nei propri spostamenti quotidiani. Attraverso questa modalità è stato possibile ottenere anche dei risultati apprezzabili, quali l'istituzione di una fermata di una linea di autobus nei pressi di una sede e l'aumento di frequenza di un'altra linea.
Un ulteriore passo verso la realizzazione di un piano di spostamenti casa-lavoro del personale è stata la realizzazione di un'indagine cono-scitiva, sviluppata aderendo alle indicazioni in merito di Atac Spa, che nel Comune di Roma svolge una funzione di coordinamento degli interventi sulla mobilità. L'indagine si è svolta in una prima fase presso una delle sedi dell'Istituto. Si è infatti scelto di operare in modo gra-duale, con lo scopo di verificare gli strumenti di indagine e di sensibi-lizzazione più idonei in queste analisi. Il metodo adottato è stato quel-lo dell'invio di un questionario via e-mail, ritenendo tale modalità di tra-smissione più diretta ed immediata. L'attività di sensibilizzazione è stata svolta attraverso l'houseorgan interno di comunicazione (Istatinforma), delle locandine informative e l'invio di una comunicazione sia ai diri-genti sia ai sindacati. Si è infatti ritenuto essenziale coinvolgere e moti-vare tutti i possibili attori interessati dall'iniziativa - il personale, la diri-genza, le strutture interessate e le rappresentanze sindacali - con lo scopo di ottenere una maggiore condivisione dei temi e degli obiettivi perseguiti attraverso l'indagine. Attualmente stiamo analizzando i primi risultati. Nella fase successiva svilupperemo l'indagine sugli altri tre poli logistici dell'Istituto e cercheremo di avviare un piano coerente di inter-venti, per fornire risposte adeguate alle molteplici esigenze manifestate dal personale.
Dall'esperienza sviluppata in questi anni emergono alcuni spunti di riflessione. In primo luogo, il tema delle competenze. La normativa (a partire dal decreto del ministero dell'ambiente 27 marzo 1998) assegna al mobility manager il compito di redigere piani di spostamento casa -lavoro del personale, con l'obiettivo di ridurre l'uso del mezzo di tra-sporto privato individuale e di contribuire ad organizzare e gestire il traffico cittadino, limitando l'inquinamento atmosferico da questo pro-dotto. Pur essendo definiti i compiti e le funzioni assegnate al mobility manager, non ne vengono tuttavia esplicitati il profilo professionale e le competenze richieste. In questo contesto, le aziende / amministrazioni che devono istituire tale figura al loro interno effettuano scelte estre-mamente diversificate, individuandola fra i ruoli tecnici (architetti, inge-gneri, esperti della sicurezza etc.), considerati essenziali nel pianificare e gestire concretamente le azioni della mobilità sostenibile - ad es., la gestione delle navette aziendali -, oppure fra le professionalità di sup-porto (gli esperti delle risorse umane, della comunicazione aziendale etc.), in grado di padroneggiare le risorse informative e gli strumenti di L’INNOVAZIONE DI FRONTIERA
diffusione e di sensibilizzazione verso le iniziative della mobilità. La scelta dell'Istat, a riguardo, è stata quella di nominare il responsabile della mobilità aziendale fra gli esperti delle risorse umane.
La figura del mobility manager ideale appare pertanto estremamente flui-da, al bivio fra la necessità di possedere competenze di tipo tecnico, utili a progettare dei piani di spostamento per il personale, e l'esigenza di saper comunicare in modo efficace le iniziative e di gestire adeguata-mente le istanze dei dipendenti. Il profilo professionale appare costi-tuito da conoscenze tecnico-specialistiche nell'area dei trasporti e della mobilità - elementi di ingegneria dei trasporti, sistemi di riferimento ter-ritoriale del dato (GIS) e di geografia del territorio etc. - e da cono-scenze della comunicazione e del proprio contesto di riferimento. Sono inoltre ugualmente rilevanti alcune abilità e/o predisposizioni persona-li, quali lo spirito di iniziativa, la disponibilità, l'ascolto attivo, le capaci-tà organizzative e di progettazione. Se a una sola persona non può cor-rispondere l'intero ventaglio di queste competenze, si può percorrere la soluzione del team di lavoro. Poiché, però, è raro che gli Enti dedichino più di una risorsa (e nemmeno a tempo pieno!), un'alternativa è costi-tuita da un supporto di rete istituzionale. Un aiuto, in tal senso, può venire a livello locale dal mobility manager di area, al quale la normativa assegna il compito di offrire un sostegno ai mobility manager aziendali, promovendo azioni formative e offrendo il supporto tecnico alla pro-gettazione e realizzazione delle diverse iniziative.
Un altro aspetto sul quale ritengo sia necessario riflettere nella defini-zione dei compiti e delle funzioni del mobility manager è costituito dalla forza del suo mandato: è infatti estremamente importante che i vertici dell'organizzazione sostengano le attività e le proposte avanzate nel-l'ambito della mobilità. Se si vuole avviare una politica di incentivi, infatti, è necessario un investimento cospicuo dell'amministrazione, sia in termini economici, sia in termini organizzativi. Laddove non vengo-no destinate alla mobilità sostenibile delle risorse adeguate (ecovengo-nomi- (economi-che, ma anche umane) e questa attività viene interpretata come "resi-duale", è difficile che siano realizzate con efficacia e in tempi brevi delle azioni concrete.
