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3.3 Il formalismo negoziale 1 La scelta dell’atto pubblico

3.3.2 La questione dell’applicazione della disciplina formale della donazione

L’art. 768-ter c.c. richiede per la stipulazione del patto di famiglia la forma scritta ad substantiam che assurge, dunque, ad elemento essenziale del contratto ex art. 1325, n. 4, c.c. L’inserimento di una norma simile, come anticipato, non sarebbe stato necessario laddove il legislatore avesse ritenuto il patto di famiglia una species del

genus contratto di donazione. In aggiunta, la particolare stabilità

conferita al patto e lo scopo primo dell’imprenditore di trasmettere l’impresa per garantirne la continuità e non per arricchire l’assegnatario, sono elementi sufficienti a eliminare ogni dubbio circa la possibilità di includere il contratto nella più ampia categoria delle donazioni186.

Eppure la necessaria stesura formale del contratto solleva l’opportunità di un confronto con l’analoga previsione in materia di donazione. Lungi dal contraddire la ricostruzione appena ricordata, occorre chiedersi se la più completa disciplina della donazione possa

185 F. Volpe, Patto di famiglia, in Il Codice civile Commentario, P. Schlesinger – D.

Busnelli, Giuffrè Editore, 2012, p. 114

186 Aa. Vv., art. 768 bis-768 octies, in Commentario del Codice Civile, E. Gabrielli,

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trovare applicazione anche al patto di famiglia. È necessario, cioè, chiedersi se i vuoti normativi della legge in commento, in particolare quelli riguardanti la disciplina formale, possano essere colmati analogicamente con quella che sembra essere la normativa maggiormente affine a quella del patto.

Il problema è quello riguardante la possibilità di applicazione delle norme in materia di forma al di là dei casi specificamente richiamati. Sebbene la dottrina più recente sembri aver superato quei pregiudizi sulla base dei quali è sempre stato giustificato il generale principio della libertà delle forme e la conseguente impossibilità di applicazione analogica di tali norme, occorre considerare la ratio di tali oneri formali, in particolare quella concernente l’osservanza della forma pubblica, prima di poter stabilire se le norme in materia di donazione siano applicabili al patto familiare187. Se è vero che per la donazione l’intervento del pubblico ufficiale è finalizzato a garantire maggior riflessione e consapevolezza in chi si spoglia dei propri beni per mero spirito di liberalità, lo stesso non può essere sostenuto per il patto di famiglia, il quale mira ad una composizione di interessi contrastanti e provenienti da soggetti diversi, nel cui contesto ha luogo la definizione dell’operazione riguardante il complesso aziendale188.

Sulla base di tali affermazioni, dovrebbe venir meno la possibilità di applicare al patto, in primo luogo, le norme che impongono l’assistenza dei testimoni. Mancando una espressa previsione legislativa al riguardo, è da escludere l’opinione di chi ritiene necessaria la presenza dei testi in sede di redazione del patto, dal momento che la legge notarile richiede l’assistenza di testimoni solo nei casi previsti dalla legge e in materia di donazioni (oltre che per

187 Aa. Vv., Il patto di famiglia. Legge 14 febbraio 2006, n. 55, a cura di Giorgio De

Nova, IPSOA, 2006, p. 11

188 In questo senso, L. Carota, Il contratto con causa successoria. Contributo allo

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le convenzioni matrimoniali e le loro modificazioni)189. Il fatto che l’art. 768-ter parli soltanto di atto pubblico e che il patto di famiglia non appartenga alla categoria dei contratti donativi dovrebbe far propendere l’interprete per la tesi che nega l’obbligatorietà della presenza di tali soggetti. Inoltre, la legge notarile, prescrivendo, in controtendenza con il passato, la necessaria assistenza dei testimoni per un numero di casi assai limitato, fa emergere l’intento del legislatore di affrancarsi da tale formalità, al di là dei casi espressamente stabiliti, dando luogo a un sistema dove la presenza dei testi costituisce, anziché la regola, l’eccezione190. In conclusione, pare

opportuno condividere quell’orientamento favorevole a considerare come sufficiente la conclusione del patto nella forma dell’atto pubblico, pur lasciando il notaio libero di consigliare la presenza di testi, sebbene non legislativamente prevista come obbligatoria, vista la possibilità di salvare un patto di famiglia nullo attraverso la possibile conversione in donazione, sussistenti i presupposti indicati dall’art. 1424 c.c.191.

Il confronto del patto di famiglia con la disciplina della donazione pone l’ulteriore questione concernente l’applicabilità alla figura in esame dell’art. 782, 1° comma, secondo periodo, c.c. il quale richiede l’adempimento dell’onere della specifica indicazione, nel

189 Aa. Vv., art. 768 bis-768 octies, in Commentario del Codice Civile, E. Gabrielli,

Delle successioni, vol. III, UTET, 2010, p. 401

190 In questo senso si esprimono, Aa. Vv., Il patto di famiglia. Legge 14 febbraio

2006, n. 55, a cura di Giorgio De Nova, IPSOA, 2006, p. 13 e Aa. Vv., art. 768 bis- 768 octies, in Commentario del Codice Civile, E. Gabrielli, Delle successioni, vol. III, UTET, 2010, p. 401-402, evidenziando come, a seguito della l. n. 246 del 2005 (la cd. “legge di semplificazione”), l’assistenza dei testimoni non sia più elemento naturale della gran parte degli atti a ministero di notaio, ma continuerà a essere frequente nella pratica notarile almeno finché non risulterà sufficientemente accreditata una delle varie soluzione che la dottrina ha proposto. Non deve stupire, quindi, l’atteggiamento prudenziali dei pubblici ufficiali consistente nel frequente ricorso alla presenza dei testimoni in sede di redazione del patto di famiglia.

