L'aspetto economico riveste, sin dalle origini dell'assetto democratico dello Stato italiano, un ruolo di primaria importanza e per tale motivo anch'esso subordinato ai principi dettati in Costituzione. L'attenzione, sul punto, viene posta sull'articolo 3, comma 2 della Costituzione, connesso all'articolo 41, che lega l'attività economica all'utilità sociale e alla libertà e dignità umana. Va anche sottolineato il nesso tra Costituzione economica e il dovere di solidarietà sociale, come previsto dall'articolo 2 della Carta costituzionale, in relazione ad altre disposizioni quali l'articolo 4, comma 2 che sancisce il dovere di concorrere al progresso materiale e spirituale
158 D. Tega, I diritti sociali nella dimensione multilivello tra tutele giuridiche e crisi economica. Rivista n° 03/2012, in www.gruppodipisa.it; pag. 5
della società, concorrendo alla realizzazione degli interessi individuali e collettivi di autodeterminazione, emancipazione e progresso159. Tale aspetto, nel quadro qui
analizzato, deve essere considerato in relazione ai diritti sociali, pensati come strumento di liberazione dal bisogno, volti al miglioramento del benessere collettivo e individuale degli individui, inizialmente all'interno dei confini nazionali.
È un settore fortemente influenzato dagli andamenti dei cicli economici, non solo per ciò che attiene alla sfera strettamente economica, ma di grande rilievo anche in ambito giuridico ed istituzionale, in quanto concretamente essa incide più o meno direttamente su molti altri aspetti del contesto sociale, primo tra tutti l'ambito delle politiche sociali, innescando dei meccanismi che possono portare se non ponderati dalle classi politiche, alla disgregazione sociale, e quindi all'esclusione sociale. In questa prospettiva sembra che gli anni in cui si può riscontrare un notevole cambiamento nell'interpretazione dei principi costituzionali nel rapporto tra economia e diritti siano gli anni Settanta del Novecento, anni nei quali riprende vita il dibattito intorno all'articolo 81 della Costituzione, sull'inquadramento della finanza pubblica, a seguito, come noto, di una crisi economica di portata mondiale. Questo generò la creazione, attraverso la Legge n° 468/1978 della Legge finanziaria, strumento utile a programmare razionalmente la politica finanziaria dello Stato, da approvarsi ogni anno contestualmente alla legge di bilancio160.
Già negli anni Ottanta, proprio come conseguenza alla crisi economica ed alle spinte sociali, si era iniziato a pensare ad una possibile modifica del suddetto articolo, per fronteggiare un crescente ricorso all'indebitamento, quindi già in ottica di contenimento della spesa pubblica e freno all'indebitamento, spinti anche dalla nuova posizione della Corte costituzionale, che iniziava a legare la qualificazione giuridica dei diritti sociali con le risorse disponibili161. Emblematica, in questo caso,
la sentenza n° 455/1990 della Corte costituzionale, nella quale per la prima volta compare la nozione di “diritti costituzionali condizionati” in riferimento ai diritti sociali, aprendo una questione legata al problema del bilanciamento tra due
159 M. Fiorillo, Fra Stato e mercato: spunti in tema di Costituzione economica, Costituzione culturale e
cittadinanza. Rivista n° 2/2018, in www.aic.it; pag. 3
160 G. Bognetti, Costituzione e bilancio dello Stato. Il problema delle spese in deficit. Fasc. giugno 2010, in
www.forumcostituzionale.it; pag. 25 161 F. Saitto, op. cit., pag. 14
interessi, che costituzionalmente, non dovrebbero essere sullo stesso piano e che porterà a riservare maggiore attenzione al nucleo irriducibile dei diritti sociali, come quel limite invalicabile della discrezionalità del legislatore.
