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Il patto di famiglia, nella configurazione cd. semplice disciplinata dall’art. 768-bis c.c., vede coinvolti nell’operazione giuridica, in assenza di legittimari, due soggetti, ovvero l’imprenditore e l’assegnatario. Qualora nella compagine familiare siano presenti, al momento della stipulazione del patto di famiglia, membri della categoria dei legittimari, è necessario per la valida conclusione del negozio che costoro siano chiamati a partecipare secondo quanto stabilito dall’art. 768-quater, 1° comma, c.c. Questa configurazione del patto di famiglia, che abbiamo definito “complessa”, dà luogo, oltre al consueto e primario effetto reale del trasferimento, anche ad un effetto obbligatorio consistente nell’obbligo a carico degli assegnatari di liquidare gli altri legittimari e ad un effetto legale tipico, rappresentato dalla disattivazione degli istituti della collazione e dell’azione di riduzione. È evidente, quindi, come la disposizione che introduce la nozione di patto di famiglia non sia idonea da sola ad esaurire la configurazione soggettiva del patto ma vada coordinata con quella dell’art. 768-quater c.c.

Come tali eventualità vadano ad influire sull’aspetto causale del patto già si è detto altrove. Ciò che mi preme specificare in questa sede è, come numerosi autori hanno precisato199, che la necessaria partecipazione di tutti i legittimari esistenti alla data della stipula dia luogo ad un contratto non semplicemente plurilaterale, bensì trilaterale, in quanto le più parti (imprenditore, assegnatario, altri legittimari)

l’applicabilità della norma in materia di donazioni al patto di famiglia, e poi afferma la scarsa utilità di tale questione ritenendo di poter ovviare il problema in altro modo.

199 Tra gli altri, si vedano F. Volpe, Patto di famiglia, in Il Codice civile

Commentario, P. Schlesinger – D. Busnelli, Giuffrè Editore, 2012, p. 192 e ss. e C. Bauco, V. Capozzi, Il patto di famiglia. Profili civilistici e fiscali, Giuffrè Editore, 2007, p. 42 e ss.

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rappresentano distinti centri d’interesse. Ovviamente, sempre di contratto trilaterale si potrà parlare laddove alcuna delle parti sia costituita da più di un soggetto (ad es. più assegnatari o più non assegnatari), dal momento che la manifestazione di volontà sarà collettiva e imputabile al centro d’interesse complessivamente considerato200.

Poiché, nell’ottica del legislatore, la partecipazione dei legittimari è concepita come una compensazione patrimoniale riferita alla perdita dei rimedi di diritto successorio, l’eventuale esclusione di uno o più legittimari comporterà la nullità del contratto ai sensi dell’art. 1418 c.c. per violazione di una norma imperativa (l’art. 768-

quater, 1° comma, c.c.) e sottoporrà il notaio a responsabilità secondo

quanto stabilito dall’art. 28 legge notarile201. Ne consegue che, avendo

optato per una qualificazione del negozio in termini di contratto trilaterale, la partecipazione dei legittimari viene a rappresentare un elemento costitutivo essenziale, da attuare appunto a pena di nullità del contratto202. Del resto, aver qualificato i legittimari non assegnatari

come parti implica che il disposto dell’art. 768-sexies, 1° comma, c.c., rubricato “Rapporti con i terzi”, vada interpretato nel senso che terzi siano soltanto coloro che non abbiano potuto partecipare alla stipula (non perché non avvisati, ma) perché sopravvenuti, avendo acquisito

200 C. Bauco, V. Capozzi, Il patto di famiglia. Profili civilistici e fiscali, Giuffrè

Editore, 2007, p- 44

201 F. Volpe, Patto di famiglia, in Il Codice civile Commentario, P. Schlesinger – D.

Busnelli, Giuffrè Editore, 2012, p. 195

202 In questo senso C. Bauco, V. Capozzi, Il patto di famiglia. Profili civilistici e

fiscali, Giuffrè Editore, 2007, p. 43 e ss. e altri. Per la tesi opposta si veda invece A. Angrisani, Salvatore Sica, Il patto di famiglia e gli altri strumenti di successione nell'impresa, G. Giappichelli Editore, 2007, p. 64 e ss.,, il quale ricostruendo il patto di famiglia in termini di contratto bilaterale non fa discendere la sanzione della nullità dalla mancata partecipazione di tutti i legittimari né eventuali responsabilità a carico del notaio ragante.

