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4.5 La fase patologica del patto di famiglia

4.5.1 I vizi del consenso

Oltre al caso appena visto dell’inadempimento dell’obbligo di tacitazione dei legittimari sopravvenuti, il legislatore ha previsto un’altra ipotesi, in cui i partecipanti siano autorizzati ad impugnare il patto. Si tratta dell’art. 768-quinquies c.c., una norma che ha suscitato

all’annullamento- possa essere esercitato; pertanto siamo portati a ritenere che il termine di prescrizione per l’azione di annullamento sia di un anno e cominci a decorrere dall’apertura della successione”. Cit

295 G. Oberto, Il patto di famiglia, CEDAM, 2006, p. 129

296 Così, Aa. Vv., Il patto di famiglia. Legge 14 febbraio 2006, n. 55, a cura di

Giorgio De Nova, IPSOA, 2006, p. 50 e ss. L’A. giunge a tale considerazione traendo spunto da alcune disposizioni dettate in materia di mora del debitore (art. 1219 c.c.), in particolare alla “circostanza che l’obbligazione pecuniaria

sembrerebbe essere, fin dall’apertura della successione, liquida fin dall’origine, e quindi di ammontare determinato o facilmente determinabile”. Cit.

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notevoli perplessità tra i commentatori, poiché, riferendo al primo comma che “Il patto può essere impugnato dai partecipanti ai sensi

degli articoli 1427 e seguenti”, è apparsa una norma pleonastica.

Infatti, la chiarezza dell’art. 768-bis c.c. nel definire il patto di famiglia un contratto impone l’applicazione all’istituto in esame della disciplina dei contratti in generale, ivi compresa quella inerente i vizi del consenso. L’unico vero elemento innovativo sarebbe costituito allora dalla previsione del secondo comma che sancisce la riduzione da cinque anni ad uno del termine di prescrizione dell’azione di annullamento (“L'azione si prescrive nel termine di un anno”)297.

Nonostante l’apparente superfluità, la norma non può sottrarsi ad un operazione ermeneutica volta a mettere in luce le incongruità della disciplina dei vizi del consenso.

In primo luogo, il rinvio operato dalla disposizione ai soli artt. 1427 e seguenti del Codice Civile sembrerebbe escludere dall’applicazione della disciplina in esame il caso di annullamento per incapacità di un parte ex art. 1425 c.c. Per questa fattispecie si applicherebbe dunque la disciplina del contratto in generale con l’ordinario termine di prescrizione di cinque anni; sennonché appare difficile comprendere il motivo di questa esclusione. Secondo una certa dottrina298, la ratio legis andrebbe ricercata nell’intenzione del legislatore di attribuire una maggior tutala alle persone minori di età: visto il frequente coinvolgimento di questi soggetti nella formazione del patto di famiglia, potrebbe accadere che i loro rappresentanti, che non necessariamente devono essere in conflitto di interessi con i minori, potrebbero manifestare un interesse verso il complesso

297 Tra gli altri si veda, per un’introduzione all’argomento, F. Volpe, Patto di

famiglia, in Il Codice civile Commentario, P. Schlesinger – D. Busnelli, Giuffrè Editore, 2012

298 In questo senso B. Inzitari, Il patto di famiglia: negoziabilità del diritto

successorio con la legge 14 febbraio 2006, n.55, G. Giappichelli Editore, 2006, p. 230

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produttivo a causa delle competenze apprese nel corso del proprio percorso formativo che non avrebbero potuto manifestare prima. Questa spiegazione però confligge con l’idea di un patto di famiglia che deve essere stipulato nella forma dell’atto pubblico, quindi, di fronte a un notaio che difficilmente riceverà un atto in cui ha partecipato un incapace non adeguatamente rappresentato da un soggetto munito delle prescritte autorizzazioni299.

