3.1. La struttura del patto
3.1.1 Segue Il patto di famiglia quale struttura semplice
Nell’analisi riguardante la possibilità di riscontrare nel patto un contratto con due o più parti abbiamo dato per scontato che nella fase della formazione dell’atto siano presenti nella compagine familiare, oltre al disponente e all’assegnatario, anche uno o più legittimari (coniuge, figli, ecc.). Se questa, definita in termini di patto di famiglia “complesso”, è certamente l’ipotesi più frequente, dal punto di vista soggettivo, non si può escludere che il patto sia concluso soltanto dai
137 Ancora L. Carota, Il contratto con causa successoria. Contributo allo studio del
patto di famiglia, CEDAM, 2008, p. 90, la quale sostiene che l’interprete, nella scelta tra la tesi della bilateralità e quella della plurilateralità, deve essere guidato dal criterio di ragionevolezza. Tale criterio è utilizzato dall’A. per operare una ricostruzione dell’istituto maggiormente garantista delle posizioni dei non
assegnatari. Nel far ciò, ritiene affetta da illegittimità costituzionale l’idea che il patto possa portare all’attribuzione di un privilegio sostenuto da ragioni diverse dalla particolarità dell’oggetto del trasferimento. Nella fattispecie, il motivo di illegittimità è dato dal fatto che la legge del patto di famiglia impone un trattamento giuridico diversificato solo per tutelare la realtà imprenditoriale nazionale e non certo l’arbitrio del singolo imprenditore che intenda prediligere un discendente piuttosto che un altro prescindendo dalla concorde volontà di tutti coloro nei confronti dei quali il patto esplicherà i suoi effetti.
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soggetti richiamati dall’art. 768-bis c.c., ovvero dal disponente e dall’assegnatario. Oltre ad essere del tutto superfluo chiedersi se sia più corretto individuare nel patto un contratto a struttura bilaterale o plurilaterale, mancando terzi soggetti, non può essere sicuramente messa in discussione la praticabilità di tale soluzione in quanto risulta coerente con un’interpretazione teleologico-funzionale della disciplina del patto di famiglia, chiaramente orientata ad esaltare la stabilità e la definitività dell’assegnazione del bene produttivo138.
L’utilità di avvalersi del patto anche nel caso dell’esistenza di un unico legittimario consiste nella tutela che costui ottiene ponendosi al riparo di fronte al materializzarsi di legittimari sopravvenuti successivamente alla conclusione del contratto, come nelle ipotesi in cui il disponente contragga matrimonio, abbia figli o ne adotti alcuno. In tali situazioni, dunque, il patto si risolve in uno strumento preventivo per assicurare all’assegnatario l’intangibilità di quanto ricevuto rispetto a soggetti dei quali ignorava l’esistenza nel momento in cui ha manifestato la propria volontà in senso favorevole alla conclusione del contratto139.
Il carattere di stabilità offerto dalla disciplina del patto di famiglia consente di distinguere, sotto il profilo degli effetti, tra la figura in commento e la semplice donazione la quale non impedisce che all’apertura della successione dell’imprenditore i legittimari si avvalgano dei rimedi dell’azione di riduzione e della collazione. Il sopraggiungere dei legittimari non partecipanti alla stipulazione del
138 Correttamente F. Volpe, Patto di famiglia, in Il Codice civile Commentario, P.
Schlesinger – D. Busnelli, Giuffrè Editore, 2012, p. 153
139 Così F. Volpe, Patto di famiglia, in Il Codice civile Commentario, P. Schlesinger
– D. Busnelli, Giuffrè Editore, 2012, p. 154, il quale suggerisce come l’operatività delle norme che inibiscono ai legittimari l’utilizzo dell’azione di riduzione e la collazione sia sospesa fino al momento in cui sopravvengano soggetti nei confronti dei quali tale privazione ha senso di esistere. È chiaro che senza il soggetto cui la norma si riferisce essa non possa momentaneamente operare.
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patto impone comunque all’attuale titolare dei beni aziendali di liquidare le quote dei legittimari con una somma di denaro secondo quanto stabilito dall’art. 768-sexies c.c.
La natura “semplice” del patto non esclude che, ad un’analisi più attenta, possano essere rintracciati profili problematici legati appunto alla mancanza di legittimari. Innanzitutto, la fase della formazione del patto, mancando la necessità di rispettare il meccanismo che consente di convertire la quota di legittima nella cd. quota di liquidazione, sarà caratterizzata unicamente dalla determinazione del valore dell’azienda o delle partecipazioni sociali da parte del disponente e dell’assegnatario, i soli contraenti coinvolti nella vicenda negoziale140. È chiaro che l’assenza dei legittimari, portatori di interessi contrapposti a quelli dei contraenti, potrebbe favorire la conclusione di un accordo pregiudizievole per i legittimari sopravvenuti circa il valore di ciò che viene trasferito col patto di famiglia e, di conseguenza, delle quote che su tali determinazione verranno calcolate. In altri termini, la mancanza del contraddittorio può accrescere il rischio di attribuire all’azienda o alle partecipazioni sociali un valore inferiore a quello reale arrecando così un danno alle ragioni dei legittimari futuri.
Per far fronte a tale inconveniente sarebbe opportuno che le parti, proprio per l’importanza che riveste questa fase nella stipulazione del patto di famiglia “semplice”, facessero ricorso ad una valutazione peritale di stima da allegare al patto di famiglia redatta da un esperto nominato dalle parti o, meglio, da una terza persona o da un organo giudiziario, a garanzia dell’imparzialità della perizia141. Il Capo
140 F. Volpe, Patto di famiglia, in Il Codice civile Commentario, P. Schlesinger – D.
Busnelli, Giuffrè Editore, 2012
141 Ancora F. Volpe, Patto di famiglia, in Il Codice civile Commentario, P.
Schlesinger – D. Busnelli, Giuffrè Editore, 2012, il quale propone una soluzione che dovrebbe essere seguita per garantire
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V-bis dovrebbe, a mio avviso, essere corredato di un ulteriore articolo che prendesse in considerazione l’ipotesi di un patto a struttura “semplice” e imponesse al notaio rogante di rivolgersi ad un esperto prima di redigere l’atto pubblico, al fine di garantire la genuinità della valutazione circa in valore dell’azienda e delle partecipazioni societarie. In tal modo si evita a priori la possibilità che ai legittimari pervenga, al momento dell’apertura della successione dell’imprenditore, una liquidazione che non rispecchi il reale valore dell’impresa all’atto del trasferimento, trattandosi, oltretutto, di un pregiudizio cui non potrebbero far fronte altrimenti.