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A norma dell’art. 768-sexies, 1° comma, c.c. “All'apertura

della successione dell'imprenditore, il coniuge e gli altri legittimari che non abbiano partecipato al contratto possono chiedere ai beneficiari del contratto stesso il pagamento della somma prevista dal secondo comma dell'articolo 768-quater, aumentata degli interessi legali”. La disposizione non solo rappresenta una norma di chiusura

tendente a far salva la stabilità del patto di famiglia anche rispetto ai legittimari che non vi abbiano partecipato, ma conferma il carattere necessario della partecipazione dei legittimari. La disposizione, che al secondo comma prevede la sanzione dell’annullamento in caso di mancata liquidazione dei legittimari sopravvenuti, esplicita il carattere

257 F. Volpe, Patto di famiglia, in Il Codice civile Commentario, P. Schlesinger – D.

Busnelli, Giuffrè Editore, 2012, p. 263

258 Concordo con B. Inzitari, Il patto di famiglia: negoziabilità del diritto successorio

con la legge 14 febbraio 2006, n.55, G. Giappichelli Editore, 2006, p. 88 e ss. nell’affermare come la portata della dispensa di cui all’art. 768-quater, 4° comma, c.c. sia notevolmente ridimensionata nell’ipotesi di intervento dei legittimari all’apertura della successione.

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essenziale del coinvolgimento di tali soggetti, anche qualora tale partecipazione debba essere integrata in un momento successivo259. Il

lasso temporale che separa il momento della conclusione del contratto da quello dell’apertura della successione dell’imprenditore non deve costituire un fattore in grado di mettere in discussione il carattere di stabilità e definitività del trasferimento: infatti, il rischio che in questo periodo di tempo la compagine familiare e il valore oggettivo dei beni trasferiti possano mutare è stato neutralizzato dal legislatore, il quale, in linea con la ratio legis, ha sancito l’immutabilità dei contenuti stabiliti al momento del patto e ha introdotto un sistema di liquidazione delle ragioni dei legittimari che tenga conto degli interessi legali nel frattempo maturati260. In altri termini, si evita di modificare gli assetti economici sanciti con il patto di famiglia trasformando il diritto alla quota di riserva in un mero diritto di credito posto a carico dei beneficiari.

Una delle questioni che ha maggiormente colpito le attenzioni dei commentatori deriva ancora una volta dalla vaghezza che caratterizza la formulazione utilizzata dal legislatore nell’articolo 768-

sexies, 1° comma, c.c. Si tratta di stabilire se nella nozione di “terzi”

possano essere ricompresi, oltre naturalmente ai legittimari sopravvenuti (si pensi al caso in cui l’imprenditore contragga nuovo matrimonio, adotti o riconosca un figlio, ecc.), anche coloro che non abbiano, per le più diverse ragioni (dissenso, irreperibilità, assenza, ecc.), potuto parteciparvi. La questione si risolve ancora una volta nello stabilire se la partecipazione di tutti i legittimari attuali sia o meno necessaria ai fini della valida stipulazione del negozio giuridico;

rectius, se la suddetta partecipazione debba essere intesa come

259 L. Carota, Il contratto con causa successoria. Contributo allo studio del patto di

famiglia, CEDAM, 2008, p. 111

260 F. Volpe, Patto di famiglia, in Il Codice civile Commentario, P. Schlesinger – D.

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presupposto di vincolatività del patto oppure come elemento costitutivo della fattispecie contrattuale, da osservarsi a pena di nullità261.