Altra questione molto discussa fin dai lavori preparatori è quella del dies a quo da cui far decorrere il termine annuale per l’impugnativa. Due sono sostanzialmente le possibili alternative: decorrenza del termine prescrizionale dal giorno della stipulazione del patto di famiglia (o del secondo contratto a quest’ultimo collegato, ove presente) oppure decorrenza dal giorno in cui si è scoperto l’errore o il dolo, o è cessata la violenza (come vuole la disciplina generale del contratto). La tesi largamente maggioritaria in dottrina300 è quest’ultima per la quale la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui può essere esercitato il diritto (art. 2935 c.c.). Inoltre, da un punto di vista di politica del diritto, appare già sufficientemente restrittivo l’abbassamento del termine ad un anno; se a ciò si aggiungesse che il termine decorre dalla stipulazione del patto, equivarrebbe probabilmente a privare del tutto i partecipanti di tale forma di tutela301. È stato, inoltre, osservato che questa ricostruzione, pur

avendo il difetto di non garantire la stabilità del patto poiché fa

299 G. Oberto, Il patto di famiglia, CEDAM, 2006, p. 133

300 Tra gli altri, si veda C. Bauco, V. Capozzi, Il patto di famiglia. Profili civilistici e

fiscali, Giuffrè Editore, 2007, p. 72; G. Petrelli, La nuova disciplina del patto di famiglia, in Riv. notariato, fasc.2, 2006, pag. 401 e ss.; Aa. Vv., Il patto di famiglia. Legge 14 febbraio 2006, n. 55, a cura di Giorgio De Nova, IPSOA, 2006, p. 34 e ss.; G. Oberto, Il patto di famiglia, CEDAM, 2006, p. 132-133

301 B. Inzitari, Il patto di famiglia: negoziabilità del diritto successorio con la legge

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riferimento ad un termine mobile302, sarebbe coerente col silenzio della norma e con la giurisprudenza della Cassazione303 che indica nell’art.

1442 c.c. quell’impedimento di natura giuridica all’esercizio del diritto di impugnazione del contratto concluso con consenso viziato: perciò soltanto a seguito della cessazione del vizio verrà rimosso quell’ostacolo giuridico che impedisce il legittimo esercizio del diritto e la decorrenza del termine di prescrizione304.

Infine, mi sembra opportuno esaminare la questione relativa alla proponibilità dell’eccezione di annullamento anche oltre il termine prescrizionale e la possibilità di convalida del patto viziato. Sul primo punto, è stato osservato che, se tale eccezione rimane imprescrittibile fino a che non siano state adempiute tutte le obbligazioni nascenti dal patto di famiglia, ciò si risolve in una garanzia ulteriore in favore dei legittimari non assegnatari305. Da ritenersi ammissibile anche la convalida, che potrà essere espressa o tacita (art. 1444 c.c.), purché, come impone la disciplina generale, sia noto il vizio che rendeva annullabile il patto a colui che procede alla convalida306.

Passando ora a un esame più specifico dei singoli vizi del consenso, va primariamente considerato il ruolo determinante del notaio circa l’indagine della reale volontà delle parti che dovrebbe

302 A. Di Sapio, Osservazioni sul patto di famiglia (Brogliaccio per una lettura

disincantata), in Il diritto di famiglia e delle persone, 2007, p. 317 e ss.

303 Cass. 12 marzo 1984, n. 1696, dove si afferma che l’art. 2935, dedicato alla

decorrenza della prescrizione in generale, “nello stabilire che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, si riferisce soltanto alla possibilità legale di far valere il diritto, quindi agli impedimenti di ordine giuridico e non già a quelli di mero fatto”.

