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L’organizzazione militare dei Mau Mau e il ruolo delle donne

La strategia militare dei Mau Mau si collocava a pieno titolo nell’ambito della guerri- glia. Inferiori dal punto di vista degli armamenti, i rivoltosi potevano contare su una su- periore conoscenza del territorio, un vantaggio che, nonostante gli oltre 50 anni di stan-

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H. Bennett, op. cit., p. 18.

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Ivi, p. 52.

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ziamento dei britannici in Kenya, continuava ad essere significativo. Le foreste del Monte Kenya e degli Aberdare erano luoghi dei quali l’esercito britannico aveva scarsa conoscenza (non a caso, i Mau Mau ne fecero le basi dalle quali far partire le loro offen- sive). La facilità con la quale nei primi mesi della guerra i ribelli riuscivano ad effettua- re rapidi raid e scomparire in breve tempo testimoniavano quanto le foreste rappresen- tassero un sicuro rifugio. In effetti gli Aberdare e il Monte Kenya avevano già in passato offerto riparo a uomini che fuggivano dalle città, spesso accusati di aver commesso cri- mini per i quali dovevano essere sottoposti a processo. Ancor prima della proclamazio- ne dello stato d’emergenza approssimativamente 500 latitanti si erano ritirati nelle fore- ste45. In seguito molti di loro si arruolarono tra i ribelli, nella speranza, combattendo, di liberare il paese dai britannici e vedere così la loro posizione riabilitata; in altri casi ap- profittarono del loro inquadramento per fare razzie e commettere delitti in totale indi- pendenza dai ribelli. Altri gruppi criminali si aggiunsero nel corso del conflitto, operan- do nelle vicinanze delle foreste e tenendo un comportamento ambiguo, prestando servi- gi, a seconda delle convenienze, a tutte e due le parti contendenti. Erano definiti nel lin- guaggio kikuyu Komerara46, ed agivano senza altro obiettivo che il perseguimento dei loro interessi criminali.

Un elemento vitale per la strategia dei Mau Mau era il legame con la popolazione civile. La necessità di acquisire alla causa il supporto della maggior parte dei nativi costituiva la chiave di volta e il requisito essenziale per il successo della ribellione. Ecco perché i lealisti, alleati dei britannici, erano agli occhi dei ribelli il primo nemico e il bersaglio più importante. Assottigliarne le file era obiettivo imprescindibile. Per quanto riguarda le forze armate britanniche i Mau Mau non avevano l’ambizione di sconfiggerle mili- tarmente coinvolgendole in battaglie campali, né ritenevano plausibile condurre una guerra convenzionale. Una visione realista suggeriva di adottare le tattiche tipiche della guerriglia onde porre nel lungo periodo il governo coloniale di fronte all’evidenza che esistessero larghe fasce di territorio fuori dal proprio controllo. Lo scopo finale doveva essere giungere sul piano militare ad uno stallo, e ad una totale adesione alla causa da parte della comunità kikuyu, per costringere le autorità britanniche ad un accordo di pa- ce. La risoluzione del problema della terra e l’eventuale indipendenza erano questioni che sarebbero state concertate, da una posizione di forza, in seguito all’evoluzione del conflitto. Ma un aspetto era chiaro: i Mau Mau ripudiavano qualsiasi simbolo della do-

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A. Alao, C. Hook, Mau-Mau Warrior, Botley, Osprey Publishing Ltd., 2006, p. 25.

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minazione straniera. Nel vestire e nell’atteggiamento ogni riferimento agli europei era bandito. Il ripudio dei costumi britannici era spesso sancito da atti simbolici, ma gravidi di possibili conseguenze. A titolo di esempio riportiamo quanto recentemente raccontato da Japhlet Thambu, ex combattente Mau Mau. Questi si era arruolato assieme ad altri sotto il comando di Kimathi. Nel momento in cui aderirono alla lotta tutti i loro kipan-

de47 furono requisiti. Se qualcuno avesse chiesto di abbandonare la guerriglia e avesse osato chiedere la restituzione del proprio kipande, sarebbe stato ucciso48.