La tesi estensiva consentirebbe anche a coloro che, per svariate ragioni, non abbiano partecipato al patto di avvalersi della tutela obbligatoria di cui all’art. 768-sexies. A sostegno di questa interpretazione è stato osservato262 come l’espressione “terzi” non sembri imporre distinzioni fra i motivi per cui tali soggetti siano rimasti al di fuori dell’accordo: che lo abbiano fatto perché non rivestivano la qualità di legittimario o perché non era concordi con quanto stabilito dagli altri legittimari sarebbe indifferente ai fini dell’applicabilità della norma. Questo orientamento è stato giustificato sostenendo che soggetti portatori di medesimi interessi devono godere della stessa tutela e ricevere un trattamento giuridico omogeneo a prescindere dal tempo in cui acquistino la qualità di legittimari263. A questo punto la tesi estensiva distingue tra gli strumenti di tutela di cui sono titolari i legittimari: secondo alcuni, i non partecipanti potrebbero avvalersi semplicemente dei rimedi di cui all’art. 768-sexies, c.c. e l’equiparazione del trattamento giuridico troverebbe giustificazione nelle esigenza di garantire la stabilità dell’operazione sottoponendo tutti quei soggetti alla disciplina di esenzione di cui all’art. 768-quater, 4° comma, c.c.; secondo altri, il legittimario che non intenda aderire al contratto immediatamente né al momento della morte del disponente

261 In questo senso, Aa. Vv., Il patto di famiglia. Legge 14 febbraio 2006, n. 55, a

cura di Giorgio De Nova, IPSOA, 2006, p. 39-40

262 Interpretazione ormai divenuta secondaria e seguita ancora da pochi

commentatori, tra i quali tuttavia si segnalano Aa. Vv., Il patto di famiglia, a cura di G. Palermo, G. Giappichelli Editore, 2009 e Aa. Vv., Il patto di famiglia. Legge 14 febbraio 2006, n. 55, a cura di Giorgio De Nova, IPSOA, 2006

263 C. Caccavalle, Appunti per uno studio sul patto di famiglia: profili strutturali e

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sarebbe titolare del potere di impugnativa del negozio concluso in sua assenza264.

L’interpretazione da seguire è però, a mio avviso, quella restrittiva. Non può passare in secondo piano come la struttura necessariamente plurisoggettiva del patto di famiglia abbia implicazioni anche sull’aspetto funzionale del negozio e come questo non possa prescindere dall’incontro delle volontà di tutti i soggetti titolari di diritti successori sul bene produttivo all’atto dell’apertura della successione del disponente. Ritenendo che la partecipazione di tali soggetti sia elemento essenziale del contratto da rispettare a pena di nullità ex art. 1418 c.c., risulterebbe addirittura superfluo distinguere fra legittimari attuali non partecipanti e legittimari sopravvenuti, visto che si potrebbe parlare dei secondi solo in presenza di un patto di famiglia valido, mentre la mancata partecipazione dei legittimari attuali comporta un vizio non sanabile del negozio giuridico in questione265.

Anche il carattere eccezionale della disciplina conduce a ritenere che la partecipazione dei legittimari sia doverosa ai fini della validità del patto di famiglia, poiché il coinvolgimento della totalità di questi soggetti è finalizzato a rendere operante quella dispensa da collazione e riduzione che garantisce la stabilità del patto266. Si

esclude, quindi, che i legittimari esistenti al momento del patto possano scegliere di non intervenire e poi chiedere la liquidazione aumentata degli interessi o eventualmente impugnare il patto. Se così fosse verrebbe attribuito un trattamento privilegiato ai legittimari già

264 F. Volpe, Patto di famiglia, in Il Codice civile Commentario, P. Schlesinger – D.

Busnelli, Giuffrè Editore, 2012, p. 337 e ss.

265 F. Volpe, Patto di famiglia, in Il Codice civile Commentario, P. Schlesinger – D.

Busnelli, Giuffrè Editore, 2012, p. 325 e ss.

266 Così G. Petrelli, La nuova disciplina del patto di famiglia, in Riv. notariato,

fasc.2, 2006, pag. 401 e ss. e A. Angrisani, Salvatore Sica, Il patto di famiglia e gli altri strumenti di successione nell'impresa, G. Giappichelli Editore, 2007

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esistenti all’epoca della conclusione del patto di famiglia, poiché sarebbe loro consentito di scegliere se ricevere subito la liquidazione oppure pretenderla in un secondo momento con l’aggiunta degli interessi, senza che questa opzione sia giustificata da alcuna esigenza meritevole (mentre i legittimari sopravvenuti potranno ottenere la quota di legittima aumentata degli interessi solo per il fatto che prima non possedevano tale qualità).