304 B. Inzitari, Il patto di famiglia: negoziabilità del diritto successorio con la legge

14 febbraio 2006, n.55, G. Giappichelli Editore, 2006, p. 232

305 In questo senso, Aa. Vv., Il patto di famiglia, a cura di G. Palermo, G.

Giappichelli Editore, 2009, p. 190

306 Sul punto G. Petrelli, La nuova disciplina del patto di famiglia, in Riv. notariato,

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evitare ipotesi annullamento per vizi del consenso. Alcuni autori si sono comunque sforzati di valorizzare il disposto dell’art. 768-

quinquies c.c., apparentemente superfluo, rilevando come nonostante

la presenza garantista del pubblico ufficiale, possa assumere rilevanza, in particolare, l’errore. Uno degli errori che più frequentemente possono verificarsi è certamente l’errore sul valore dell’azienda o delle partecipazioni societarie, ovvero quello sul valore dei beni in natura trasferiti ai non assegnatari a titolo di liquidazione. Nella fattispecie del patto di famiglia, è verosimile che l’assegnatario, in quanto soggetto ritenuto maggiormente idoneo a proseguire l’attività d’impresa iniziata dall’ascendente e probabilmente già inserito nell’organizzazione aziendale, sia a conoscenza del reale valore del complesso produttivo che sta per ricevere, mentre potrà capitare che i non assegnatari non abbiano gli stessi strumenti per valutarne in modo preciso e veritiero il valore economico307.

Anche in questo caso, va ricordato, sarebbe opportuno che la stipula del patto di famiglia fosse preceduta da un esame peritale effettuato da un esperto qualificato in grado di attribuire certezza all’ammontare dei beni oggetto di trasferimento; in caso contrario, è probabile che i partecipanti siano fortemente disincentivati a concludere un negozio, in cui il margine di errore sui valori trasferiti sia parecchio ampio308.

Nel caso si verifichi comunque un errore sulla valutazione economica dell’azienda o delle partecipazioni si andrà incontro a due diversi pregiudizi: da un lato, il valore attribuito ai beni trasferiti è elemento determinante nel patto di famiglia, poiché è un valore che rimane fissato in perpetuum, e costituisce anche la base per il

307 B. Inzitari, Il patto di famiglia: negoziabilità del diritto successorio con la legge

14 febbraio 2006, n.55, G. Giappichelli Editore, 2006, p. 234 e ss.

308 G. Petrelli, La nuova disciplina del patto di famiglia, in Riv. notariato, fasc.2,

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successivo calcolo delle quote spettanti ai non assegnatari (anche sopravvenuti); dall’altro, la giurisprudenza della suprema corte è costante nell’affermare che l’errore sulla valutazione economica del bene oggetto della transazione non possa costituire un errore di fatto e quindi essere considerato idoneo a determinare una pronuncia di annullamento309. Solo l’errore concernente i motivi che hanno indotto il soggetto a concludere l’accordo potrebbe portare ad una sentenza di annullamento del contratto e non le errate valutazioni personali delle quali ciascun contraente non può che assumere la propria responsabilità. Detto ciò, l’unica possibilità rimanente di rendere rilevante l’errore sulla valutazione della consistenza economica del beni aziendali sarebbe ricomprendere tale tipo di errore fra quelli riguardanti l’identità dell’oggetto. Un’impugnazione così strutturata, che potrebbe essere ugualmente respinta dal giudice, ha sicuramente maggiori possibilità di essere accolta di una fondata sul mero errore sul valore attribuito al contratto.

Trattandosi di contratto stipulato “in famiglia”, difficilmente ammissibile sarebbe una pronuncia di annullamento argomentata sulla base di un errore sull’identità dell’altro contraente. Discorso parzialmente diverso deve essere fatto per l’errore sulle qualità dell’altro contraente: nell’ipotesi in cui l’imprenditore-disponente si renda conto che il discende non possieda le qualità adatte a continuare l’attività trasmessa, si potrà addivenire ad una pronuncia di annullamento, purché l’errore fosse riconoscibile anche alla controparte310. Infine, per quanto attiene agli altri vizi della volontà, risulta ancora meno probabile ottenere l’annullamento del contratto facendo valere la violenza. Tuttavia, è possibile immaginare che il

