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La crisi economica e l'impatto sui diritti sociali

5. Per “un'Europa sociale”: il Pilastro europeo dei diritti sociali.

1. Premessa

A conclusione del presente lavoro, un ultimo elemento di grande rilevanza appare essere il ruolo della crisi economica, che imperversa sistematicamente da ormai più di dieci anni, nella garanzia e nell'effettività dei diritti sociali, misurandone la portata ben oltre gli ordinamenti nazionali. Questa nuova irruzione della crisi genera, infatti, un interrogativo su quanto essa incida nelle politiche sociali e finanziarie e, di conseguenza, come si modifica l'assetto delle prestazioni sociali nei confronti dei cittadini e degli stranieri, particolarmente visibile nei soggetti più “fragili”. Per questo motivo, si ritiene non si possa scindere la questione nazionale delle politiche di welfare e quella sovranazionale della regolamentazione delle libertà economiche e del mercato comune, cercando le ragioni storiche che possano spiegare la situazione attuale per cercare una soluzione ed un ritorno alla maggiore attenzione all'aspetto sociale.

Le ragioni della crisi attuale non possono essere racchiuse in un'unica categoria e di conseguenza non è possibile cercare una soluzione univoca. Tuttavia, alcune dei motivi che hanno spinto la crisi a livello mondiale si possono ricercare già negli anni Ottanta del secolo scorso, quando si afferma una maggiore libertà di iniziativa economica, una deregolamentazione del sistema finanziario, la privatizzazione del

sistema bancario, attuata in Italia attraverso la Legge n° 218/1990, la meglio nota “Legge Amato”133.

Gli anni Novanta hanno, di fatti, apportato notevoli riforme anche in ambito sovranazionale, come si evince anzitutto dalla firma del Trattato di Maastricht del 1992, che inserisce tra gli obiettivi principali la promozione di un progresso economico e sociale equilibrato e sostenibile, attraverso l'eliminazione delle frontiere interne e l'instaurazione di un'unione economica e monetaria al fine di creare una moneta unica134. Questa misura contribuisce ad incrementare la

commistione tra la normativa nazionale e la normativa europea, soprattutto nel settore economico, bensì tale necessità si è poi sviluppata non tanto dal punto di vista politico e normativo, quanto dal punto di vista giurisprudenziale135.

Negli anni, si è prodotta una notevole incertezza normativa all'interno degli ordinamenti nazionali, compreso l'ordinamento italiano, che ha spostato l'assetto verso una stabilizzazione economica, prima ancora che sulle politiche sociali, di sostegno all'affermazione della dignità umana, determinando uno squilibrio sulla distribuzione della ricchezza, che rappresenta proprio il centro del rapporto tra crisi economica e garanzia dei diritti sociali.

Il fenomeno al quale si sta assistendo è che la salvaguardia della sovranità nazionale è legata in misura sempre maggiore alla forza ed al peso politico ed economico degli Stati e della loro capacità di influenzare le strategie elaborate dalle istituzioni sovranazionali e internazionali, dando così maggior rilievo ai Paesi più forti ed indebolendo ulteriormente i Paesi in maggiore difficoltà, affievolendo il processo di integrazione, le identità e le differenze nazionali. Non viene, di fatti, considerato che l'unità politica e sociale potrebbe costituire un fattore di integrazione e quindi di rafforzamento degli Stati, concentrandosi proprio su una migliore distribuzione della ricchezza ed allocazione delle risorse, che concorrerebbero a rafforzare internamente la coesione sociale, componendo dei conflitti al fine di evitare disordini e creare una comunità politica forte136.

133 Normativa concernente “Disposizioni in materia di ristrutturazione e integrazione patrimoniale degli istituti di credito di diritto pubblico”. In www.normattiva.it

134 Articolo 3 del Testo del Trattato di Maastricht. In www.senato.it

135 I. Ciolli, I diritti sociali al tempo della crisi economica, Fasc. 3/2012, in www.costituzionalismo.it; pag. 6

Negli ultimi anni sembra si sia smarrita la necessità di porre attenzione allo sviluppo della persona umana, al rispetto della dignità umana per assoggettarsi in maniera sempre più stringente ai vincoli economici comunitari, sebbene nel ripristino di una focalizzazione sui diritti si dovrebbe tornare ai rapporti nell'ordinamento interno, essendo di competenza esclusiva degli Stati nazionali operare per una politica sociale omogenea e garantista verso i soggetti più deboli della società.