Gli anni più recenti, hanno mostrato un ulteriore cambio di passo della legislazione nazionale e sovranazionale, soprattutto in riferimento ad una nuova e profonda crisi economica ed istituzionale in Europa, che ha portato alla conclusione, già in ambito internazionale e sovranazionale di diversi accordi volti ad irrigidire i vincoli di bilancio, per garantire una maggiore stabilità sul piano strutturale, come avvenuto nel già visto “Fiscal Compact”, con l'introduzione della regola del pareggio di bilancio negli ordinamenti nazionali, stabilendo anche i casi in cui è ancora possibile ricorrere al credito, in considerazione delle fasi avverse e favorevoli del ciclo economico, previa autorizzazione delle Camere, adottata a maggioranza assoluta. Ciò che si evince dal novellato articolo 81, dunque, porta alla conclusione che il divieto del ricorso all'indebitamento è previsto per le spese strutturali, non invece nei confronti di spese urgenti ed emergenziali, lasciando un margine di discrezionalità al decisore politico. Di un certo rilievo, collegato con i nuovi articoli 97 e 119 comma 1, sembra essere il comma 6 dell'articolo 81, laddove prevede il richiamo al principio di sostenibilità, che rimanda alla necessità di ricerca di nuove forme di armonizzazione tra diritti e sostenibilità della spesa pubblica, per la sostenibilità nel tempo dei principi dello Stato sociale162, mettendo in stretta
relazione le risorse pubbliche e l'effettività dei diritti sociali.
La legge n° 1/2012, oltre ad intervenire sull'articolo 81, ha anche ampliato l'elenco delle competenze esclusive statali, spostando dalle competenze concorrenti la materia dell'armonizzazione dei bilanci pubblici. Negli ultimi anni, si è anche affermata la tendenza ad utilizzare la materia del coordinamento come principio strumentale alla piena attuazione dell'articolo 81, permettendo ampi margini di intervento al potere statale, in particolare al fine di limitare l'autonomia di spesa regionale e controllarne l'indirizzo di intervento. In riferimento alle modifiche apportate all'articolo 119 della Costituzione, si evince al primo comma che alle Regioni e agli enti locali autonomia di entrata e di spesa sono conferite nel rispetto
162 T. F. Giupponi, Il principio costituzionale dell'equilibrio di bilancio e la sua attuazione, cit. 55 ss; in F. Saitto, op. cit., pag. 22
dell'equilibrio dei relativi bilanci e che i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni “concorrono ad assicurare l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea”. Al comma 6 dello stesso articolo viene anche confermato la possibilità per le Regioni di indebitarsi ma solo nei limiti delle spese per investimenti ed a condizione di rispettare l'equilibrio di bilancio per il complesso degli enti locali della Regione stessa, ampliando il grado di responsabilità del livello regionale nei confronti dei vincoli posti dall'Europa. Inoltre, alle Regioni continua ad essere consentito il ricorso al credito per finanziare investimenti, ma con doppio limite, ovvero la possibilità di procedere solo se viene redatto un piano di ammortamento volto a ripagare il debito contratto e se la situazione finanziaria regionale del complesso degli enti risulti in equilibrio. Infine, per i livelli sub-statali non è possibile far fronte agli effetti del ciclo economico o ad eventi eccezionali, per i quali è previsto il solo intervento dello Stato centrale163.
Uno sguardo è da riservare anche all'articolo 11 della Legge n° 243/2012 nella misura in cui prevedeva che nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze dovesse essere garantito il Fondo straordinario per il concorso dello Stato, nelle fasi avverse del ciclo economico e in caso di eventi eccezionali, al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni principali inerenti ai diritti civili e sociali. Disciplina questa poi riformata dalla Legge n° 64/2016, ovvero la legge di modifica della Legge n° 243/2012, la quale si limita a stabilire che lo Stato interviene in materia di livelli essenziali delle prestazioni semplicemente concorrendo al finanziamento degli stessi, abrogando il Fondo straordinario. L'idea di mantenere i livelli essenziali delle prestazioni come limite ultimo oltre il quale non poter comprimere l'esigibilità di tali diritti, negli ultimi anni sembra agevolare le argomentazioni secondo le quali i limiti derivanti dai vincoli di bilancio non possono essere sottesi. Tutto ciò si rispecchia nella attuale natura dei diritti sociali e sulla loro effettività. Se, infatti, da un lato, nel voler tutelare tali diritti si continua a far riferimento al principio di ragionevolezza e di non discriminazione, dall'altro si sta affermando l'idea di un livello minimo connesso con il rispetto della persona umana e della dignità umana.