309 Ancora B. Inzitari, Il patto di famiglia: negoziabilità del diritto successorio con la

legge 14 febbraio 2006, n.55, G. Giappichelli Editore, 2006, p. 235

310 Aa. Vv., Il patto di famiglia, a cura di G. Palermo, G. Giappichelli Editore, 2009,

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timore riverenziale, di per sé non giuridicamente rilevante, possa assumere nel patto di famiglia un peso specifico ben diverso, a causa dell’autorità che l’imprenditore, fondatore dell’impresa e fautore della ricchezza familiare, potrebbe esercitare al fine di ottenere il necessario consenso alla stipula da parte di coniuge e figli, magari imponendo condizioni contrattuali ingiuste per prediligere alcuni contraenti a spese degli altri311. Di difficile verificazione anche il dolo determinante a meno che non si pensi ad eventuali accordi collusivi intercorrenti tra il disponente e i cd. partecipanti attuali allo scopo di sottostimare i beni oggetto del patto in pregiudizio dei legittimari sopravvenuti312.

Al termine dell’analisi sulle impugnazioni relative al patto di famiglia, va rilevato che l’interpretazione delle norme che le disciplinano deve essere condotta tenendo sempre a mente il fine che il legislatore si è preoccupato di realizzare con l’introduzione del nuovo istituto, ovvero la stabilità dell’assegnazione aziendale. Le caratteristiche di questo complesso di azioni sono funzionali alla prospettata definitività dell’assetto patrimoniale realizzato dal patto di famiglia. E non si deve pensare che sia soltanto l’azione di annullamento indicata dagli artt. 768-quinquies e 768-sexies c.c. l’unico rimedio azionabile contro i vizi che affliggono il patto di famiglia: troverà certamente applicazione al patto anche la disciplina della nullità; mentre, per l’applicazione della disciplina relativa alla scissione per lesione e quella relativa alla risoluzione per inadempimento degli obblighi di cui all’art. 768-quater, 2° comma, c.c. saranno opportune alcune precisazioni.

311 B. Inzitari, Il patto di famiglia: negoziabilità del diritto successorio con la legge

14 febbraio 2006, n.55, G. Giappichelli Editore, 2006, p. 196

312 Poiché il valore dei beni trasferiti è determinato di comune accordo da parte di

tutti i partecipanti esistenti al momento della stipula, non sono d’accordo con Aa. Vv., Il patto di famiglia, a cura di G. Palermo, G. Giappichelli Editore, 2009, p. 197, il quale parla di accordi tra i soli imprenditore e assegnatario.

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Pur mancando un espresso riferimento normativo alla nullità, è da condividere quell’orientamento dottrinale che collega la sanzione stabilita dall’art. 1418 c.c. alla mancanza di alcuni fra i legittimari in sede di stipulazione del patto di famiglia. Il necessario coinvolgimento dei familiari dell’imprenditore ha un incidenza determinante sul profilo funzionale del patto poiché permette il bilanciamento di interessi contrapposti nel contesto di un operazione che ha luogo in deroga alle tradizionali regole di diritto successorio. Se intenzione del legislatore è quella di garantire l’efficienza e la continuità nella gestione del bene produttivo e, allo stesso tempo, tutelare le ragioni dei legittimari coinvolti nella vicenda traslativa dell’impresa familiare, la sanzione della nullità appare un rimedio adeguato a compensare la perdita per quei soggetti delle azioni successorie. Tale ipotesi di nullità è stata qualificata come totale, dal punto di vista degli interessi coinvolti, e assoluta, dal punto di vista dei soggetti legittimati all’impugnativa. Addirittura, sono stati considerati legittimati attivi ex art. 1421 c.c. non solo le parti, ma tutti quei terzi titolari di un interesse meritevole di tutela: fra questi, un ruolo significativo è da attribuire ai creditori dell’imprenditore, i quali potrebbero avere un interesse contrario al trasferimento dell’impresa poiché vedrebbero verosimilmente ridursi le proprie aspettative creditorie313.

