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La terza parte del mio intervento è, in pratica, compresa in quanto

Nel documento Quaderni del MIPA (pagine 118-121)

Alla ricerca di percorsi per una "immigrazione di qualità"

4. La terza parte del mio intervento è, in pratica, compresa in quanto

riferito fin qui.

Per rispondere alla domanda che ci si poneva all'inizio - che cosa fare per realizzare l'obiettivo di una "immigrazione di qualità?" - bisogna, infatti, essere consapevoli, quanto allo standard dei trattamenti giuridi-ci, che la legislazione italiana evolve in una duplice direzione. La prima è caratterizzata dalla contraddizione, già sperimentata in altri paesi, per cui la garanzia agli stranieri dei diritti fondamentali e (a quelli regolari) dei diritti sociali, comunque assicurata da norme legislative di principio, viene resa oltremodo difficoltosa - fino a creare situazioni simili a quel-le del "differenzialismo" tedesco - da compquel-lessi percorsi di accesso all'effettivo godimento dei diritti (il caso più eclatante è quello, già visto, del diritto alla difesa, ma non ne mancano altri: così, ad esempio, il dirit-to all'istruzione di base è messo in pericolo dalla prassi delle questure di richiedere ai presidi delle scuole informazioni sulla condizione di regolarità o meno degli studenti; il diritto al lavoro è, per le ragioni dette, notevolmente limitato). La seconda è quella per cui i diritti degli immigrati vengono assicurati, ad onta delle proclamazioni di (almeno tendenziale) parità di trattamento con i cittadini italiani, da apparati amministrativi che operano con logiche e secondo regole diverse e distinte rispetto a quelle che valgono per i cittadini (il caso emblemati-co è emblemati-costituito, qui, dalla rara fissazione, ad opera di leggi e regolamen-ti, di termini finali ai procedimenti che riguardano gli immigrati); per altro verso, data la disomogeneità esistente fra le amministrazioni italia-ne, soprattutto regionali e locali, le disuguaglianze economiche e

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Immigrazione di qualità li fra cittadini e stranieri e fra stranieri sono destinate a divenire forti e crescenti, al di là del formale riconoscimento dei diritti sociali (soprat-tutto all'abitazione e all'assistenza) agli immigrati regolari; con ciò che potrebbe seguirne in termini di 'esclusione' e di conflittualità, in un con-testo di "pluralismo caotico e non programmato" (Reyneri).

E allora, che fare? Allo stato attuale della legislazione, le iniziative da assumere sono poche ma importanti.

Alcune di esse attengono alla responsabilità di quanti - studiosi, avvoca-ti, magistrati - hanno il dovere di mantenere alta la guardia sull'effettivi-tà dei diritti fondamentali, in modo da consentire alla Corte costituzio-nale di continuare a svolgere quell'opera di "riconduzione a Costituzione" delle norme che periodicamente intervengono a regolare la materia dell'immigrazione. In questa direzione, la violazione dei dirit-ti di libertà e di difesa in occasione dell'espulsione-misura di polizia - per effetto delle norme che, nella "legge Bossi-Fini", consentivano l'esecu-zione dell'espulsione a prescindere dalla convalida del giudice, o delle norme che punivano con l'arresto obbligatorio la mancata ottemperan-za dello straniero all'ordine del questore di abbandonare il territorio nazionale) - è stata portata da numerosi giudici all'esame della Corte costituzionale; la quale si è pronunciata (quando questa relazione era in fase di revisione per la stampa) con importanti sentenze di accoglimen-to o di "interpretazione adeguatrice" (n. 222/2004 e 223/2004; ma già n. 5/2004), che hanno eliminato le maggiori storture denunciate. Nondimeno, si tratta di far valere il diritto di "chiunque" e, perciò, degli stranieri (regolari e irregolari) al rispetto delle regole stabilite da quella disciplina di civiltà che è la legge sul procedimento amministrativo (n. 241/1990). Come accennato, solo raramente i procedimenti ammini-strativi in materia di immigrazione sono considerati dalle norme rego-lamenti che, in tutte le amministrazioni, debbono indicare la durata massima e il responsabile di ciascun procedimento. Si ha un bel dire che, in mancanza di termini diversi, vale quello generale di trenta gior-ni: ma si tratta pur sempre di azionare questo diritto davanti ad un giu-dice e, per far questo, di affrontare spese che non sempre si è in grado di sostenere.

Dovrebb'essere, invece, compito dei governanti e delle amministrazio-ni la semplificazione dell'orgaamministrazio-nizzazione ammiamministrazio-nistrativa statale e di quelle regionali che si occupano, in vario modo e a vario titolo, di affa-ri relativi all'immigrazione e agli immigrati (nella sola amministrazione statale, si contano una ventina di strutture o serie di strutture).

Più in generale, v'è un problema di rapporti quotidiani fra "utenti" e pubbliche amministrazioni: rapporti che sono già ordinariamente com-plicati per i cittadini, ma che lo diventano ancor più per i non cittadini.

L’INNOVAZIONE DI FRONTIERA

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Donde l'importanza - oltre che degli organismi privati di assistenza - di uffici delle amministrazioni che adottino i migliori strumenti della "comunicazione pubblica" (oggi regolata da una legge piena di buoni propositi: n. 150/2000) nella trattazione delle "pratiche" relative agli immigrati.

S'è già detto, infine, del vuoto di dibattito e di idee sui temi dell'immi-grazione professionalmente qualificata.

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Immigrazione di qualità

Prima di iniziare il mio intervento desidero ringraziare per l'invito a par-tecipare a questo importante momento di confronto sui temi dell'im-migrazione e dei cambiamenti connessi alle politiche sociali.

Il mio compito sarà quello di riportare brevemente l'esperienza del programma regionale concernente l'immigrazione realizzato nel corso dell'ultimo quinquennio 1999/2003 e i legami con la specificità del tema dell'integrazione e delle politiche di accoglienza e di inserimento socio-lavorativo.

Il tema trattato oggi sulla qualità dell'immigrazione non può non tene-re ptene-resente il profilo socio economico di ciascun territorio e delle spe-cificità e peculiarità dei diversi contesti locali in termini di accoglienza sociale e lavorativa.

Credo quindi utile offrire alcuni elementi sintetici rispetto al territorio lombardo in merito al fenomeno migratorio, che lo distinguono da altre regioni e anticipano processi rispetto ad altre aree territoriali sia nazionali sia europee.

La Lombardia si pone come regione leader rispetto alla presenza degli immigrati, concentrando nel suo territorio più del 20 % del totale delle presenze a livello nazionale.

Il Rapporto regionale dell'Osservatorio per l'integrazione e la multiet-nicità, pubblicato nel 2003, indica una ipotesi che varia da una

presen-za minima in Lombardia di 432.000 unità ad una massima di 503.000,

con un aumento rispetto all'anno precedente 2001 (che varia da un'ipo-tesi minima 7% massima 16% ) mettendo in evidenza un tendenziale orientamento ad accrescere la consistenza di stranieri immigrati in tutte le province lombarde.

Siamo in presenza di una forte eterogeneità regionale che vede il Comune di Milano come centro privilegiato di immigrazione straniera, confermandosi quale città multietnica, dato che nel suo territorio gli

Lo sviluppo della qualità nella programmazione

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