Questo avviene sempre meno non solo in ottica di risanamento della crisi economica, ma anzi, negli ultimi anni si è iniziato a parlare di una vera e propria emergenza economica che, giuridicamente, permette di legiferare attraverso la fonte dei decreti legge, ovvero la fonte preposta a regolare l'emergenza ed essere usata esclusivamente in condizioni di necessità ed urgenza, potendo porre in essere una sospensione o una deroga alla garanzia delle regole comuni e dei diritti, servendosi della necessità di intervenire prima in difesa del terrorismo e di garanzia dell'ordine pubblico e, negli ultimi anni, sempre più spesso in risposta alla limitatezza delle risorse economiche disponibili, fattore che incide fortemente sulla compressione dei diritti sociali137.

L'ottica di contenimento in tema di diritti sociali al quale si sta assistendo negli ultimi anni nel panorama nazionale, quindi, può essere meglio letta alla luce, come già accennato, delle ragioni storiche che hanno contribuito alle modifiche della normativa nazionale ed europea.

2. La crisi economica e l'impatto sui diritti sociali

Le origini della crisi in Italia, come in altri Paesi europei, può essere ricercata già in tempi non sospetti. Di fatti, l'introduzione dello Stato sociale ha prodotto l'universalizzazione delle prestazioni sociali ed assistenziali, concorrendo allo sviluppo dell'Europa occidentale negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, ma ha anche inaugurato una preoccupante tendenza all'espansione della spesa pubblica, che ha generato problemi di equilibrio del sistema finanziario e l'aumento

dell'inflazione. L'espansione incontrollata della spesa pubblica, infatti, conduce ad un aumento della pressione fiscale, soprattutto in Paesi ad alto tasso di corruzione ed evasione fiscale, pesando sul bilancio statale, insieme ad un deciso aumento del debito pubblico, destinato a finanziare l'erogazione delle prestazioni assistenziali in favore dei cittadini e degli stranieri regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale. Inoltre, in Italia è accaduto spesso che le amministrazioni dei servizi sociali si dimostrassero incapaci di assicurare un elevato livello di prestazioni alla persona ed un equilibrio nella gestione finanziaria dell'ente.

Per questi motivi, si è affermata già negli anni Ottanta e Novanta, una discutibile politica economica, sostenuta anche dalle istituzioni sovranazionali, basata su tre direttrici principali:

– il ridimensionamento della natura universale e gratuita di determinate prestazioni sociali, ad esempio, nelle prestazioni ospedaliere con l'introduzione del ticket;

– la valorizzazione del principio di responsabilità individuale circa la determinazione degli oneri contributivi individuali, incentivando ad esempio forme private ed integrative di assicurazione;

– affermazione e costituzionalizzazione del principio di sussidiarietà

orizzontale e verticale, attraverso la Legge n° 3/2001, per cui lo Stato, da una parte promuove e favorisce l'iniziativa economica privata senza scopo di lucro (Onlus), nell'erogazione di servizi socio-assistenziali alla persona qualora l'amministrazione pubblica non sia in grado di assicurare livelli sufficienti delle prestazioni e dall'altra parte, delega all'amministrazione regionale e provinciale alcuni compiti fondamentali di organizzazione ed erogazione delle prestazioni, rimanendo in capo allo Stato il dovere di determinare i livelli essenziali delle prestazioni dei i diritti civili e sociali, garantiti su tutto il territorio nazionale, come previsto dall'articolo 117, comma 2, lettera m della Costituzione138.

138 F. Di Donato, Crisi economica, sovranità statale e diritti sociali nell'era dell'austerity di bilancio e del

Viene così generato un processo di ridefinizione dello Stato sociale stesso, che risulta tanto più rilevante nel dibattito politico ed economico, quanto più risultano pervasivi gli obblighi di natura finanziaria assunti dall'Italia per l'effetto della partecipazione all'Unione europea, anche a seguito della stipula di recenti trattati destinati a produrre conseguenze importanti soprattutto sul settore del welfare. Di fatti, ancor prima che gli stravolgimenti economici degli ultimi anni producessero i loro effetti, le politiche sociali degli Stati europei, compresa l'Italia, hanno iniziato ad essere bilanciati in modo sempre più stringente con le necessità di tipo economico, apportando un “bilanciamento ineguale” anche all'interno dell'operato della giurisprudenza costituzionale. Questo, col tempo, ha finito per gravare in modo particolare sulle fasce più deboli della società e sempre più spesso sugli immigrati, ovvero coloro che si trovano in condizioni precarie sul territorio nazionale. Il cambio di rotta può essere riscontrato già negli anni Novanta del secolo scorso, se si pensa alle affermazioni della sentenza n° 992/1998 della Corte costituzionale, nella quale veniva sostenuto il diritto alla salute come primario e fondamentale, che impone piena ed esaustiva tutela ed a quanto affermato nella successiva sentenza n° 304/1994139, nella quale si faceva già riferimento al nucleo