Sembra, quindi, essersi aperta una duplice natura dei diritti sociali, ovvero quelli connessi al nucleo essenziale, collegato alla dignità umana che non possono essere ponderati con le ragioni del bilancio; e, dall'altro lato, ciò che si pone al di sopra di tale nucleo, nella cui determinazione e finanziamento si effettuano i bilanciamenti necessari, in considerazione della legge di bilancio e delle risorse disponibili, da rimettere caso per caso nelle valutazioni della Corte costituzionale.
Inoltre, sulla base della sussidiarietà orizzontale, di cui all'articolo 118 comma 3 della Costituzione, i Governi hanno iniziato a promuovere le organizzazioni non lucrative di utilità sociale verso un fine di interesse generale. In questo quadro, nel 2016, è stata approvata la “riforma del Terzo settore”, con la Legge n° 106/2016, la quale dovrebbe garantire lo stanziamento di ingenti risorse finanziarie per le Onlus ed un'organica riforma dei centri di servizio per il volontariato, la cui gestione resterà nell'ambito delle organizzazioni stesse e dovrà rispondere ad un modello di struttura sociale democratica e partecipata e di radicamento territoriale, andando ad alleggerire gli oneri gravanti sullo Stato.
La gestione della crisi di sostenibilità del debito pubblico italiano, in dubbia fase di superamento nonostante rigorose politiche di bilancio, viene assunta quale strumentale occasione per modificare a regime il modello economico proprio della forma di Stato costituzionale – democratica moderna, ponendo le premesse giuridiche per il superamento, di fatto, dell'impianto sociale dell'economia di mercato, verso i pilastri del neoliberismo, che è improntata verso la riduzione della spesa pubblica, soprattutto per quel che concerne i servizi di educazione, istruzione, sanità, assistenza e previdenza sociale, rispetto ai quali sembra oggi affermarsi una tendenza orientata a favorire l'intervento di enti privati in funzione integrativa e sussidiaria, e talvolta persino sostitutiva nell'erogazione dei servizi a favore della collettività. Questi meccanismi però, ad oggi, non hanno ottenuto l'effetto sperato. Un rapporto tra tecnocrazia europea e ricette economiche neoliberiste da una parte, sovranità statale e diritti sociali dall'altra stanno stravolgendo i principi alla base della stessa Costituzione italiana, tra l'altro senza che queste istituzioni sovranazionali abbiano una diretta legittimazione popolare, neppure per ciò che attiene ai poteri normativi e di controllo.
Al contrario, tutte le recenti consultazioni popolari nazionali aventi ad oggetto le politiche economiche europee hanno visto l'affermazione compatta di un fronte contrario all'esistenza di poteri così pervasivi conferiti ad istituzioni tecnocratiche prive di diretta legittimazione popolare, ed ostile finanche a soluzioni della crisi economica e del debito sovrano che non stanno assolutamente fornendo i risultati sperati. Per cui, molti Paesi europei, come Spagna, Italia e Portogallo sembrano essersi trovati in una situazione di sostanziale limitazione della sovranità nazionale, senza alcun significativo beneficio per la ripresa economica nazionale e per l'occupazione. Di fatto, in nome della stabilità finanziaria e del debito pubblico, delle esigenze dei mercati finanziari, il principio democratico, lavoristico, personalistico e solidaristico sono stati posti sotto stress, con la tendenza a sminuire la persona umana, asservendola alle logiche di mercato164. Si registra, in definitiva,
un complessivo arretramento delle funzioni tradizionalmente espletate dallo Stato, correndo il rischio della configurazione dello stesso come arbitro delle contese tra i diversi gruppi finanziari.