3. Quali stranieri e quali diritti sociali?
3.4 La tutela del diritto all'abitazione
Il diritto all'abitazione, sebbene non espressamente previsto all'interno della Costituzione, è ritenuto un diritto di fondamentale importanza, che dà origine ad una serie di altri diritti sociali della persona. Se ne trova traccia nell'articolo 47, comma 2 della Costituzione, ma in un'accezione di tutela della proprietà privata, non come diritto a sé. La stessa Corte costituzionale ha più volte ribadito, a partire dalla sentenza n° 217/1988, che “il diritto all'abitazione rientra fra i requisiti
essenziali caratterizzanti la socialità cui si conforma lo Stato democratico voluto dalla Costituzione”, il quale si ricollega più in generale al fondamentale diritto umano all'abitazione sancito dall'articolo 25 della Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo e nell'articolo 11 del Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali123. A favore di una più ampia accezione del diritto all'abitazione
depone anche il riconoscimento di questo come diritto sociale, ovvero come elemento che contribuisce a definire il quadro volto alla realizzazione del principio di eguaglianza previsto dall'articolo 3 della Costituzione124. Il valore di suddetto
diritto, sempre seguendo le tracce della Corte costituzionale, da un lato connota la forma stessa dello Stato sociale e dall'altro riconosce un diritto sociale collocabile tra i diritti inviolabili di ogni persona, determinandosi anche in base all'articolo 2 della Costituzione, proprio a garanzia della vita di ogni soggetto.
Nella stessa sentenza n° 217/1988, inoltre, la Corte ricorda che nel garantire pienamente l'effettività di tale diritto, deve essere predisposto l'impegno concorrente del complesso di poteri pubblici della Repubblica nel realizzare mezzi idonei per ridurre le disuguaglianze nel godimento dei beni primari, attraverso l'implementazione delle abitazioni disponibili, da ottenersi tramite realizzazione di un sistema di edilizia residenziale pubblica.
Al diritto all'abitazione sono attribuite due accezioni principali: un'accezione forte ed un'accezione debole. Nel primo caso esso si intende come un vero e proprio diritto soggettivo a ricevere un'abitazione. Nel secondo caso, invece, lo inquadra come diritto strumentale rispetto ad altre situazioni soggettive di bisogno.
Per quanto riguarda la normativa italiana, buona parte della materia di attuazione del presente diritto verso gli stranieri è da ritenersi in capo al T.U.I, che all'articolo 40, comma 6, limita l'accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica ai soli stranieri in possesso del permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo o di un permesso di soggiorno di durata almeno biennale, con regolare attività lavorativa. Questo è divenuto un aspetto fortemente problematico nel sistema italiano, in quanto il rilascio del permesso di soggiorno può avvenire solo a condizione che lo straniero disponga di un'abitazione adeguata, in base ai criteri
123 Corte cost. sent. n° 404/1988
stabiliti dalla legge, per tutti coloro che richiedono un permesso per motivi di lavoro, per ricongiungimento familiare, per cure mediche e dal D. Lgs 3/2007, in attuazione della Direttiva n° 109/2003, anche per coloro che vogliano ottenere il permesso di soggiorno di lungo periodo. Il risultato per lo straniero è che l'accesso all'abitazione è divenuto prima ancora che un diritto, una condizione necessaria per poter accedere al territorio nazionale e stabilirsi in esso125, generando una
condizione di disparità di trattamento rispetto al cittadino italiano.
Si può affermare che il diritto all'abitazione può essere tutelato, sostanzialmente, attraverso due modalità. La prima modalità di tutela consiste nell'introduzione di una disciplina dei contratti di locazione vincolati, che garantisce ai locatari di appartamenti una durata adeguatamente lunga del contratto di locazione e determinati tetti dei relativi canoni. La seconda modalità di tutela del diritto all'abitazione comprende, invece, quelle politiche incentrate sulla c.d. “edilizia residenziale pubblica”, ovvero politiche finalizzate alla costruzione e gestione, da parte di enti pubblici e, più recentemente, con il coinvolgimento dei privati, di abitazioni per far fronte alle esigenze abitative dei ceti sociali meno abbienti, compresi gli stranieri.