essenziale come limite invalicabile della discrezionalità del legislatore, gettando le basi per un bilanciamento con limiti di carattere finanziario. Questo nucleo essenziale è stato poi esteso in ambito sanitario, e nelle prestazioni sociali in generale, anche agli stranieri140, proprio per la natura di tali diritti, per cui resta

fermo il punto di un livello minimo invalicabile connesso con il rispetto della dignità umana, oltre la quale cede la discrezionalità della politica e che deve essere rispettato anche in ordine a possibili cicli economici avversi.

Il ripensamento su quanto sopra anticipato, anche sui principi economici contenuti all'interno della Carta costituzionale, è stato accelerato negli ultimi anni, anche dalla necessità da parte delle istituzioni politiche di dover dare una risposta alla crescente crisi economica che, come detto, ha determinato e sta determinando sconvolgimenti in tutto il panorama europeo ed internazionale e che incide fortemente anche nella

139 Corte cost. sent. n° 304 del 1990, in www.cortecostituzionale.it

140 F. Saitto, “Costituzione finanziaria” ed effettività dei diritti sociali nel passaggio dallo “Stato fiscale”

salvaguardia dei diritti degli stranieri, chiamando in causa sempre più frequentemente il giudizio della Corte costituzionale, che ancora una volta riconosce il carattere universale dei diritti inviolabili, che spettano ai singoli non in quanto partecipi di una comunità politica, ma in quanto esseri umani, come affermato nella sentenza n° 105/2001141, nella quale la Consulta è chiamata a

giudicare quanto disposto dagli articoli 13 e 14 del T.U.I in merito all'espulsione del soggetto, con la quale deve ritenersi che lo straniero, anche irregolarmente presente sul territorio nazionale gode di tutti i diritti fondamentali ai fini del rispetto della dignità umana, collegando ad essi anche i diritti sociali necessari per la sopravvivenza del soggetto, come esposto nella sentenza n° 252/2001142, in merito

alla possibilità di usufruire di prestazioni sanitarie, nonostante il riconoscimento di un bilanciamento con le esigenze di bilancio, sempre più frequentemente menzionate143.

Le politiche di welfare, di fatti, sono oggetto di profonde riforme strettamente collegate alla crisi economica. Negli ultimi anni, inoltre, la crisi economica si è trascinata anche in altri settori, affiancandosi alla crisi politica. A loro volta, crisi economica e crisi politica producono un rilevante effetto sulla tutela dei diritti sociali, a livello europeo, ma anche all'interno dei singoli Stati, ai quali è chiesto di intervenire restringendo la portata di tali diritti, divenuti nel pensiero costituzionalistico moderno una “pre-condizione” della democrazia stessa144.

La crisi economico-finanziaria alla quale da anni si sta tentando di dare una risposta, come noto, ha origini negli Stati Uniti nel 2007, ma si è ben presto trasformata in una crisi sistemica, che ha coinvolto la maggior parte dei Paesi europei, i quali inizialmente avevano deciso di agire senza coordinamento, mettendo ancora una volta in risalto le difficoltà in cui versa il processo di integrazione europea, nonostante i recenti tentativi di avanzare verso l'integrazione politica, attraverso il Trattato di Lisbona del 2007, che ridando maggior enfasi al ruolo del Parlamento europeo introduce istituti di partecipazione, non affiancati

141 Corte cost. sent. n° 105 del 2001, in www.cortecostituzionale.it

142 Corte cost. sent. n° 252/2001, in www.cortecostituzionale.it

143 L. Mezzetti, op. cit., pag. 4

144 A. Poggi, Crisi economica e crisi dei diritti sociali nell'Unione europea. Rivista n° 1/2017, in

però da un reale coordinamento tra politiche nazionali ed europee, in particolare sul versante economico. Di fatti, anche nel Trattato del 2007 si rinnova quanto previsto nel Trattato di Maastricht del 1992, per cui le politiche economiche restano sostanzialmente nell'esclusiva competenza degli Stati145.