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tale qualifica in un momento successivo rispetto a quello della conclusione del contratto203.

Un’altra questione che emerge dal dato letterale dell’art. 768-

quater, 1° comma, c.c. risiede nella scelta del legislatore di menzionare

il coniuge separatamente dai legittimari pur facendo egli parte della medesima categoria ai sensi dell’art. 536 c.c. Parte della dottrina ha tentato di spiegare l’accostamento del coniuge alla categoria dei legittimari facendo riferimento all’ipotesi in cui, al momento dell’apertura della successione, non rivesta più la qualità di legittimario essendo premorto al disponente o a seguito dello scioglimento del matrimonio. Con riguardo a quest’ultima ipotesi, la partecipazione del coniuge non sarebbe necessaria soltanto nell’ipotesi di divorzio e non anche in quella di separazione con addebito, la quale, pur determinando la perdita dei diritti successori rispetto all’ex coniuge, non fa venire meno il vincolo matrimoniale fino alla sentenza di divorzio204.

Da scartare sembra essere, invece, quella dottrina205 che afferma la nascita di un obbligo di restituzione in capo al coniuge originariamente partecipante al patto al verificarsi delle situazioni sopra prospettate. Non vi sono disposizioni che prevedono l’esistenza di un obbligo di restituzione nel caso in cui taluno perda la qualità di legittimario; anzi, dalla disciplina del patto emerge vistosamente la possibilità che al momento dell’apertura della successione la compagine dei legittimari sia diversa rispetto a quella che ha preso

203 F. Volpe, Patto di famiglia, in Il Codice civile Commentario, P. Schlesinger – D.

Busnelli, Giuffrè Editore, 2012, p. 196

204 In questo senso C. Bauco, V. Capozzi, Il patto di famiglia. Profili civilistici e

fiscali, Giuffrè Editore, 2007, p. 41-42

205 Non mi trova d’accordo Fietta, Patto di famiglia, in CNN Notizie, 14 febbraio

2006, per la mancanza di un qualsiasi appiglio letterale idoneo a giustificare la tesi proposta.

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parte alla stipulazione del contratto, senza che ciò possa essere considerato motivo di scioglimento dello stesso. Inoltre, dato che coloro che non hanno partecipato al negozio potranno “chiedere ai

beneficiari del contratto stesso il pagamento della somma prevista del secondo comma dell’articolo 768-quater, aumentata degli interessi legali”, non si capisce perché la premorienza di uno dei legittimari o la

cessazione del vincolo matrimoniale dovrebbero determinare il diritto degli altri partecipanti di chiedere la restituzione di quanto ricevuto per effetto del patto206. Bisogna, tuttavia, aggiungere che la particolare formulazione dell’articolo non dovrebbe nella pratica creare molti problemi, posto che nella grande maggioranza dei casi il coniuge tenderà a rinunciare ad ogni forma di liquidazione, dal momento che la somma andrebbe a gravare sulle finanze di quei discendenti che sia il disponente sia verosimilmente il coniuge attraverso il patto di famiglia hanno la finalità di avvantaggiare207.

Un’ultima questione, ma non per questo meno importante, riguardante la figura del coniuge, attiene all’eventualità che il disponente contragga un secondo (o un terzo, un quarto, ecc.) matrimonio dopo la conclusione del patto di famiglia. Trattandosi di legittimario sopravvenuto, il nuovo coniuge potrebbe decidere di aderire al patto dando luogo ad una modificazione del patto originario

ex art. 768-septies c.c., ferma restando la necessaria approvazione di

tutte le altre parti. Qualora tale approvazione manchi, l’unica via per il coniuge sopravvenuto di aderire al patto sarà quella di aspettare la morte dell’imprenditore e ottenere la somma prevista dal secondo comma dell’art. 768-quater c.c. aumentata degli interessi, oppure agire con i rimedi posti a tutela dei legittimari. Non può, invece, essere seguito quell’orientamento che attribuisce al nuovo coniuge il diritto di

206 Così Aa. Vv., Il patto di famiglia, a cura di G. Palermo, G. Giappichelli Editore,

2009, p. 152-153 critica la tesi di Fietta

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chiedere la somma dovuta al coniuge precedente: basta porre mente all’ipotesi in cui il coniuge precedente abbia rinunciato alla liquidazione oppure ne abbia accettata una di molto inferiore a quella dovutagli per comprendere la contraddizioni di questa tesi208.