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L’IMPERO DEGLI INCAS E LA SCIENZA DEL CIELO

Nel documento LINGUAGGIO ASTRALE (pagine 38-48)

Gli Incas infatti lavoravano l’oro, il metallo del Sole, e l’argento, metallo della Luna, e li usavano sia per adornare la loro persona sia per i loro templi. Si dice che il Sole fosse per loro il maggiore dio.

Non ci resta molto della cultura degli Incas e degli altri popoli andini, saccheg-giata e quasi annientata dall’intervento dei conquistadores. Alla brutalità militare si unì l’intolleranza religiosa: chi non si convertiva al cattolicesimo veniva torturato e ucciso. Venne persino creata la figura di un santo, che, a somiglianza di Santiago ‘Matamoros’, era stato definito Santiago ‘Mataindios’, e minacciava di punire con la spada i renitenti alla conversione… Anche parlare degli Incas o della civiltà preco-lombiane fu per secoli quasi impossibile in Perù.

Un giorno, il 24 luglio del 1911, lo storico nordamericano Hiram Bingham, mentre cercava l’antica capitale Vilcabamba, trovò una città incontaminata, che era stata sepolta e protetta dalla fitta vegetazione. Fu un bambino a condurlo su que-sto luogo impervio, tra le cime di Machu Picchu e Wayna Picchu (la cima vecchia e

la cima giovane).

Questa città ritrovata intatta era una città abbandonata dagli Incas per motivi non chiari, e fu chiamata Machu Picchu. Hiram Bingham si diede da fare perché la città fosse sgombrata e ripulita, e fu aiutato da qualche autorità peruviana. Poi la città cadde nuovamente nell’abbandono, e la vegetazione la rivestì ancora, e diven-ne zona di caccia di avventurieri e predatori. Nel secondo dopoguerra si diffuse la leggenda di Machu Picchu e la città fu svelata ancora una volta, come una bella

FIGURAA: la zona cen-trale della galassia, tra le costellazioni Scor-pius e Sagittarius:

addormentata. La troviamo collocata in un anfiteatro di monti, pur svettan-do alta verso il Sole: la sua parte più alta è l’Intiwatana, os-servatorio solare e insieme luogo sacro, vertice di una pira-mide di roccia che svetta sulle case cir-costanti e sulla valle. Un fiume si avvolge intorno a Machu Picchu e Wayna Pic-chu, ed è l’Urubam-ba, e per gli Incas era il Wilcamayu, ‘il fiume santo’, detto anche Wilcanota. Questo fiume attra-versa la ‘valle sacra degli Incas’, dove si trovano eminenti costruzioni su vette impervie, scorre placido presso città come Pisac, Urubamba, Ollantaytambo, e poi si getta in una zona più impervia, accarezza la base di Machu Picchu e, dopo molto cammino e cambiando nome, finisce al Rio delle Amazzoni. Si diceva che ‘il fiume santo’ riflettesse un fiu-me celeste, che scorre quasi parallelo: nelle acque del Wilcamayu si specchiava ‘Mayu’ (il fiume), la galassia, fiume celeste di stelle. Il termine Galassia deriva dal greco e significa tra l’altro Via Lattea. (fig. A)

Vista dalle latitudini e dalle altezze delle Ande, dove l’aria è rarefatta, la zona centrale della galassia (cioè il cuore della Via Lattea) spicca tanto luminosa e tanto alta come forse in nessun altro luogo della terra. Spicca tanto alta e luminosa, che

FIGURA 1: L’impero degli Incas nella sua massima estensione.

gli Incas avevano definito le sue zone oscure, cioè gli spicchi di cielo dove la pre-senza di nubi interstellari vela il chiarore delle miriadi di stelle. Le parti oscure di Mayu avevano la forma di animali, come le nostre costellazioni. Tra lo Scorpione e la Croce del Sud c’era la nube oscura del Lama che allatta il suo piccolo. Nel disegno del Lama celeste si stagliavano nettamente le perle dei suoi occhi: erano le due stelle del centauro, due tra le stelle più luminose di tutto il cielo. Una, Alfa Centauri o Rigel Kentaurus, è la stella più vicina alla terra, e la sua luce impiega solo 4 anni per arrivare a noi. Altre figure intraviste dagli Incas tra le nubi oscure della Via Lat-tea erano due Pernici (una vicina alla Croce del Sud), un Rospo e un Serpente.