L’applicabilità al patto della disciplina relativa alla rescissione per lesione, dettata in materia di divisione ereditaria, e quella della risoluzione per inadempimento è condizionata dalla natura giuridica che si intende attribuire al patto. Pur avendo preferito quella ricostruzione del patto di famiglia in termini di negozio multifunzionale e averlo ritenuto irriducibile ad una delle categorie giuridiche preesistenti nel nostro sistema, non è stata sottovalutata la ricostruzione che vedrebbe nel patto un negozio divisorio. Se è vero

313 F. Volpe, Patto di famiglia, in Il Codice civile Commentario, P. Schlesinger – D.

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che l’attribuzione di una tale qualifica non è sufficiente ad esaurire il profilo funzionale del patto, tuttavia è in grado di mettere in evidenza il meccanismo operativo del nuovo istituto, che è simile a quello previsto dall’art. 720 c.c. per la divisione degli immobili non divisibili. Quindi, il fatto che materialmente il patto dia luogo ad una divisione potrebbe essere ritenuto sufficiente a rispondere positivamente circa il quesito dell’applicabilità del rimedio della rescissione per lesione314. L’effetto

della rescissione, in caso di esito positivo del giudizio, si concreta nella eliminazione degli effetti del patto, e nel rispristino dello status quo. Tuttavia, ritengo di dover seguire quella parte della dottrina che dissente da questa ipotesi ricostruttiva: il fine di stabilità del patto di famiglia viene perseguito dal legislatore ponendo dei limiti ai tradizionali strumenti di tutela e prevedendo pochi e specifici strumenti di impugnazione; sarebbe, quindi, un tesi contraria non solo al dichiarato scopo della definitività dell’assegnazione, ma anche, come è stato sostenuto315, alla lettera della legge, posto che l’art. 768-

quinquies, c.c. fa espresso riferimento ai soli artt. 1427 e ss. (e non

all’art. 763 c.c.).

Per quanto, infine, riguarda l’azione di risoluzione promossa dai partecipanti che non abbiano ricevuto la liquidazione, va rilevato che, da un lato, il carattere sinallagmatico e gratuito del patto mal si presta ad accogliere questo strumento di tutela, e dall’altro, valgono le stesse considerazioni sopra riportate in merito alla stabilità che deve caratterizzare il patto, anche se in dottrina sul punto non vi è uniformità di opinioni316.

314 Ancora F. Volpe, Patto di famiglia, in Il Codice civile Commentario, P.

Schlesinger – D. Busnelli, Giuffrè Editore, 2012, p. 306 e ss

315 In questo senso, Aa. Vv., Il patto di famiglia. Legge 14 febbraio 2006, n. 55, a

cura di Giorgio De Nova, IPSOA, 2006, p. 33

316 Di questo avviso B. Inzitari, Il patto di famiglia: negoziabilità del diritto

successorio con la legge 14 febbraio 2006, n.55, G. Giappichelli Editore, 2006, p. 250-251, il quale però non esclude del tutto la possibilità di ammettere una

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4.5.2 Scioglimento e modifica

Per completare l’analisi del Capo V-bis, si rende necessario procedere all’esegesi degli ultimi due articoli introdotti dalla l. n. 55/2006. L’art. 768-septies c.c. è rubricato “Scioglimento” e prevede la possibilità di sciogliere o modificare il contratto da parte delle stesse persone che hanno concluso il patto di famiglia. Ciò può avvenire in due diversi modi: o “mediante diverso contratto, con le medesime

caratteristiche e i medesimi presupposti i cui al presente capo”, oppure

“mediante recesso, se espressamente previsto nel contratto stesso e,

necessariamente, attraverso dichiarazione agli altri contraenti certificata da notaio”. La norma riconosce ai contraenti la facoltà di