Proprio la crisi del debito sovrano e della moneta unica costituiscono gli elementi macroeconomici maggiormente caratterizzanti l'attuale periodo storico, nel quale è imposto agli Stati una rimodulazione della spesa pubblica e delle politiche di bilancio, secondo i canoni dell'austerità, a causa dei fallimenti del sistema bancario e finanziario, all'origine dell'attuale crisi. Ad oggi, la sempre più marcata “deregulation” legislativa in ambito finanziario e bancario ed il maggiore ricorso alle operazioni di borsa nell'intero tessuto economico occidentale, insieme all'assenza di limiti alla speculazione finanziaria e borsistica hanno permesso un grande accumulo di capitale ai grandi attori della finanza internazionale, con il risultato di una sempre più completa dipendenza delle grandi imprese e industriali, e degli Stati stessi, dalle banche e dalle società di investimento, esponendo gli Stati alla speculazione finanziaria, ai quali non possono rispondere a causa della deregulation anticipata poc'anzi. Questo ha portato le istituzioni sovranazionali a reagire attraverso dei meccanismi di aiuti agli Stati, con la creazione nel 2010 dell'European Financial Stabilization Mechanism, ovvero un Fondo dotato di risorse finanziarie in grado di fornire prestiti agli Stati più in difficoltà, che dovranno poi fornire un'indicazione sul fabbisogno e un programma di aggiustamento economico e finanziario e di meccanismi appositi come i “fondi salva-Stati”, quest'ultimo creato nel 2012, con la stipulazione di un formale trattato, ovvero dal Meccanismo europeo di stabilità, il quale ha natura di un'istituzione finanziaria permanente dell'Unione, dotata di organi e rappresentanti propri, con un Consiglio di amministrazione al quale partecipano un rappresentante per ogni Stato, con lo scopo di rifinanziare il credito degli Stati e acquistare debito sovrano, dando potere di controllo alla BCE, insieme alla Commissione ed al Fondo monetario internazionale (la c.d Troika146)147.

145 A. Poggi, op. cit., pag. 6

146 Termine utilizzato dal Parlamento europeo in riferimento all'insieme dei creditori ufficiali durante le negoziazioni con i Paesi e controlla l'implementazione dei controlli accordati. Www.europa.eu

Nel 2012, come già anticipato nel testo, viene creato il Trattato di stabilità, coordinamento e governance nell'unione economica e monetaria, ovvero il Fiscal Compact148, che però, ancora una volta, non attribuisce competenze economiche

all'Unione europea, mentre impone agli Stati di procedere a profonde riforme, anche costituzionali, come l'introduzione del pareggio di bilancio, o ancora imponendo agli Stati contraenti di inserire negli ordinamenti nazionali, con legge costituzionale o legge ordinaria, una serie di norme che vanno verso la stabilizzazione della finanza pubblica ed alla composizione dei debiti sovrani, ampliando i vincoli di bilancio, sottoposti al controllo della Corte di Giustizia europea, dando la possibilità ad istituzioni finanziarie e tecnocratiche sovranazionali di adottare provvedimenti correttivi, qualora, alle scadenze concordate con gli Stati membri, questi non abbiano raggiunto gli obiettivi di bilancio predeterminati149.

Tutti questi vincoli posti dall'Unione europea nell'ottica di contenimento e superamento della crisi hanno finito per mettere all'angolo l'aspetto sociale ed incidere fortemente sulla tutela dei diritti150.

In questo contesto è inevitabile che siano proprio i diritti sociali, considerata la loro natura, improntata al soddisfacimento dei bisogni della persona in una prospettiva di solidarietà sociale, a risentirne ed a originare una sensazione di diffusa inadeguatezza a fronteggiare le situazioni di bisogno, risentendo altresì della riduzione della spesa a carico del bilancio dello Stato, ma anche degli effetti complessivi che la crisi determina sul sistema delle tutele giuridiche che presidiano l'intero assetto dei diritti fondamentali151, quindi anche dei diritti sociali stessi.