La principale e costante emergenza durante il conflitto fu rappresentata dalla necessità di rifornirsi di armamenti. L’enorme divario che esisteva con quanto l’esercito britanni- co aveva a disposizione suggeriva la creazione di canali informali attraverso i quali ga- rantire un afflusso di armi e munizioni sufficienti alla conduzione della guerra. Ma una generale scarsità persistette per tutta la durata delle ostilità. In ambiente britannico vi fu il sospetto che numerosi armamenti utilizzati dai Mau Mau fossero di provenienza so- vietica, ma non vennero fornite prove in tal senso. Buona parte delle armi da fuoco era- no state reperite già alla fine degli anni Quaranta, quando il clima di sedizione iniziava a emergere49. In alcune occasioni i ribelli riuscirono a rubare pistole e fucili in luoghi di facile reperimento, oppure requisirono armi agli uomini delle Home Guard catturati in battaglia. Non mancarono casi diafricani lealisti che disertarono e si arruolarono con i ribelli, portando in dotazione armi da fuoco. I Mau Mau ricorsero anche alla compra- vendita: una parte dei finanziamenti ottenuti attraverso le quote che i nuovi aderenti ver- savano al momento di prestare giuramento era destinata all’acquisto delle armi, reperibi- li grazie ai legami che il movimento vantava con alcuni imprenditori appartenenti alla comunità asiatica. Tuttavia, nonostante la relativa disponibilità di armi da fuoco, l’iconografia britannica rappresentava i guerriglieri Mau Mau armati di spade, panga, lance, archi e frecce. Nel complesso fu impossibile dotare di fucili tutti gli uomini50. Questi furono così destinati a coloro che avevano maggiore esperienza con le armi da fuoco, mentre i più giovani portavano armi bianche, poco adatte agli scontri con i bri- tannici ma utili per effettuare attacchi verso postazioni non presidiate dall’esercito, o per colpire fattorie isolate e case abitate dai lealisti.

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Si veda il Cap 1.

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L.L.P. Huttenbach, The Boy is Gone, Conversation with a Mau Mau General, Athens, Ohio University Press, 2015, p. 86.

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A. Alao, C. Hook, op. cit., p. 43.

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Non più del 10 % dei combattenti aveva un fucile a disposizione, T. J. Stapleton, A Military History of

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L’etica militare dei ribelli imponeva di evitare, se non in casi eccezionali, l’uccisione delle donne, in ossequio ad una visione che le vedeva come madri e creatrici di vita. Teoricamente era suggerito di non coinvolgere le mogli e le figlie di uomini che appog- giavano il dominio coloniale, onde non far pagare loro le scelte compiute dai mariti e dai padri51. Come abbiamo visto, tuttavia, durante il massacro di Lari nessuna distinzio- ne fu fatta.

La struttura organizzativa dei Mau Mau rifletteva in parte, nella terminologia e nelle competenze, quella dell’amministrazione britannica. Se durante i primi due mesi suc- cessivi alla proclamazione dello stato d’emergenza i ribelli si erano tenuti sulla difensi- va, la successiva riorganizzazione consentì di creare un sistema di divisione dei ruoli sia a livello di coordinamento che in ambito militare. Tra i combattenti fu adottato un si- stema di cariche e gradi, alla maniera occidentale, dal soldato semplice al generale, con la previsione di promozioni e di degradazioni. Tra i generali e più importanti esponenti della guerriglia vi erano Stanley Mathenge, Dedan Kimathi e Waruhiu Itote, noto come “General China”. Le differenze gerarchiche si fondavano sull’esperienza in campo mili- tare (China, ad esempio, aveva combattuto con l’esercito britannico in Birmania durante la Seconda guerra mondiale) o erano determinate dal livello di istruzione. Accanto ai generali, ogni reparto era coadiuvato da un uomo esperto di magia e medicina, che pra- ticava cerimonie di purificazione ed elaborava previsioni sull’andamento del conflitto. Tuttavia in una prima fase la composizione dei diversi reparti fu piuttosto fluida. Solo in maggio si ebbe la costituzione della prima unità armata dotata di una composizione de- finita, operante nella zona di Nyeri. Sul piano politico e organizzativo il movimento si ispirava al sistema dei comitati in uso nel governo coloniale. Per mesi i britannici si in- gannarono nella convinzione che il nemico non disponesse di una struttura centralizzata con un vertice stabilito. In realtà già all’inizio del 1953 i Mau Mau si erano dotati di un sistema di organi collocati in diversa posizione gerarchica e tra loro coordinati. In ogni divisione amministrativa, all’interno dei distretti della Provincia Centrale del Kenya, esisteva un locale comitato Mau Mau. Questo eleggeva rappresentanti che andavano a formare il comitato del locale distretto. Al vertice della struttura era collocato un comi- tato centrale, il Kiama Kia Wiyathi52, Consiglio della Libertà, che aveva sede a Nairobi, ed era il massimo responsabile politico del movimento, coordinando le attività dei lavo- ratori affiliati, fornendo appoggio al servizio di trasporto di beni ed armi (reso possibile