sciogliere o modificare il patto di famiglia con un nuovo contratto o mediante recesso. Iniziamo dalla prima ipotesi. La conclusione di un nuovo contratto può portare allo scioglimento di quello precedente mediante mutuo dissenso (art. 1372 c.c.), oppure alla semplice modifica dello stesso. La modifica delle condizioni originarie può a sua volta dar luogo a fenomeni diversi: potranno mutare, in tutto o in parte, le assegnazioni fatte ai legittimari; potrà essere convenuta la revoca alla rinunzia alla liquidazione da parte di uno dei legittimari; o ancora, potrà essere disposto il trasferimento dell’impresa secondo modalità diverse da quelle previste nel contratto originario317. In particolare, il negozio modificativo può realizzare sia modifiche soggettive che oggettive: le prime attueranno il coinvolgimento di ulteriori legittimari conferendo al patto maggiore stabilità (ad esempio, estendendo l’efficacia del patto a legittimari frattanto sopravvenuti

risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta. Pur precisando che il rimedio della risoluzione per inadempimento non si adatta ad un contratto come quello in esame, che non può essere ricompreso fra quelli a prestazioni corrispettive, nel caso in cui le parti decidano di definire con un secondo contratto collegato i rapporti derivanti dal patto, allora, trattandosi di contratto ad esecuzione differita con obblighi a carico di una sola parte, si riaprirebbe la possibilità di utilizzare tale rimedio.

317 G. Petrelli, La nuova disciplina del patto di famiglia, in Riv. notariato, fasc.2,

140

senza che si debba attendere la morte dell’imprenditore-disponente, come richiede l’art. 768-sexies c.c.); le seconde sono volte a modificare l’assetto di interessi realizzato dal patto di famiglia (ad esempio, potrebbe essere trasferito un ramo d’azienda non rientrato nel primo contratto, oppure la piena proprietà nel caso in cui il disponente si fosse riservata la possibilità di verificare le attitudini del assegnatario prima dell’attribuzione definitiva del complesso produttivo)318. Fermo restando che quelle elencate siano soltanto alcune delle possibili ragioni, insuscettibili di un elencazione esaustiva, che possono indurre i contraenti a modificare o addirittura a rimuovere del tutto il contenuto del patto, l’art. 768-septies, n. 1, c.c. ha la funzione di porre rimedio a tutte quelle situazioni in cui l’assetto di interessi realizzato si trovi ad essere soggettivamente o oggettivamente inadeguato a disciplinare la trasmissione generazionale dei beni produttivi, vuoi per deficienze organizzati esistenti ab origine, vuoi per eventi sopravvenuti alla stipula319.

In relazione alla portata precettiva della norma, è stato osservato che la facoltà di modificare o risolvere convenzionalmente un precedente assetto di interessi sarebbe già ammessa dalla disciplina generale dei contratti (artt. 1372 e 1373 c.c.), per cui l’art. 768-septies c.c. si risolverebbe in una norma superflua e ridondante da questo angolo visuale320. A ben vedere, però, la norma ha implicazioni

sistematiche non indifferenti e può essere letta anche come una conferma del carattere inter vivos del patto di famiglia, il quale non potrebbe venir meno se non per mutuo dissenso o per le cause stabilite

318 F. Volpe, Patto di famiglia, in Il Codice civile Commentario, P. Schlesinger – D.

Busnelli, Giuffrè Editore, 2012, p. 375

319 Aa. Vv., Il patto di famiglia, a cura di G. Palermo, G. Giappichelli Editore, 2009,

p. 220

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dalla legge (differentemente dalla volontà testamentaria che, invece, è sempre revocabile)321.

Ai fini dell’efficacia del negozio di scioglimento o modifica del patto di famiglia la norma richiede l’indefettibile presenza di alcuni requisiti. Il disposto normativo, innanzitutto, esige la presenza delle “medesime persone che hanno concluso il patto di famiglia”. Questo