Garcilaso de la Vega, figlio di un capitano spagnolo e di una nobile Inca e au-tore dei famosi ‘Comentarios Reales’, ironizzava sulla scienza e sull’astrologia degli Incas: “La astrologìa y la filosofia natural que los Incas alcanzaron fué muy poca.” Questa affermazione è molto discutibile. In realtà possiamo dedurre quanto segue:

i popoli andini precolombiani erano osservatori della galassia, e sono stati i primi a individuare e a dar forma alle sue nubi oscure;

questi popoli hanno creato uno ‘zodiaco’ galattico: una cintura di animali che segue, almeno per un po’, il cerchio dell’equatore galattico, sul cui piano si stendo-no immense spirali di stelle. Si può dire che i popoli andini hanstendo-no scoperto la cen-tralità della galassia?

Nei loro Intiwatana, gli Incas studiavano l’ombra solare con pilastri verticali di pietra. Non solo giunsero a definire i solstizi, ma anche i 2 giorni, variabili da luogo

a luogo, in cui il Sole raggiunge lo zenit (e l’ombra del pilastro si annulla) e i 2 gior-ni in cui il Sole tocca il nadir, punto più basso del cielo. Questo studio vale per le fa-sce tropicali, e non trova riscontro nell’astronomia di zone temperate come la no-stra, dove il Sole non è mai allo zenit o al nadir.

L’uso dei pilastri era molto esteso nei dintorni della capitale Cusco, concepita come centro dal quale si proiettavano immaginari raggi. Come affermano Bauer e Dearborn: “I pilastri solari della regione di Cusco furono monumenti che legavano

le attività sociali della terra con le attività celesti del cielo.”

Gli Incas diedero nomi alle stelle del cielo, e quindi chiavi d’interpretazione della loro luce simbolica. Ecc.

II parte

La spina dorsale delle Ande sembra separare due mondi. Da un lato la foresta scon-finata, il polmone della terra, e dall’altra il deserto e l’immenso mare. Le altissime montagne fanno tuttora barriera, e nubi e pioggia si arrestano e non passano dalla selva al deserto affacciato sull’Oceano. E tra questi mondi, la terra delle Ande s’inar-ca verso il cielo e offre un’ampia e preziosa finestra su un cielo che non potremo mai vedere dal Nord. Ecco la zona centrale della galassia, ed ecco la Croce del Sud, indicata dalle due stelle del Centauro dove videro splendere gli occhi di un Lama. Un giorno, come scrive lo stesso Dante, la Croce era visibile anche dal Mediterraneo del Sud; ad esempio da Gerusalemme. Col passare del tempo, e con la precessione degli equinozi, quelle stelle sono emigrate più a Sud. (fig. B)

FIGURAB: le due stelle del Centauro, Alfa e Beta, che per gli Incas erano i due occhi di un lama, e la Croce del Sud

Visitai un giorno Qenqo, osservatorio astronomico degli Incas presso Cusco. La guida mi disse che i sacerdoti erano anche astronomi che osservavano il cielo. Par-lavano poco e mangiavano poco, mais, semi crudi, erbe. Erano vegetariani. La mat-tina a Qenqo si risvegliava un puma: due pilastri di pietra erano i suoi occhi, protesi verso la luce, e l’ombra della roccia sulla parte alta del tempio era il suo volto scuro. A Qenqo i sacerdoti facevano pronostici, ma non erano basati, per quel che se ne sa, sulle stelle. Il sangue del lama sacrificato veniva mescolato alla Chicha, bevanda ri-cavata dal mais, e poi fatto scorrere sulla roccia attraverso una scanalatura a zigzag (Qenqo significa proprio ‘linea a zigzag’), che poteva anche rappresentare un ser-pente. La scanalatura si biforcava: se il sangue e la Chicha andavano a sinistra, ver-so l’interno, il liquido arrivava alla Pacha Mama, la madre terra, e il responver-so era fa-vorevole. Se il liquido andava a destra, si disperdeva nella roccia e il responso era negativo.