Coerentemente con questa impostazione, rimangono esclusi dall’applicabilità della norma, oltre ai legittimari esistenti al tempo del patto, anche i legittimari la cui esistenza è stata scoperta successivamente, e coloro che erano legittimari di secondo grado al tempo del patto267. L’obiezione che parte della dottrina268 ha avanzato in merito a quest’ultima affermazione ritenendola troppo limitativa si base sull’idea di un patto dalla struttura bilaterale concluso tra i soli disponente e assegnatario e una partecipazione che è doverosa non a pena di nullità del negozio giuridico, ma come condizione di vincolatività per i legittimari esistenti al tempo della stipulazione. Mi sembra più lineare che i legittimari di secondo grado, invece di essere tutelati sulla base dell’art. 768-sexies c.c., subentrino per rappresentazione nella quota di liquidazione del legittimario che ha partecipato al patto di famiglia ma deceduto prima dell’apertura della successione dell’imprenditore.

267 B. Inzitari, Il patto di famiglia: negoziabilità del diritto successorio con la legge

14 febbraio 2006, n.55, G. Giappichelli Editore, 2006, p. 120

268 Non mi trova d’accordo G. Petrelli, La nuova disciplina del patto di famiglia, in

Riv. notariato, fasc.2, 2006, pag. 401 e ss., per il quale limitare l’ambito di applicazione della norma ai soli legittimari sopravvenuti sarebbe eccessivamente restrittivo in considerazione del disposto dell'art. 768-quater, comma 1, c.c., per il quale "devono" partecipare al patto solo coloro che sarebbero legittimari in quel momento, “quindi a contrario i legittimari di secondo grado, pur esistenti a quel momento, possono non partecipare e nel contempo essere vincolati dal patto (ma in tal caso devono essere tutelati a norma dell'art. 768-sexies c.c.)”.

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Passando ora a trattare dei soggetti passivi del rapporto giuridico, la legge individua costoro genericamente nei “beneficiari del

contratto stesso”. Anche in questo caso l’imprecisa dizione legislativa

ha dato luogo a molteplici e opposte interpretazioni su chi debbano essere considerati i soggetti obbligati a liquidare le ragioni dei legittimari non partecipanti al contratto.

L’orientamento di chi269 ritiene che tale obbligo debba gravare

sui soli partecipanti assegnatari dell’azienda o delle partecipazioni societarie è stato oggetto di numerose critiche. Si tratta evidentemente di un interpretazione molto letterale della norma che non tiene conto delle implicazioni funzionali che si verrebbero a creare. Se davvero l’obbligo di liquidazione dovesse ricadere interamente sull’assegnatario il patto di famiglia rischierebbe di diventare un istituto desueto. Si pensi al destinatario del complesso produttivo consapevole del fatto che dovrà accollarsi per intero la liquidazione dei legittimari sopravvenuti alla morte del disponente: è evidente che un tale onere probabilmente spingerà l’assegnatario a prediligere altri istituti per realizzare il trasferimento d’impresa piuttosto che il patto di famiglia. Ma il pregiudizio cui andrebbe incontro l’assegnatario non si limita a questo: infatti, alla necessaria rideterminazione delle quote dovuta all’ampliamento della compagine dei legittimari, che già costituisce un sacrificio per i tutti i contraenti, si dovrebbe aggiungere anche l’intera liquidazione da parte degli assegnatari con il rischio di vedere trasformata un’operazione potenzialmente vantaggiosa in una assai sconveniente in cui benefici sono inferiori ai costi da sostenere270.

