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La riorganizzazione dell’esercito britannico e il massacro di Chuka

L’evoluzione del conflitto pose Hinde in una situazione critica. La sua incapacità di rea- lizzare una strategia che consentisse di eliminare la minaccia Mau Mau dovette rivelarsi di immediata evidenza. Così come appariva chiaro, a Nairobi come a Londra, che l’esercito britannico non fosse in grado, fino a quel momento, di prevenire gli attacchi dei ribelli, limitando piuttosto la propria azione ad atti di risposta, come le rappresaglie. Hinde era giunto in Kenya in febbraio e sin da subito aveva sposato le idee e la visione dei coloni, spesso in contrasto col punto di vista di Baring e con le esigenze del governo

67

Ivi, p. 147.

68

J. Lonsdale, Authority, Gender and Violence, The war within Mau Mau‟s fight for land and freedom, in E. S. Atieno Odhiambo, J. Lonsdale (eds.), op. cit., p. 63.

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G. Geisler, Women and the Remaking of Politics in Southern Africa: Negotiating Autonomy, Incorpora-

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britannico. Anche se era stato ufficialmente posto a capo delle forze armate in Kenya nella prima metà di aprile, già dopo poche settimane la sua sostituzione appariva inde- rogabile. Fu lo stesso Hinde a fornirne occasione, quando un suo personale commento, espresso in un’occasione privata, fu portato prima all’attenzione della stampa e poi og- getto di un’interrogazione parlamentare a Londra. Hinde sostenne che, per scoraggiare la resistenza del nemico, oltre centomila kikuyu dovevano essere posti ai lavori forzati in una gigantesca vasca70. La frase suscitò scandalo non appena divenne di dominio pubblico, e Hinde fu presto informato della sua imminente sostituzione. Il suo successo- re, direttamente indicato dal primo ministro Winston Churchill, sarebbe stato il generale George Erskine.

Erskine era un militare di lungo corso, che aveva combattuto nella Prima guerra mon- diale e che aveva maturato la propria esperienza dapprima in India ed Irlanda, poi parte- cipando alle decisive operazioni in Normandia e Belgio nella Seconda guerra mondiale. Affiancò nel ruolo di vice il governatore militare della zona d’occupazione britannica in Germania, quindi prestò servizio in Egitto negli anni successivi. La sua esperienza era indubitabile. Il generale assunse le proprie funzioni il 7 giugno del 1953, come capo di tutte le forze armate del Kenya. Volle accanto a sé due vice, lo stesso Hinde come De-

puty Director of Operations, ruolo di minore responsabilità e forse più adatto alla sua

indole, e il generale Cameron con responsabilità per le altre regioni dell’Africa orienta- le71. L’arrivo di Erskine dette inizio ad una progressiva perdita di controllo politico da parte dell’amministrazione. Nelle intenzioni del generale c’era la possibilità di imporre la legge marziale su tutto il Kenya, cosa che avrebbe significato di fatto l’assunzione di poteri completi. Londra non scelse di attuare tale mossa, ma Churchill consegnò ad Er- skine, prima di dare avvio al suo incarico, una missiva nella quale lo autorizzava, qualo- ra la situazione fosse ulteriormente degenerata oltre un punto critico e se lo avesse rite- nuto inderogabile, di assumere tali poteri72. In realtà tale opzione non doveva apparire necessaria. Una volta insediatosi in Kenya divenne subito chiaro che la sua posizione era preminente anche rispetto al governatore.

Sul piano strettamente militare Erskine non operò in completa rottura con i suoi prede- cessori. Consentì al mantenimento della distinzione tra Special Areas e Prohibited

Areas; giudicò ottima la precedente creazione di strisce di un miglio attorno alle foreste

