Una delle disposizioni che ha dato maggiori problemi interpretativi a causa dell’incerta formulazione e dell’importanza che assume all’interno della disciplina del patto di famiglia è rappresentata dal primo periodo dell’art. 768-quater, 3° comma, c.c., a norma del quale “i beni assegnati con lo stesso contratto agli altri partecipanti
237 Questa la ricostruzione di G. Petrelli, La nuova disciplina del patto di famiglia, in
Riv. notariato, fasc.2, 2006, pag. 401 e ss.
238 N. Di Mauro, E. Minervini, V. Verdicchio, Il patto di famiglia. Commentario alla
Legge 14 febbraio 2006, n. 55, Giuffré 2006, p. 121
239 In questo senso, G. Oberto, Il patto di famiglia, CEDAM, 2006, p. 117 e Fietta,
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non assegnatari dell'azienda, secondo il valore attribuito in contratto, sono imputati alle quote di legittima loro spettanti”. I dubbi
interpretativi derivano essenzialmente dal significato che si intende attribuire al termine imputazione: esso può far riferimento all’imputazione ex se, da attuare al momento della morte del disponente e regolata dagli artt. 553 e 564, 2° comma, c.c., ovvero a quell’imputazione del tutto particolare da effettuarsi al momento della stipula del patto e riguardante esclusivamente quel relitto virtuale composto dall’azienda o dalle partecipazioni societarie240.
Secondo parte della dottrina241, il valore delle somme o dei beni liquidati ai non assegnatari sarebbero da imputare alla quota di legittima loro riservata. In tal caso, la disposizione dovrebbe essere interpretata come un richiamo espresso alla disciplina dell’art. 564, 2° comma, c.c. e le attribuzioni patrimoniali effettuate a favore degli assegnatari costituirebbero un’anticipazione della quota di legittima loro spettante. Si è inoltre precisato che, in questo modo, si derogherebbe al generale regime giuridico applicabile in materia, poiché si consentirebbe di imputare alla quota di legittima un’entità patrimoniale che non proviene dal patrimonio del disponente, bensì da quello dell’assegnatario dell’azienda o delle quote sociali242. Ed,
infatti, la necessità di inserire un norma del genere sta proprio in ciò: se le attribuzioni patrimoniali eseguite a titolo di liquidazione potessero provenire solo ed esclusivamente dal disponente, tale disposizione risulterebbe superflua, ma, poiché la liquidazione dei legittimari può avvenire sia ad opera del trasferente sia ad opera
240 F. Volpe, Patto di famiglia, in Il Codice civile Commentario, P. Schlesinger – D.
Busnelli, Giuffrè Editore, 2012, p. 241 e ss.
241 Questa è la tesi sostenuta da G. Petrelli, La nuova disciplina del patto di famiglia,
in Riv. notariato, fasc.2, 2006, pag. 401 e ss.
242 Così Aa. Vv., Il patto di famiglia, a cura di G. Palermo, G. Giappichelli Editore,
2009, p. 157, in una delle ipotesi prospettate nella ricostruzione del significato normativo dell’articolo in esame.
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dell’assegnatario, la disposizione consente di imputare alla quota di legittima tanto le attribuzioni del disponente, quanto quelle del beneficiario del patto243.
È stata prospetta da più parti244 anche la possibilità di applicare al patto di famiglia la dispensa da imputazione ex se per i beni che i legittimari abbiano ricevuto dal de cuius nel tempo in cui questi era in vita. Come è noto, l'art. 564, comma 2, c.c., dispone che "in ogni caso,
il legittimario che domanda la riduzione di donazioni o di disposizioni testamentarie deve imputare alla sua porzione legittima le donazioni e i legati a lui fatti, salvo che ne sia stato espressamente dispensato".
Tale dispensa produce l'effetto di ampliare il limite che i poteri di disposizione del de cuius incontrano nella previsione normativa di una quota intangibile (quella di riserva), e quindi permette di attribuire al legittimario una frazione di legittima più ampia di quella prevista per legge245. La possibilità di configurare una tale dispensa è ostacolata, come è stato osservato, dal fatto che l’imputazione ex se è un effetto legale che discende direttamente dall’art. 768-quater, 3° comma, c.c. come conseguenza del perfezionarsi del negozio giuridico. Tuttavia, alcuni commentatori246 sostenendo la natura non imperativa, bensì
dispositiva di tale norma, sono giunti ad ammettere la compatibilità col
243 A. Angrisani, Salvatore Sica, Il patto di famiglia e gli altri strumenti di
successione nell'impresa, G. Giappichelli Editore, 2007, p. 88 e ss.
244 Tra gli altri si vedano A. Angrisani, Salvatore Sica, Il patto di famiglia e gli altri
strumenti di successione nell'impresa, G. Giappichelli Editore, 2007, p. 90; Aa. Vv., Il patto di famiglia, a cura di G. Palermo, G. Giappichelli Editore, 2009, p. 158; G. Petrelli, La nuova disciplina del patto di famiglia, in Riv. notariato, fasc.2, 2006, pag. 401 e ss.; F. Volpe, Patto di famiglia, in Il Codice civile Commentario, P. Schlesinger – D. Busnelli, Giuffrè Editore, 2012, p. 241 e ss.