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A. Alao, C. Hook, op. cit., p. 11.

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dall’ausilio di molti tassisti53

che avevano aderito alla mobilitazione), e mantenendo i contatti con i rappresentanti dei comitati di livello inferiore54. L’organo cui era deputata specificatamente la conduzione del conflitto era un comitato militare che faceva funzio- ne di consiglio di guerra e quartier generale, il cui presidente aveva teoricamente il co- mando dell’intero esercito Mau Mau. Ad ogni modo, la difficoltà di coordinare l’attività di tutti i guerriglieri, unita all’impossibilità di mantenere un contatto costante tra i diver- si battaglioni, rendeva necessario affidare ruoli di leadership a più generali. Progressi- vamente il Kiama Kia Wiyathi perse la propria centralità. Nell’aprile del 1953 circa 15 dei suoi membri furono arrestati e la struttura fu smantellata55, ma ciò non impedì una successiva riorganizzazione.

Pur se ancora non perfettamente integrati nei loro quadri militari, e con la costante ne- cessità di rivedere la struttura organizzativa a causa degli arresti effettuati dalla polizia britannica, i Mau Mau avevano a disposizione un’efficacissima arma nei civili che ave- vano aderito alla lotta prestando giuramento ma continuando a lavorare al servizio dei proprietari bianchi. Soprattutto nel periodo precedente al massacro di Lari questi mili- tanti svolsero in incognito un ruolo di “quinta colonna”, favorendo gli attacchi dei ribel- li. Tra gli esempi più noti di questa tattica, l’azione effettuata ad Ol’ Kalou, nella Rift Valley, la sera del primo gennaio 1953, nella quale furono assassinati Dick Bingley e Charles Ferguson, nell’abitazione di quest’ultimo. Uno dei servitori aveva aperto la por- ta ad un manipolo di kikuyu, poco più di una dozzina, che rapidamente colpirono a mor- te i due britannici. La sera successiva fu tentato un analogo attacco non lontano da Nye- ri, vittime due anziane signore, Kitty Hesselberger e Rainey Simpson. Queste, preve- dendo la possibilità di un’aggressione, si erano procurate dei fucili. Nello scontro con gli aggressori riuscirono a colpirne tre, uccidendoli immediatamente, e a guadagnare una via di fuga56. Il terrore provocato da queste azioni condusse in molti nella comunità britannica ad armarsi, senza che questo scoraggiasse i Mau Mau: nei mesi successivi più di trenta nuovi attacchi furono portati a termine. Tra le vittime anche tre italiani, Nerena Meloncelli e i suoi due figli, Maria e Mario Meloncelli, uccisi in aprile a Chehe, nelle vicinanze della foresta del Monte Kenya57. In tutto, tra gennaio e luglio furono 9 i civili europei uccisi dai Mau Mau. Con la progressiva espulsione dei nativi dalla Rift Valley,

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Appartenenti alla Transport and Allies Workers’ Union, organizzazione sindacale vicina ai Mau Mau.

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A. Alao, C. Hook, op. cit., p. 11.

