vittoria, a tra- sformare l’iniziale disorganizzazione delle locali forze armate in una struttura organica e flessibile, a rendere più efficace l’azione dell’intelligence civile e militare, a favorire un maggiore coordinamento tra l’amministrazione e l’esercito. Pur inviso nell’ambiente dei coloni, dei quali rifiutò di avallare alcune delle richieste più radicali, non rischiò mai di perdere il controllo della situazione militare. L’ampia fiducia di cui godeva a Londra, soprattutto da parte di Churchill, gli aveva consentito di essere lui, ancor più di Baring, la vera autorità decisionale in seno al War Council. Non fu né l’ostilità dei coloni, né la fine del governo Churchill a porre termine al suo mandato: già al momento del suo in- sediamento era stato previsto che l’incarico sarebbe durato non più di due anni. Lo stes- so Erskine auspicava di essere assegnato ad altri compiti, considerando ormai finita la sua missione e convinto che la fine delle ostilità fosse solo questione di tempo, dato che la minaccia Mau Mau era stata notevolmente limitata rispetto al momento in cui aveva assunto l’incarico97

. Se dal punto di vista militare la sua azione fu un successo, il falli- mento nel tentativo di riformare l’esercito era palese. Al di là di alcuni segnali isolati, come la repressione dei crimini commessi dai King’s African Rifle’s a Chuka, la viola-

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Si veda C. Cook, J. Stevenson, A History of British Elections Since 1689, Abingdon, Routledge, 2014, pp. 166-167.

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Dall’estate 1952 al giugno 1953 il numero di vittime prodotte dai Mau Mau era di circa 100 al mese, nella primavera del 1955 la media era scesa a 20 al mese, R. Edgerton, Mau Mau: An African Crucible, London, Collier Macmillan, 1989, p. 102.

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zione dei diritti umani rimase generalizzata durante i due anni di servizio di Erskine, ed anzi l’operazione Anvil e il programma di “villagization” rappresentarono un ulteriore passo nella de-umanizzazione di quella parte della popolazione civile che si riteneva avesse abbracciato la causa dei ribelli. Per quanto accaduto nell’ambito di queste politi- che, promosse dal War Council e che coinvolsero sia l’amministrazione che l’esercito, Erskine condivise con Baring la massima responsabilità. Era questa la controversa ere- dità che raccoglieva Lathbury. Toccava a lui tentare di portare a termine le trattative per la resa dei ribelli, o qualora fossero fallite, riprendere le operazioni militari.

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