269 S. Delle Monache, Spunti ricostruttivi e qualche spigolatura in tema di patto di

famiglia, in Riv. notariato, fasc.4, 2006, pag. 905

270 F. Volpe, Patto di famiglia, in Il Codice civile Commentario, P. Schlesinger – D.

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La dottrina largamente dominante271 preferisce dare alla locuzione “beneficiari del contratto stesso” un’interpretazione estensiva volta a comprendere tutti coloro che sono stati avvantaggiati dal patto di famiglia, ivi compresi i soggetti che hanno beneficiato della liquidazione della quota di cui all’art. 768-quater, 2° comma, c.c. Ne consegue che beneficiari, in questo caso, saranno tanto coloro ai quali è stato trasferito il complesso produttivo, quanto i legittimari non assegnatari che non abbiano rinunciato alla liquidazione. Tutti questi soggetti sarebbero, dunque, titolari di una situazione di solidarietà a

latere debitoris ai sensi dell’art. 1294 c.c.272 273. Per quanto riguarda il credito dei legittimari sopravvenuti, la disciplina applicabile è certamente quella delle obbligazioni pecuniarie, mentre il valore delle somme da corrispondere ai legittimari andrà calcolata facendo riferimento a quello attribuito, in sede di negoziazione, ai beni trasferiti mediante patto di famiglia, visto l’espresso rinvio operato dall’art. 768-

sexies, 1° comma, c.c. all’art. 768-quater, 2° comma, c.c.274

271 In questo senso si sono espressi numerosi autori fra cui N. Di Mauro, E.

Minervini, V. Verdicchio, Il patto di famiglia. Commentario alla Legge 14 febbraio 2006, n. 55, Giuffré 2006; G. Oberto, Il patto di famiglia, CEDAM, 2006; Aa. Vv., Il patto di famiglia. Legge 14 febbraio 2006, n. 55, a cura di Giorgio De Nova, IPSOA, 2006; G. Petrelli, La nuova disciplina del patto di famiglia, in Riv. notariato, fasc.2, 2006, pag. 401 e ss.

272 A. Angrisani, Salvatore Sica, Il patto di famiglia e gli altri strumenti di

successione nell'impresa, G. Giappichelli Editore, 2007, p. 96

273 Non ritiene di poter includere questa fattispecie nella categoria delle obbligazioni

solidali B. Inzitari, Il patto di famiglia: negoziabilità del diritto successorio con la legge 14 febbraio 2006, n.55, G. Giappichelli Editore, 2006, p. 121-122, il quale afferma che “sarebbe più corretto qualificare tale fattispecie in termini di obbligazione soggettivamente complessa in cui all’esecuzione della prestazione debbono necessariamente partecipare più debitori, per volontà delle parti, per disposizione di legge o per la natura della prestazione stessa”.

274 Aa. Vv., art. 768 bis-768 octies, in Commentario del Codice Civile, E. Gabrielli,

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Non mi sento, invece, di seguire quella dottrina275 che propone di calcolare l’ammontare delle somme dovute ai legittimari sopravvenuti facendo riferimento al valore venale della quota al tempo della conclusione del contratto, invece che a quello convenzionale: la fase di negoziazione del contratto è un momento centrale nell’economia dell’istituto poiché permette il più ampio coinvolgimento dei soggetti interessati e il bilanciamento degli interessi sottesi e, quindi, una volta fissato il valore del bene oggetto del trasferimento (quando il disponente è ancora in vita e con il suo consenso), non vedo perché questo non debba rimanere stabile anche dopo l’intervento dei legittimari.

Proseguendo nell’esame della natura dell’obbligo di liquidazione dei legittimari sopravvenuti, va precisato come il diritto di credito che nasce in favore di quei familiari che non avevano potuto partecipare alla stipula del patto tragga origine dal contratto stesso, e sia un diritto che nasce ex lege al momento dell’apertura della successione dell’imprenditore, a differenza di quello in favore dei partecipanti che, invece, nasce immediatamente con la conclusione del contratto276. Inoltre, per tutto ciò che non è espressamente disciplinato

dal Capo V-bis, il rapporto obbligatorio soggiace alla disciplina generale delle obbligazioni: così, si applicherà l’ordinario termine di prescrizione decennale, si tratterà di un obbligazione immediatamente esigibile a seguito dell’apertura della successione del disponente e andrà eseguita preso il domicilio del creditore277.