245 Aa. Vv., Il patto di famiglia, a cura di G. Palermo, G. Giappichelli Editore, 2009,
p. 158
246 Si veda per la tesi affermativa S. Delle Monache, Spunti ricostruttivi e qualche
spigolatura in tema di patto di famiglia, in Riv. notariato, fasc.4, 2006, pag. 889 e G. Petrelli, La nuova disciplina del patto di famiglia, in Riv. notariato, fasc.2, 2006, pag. 401 e ss.
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patto di famiglia della dispensa da imputazione ex se tanto a favore dell’assegnatario quanto dei non assegnatari. Una diversa ricostruzione, che impedisse l’utilizzo della dispensa nel patto di famiglia, contrasterebbe con il dichiarato obiettivo di agevolare il passaggio generazionale dei beni produttivi, poiché la quota di legittima spettante ai legittimari all’apertura della successione del disponente verrebbe a ridursi in proporzione del valore delle entità trasferite mediante patto247. In conclusione, deve ritenersi ammissibile tale dispensa per il fatto che non si pone in conflitto con la ratio della legge, posto che non va ad incidere sul calcolo delle attribuzioni in favore dei non assegnatari, ma solo sull’azione di riduzione esperibile al momento della morte dell’imprenditore sui beni non compresi nel contratto248.
Rimane così da esaminare l’ultimo comma dell’art. 768-quater, c.c. Il testo della disposizione recita sinteticamente “quanto ricevuto
dai contraenti del patto di famiglia non è soggetto a collazione o a riduzione”. Si tratta di una norma che si pone a chiusura del sistema
delineato dalla legge n. 55/2006, poiché sottrae i trasferimenti operati attraverso il patto di famiglia all’operatività dei due meccanismi di tutela predisposti dall’ordinamento per i legittimari. La norma, che risultava fondamentale già nei progetti di revisione al divieto di patti successori, era presente nei due d.d.l. Pastore nonché nel p.d.l. Buemi. Il carattere essenziale della disposizione era reso palese in una relazione alla camera, nella quale si precisava come la disposizione in esame “chiude il sistema, prevedendo che quanto pattuito nel contratto
non possa essere rimesso in discussione dopo l’apertura della successione, inibendo l’esperimento di due diritti tipicamente attribuiti
247 F. Volpe, Patto di famiglia, in Il Codice civile Commentario, P. Schlesinger – D.
Busnelli, Giuffrè Editore, 2012, p. 246
248 Ancora G. Petrelli, La nuova disciplina del patto di famiglia, in Riv. notariato,
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al legittimario per far valere le proprie ragioni, cioè la collazione e la riduzione”249.
Si tratta di due istituti che hanno la comune finalità di aumentare l’asse ereditario sancendo l’inefficacia degli atti di liberalità posti in essere in vita dal de cuius ma partendo da diversi presupposti.
Quanto alla collazione, essa si fonda sul presupposto che le donazioni del defunto effettuate in favore dei legittimari mentre era in vita abbiano alterato il rapporto di proporzionalità delle quote in cui tali soggetti sono chiamati a succedere.
L’azione di riduzione è, invece, un rimedio esperibile sempre dai legittimari contro gli atti di liberalità e le disposizioni testamentarie effettuate dal testatore, le quali, superando la quota di patrimonio liberamente disponibile, abbiano intaccato la legittima. Si tratta di un’azione non rinunciabile prima dell’apertura della successione finalizzata a rendere inefficaci tali atti nei confronti del legittimario leso: questi atti non vengono perciò annullati ma vengono resi inoperanti nei limiti in cui è necessario per reintegrare la quota lesa250.
La brevità dell’articolo non consente di cogliere immediatamente quale sia l’ambito oggettivo di applicazione della deroga e impone preliminarmente all’interprete di interrogarsi su quale sia il significato dell’espressione “quanto ricevuto” posto che sia possibile attribuire alla stessa un significato più o meno ampio. Interpretando in modo restrittivo, l’espressione andrebbe riferita soltanto a quanto è stato ricevuto dal discendente assegnatario attraverso il patto di famiglia, cioè l’azienda o le partecipazioni societarie; al contrario, un’interpretazione estensiva della locuzione permetterebbe di esentare da collazione e riduzione non solo quanto
249 Relazione alla camera del 21 luglio 2005
250 B. Inzitari, Il patto di famiglia: negoziabilità del diritto successorio con la legge
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ricevuto dal beneficiario, ma tutte le attribuzioni patrimoniali cui ha dato luogo la conclusione del contratto, ivi comprese le somme e/o i beni pervenuti ai legittimari non assegnatari a titolo di liquidazione251.