191 N. Di Mauro, E. Minervini, V. Verdicchio, Il patto di famiglia. Commentario alla

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contratto o in nota a parte, delle cose mobili che ne formano oggetto, con indicazione del relativo valore. Il problema dell’applicabilità della norma riguarda essenzialmente l’azienda, intesa come il complesso dei beni (anche mobili) organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa192.

Anche in questa ipotesi merita di essere preferita un’interpretazione non estensiva della norma, dato che, in dottrina e in giurisprudenza, si è concordi nell’affermare che assume preminente importanza il carattere unitario del complesso aziendale, piuttosto che la somma dei singoli beni, attività e passività che la compongono193. Oltre al fatto che l’azienda venga preferibilmente intesa come un

universitas e non come la pluralità di singoli beni che la compongono,

un altro motivo a sostegno della tesi proposta è dato, da un punto di vista pratico, dall’inutilità e dall’inadeguatezza che caratterizzerebbero gli inventari a stabilire con certezza il valore dei beni mobili anche a causa del dinamico andamento delle imprese: risulterebbe poco compatibile con l’idea di patto di famiglia l’ipotesi di successivi conguagli per riequilibrare eventuali mutamenti del valore effettivo dei beni facenti parte del complesso aziendale194, come avviene

solitamente nella pratica dei trasferimenti aziendali.

A conclusione dell’analisi della fase di formazione del contratto, merita fare un accenno alla questione della formazione progressiva del contratto, all’ipotesi, cioè, che si abbia un’accettazione del patto da parte di soggetti rimasti terzi all’accordo principale con

192 Aa. Vv., Il patto di famiglia. Legge 14 febbraio 2006, n. 55, a cura di Giorgio De

Nova, IPSOA, 2006, p, 14, il quale fa riferimento tanto ai beni mobili aventi natura strumentale quanto ai beni-merce, costituenti il cd. “magazzino”.

193 F. Volpe, Patto di famiglia, in Il Codice civile Commentario, P. Schlesinger – D.

Busnelli, Giuffrè Editore, 2012, p. 123

194 Aa. Vv., Il patto di famiglia. Legge 14 febbraio 2006, n. 55, a cura di Giorgio De

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atto pubblico posteriore e separato, così come previsto per la donazione dall’art. 782, 2°comma, c.c.195. Coloro che rifiutano la

possibilità di applicare questo articolo al patto di famiglia basano le proprie argomentazioni sulla natura plurilaterale del patto di famiglia, difficilmente compatibile con un’accettazione separata, e sulla delicatezza della materia e dei diritti in esso coinvolti196. Altra parte della dottrina197 ha tentato, al contrario, di ridimensionare il problema della plurilateralità del contratto in oggetto affermando come anche un contratto di donazione possa avere quali parti donanti e/o donatarie una pluralità di soggetti: tale configurazione comporta semplicemente, per la validità e l’efficacia dell’atto donativo, il necessario coinvolgimento di tutti i soggetti considerati nell’operazione giuridica. La vicinanza strutturale di questa ipotesi con quella rappresentata dal patto di famiglia renderebbe ammissibile la sua formazione progressiva, purché ciò avvenga nel rispetto della forma dell’atto pubblico.

Anche volendo preferire l’opinione più permissiva, è evidente come, a causa della complessità dell’operazione, aggravata dal disposto dell’art. 782, 2° comma, c.c. (secondo il quale il disponente ha l’obbligo di notificare l’atto di accettazione, in deroga al principio generale di cui all’art. 1326 c.c.), sia molto più semplice ovviare al problema dell’indisponibilità di una parte attraverso il rilascio da parte di questa di idonea procura speciale198.

195 F. Volpe, Patto di famiglia, in Il Codice civile Commentario, P. Schlesinger – D.

Busnelli, Giuffrè Editore, 2012, p. 124

196 Per la tesi negativa si veda ancora F. Volpe, Patto di famiglia, in Il Codice civile

Commentario, P. Schlesinger – D. Busnelli, Giuffrè Editore, 2012, p. 124

197 Tra gli altri, Aa. Vv., art. 768 bis-768 octies, in Commentario del Codice Civile,

E. Gabrielli, Delle successioni, vol. III, UTET, 2010, p. 404 e Aa. Vv., Il patto di famiglia. Legge 14 febbraio 2006, n. 55, a cura di Giorgio De Nova, IPSOA, 2006, p.15-16

198 Così, Aa. Vv., Il patto di famiglia. Legge 14 febbraio 2006, n. 55, a cura di

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4. La disciplina del Capo V-bis