275 N. Di Mauro, E. Minervini, V. Verdicchio, Il patto di famiglia. Commentario alla

Legge 14 febbraio 2006, n. 55, Giuffré 2006, p. 168

276 N. Di Mauro, E. Minervini, V. Verdicchio, Il patto di famiglia. Commentario alla

Legge 14 febbraio 2006, n. 55, Giuffré 2006, p. 144

277 Aa. Vv., Il patto di famiglia. Legge 14 febbraio 2006, n. 55, a cura di Giorgio De

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Per quanto riguarda invece i criteri di determinazione del credito pecuniario, il legislatore ha inteso evitare che sui legittimari sopravvenuti si riversassero le conseguenze spiacevoli date dalla puntuale applicazione del principio nominalistico prevedendo che l’oggetto della prestazione sia determinato, per relationem con quanto stabilito dall’art. 768-quater, comma 2, c.c. per gli altri legittimari ma inserendo un meccanismo di rivalutazione. Per addivenire alla completa tacitazione delle ragioni dei legittimari, compresi coloro che non hanno preso parte alla stipulazione del patto, si è stabilito che il differimento della compensazione dovesse essere accompagnato dalla corresponsione degli interessi sulla somma spettante in proporzione del lasso di tempo (che può essere anche decisamente ampio) intercorrente tra la conclusione del patto e la morte del disponente278.

L’idea che il computo degli interessi legali debba iniziare a decorrere dalla data di stipulazione del patto di famiglia, piuttosto che dal giorno in cui la prestazione diviene esigibile, che abbiamo detto coincidere con la morte dell’imprenditore, deriva dalla natura compensativa di tali interessi: difatti, è ragionevole che venga attribuito un quid pluris a coloro che hanno ricevuto la loro quota a distanza di tempo rispetto ai legittimari cd. attuali che hanno realizzato le proprie ragioni contestualmente alla stipulazione del patto di famiglia279.

Ciò che distingue la disposizione in commento dalla previsione dell’art. 768-quater, 2° comma, c.c. è che nell’ipotesi in esame la liquidazione debba avvenire necessariamente in denaro, non essendo consentita la liquidazione in natura come nell’altro caso. Tuttavia, è stato segnalato come tale circostanza non sembri idonea ad escludere

278 F. Volpe, Patto di famiglia, in Il Codice civile Commentario, P. Schlesinger – D.

Busnelli, Giuffrè Editore, 2012, p. 356-357

279 Ancora F. Volpe, Patto di famiglia, in Il Codice civile Commentario, P.

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che le parti convengano l’adempimento della prestazione mediante

datio in solutum (art. 1197 c.c.). Difatti, la prestazione in luogo di

adempimento stabilita con il legittimario sopravvenuto da uno soltanto dei condebitori dovrebbe ritenersi idonea ad estinguere i rapporto obbligatorio, fermo restando il diritto del datore di esercitare azione di regresso nei confronti degli altri obbligati nella misura in cui ciascuno di essi è tenuto a rispondere del debito280.

Per concludere, è necessario considerare anche la situazione dei legittimari che abbiano rinunciato alla liquidazione prevista dal secondo comma dell’art. 768-quater, c.c. Nella classe dei beneficiari del patto di famiglia, certamente non possono essere inclusi coloro che abbiano rinunciato integralmente alla propria quota di liquidazione, non essendo stati in alcun modo avvantaggiati dal patto. Discorso diverso deve essere fatto per coloro che abbiano rinunziato solo parzialmente alla quota, i quali saranno tenuti a rispondere in solido con gli altri partecipanti liquidati, seppur in misura minore281.