70

D. Anderson, Histories…cit., p. 180.

71

H. Bennett, op. cit., p. 20.

72 F. Klose, Human Rights in the Shadow of Colonial Violence: The Wars of Independence in Kenya and

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da controllare e pattugliare al fine di rompere i rifornimenti ai Mau Mau; ritenne che gli attacchi alle postazioni del nemico sull’esempio della pur fallimentare Operazione Blitz di gennaio, che si basavano anche sull’utilizzo dei bombardieri della RAF, fossero la strada sulla quale proseguire. Ma gli elementi di discontinuità non mancarono. Erskine intensificò l’offensiva nelle foreste, condusse nuove e più efficaci operazioni di ricerche e arresti, specialmente a Nairobi, e svincolò sempre più l’azione militare dalle influenze dei coloni. Sul primo aspetto, in tre mesi furono lanciate l’Operazione Buttercup nel di- stretto di Fort Hall, l’Operazione Grouse nei territori abitati dagli embu e dai meru, l’Operazione Plover nella Rift Valley, e le due Operazioni Carnation nella zona di Nyeri, che coinvolsero 6000 soldati col supporto della RAF73. Per quanto riguarda il contrasto ai Mau Mau a Nairobi, l’Operazione Rat Catcher condusse ad interrogatori a tappeto, con 17.000 kikuyu sottoposti a controllo sulla eventuale loro militanza nelle fi- le dei ribelli74. In relazione al rapporto con i coloni, Erskine mise a riposo il Kenya Re- giment, composto per la maggior parte da bianchi residenti in Kenya, e rifiutò di dispor- re il grosso delle truppe nelle aree maggiormente abitate dagli europei come richiesto dai proprietari. Compito dell’esercito doveva essere la sconfitta militare dei Mau Mau, con metodi che fossero però maggiormente “rispettabili”, almeno su un piano formale, rispetto a quelli insistentemente proposti dai coloni, Blundell in testa. Per tutta la durata del suo incarico, il rapporto tra Erskine e la popolazione europea si rivelò estremamente teso75; tuttavia era proprio la sua indipendenza, forse il più importante segnale di di- scontinuità rispetto ai predecessori, a determinare la fiducia che Londra aveva nei suoi confronti. Erskine richiese ed ottenne l’invio di nuove truppe, ed avendo constatato co- me le sue prime massicce operazioni non avessero sensibilmente colpito il nemico, in agosto dette avvio alla costruzione di campi nelle foreste, collegati con l’esterno attra- verso un sistema di binari per facilitare il rapido trasporto delle truppe e delle munizio- ni. In settembre giunsero nuovi rinforzi dalla Gran Bretagna e dal Malaya, cosicché Er- skine da quel momento potette disporre di dodici battaglioni.

Il generale tentò anche di imporre una maggiore disciplina alle truppe nella conduzione delle operazioni sia nei confronti dei ribelli che dei civili. L’uso indiscriminato della violenza e la commissione di numerosi crimini di guerra imponevano una reazione. Er- skine dovette accorgersi presto che la repressione di tali comportamenti fosse difficile

73

H. Bennett, op. cit., p. 20.

74

Ivi, p. 21.

75

In una lettera indirizzata alla moglie, Erskine giunse a confessare di odiare i coloni. B. Grob- Fitzgibbon, op. cit., pp. 257-258.

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da attuare, stante l’estensione del fenomeno. Un esempio in tal senso, pochi giorni dopo l’insediamento del generale, fu rappresentato dalle atrocità commesse dalla B Company del 5 King African Rifles, guidata dal capitano Gerald Griffiths, temporaneamente insi- gnito del grado di maggiore. L’11 giugno Griffiths ordinò di sparare contro due kikuyu nella regione di Nyeri, in una zona che rientrava tra le Special Areas e non tra le

Prohibited Areas. I due, dopo aver fatto visionare i propri documenti agli uomini della B Company, si erano allontanati senza provocare particolari incidenti. D’improvviso fu-