Poco lontano da Qenqo, c’è un tempio della Luna (Huaca de la Killa), che dove-va essere il tempio della fertilità. Infatti nella parete alta della roccia sta scolpito un incavo a forma di utero. Sembra che di giorno il Sole e di notte la Luna gettino ma-gicamente la loro luce sull’altare interno del tempio, penetrando da una fessura al-ta. Eppure da quest’apertura non cade mai la pioggia.

Garcilaso de la Vega, autore dei famosi ‘Comentarios Reales’, racconta:

“Chia-marono Inti il Sole, e Quilla (o Killa, che significa anche mese, ndr) la Luna e Cha-sca Venere, che è crinita o ricciuta, per i suoi molti raggi.”…

FIGURA4: La pianta dell’antica città di Cusco, capitale dell’impero degli Incas, che raffigura un puma.

FIGURA5: Il disegno della Muyucmarka, la torre cir-colare situata nella zona fortificata di Cusco, luogo sacro e osservatorio. Ciò che resta ricorda un oro-logio a 12 campi (uno zo-diaco?).

“Della stella

Vene-re, che vedevano a volte all’annottare e altre volte all’albeggiare, di-cevano che il Sole, co-me signore di tutte le stelle, comandava che quella, essendo più bel-la di tutte le altre, stes-se stes-sempre vicina a lui, talvolta davanti e altra dietro”

Una festa impor-tante era l’Inti Raimi, la

festa del Sole al solstizio di giugno, che per quelle Latitudini è il solstizio d’inverno. Questa festa corrisponde al nostro Natale, o alla Nascita del Sole celebrata dai ro-mani.

I popoli andini avevano un rapporto speciale col cielo e le stelle, che da altezze di 3000 - 4000 metri erano un po’ più vicine. Forse fu la celeste Croce del Sud, dove splendono ben tre stelle di prima grandezza e una di terza, a ispirare il disegno della Croce andina, Chakana o Chakata, formata da tre gradini, tre passi nei tre mondi del loro universo. Nella cosiddetta trilogia Incas, il Serpente simboleggiava il “mondo di sotto, o di dentro” (Ukju Pacha), luogo di rigenerazione; il puma rappresentava il “mondo di qui” (Kay Pacha) e il condor il “mondo di sopra” (Janan Pacha).

Le divinità del “mondo di sopra” erano Sole, Luna e stelle, e anche il fulmine (Illapa) e l’arcobaleno (K’oichi). Il mondo di qui era quello d’uomini (Runa), animali (Uywakuna) e piante (Sachakuna). Il mondo di dentro era abitato, tra l’altro, dai se-mi (Muju) e dalle mumse-mie (Mallki), poste in posizione fetale per una futura rinasci-ta, e avvolte in preziose stoffe dipinte.

L’ultimo re Inca si chiamava Tupac Amaru, ‘il Nobile Serpente’ (da distinguere da un altro Tupac Amaru, detto il Condorcanchi, che nel 1780 – ‘81 si ribellò contro

FIGURA6: L’antica città di Ma-chu PicMa-chu.

FIGURA7: L’Intiwatana (osservatorio solare) di Machu Picchu, con ciò che resta della colonna che rile-vava l’ombra del Sole..

l’ordine dei viceré spagnoli e contro la crudele oppressione degli indios, e pubblicò uno storico ‘Bando contro la schiavitù’, il primo nella storia del Perù).

Tupac Amaru I era il figlio di Manco Capac II, che regnò in Wilcabamba, dove gli Incas superstiti si erano rifugiati dopo la conquista. Nel 1572, anno in cui Tupac Amaru fu messo a morte dai conquistadores, il danese Tycho Brahe avvistò nella costellazione Cassiopea una Supernova, di cui parlò nel suo ‘De Nova Stella’. Si trat-ta forse della prima Supernova avvistrat-tatrat-ta e descrittrat-ta da un’autorità astronomica in Europa, dove si riteneva che i cieli stellati fossero immutabili e incorruttibili (e per questo il ‘De Nova Stella’ fu visto con sospetto dalla stessa Chiesa romana). Ma for-se quella stella esplosa e visibile come Supernova narrava all’Europa la fine di un impero lontano e l’epilogo di una civiltà che ancora affascina e sorprende con i suoi segreti.