Quest’ultima precisazione impone di far chiarezza sulla misura in cui siano tenuti a concorrere all’adempimento dell’obbligo i legittimari che sono stati beneficiati dal patto nel momento della sua conclusione. Non può essere sottaciuto il fatto che l’assegnatario abbia

280 Così Aa. Vv., Il patto di famiglia. Legge 14 febbraio 2006, n. 55, a cura di

Giorgio De Nova, IPSOA, 2006, p. 46, anche se ritengo che per la trasparenza dell’operazione e per evitare possibili contestazioni da parte degli altri condebitori sia opportuno, anche in questo caso, ricorrere a una perizia sul valore del bene attribuito in luogo di adempimento. In tal modo si scongiura l’ipotesi che al legittimario sopravvenuto pervenga un bene di valore inferiore a quello della quota calcolata e poi colui che ha adempiuto agisca in regresso ottenendo un ingiustificato arricchimento a danno di tutte le parti coinvolte. Esempio: viene attribuito un bene da parte di uno solo fra i condebitori per liquidare una quota di 100, ma il reale valore del bene è 90. Se colui che ha adempiuto chiede agli altri 4 legittimari la somma formalmente dovuta da ciascuno (cioè 100/5, essendo 5 il numero dei legittimari, invece che 90/5), è evidente come costui si sia ingiustamente arricchito (rectius, abbia conseguito un risparmio di spesa) a danno dei suoi familiari.

281 Aa. Vv., Il patto di famiglia, a cura di G. Palermo, G. Giappichelli Editore, 2009,

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conseguito non soltanto la porzione dell’azienda a lui riservata, ma anche il valore corrispondente alla disponibile, e quindi un entità complessivamente maggiore rispetto agli altri discendenti dell’imprenditore. Da qui la possibilità, ammessa da taluno282, di far

ricadere su di esso l’obbligo di liquidazione in misura maggiore rispetto agli altri, in particolare nell’ipotesi di rinuncia alla quota da parte di qualche legittimario prevista dall’art. 768-quater, 2° comma, c.c. Potrà accadere anche che gli aventi diritto non pretendano l’adempimento dell’obbligazione ovvero dichiarino la remissione del debito ai sensi dell’art. 1236 c.c.283

La disciplina dell’art. 768-sexies c.c. è completata da un secondo comma che prevede “L'inosservanza delle disposizioni del

primo comma costituisce motivo di impugnazione ai sensi dell'articolo 768-quinquies”. La disposizione prevede in caso di inosservanza del

primo comma, cioè dell’obbligo di liquidazione in favore dei legittimari esistenti alla morte dell’imprenditore, la facoltà per questi ultimi di impugnare il patto per chiederne l’annullamento ai sensi dell’art 768-quinquies c.c. Va, innanzitutto, riferito come la scelta del legislatore sia stata aspramente criticata, avendo previsto che l’inadempimento di un obbligo che nasce ex lege dal contratto si trasformi in motivo di annullamento dello stesso284. Risulta singolare aver attribuito al titolare del credito rimasto inadempiuto (che peraltro rimarrebbe un soggetto esterno al negozio) il rimedio dell’annullamento, piuttosto che quello tradizionale della risoluzione del contratto. Il motivo di tale scelta legislativa potrebbe essere

282 Aa. Vv., Il patto di famiglia. Legge 14 febbraio 2006, n. 55, a cura di Giorgio De

Nova, IPSOA, 2006, p. 44-45

283 F. Volpe, Patto di famiglia, in Il Codice civile Commentario, P. Schlesinger – D.

Busnelli, Giuffrè Editore, 2012, p. 356

284 N. Di Mauro, E. Minervini, V. Verdicchio, Il patto di famiglia. Commentario alla

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ricercato nel carattere non sinallagmatico del patto di famiglia, cui lo strumento della risoluzione si applicherebbe con difficoltà285. Ciò

detto, da un punto di vista di teoria generale, non è corretto prevedere