rono colpiti alle spalle da una raffica di mitra. Griffiths finì personalmente uno dei due con un colpo di pistola alla testa76. Nei giorni successivi la B Company fu destinata al distretto abitato dagli embu, presso Chuka, con il compito di stanare e attaccare i ribelli nella zona. Il 14 e il 15 giugno Griffiths, assieme ai suoi ufficiali Howard, Innes-Walker e Segat condusse un interrogatorio verso due prigionieri, Njeru e Kavenji. L’obiettivo era obbligare i due a guidare l’esercito presso le postazioni dei Mau Mau nelle vicine foreste. Griffith ordinò a Segat di minacciare, coltello in mano, l’evirazione di Njeru, quindi fece asportare l’orecchio destro del sospetto. Poco dopo, non avendo ottenuto in- formazioni, Segat sparò a Njeru, uccidendolo. Kavenji subì sorte analoga. Dapprima un suo orecchio fu bucato con una baionetta, poi Innes-Walker ordinò a Segat di sparargli contro. Successivamente, per giustificare le due uccisioni, i protagonisti sostennero che si erano rese necessarie a causa del tentativo di fuga dei due prigionieri77. Il 17 giugno tredici uomini, sospettati di essere soldati nemici, furono catturati al confine della fore- sta. Due di questi riuscirono a fuggire. Gli altri furono sottoposti ad interrogatorio da Innes-Walker ed Howard. I prigionieri negarono di essere Mau Mau, e quando durante gli interrogatori furono loro tolte le maglie per vedere se esistevano tatuaggi a simbo- leggiare la loro appartenenza al nemico, questi non furono trovati. A sera tutti i prigio- nieri, sdraiati in terra a faccia in giù, vennero uccisi a sangue freddo78. Il giorno succes- sivo una pattuglia mise in atto un’operazione che si rivelò essere un vero e proprio ra- strellamento nella riserva vicino alla foresta. Requisirono beni, armi e denaro, passando di villaggio in villaggio, e condussero con loro 9 uomini e un minorenne, con lo scopo di ottenere da loro aiuto nella ricerca dei nemici. Una volta condotti nelle foreste, questi furono brutalmente uccisi79. Ai cadaveri furono asportate le mani onde sottoporle ad

76

H. Bennett, op. cit., p. 181.

77 Ivi, p. 184. 78 Ivi, p. 185. 79 Ivi, p. 188.

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analisi per l’identificazione. In totale, in cinque giorni, furono 23 le persone uccise dagli uomini della B Company.

Il 22 giugno fu aperta un’inchiesta militare, i cui risultati rimasero in massima parte se- greti. Erskine in persona promosse una compensazione per le famiglie delle vittime80. Una Court of Inquiry, l’equivalente di una commissione d’inchiesta, guidata dal Gene- rale McLean, fu convocata al fine di investigare sul comportamento generale delle trup- pe britanniche in Kenya e sull’eventuale commissione di crimini di guerra . Tutti i sol- dati e gli ufficiali coinvolti furono posti agli arresti presso il Nairobi Buller Camp. Grif- fiths fu sottoposto a due procedimenti, uno per la morte dei due kikuyu a Nyeri dell’11 giugno 1953, l’altro per la morte dei due prigionieri mutilati e uccisi a Chuka. Per i fatti di Chuka fu condannato a 7 anni di prigione. La corte McLean interrogò 147 soldati, ma la sua attività fu fortemente limitata dal fatto che le era concesso di investigare solo su accadimenti avvenuti a partire del giugno 195381. La conclusione a cui giunse fu ecces- sivamente riduttiva: se è vero che era dimostrabile che in casi isolati le truppe britanni- che in Kenya si erano rese responsabili di eccessi, il comportamento generale dell’esercito doveva essere considerato come complessivamente appropriato. Era quanto Erskine sperava. Il colpo di spugna coprì le atrocità commesse e consentì al generale di proseguire nella conduzione della guerra, con metodi spesso non dissimili dal passato ma con una diversa aura di rispettabilità.

80

D. Anderson, H. Bennett, D. Branch, A very British Massacre,

https://historyslc.files.wordpress.com/2008/09/a-very-british-massacre.pdf , p. 3.

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Erskine era a conoscenza del grande numero di crimini commessi dalle truppe britanniche prima del suo arrivo. Lo dimostra una lettera scritta ad Antony Head, Secretary of the State for War, in data 10 di- cembre 1953, nella quale riconosce che prima di giugno numerosi uccisioni indiscriminate erano stati commessi e che l’uso della tortura per ottenere informazioni fosse una norma nella polizia e nell’esercito. D. French, op. cit., pp. 168-169.

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