Le ragioni che consentono di preferire quest’ultimo orientamento sono sia di ordine letterale che sistematico: da un lato, infatti, la parola contraenti non può che comprendere anche i legittimari non assegnatari dei beni d’impresa essendo loro soggetti necessari al fine del perfezionamento dell’accordo e quindi parti in senso tecnico; dall’altro lato, disattivare i rimedi tipici soltanto per alcune delle attribuzioni patrimoniali e non per altre sarebbe deviante rispetto allo scopo di attuare un trasferimento stabile e duraturo cui dichiaratamente la nuova disciplina mira, in quanto all’apertura della successione i beni ricevuti per soddisfare le ragioni successorie dei legittimari sarebbero aggredibili252. Proprio perché è dalla definitiva tacitazione dei legittimari mediante liquidazione che discende la disattivazione dei tradizionali meccanismi di tutela dei successori necessari, si capisce come solo questa interpretazione sia conforme alla
ratio di cristallizzare i trasferimenti effettuati e idonea ad incentivare la
partecipazione al patto di famiglia di quei soggetti, che, in tal modo, vedranno accordata identica stabilità anche a quanto da loro ricevuto (e ciò anche quando le attribuzioni patrimoniali volte a tacitare le aspettative successorie dei non assegnatari provengano dal disponente)253.
Per effetto della citata disposizione, accadrà che, alla morte dell’imprenditore, i non assegnatari non avranno il potere di esperire
251 Ancora B. Inzitari, Il patto di famiglia: negoziabilità del diritto successorio con la
legge 14 febbraio 2006, n.55, G. Giappichelli Editore, 2006, p. 81 e ss.
252 Questa è la tesi assolutamente prevalente in dottrina. Si veda per tutti Fietta, Patto
di famiglia, in CNN Notizie, 14 febbraio 2006
253 G. Petrelli, La nuova disciplina del patto di famiglia, in Riv. notariato, fasc.2,
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l’azione di riduzione per la lesione della legittima sull’azienda o le partecipazioni sociali né l’assegnatario potrà fare lo stesso relativamente alle quote di liquidazione ricevute dagli altri legittimari. Inoltre, in sede di divisione ereditaria, che abbia ad oggetto evidentemente beni diversi da quelli trasferiti con il patto di famiglia, non sarà ammissibile una collazione di quanto ricevuto dai ciascuno dei partecipanti al contratto254. Tale esclusione, tuttavia, operando solo sui beni che hanno formato oggetto del patto di famiglia, lascia intatto il diritto dei legittimari (sia assegnatari che non) di agire in riduzione contro beni non ricompresi nel patto assegnati in vita dal defunto in favore di terzi o dei legittimari stessi; parimenti intatto rimane il diritto per i medesimi soggetti di chiedere la collazione in sede di divisione dell’eredità255. E questo perché, come è stato correttamente
osservato256, alla disciplina del patto di famiglia, in quanto disciplina eccezionale, non può essere attribuito un ambito di applicazione più ampio di quello datogli dal legislatore, tanto da comprendere la rinunzia totale per i legittimari all’azione di riduzione. Se così non fosse, si finirebbe per determinare un ingiustificato privilegio nei confronti dell’intero patrimonio del disponente che verrebbe sottratto alle ordinarie norme di diritto successorio in spregio alle ragioni che hanno indotto il legislatore ad introdurre una disciplina derogatoria e di favore per i beni produttivi.
Dal punto di visto soggettivo è opportuno precisare come l’esenzione da collazione e riduzione trovi applicazione anche nei confronti dei legittimari sopravvenuti, i quali potranno esperire
254 F. Volpe, Patto di famiglia, in Il Codice civile Commentario, P. Schlesinger – D.
Busnelli, Giuffrè Editore, 2012, p. 262 - 263
255 Aa. Vv., Il patto di famiglia, a cura di G. Palermo, G. Giappichelli Editore, 2009,
p. 159
256 Aa. Vv., art. 768 bis-768 octies, in Commentario del Codice Civile, E. Gabrielli,
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soltanto le azioni di cui all’art. 768-sexies, c.c. in caso di mancato pagamento della quota di liquidazione257. Ma un’eventuale intervento
da parte dei legittimari sopravvenuti, a ben vedere, potrebbe rivelarsi in contrasto con l’intento del legislatore di dar luogo ad un trasferimento stabile e duraturo del complesso produttivo. Si pensi all’ipotesi in cui nel patrimonio del de cuius non vi siano beni sufficienti a liquidare le prerogative dei legittimari sopravvenuti: sarà necessario, in tale situazione, procedere a una revisione di tutte le quote suddivise all’epoca del contratto. Coloro che, in mancanza di un patrimonio adeguato su cui soddisfarsi, agiranno per ottenere la reintegrazione della legittima non farebbero altro che rimettere tutto in discussione, con la conseguenza di rendere scarsamente utile la dispensa da collazione e riduzione258.