55 Ibidem. 56 D. Anderson, Histories…cit., p. 91. 57 Ivi, p. 92.

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e con la sempre più massiccia militarizzazione delle White Highlands, si assottigliò la possibilità di effettuare raid nelle case e nelle fattorie dei bianchi.

Uno degli aspetti più rivoluzionari del movimento Mau Mau, e che ha costituito una rot- tura dei tradizionali costumi delle etnie delle regioni centrali del Kenya, è relativo alle responsabilità affidate alle donne. Sotto molti punti di vista il conflitto fu un veicolo per realizzare una parziale emancipazione femminile e per superare molti dei caratteri tipici della società patriarcale kikuyu. Le necessità della guerra condussero ad una ridefinizio- ne dei ruoli di genere, laddove il principio di merito, in un contesto di quotidiana lotta per la sopravvivenza, doveva sostituire le tradizioni nell’assegnazione delle cariche. Numerose donne prestarono giuramento sia prima della proclamazione dello stato d’emergenza che durante il conflitto, spesso coinvolgendo anche i loro figli. Ad una mi- noranza non trascurabile fu amministrato il Bathuni, il giuramento militare, cosicché non furono poche le donne che si trovarono a combattere fianco a fianco degli uomini nelle foreste58. Altre esercitarono ruoli di responsabilità religiosa, affiliandosi ai batta- glioni dei combattenti e conducendo le preghiere rituali collettive59 che precedevano gli attacchi e gli scontri a fuoco con il nemico. Era questo un ruolo particolarmente impor- tante e rispettato, consistente nel dare conforto e vigore alle truppe e nell’elaborare pro- fezie sull’esito di un’azione. Esisteva addirittura un reparto di donne che eseguiva le sentenze di morte emesse dai Mau Mau. Alla sua guida Wambui X, soprannominata, in virtù del suo ruolo, Kamuirigo, cioè l’assassina60. Le donne che non si arruolarono as- sunsero nelle riserve, in assenza dei mariti, la responsabilità della conduzione degli affa- ri della famiglia61. In generale esistevano pochi limiti alla possibilità di arruolarsi nel ramo militare dell’organizzazione, la Land Freedom Army62

. Uno di questi era dato dall’essere in stato di gravidanza o nei mesi dell’allattamento. Per le donne che avevano figli piccoli esistevano comitati abilitati a valutare se consentire o meno

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È stato calcolato che approssimativamente il 5 % dei combattenti Mau Mau fosse di sesso femminile. T. Kanogo, op. cit., p. 145.

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Questi riti propiziatori mescolavano elementi della tradizione cultuale dei kikuyu con la religione cri- stiana ed avevano per base le preghiere tipiche delle chiese cristiane indipendenti sorte negli anni Trenta dopo lo scontro intervenuto in materia di clitoridectomia tra la comunità e i missionari. K. Macharia, M. Kanyua, The Social Context of the Mau Mau Movement in Kenya (1952-1960), Lanham, University Press of America, 2006, p. 22.

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T. Kanogo, op. cit., p. 148.

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K. Macharia, M. Kanyua, op. cit., p. 24.

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Lo stesso Kimathi incoraggiò più volte l’arruolamento di donne alfabetizzate. T, E, Turner, Rastafari

and the new Society: Caribbean and East African feminist roots of a popular movement to reclaim the earthly commons, in T. E. Turner, B. J. Ferguson (eds.), Arise Ye Mighty People!: Gender, Class, and Race in Popular Struggles, Trenton, Africa World Press, 1994, p. 33.

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l’arruolamento63

. Ad ogni modo un marito non poteva opporsi alla volontà della moglie di raggiungere i combattenti nelle foreste. L’adesione al movimento superava gli obbli- ghi matrimoniali, ed anzi, un uomo che avesse manifestato la propria insofferenza verso le attività che la moglie svolgeva per la causa della guerriglia, e ne avesse richiesto il ri- torno a casa, correva il rischio di essere equiparato al nemico.

