L’INNOVAZIONE DI FRONTIERA
148
importante, come i recenti provvedimenti adottati in Francia, Austria e Germania. In Europa appare, comunque, decisamente prevalente un approccio pauperistico all'immigrazione che si continua a considerare, anche se la realtà dei fatti è ben diversa, come un fenomeno destinato esclusivamente alla base della piramide sociale ed economica.
Ad esempio, nel caso australiano, emblematico per molti versi della situazione dei paesi del Nord America e dell'Oceania, gli ultimi 20 anni hanno visto una crescente attenzione politica verso le migrazioni d'alto livello e un complessivo riorientamento degli interventi verso l'acquisi-zione con le migrazioni di qualifiche e competenze utili al sistema eco-nomico nazionale (Hugo 2001; Birrell 1998). Da un lato, la riflessione ha così investito i risultati e l'efficacia complessiva della politica migra-toria nel raggiungimento degli obiettivi prefissati; dall'altro, ha riguar-dato l'intensità delle perdite di personale qualificato verso le altre eco-nomie sviluppate da parte dell'Australia e il bilancio complessivo del paese nell'interscambio internazionale di migranti qualificati.
In termini politici queste due linee di riflessione esprimono due diver-se preoccupazioni, entrambe però riconducibili al desiderio e alla volontà di acquisire e mantenere le competenze necessarie a conserva-re ed accconserva-resceconserva-re il livello di competitività dell'economia australiana nel quadro dei processi di globalizzazione. In termini scientifici, invece, l'affermarsi di questi due diversi indirizzi di ricerca conferma i rilevanti cambiamenti che in questi ultimi venti anni hanno caratterizzato le migrazioni qualificate. La visione monodirezionale del fenomeno che per anni ha caratterizzato le ricerche sul brain drain appare ormai di fatto superata da un approccio più complessivo ed articolato (Hugo 1996; Iredale 2000). Attento non solo agli effetti positivi che le migra-zioni qualificate hanno comunque anche per i paesi di provenienza, ma consapevole anche della multidirezionalità di un processo che lega oggi-giorno in maniera sempre più diffusa e complessa provenienze e desti-nazioni. Un processo in cui sempre più paesi sono insieme origine e destinazione di questo tipo di flusso migratorio e in cui sempre più le politiche di uno Stato hanno effetto sui risultati degli interventi di altre nazioni anche lontane, creando di fatto una situazione di competizione per l'acquisizione di questi lavoratori (Iredale 2001). Nel caso australia-no, ad esempio, è stato messo in luce come la domanda di visti per per-sonale qualificato sia collegata non solo alle possibilità occupazionali del paese ma anche al numero di immigrati accettati negli Stati Uniti e in Canada (Cobb-Clark e Connolly 1997).
Per avere almeno un'idea dell'intensità del fenomeno basti considerare che ad inizio dell'attuale decennio oltre il 55% dei visti concessi per resi-denza permanente in Australia era concesso in una delle voci
compre-149
Immigrazione di qualità se tra le "migrazioni qualificate". Una quota in crescita negli ultimi anni e ben lungi dall'esaurire tutta la tipologia delle migrazioni qualificate che, in alcuni casi, rientrano anche nei flussi temporanei. Tra questi ultimi è interessante segnalare che lo student program nel 2000 ha, ad esempio, registrato 146.000 visti. Inevitabile un raffronto con l'Italia, paese di 57 milioni di abitanti contro i 20 dell'Australia, dove i permessi di soggior-no per motivi di studio arrivasoggior-no appena a 43.000 unità, pari al 2,8% del totale. Altro inevitabile raffronto tra Australia e Italia è relativo al mate-riale statistico disponibile: ricco e estremamente dettagliato nel primo caso, decisamente più povero e limitato nel secondo. E' anche interes-sante notare come tra gli immigrati recenti (meno di 5 anni) in Australia si ha una più elevata percentuale rispetto al resto della popolazione di alte e di basse qualifiche, a conferma della polarizzazione delle migrazioni. Nel complesso la percentuale di laureati e diplomati tra gli immigrati recenti è pari al 30% del totale contro il 16,2% di persone con questi livelli di istruzione che si registra tra i nati in Australia
In riferimento alla situazione del nostro paese sono interessanti i risultati di una indagine sui ricercatori stranieri negli Enti Pubblici di ricerca italia-ni che ha raccolto informazioitalia-ni su 241 dei 378 studiosi esteri presenti nelle 400 strutture contattate (Brandi 2004). Degli intervistati il 33% pro-veniva da un paese dell'Unione europea, il 36% da un altro paese euro-peo, appena il 4% dal Nord America o dall'Australia e il 28% dal Terzo mondo. Il 69,1% prevedeva di lasciare l'Italia entro un anno, con una forte prevalenza quindi di una mobilità di breve periodo. I motivi principali per lasciare il proprio paese erano stati il desiderio di avere contatti con altri ambienti di ricerca e di specializzarsi in un settore non sufficientemente sviluppato in patria. Tra le ragioni, invece, che più avevano pesato nella scelta dell'Italia erano state le occasioni di studio o lavoro che offriva il nostro paese e l'invito diretto di una istituzione scientifica italiana. Le difficoltà incontrate dai colleghi stranieri erano in primo luogo legate alla concessione dei permessi e alle lungaggini burocratiche (66%), poi alla disponibilità e ai costi degli alloggi (65%), infine, alla lingua (49%). Il 71% degli intervistati intendeva ritornare in patria e il 67% riteneva che il soggiorno all'estero era stato un vantaggio per il paese d'origine. Il 69% pensava che nel proprio paese il problema del brain drain era considerato importante. Solo i ricercatori tedeschi intervistati ritenevano il sistema di ricerca nazionale tanto buono da poter attrarre ricercatori stranieri in misura superiore a quelli in par-tenza. Un risultato di particolare interesse, specie per le possibili rica-dute in termini di intervento politico, era la percezione dell'atteggia-mento favorevole di tutta la società verso lo straniero come uno dei principali fattori d'attrazione delle migrazioni di qualità.
L’INNOVAZIONE DI FRONTIERA