Nei diritti a prestazione, infatti, il rapporto tra la disponibilità di risorse e l’effettiva soddisfazione del bisogno che caratterizza la corrispondente posizione giuridica soggettiva è diretto ed immediato ed è per questo motivo che proprio questa categoria di diritti cede maggiormente il passo dinanzi ad altri interessi, a maggior

148 Testualmente “Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione economica e monetaria”, è il trattato che integra ed incorpora in una cornice unitaria alcune delle regole della finanza pubblica e delle procedure per il coordinamento delle politiche economiche dell'Unione, nel quadro della nuova governance economica europea. Introdotto in Italia con la legge costituzionale n° 1/2012. Vd.

www.camera.it

149 F. Di Donato, op. cit., pag. 8 150 A. Poggi, op. cit., pag. 11

151 D. Morana, I diritti a prestazione in tempo di crisi: istruzione e salute al vaglio dell'effettività. Rivista n° 4/2013, in www.aic.it; pag. 2

ragione in tempi di crisi152. Questo ha prodotto un incessante lavoro della

giurisprudenza costituzionale, che sempre più spesso si trova a fronteggiare un bilanciamento non solo con i vincoli finanziari, ma anche in merito ai titolari dei diritti e delle prestazioni sociali, in considerazione del fatto che, come già sottolineato, in tempi di crisi delle risorse finanziarie i soggetti più colpiti dall'esclusione del godimento delle prestazioni sociali sono i soggetti più deboli, tra i quali appunto coloro che sono sprovvisti della cittadinanza italiana.

Ciò è quanto è avvenuto anche nelle sentenze più recenti aventi per oggetto le misure di carattere assistenziale e le limitazioni previste per gli stranieri extracomunitari nel territorio dello Stato. Le prime pronunce in tal senso si incentravano sui limiti di reddito imposti ai cittadini extracomunitari regolarmente presenti sul territorio italiano, al fine di poter usufruire della carta di soggiorno e di alcune prestazioni sociali ad essa connesse.

In particolare con la sentenza n° 306/2008153 che dichiarava costituzionalmente

illegittima la parte in cui si escludeva la possibilità di concedere l'indennità di accompagnamento agli invalidi civili totalmente inabili agli stranieri extracomunitari solo in quanto non in possesso dei requisiti di reddito per ottenere la carta di soggiorno. La Corte ha ritenuto irragionevole subordinare tale prestazione assistenziale, legata al benessere quotidiano del soggetto, al possesso di un titolo di legittimazione alla permanenza del soggiorno in Italia, titolo che tra l'altro prevede per il suo rilascio la titolarità di un reddito, affermando il contrasto con gli articoli 32, 28 e 2 della Costituzione.

Ancora, nella sentenza n° 329/2011154 della Corte vengono richiamati i principi di

solidarietà sociale come valori fondanti i diritti inalienabili dell'individuo, che non dipendono dallo status di cittadino o straniero, verificando se la natura presa in considerazione integri o meno un rimedio atto al soddisfacimento dei bisogni primari inerenti alla sfera di tutela della persona umana, che è compito della Repubblica salvaguardare155 e dichiara incostituzionale l'articolo 80, comma 19 152 C. Colapietro, I diritti sociali oltre lo Stato. Il caso dell'assistenza sanitaria transfrontaliera. Fasc. n°

2/2018, in www.costituzionalismo.it; pag. 49

153 Corte cost. sent. n° 306 del 2008, in www.cortecostituzionale.it

154 Corte cost. sent. n° 329 del 2011, in www.cortecostituzionale.it

della Legge n° 388/2000, nella misura in cui subordinava alla titolarità della carta di soggiorno la concessione ai minori extracomunitari legalmente soggiornanti in Italia, l'indennità di frequenza prevista dalla normativa in materia di assistenza economica agli invalidi civili, ampliando all'ottica di una completa assistenza ai minori con patologie invalidanti ed appartenenti a nuclei familiari in condizioni di disagio economico. Tendenze confermate anche in tempi più recenti, a conferma della linea di giudizio della Corte costituzionale ad assoggettare le norme sulla disparità di trattamento alla protezione della dignità umana ed al principio della ragionevolezza, anche rafforzato dall'applicazione del divieto internazionale di discriminazione. È in particolare nella sentenza n° 187/2010156, ancora una volta in

merito all'accesso a prestazioni di previdenza sociale subordinata alla titolarità della carta di soggiorno, che la Corte costituzionale evidenzia come la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo ha più volte ribadito la discrezionalità del legislatore nazionale nel realizzare un sistema di protezione sociale, ma che una volta realizzato esso non può risultare discriminatorio.

La ricostruzione della giurisprudenza costituzionale più rilevante in materia di diritti