Il contributo più importante offerto dalle donne alla causa dei Mau Mau fu tuttavia quel- lo di raccordo, di trasporto di beni di prima necessità e raccolta di informazioni. A que- ste attività parteciparono anche i bambini, figli di militanti, nei cui confronti le forze di polizia esercitavano un controllo minore, anche se non mancarono casi di minorenni ca- duti in scontri a fuoco. Una delle principali strategie adottate dalla controguerriglia bri- tannica consisteva nel limitare il più possibile ai ribelli l’accesso al cibo. Sin dall’inizio del conflitto i magazzini venivano sorvegliati giorno e notte e ispezionati onde assicura- re che nulla fosse rubato. Le donne del movimento elaborarono uno stratagemma, attra- verso il quale riuscirono a condurre cibo ai militanti con la scusa di doversi approssima- re alle foreste per raccogliere legna da ardere. Quando i britannici scoprirono tale prassi, le autorità imposero orari prestabiliti per la raccolta della legna, da esercitarsi sotto la scorta di forze di polizia64. I ribelli riconobbero quanto fosse centrale l’attività di rifor- nimento e costituirono un reparto ufficiale, guidato da una donna, Wanjiru wa Nyamara- tu, la cui posizione fu formalizzata con la designazione a Genero Wa Rigu, carica equi- parata a quella di generale, responsabile per la raccolta del cibo. Essa operava nel di- stretto di Nakuru65 e fu capace di creare una rete di donne e uomini in grado di operare come staffette per la raccolta e il trasporto del cibo e per la trasmissione di dispacci dal- le riserve alle foreste. Nel tempo, le sue responsabilità furono estese alla consegna di armamenti e medicinali, fino a che, all’apice della sua militanza nei Mau Mau, non as- sunse l’incarico di giudice della corte di giustizia del movimento, nel distretto di Naku- ru, abilitata ad emettere sentenze per crimini commessi da traditori o da prigionieri66. Wanjiru, che fu poi arrestata e condotta in un campo di detenzione, fu l’esempio più fulgido della presenza femminile in seno ai Mau Mau. Non fu la sola ad assumere ruoli di responsabilità. Qualunque donna avesse ricevuto l’amministrazione del terzo dei sette giuramenti Mau Mau poteva essere presa in considerazione per assumere la direzione di

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T. Kanogo, op. cit., p. 146.

64 Ivi, p. 143. 65 Ivi, p. 144. 66 Ivi, p. 148.

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una delle attività del movimento, a livello locale o centrale, e di partecipare alle sedute dello Ndundu Ya Hitho, il consiglio interno67.

Le donne costituirono un’imprescindibile risorsa anche nel campo dello spionaggio, po- tendosi muovere più liberamente rispetto agli uomini ed avendo la possibilità di avvici- nare le Home Guard nelle riserve al fine di reperire vitali informazioni per il movimen- to. L’importanza dell’attività di intelligence è rappresentato dalle speciali deroghe con- cesse in materia sessuale. In linea generale non era consentito alle donne avere rapporti sessuali con chi non avesse prestato il giuramento di adesione al movimento; eppure, in via eccezionale era possibile sedurre uomini dai quali si riteneva di poter ottenere noti- zie sul nemico. I Mau Mau posero grande attenzione in materia di regole di condotta sessuale, anche per quanto riguarda i maschi: era severamente proibito accoppiarsi con prostitute o sposare la figlia di un kikuyu lealista. La rigidità delle regole dovette tutta- via scontrarsi sovente con la realtà di un esercito composto per la maggior parte da uo- mini giovanissimi, spesso non sposati68, tanto che non mancarono casi di rivalità sorte in seno ai combattenti. Anche la controguerriglia britannica organizzò circoli che riuni- vano donne lealiste, i Maendeleo Ya Wanawake, che dovevano costituire luoghi di in- contro per le donne che si opponevano ai Mau Mau69. Con l’evolversi del conflitto l’appartenenza a tali circoli si rivelò decisiva per evitare arresti, cosicché anche molte donne che non avevano esplicitamente espresso posizioni contrarie alle attività dei Mau Mau decisero di aderirvi.