BIBLIOGRAFIA

Comentarios Reales, GARCILASO DE LAVEGA.

Los Incas; economia, sociedad y estado en la era del Tahuantinsuyo, WALDEMAR

ESPINOZASORIANO, Amaru editores, Lima 1997.

Reyes, estrellas y cerros en Chimor, MASATOSAKAI, ed. Horizonte, Lima, Perù 1998.

Astronomìa e Imperio en los Andes, BRIANS.BAUERy DAVIDS. DEARBORN, Centro de Estudios Regionales Andinos “Bartolomé de Las Casas”, Cuzco, Perù 1998.

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La rebelion de Tupac Amaru, DANIELVALCARCEL, Colección Popular, México 1996.

Los Incas – el reino del Sol, JOSÉALCINAFRANCHy JOSEFINAPALOPMARTÌNEZ, Biblioteca Iberoamericana, Ediciones Anaya, Madrid 1988.

Chi desidera contattare l’autore può rivolgersi a:

Marco Gambassi -Via Dante da Castiglione, 33.- 50125 Firenze. marcogambassi@libero.it

L.A. 132-430 Presentazione

Il presente lavoro è una piccola sintesi dei principi filosofici e pratici, su cui si basa-no l’omeopatia, la spagirica e la terapia floreale. Come i lettori vedranbasa-no, questi principi risultano più che mai attuali e presentano numerose e inattese connessioni con le recenti scoperte della fisica moderna, elemento che deve far riflettere sulla grande validità che riveste ancora oggi la sapienza antica. Si scoprono, così, legami inattesi fra astrologia, alchimia, medicina cinese e medicina ayurvedica e si finisce per riflettere sull’unicità delle verità scientifiche, unicità che ci viene mostrata sem-pre da più parti. L’universo risulta un « tutto unico » armonico ed ordinato, in cui ogni parte è in relazione con le altre, così come nell’essere umano Corpo, Mente e Spirito sono indissolubilmente connessi a riproporre quello stretto legame e quelle corrispondenze fra Cielo e Terra, che noi astrologi conosciamo molto bene e che vengono espressi dalla famosa frase di Ermete Trismegisto « Così in Alto, come in

Basso ». Ed alla base di tutta questa costruzione e di tutte queste relazioni ecco che

troviamo di nuovo l’astrologia con i suoi quattro Elementi, i Luminari, i pianeti e i suoi principi fondamentali.

Avvicinarsi alla nostra disciplina seguendo questo approccio, diciamo così oli-stico, è sicuramente di grande aiuto; non solo può aiutarci a comprendere meglio la profondità di alcune delle sue tecniche dalle rivoluzioni solari ai transiti, ma soprat-tutto ad evitare, come dice José Luis Pascual nel suo articolo, di muoversi «

nell’ou-roboros vizioso dell’oroscopo per l’oroscopo », sia per quanto riguarda

l’interpreta-zione astrologica, sia per quanto riguarda la predil’interpreta-zione, che spesso, una volta svuo-tata dei suoi principi ispiratori, risulta vuota e fine a se stessa.

Per tutte queste ragioni credo che le pagine che seguono possano essere di grande aiuto a chi desidera ricevere un valido inquadramento storico delle relazioni intercorse fra l’astrologia e le altre discipline, per comprendere, come nel corso del tempo, certe idee e certi principi si siano affermati per poi venire completamente dimenticati. Viceversa chi non possiede grandi nozioni di tecnica astrologica e muo-ve i primi passi in questo campo non incontrerà grandi difficoltà nel leggere questo lavoro, trovando in esso nuovi stimoli per affrontare successivi approfondimenti.

José Luis Pascual Blasquez

Nel documento LINGUAGGIO ASTRALE (pagine 38-48)