Tale sostegno è inoltre necessario nella fase di promozione delle inizia-tive, che si traduce nella incentivazione all'utilizzo di modalità di tra-sporto definite "sostenibili" - il tratra-sporto pubblico, i veicoli elettrici, il carpooling, il carsharing etc.-, in sostituzione di modalità di spostamento inquinanti per l'ambiente. In questa prospettiva, il problema principale è quello di vincere la scarsa propensione delle persone a modificare le proprie abitudini. Appare pertanto necessario compensare la rinuncia ad un vantaggio personale (l'uso del proprio mezzo privato) con la
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sibilità di ottenere un beneficio immediato (ad es., la destinazione di aree di sosta agli equipaggi in carpooling all'interno del parcheggio dell'a-zienda), secondo una logica di tipo do ut des. Anche in questa fase è quindi importante che vi sia l'impegno, da parte dell'organizzazione, a sostenere concretamente le attività progettate, con le risorse adeguate e il supporto necessario.
Accanto a tali fattori, che possiamo definire interni, ovvero connessi all'organizzazione e alla forza politica assegnata alle iniziative della mobilità, nella realizzazione degli interventi di mobility management sono rilevanti anche fattori di tipo esterno, connessi alla capacità di sviluppare azioni coordinate nell'ambito del territorio. In particolare, la possibilità di "fare rete", ovvero di condividere le esigenze comuni a più ammini-strazioni per poi concretizzarle in piani coordinati di interventi, rappre-senta una possibilità per realizzare azioni concrete per il territorio e contribuire alla riduzione del traffico cittadino. Come si è visto, questa funzione di coordinamento è assegnata dalla normativa alla figura del mobility manager di area che assume, soprattutto nei contesti metropoli-tani, il ruolo essenziale di raccolta delle istanze e di raccordo fra le aziende / amministrazioni presenti del territorio. Ciò ha particolare effetto in realtà complesse come quella delle sedi romane dell'Istat, che sono dislocate in zone diverse della città (Anagnina, Eur, Centro stori-co, Parioli). In tale contesto, infatti, la partecipazione ad azioni comuni a più enti può rappresentare un fattore di successo nel realizzare inizia-tive che rispondano ad esigenze e a problematiche condivise. L'azione di coordinamento esercitata dal mobility manager di area può quindi con-sentire di pianificare interventi diversificati sul territorio che riuniscano i "poli" di traffico della città, accorpando le esigenze comuni ad azien-de / amministrazioni che insistono su una stessa area. Una recente azien- deli-berazione del Comune di Roma ha offerto degli incentivi in tal senso, favorendo la realizzazione di navette istituite attraverso progetti intera-ziendali. È un ulteriore esempio di come si possano generare soluzioni per situazioni di disagio, in particolare - nel caso di Istat - dovuti alla frammentarietà della logistica delle sedi.
In conclusione va osservato che la crescita, nelle amministrazioni, di una maggiore consapevolezza delle potenzialità e dei vantaggi offerti da una gestione ottimale degli spostamenti casa-lavoro del personale, costituirà anche un ritorno di immagine pubblica - per l'attenzione ai problemi ecologici ed ambientali -, e un miglioramento del clima orga-nizzativo. È proprio per questo che ho insistito molto sulla condivisio-ne degli obiettivi da parte delle figure di vertice: ritengo infatti che con il sostegno adeguato e lo spirito d'iniziativa sia possibile realizzare i migliori risultati in questa attività, il cui fine ultimo si integra in un più generale obiettivo di benessere nell'ambiente lavorativo.
Il terzo seminario si è occupato del tema dell'immigrazione visto da un particolare punto di vista: quello della crescita culturale e professionale dei lavoratori stranieri, per l'appunto, immigrazione di qualità. La gran parte della manodopera immigra-ta infatti è, attualmente, occupaimmigra-ta in attività di bassa qualificazione professionale, pur essendo costituita da persone in molti casi dotate di un livello di istruzione medio/alta. D'altro canto, in Italia si fa sempre più crescente il fabbisogno di lavo-ratori di alta qualificazione professionale, fabbisogno che la forza lavoro espressa dalla società italiana non riesce a soddisfare pienamente. In definitiva, i lavoratori stranieri avrebbero le potenzialità per occupare posti di più elevata responsabilità e allo stesso tempo il nostro sistema economico ha necessità di favorire questo fenome-no. Nel seminario - dopo avere acquisito informazioni di contesto sulla attuale real-tà dell'immigrazione - si è cercato di approfondire quali cause hanno fino ad ades-so ostacolato lo sviluppo di una immigrazione di qualità nel senades-so appena detto e, allo stesso tempo, sono state ipotizzate possibili soluzioni.