Il legislatore, statale e regionale, è coinvolto in maniera diversa nelle due modalità di tutela del diritto all'abitazione. Per quanto attiene la legislazione vincolistica, riguardando la disciplina di contratti di locazione, essa è di competenza esclusiva dello Stato, in quanto rientra nella materia del diritto privato o, meglio, nella materia “ordinamento civile”, come previsto dall'articolo 117, comma 2 della Costituzione126. Quanto, invece, alla materia dell’edilizia residenziale pubblica, essa
può essere fatta rientrare nella più vasta materia delle politiche sociali, di potestà legislativa delle Regioni, sebbene nel rispetto dei principi fondamentali in materia di legislazione concorrente “governo del territorio” e dei “livelli essenziali delle prestazioni dei diritti sociali” che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale in modo omogeneo.
125 F. Pallante, op. cit., pag. 150
126 G. Marchetti, La tutela del diritto all'abitazione tra Europa, Stato e Regioni e nella prospettiva del
Le sopracitate previsioni si pongono nell'ottica di restringere la platea dei beneficiari e sono state fortemente condizionate negli anni anche dalle previsioni regionali e locali. Alcuni Comuni, ad esempio, hanno condizionato l'accesso a condizione di reciprocità, ovvero a condizione che nello Stato di origine dell'interessato fosse riconosciuto lo stesso diritto al cittadino italiano presente su quel territorio, mentre altri Comuni hanno subordinato l'accesso all'edilizia pubblica alla durata della residenza, dando così maggior rilevanza al criterio della territorialità e del grado di integrazione dello straniero sul territorio.
Sebbene, comunque, un requisito come la residenza prolungata non limiti in assoluto l'accesso dello straniero alle abitazioni pubbliche, diviene evidente come questo sia un requisito selettivo idoneo a favorire prevalentemente i cittadini italiani rispetto agli stranieri. Altri bandi e delibere hanno, invece, previsto l’attribuzione di punti aggiuntivi in relazione al possesso della cittadinanza italiana o a seconda della durata della residenza, come è avvenuto, a titolo di esempio, nella delibera del Comune di Verona n° 4/2007, la quale aveva previsto una maggiorazione di punteggio, sino a quattro punti, a favore dei soli cittadini italiani residenti nel Comune di Verona o che svolgano attività lavorative da almeno otto anni. Questa ha sollevato, indubbiamente, molte critiche oggetto anche di una interrogazione alla Commissione europea e di un parere dell'UNAR127.
Per quanto riguarda il diritto europeo, il diritto all'abitazione assume rilevanza per diverse ragioni, seppur non direttamente incidente sulle legislazioni nazionali, in quanto di fatti la materia è di competenza esclusiva degli Stati membri, anzitutto in ottica di inasprimento alla lotta all'esclusione sociale ed alle discriminazioni, poi per la promozione della giustizia e della protezione sociale, ancora in merito alla tutela dei diritti dei minori e la promozione della coesione economica, sociale e territoriale128.
Rilevanti sono le direttive in materia di divieto di discriminazione che menzionano anche il diritto d’accesso ad un alloggio, come la Direttiva n° 43/2000, che
127 È l'Ufficio nazionale per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o l'origine etnica, istituito con D.P.C.M nel 2003, ai sensi dell'articolo 7 del D. Lgs 215/2003, recante l'attuazione della Direttiva 43/2000, per la parità di trattamento.
128 G. Marchetti, La tutela del diritto all'abitazione tra Europa, Stato e Regioni e nella prospettiva del
stabilisce il divieto di discriminazione “nell'accesso a beni e servizi e alla loro fornitura, incluso l'alloggio”. Più specificatamente, riguardo il diritto di abitazione, la legislazione europea garantisce una protezione alle persone particolarmente vulnerabili quali minori non accompagnati, richiedenti asilo e rifugiati, come previsto dalla Direttiva n° 29/2012 del Parlamento e del Consiglio europeo, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e prevede che siano loro forniti alloggio o altra eventuale sistemazione temporanea. In materia di esclusione sociale, fortemente connesso al diritto all'abitazione, l'Unione europea non può intervenire con direttive o regolamenti, ma può indicare degli obiettivi comuni al fine di rafforzare collaborazione e coordinamento tra gli Stati nell'adozione delle politiche sociali oppure intervenendo ai fini della protezione del principio di proporzionalità e sussidiarietà.
Inoltre, il diritto all'abitazione è espressamente previsto dalla Carta sociale europea, la quale prevede nella prima parte che tutte le persone hanno diritto ad un'abitazione ed all'articolo 31 dispone che per garantire l'effettivo esercizio di tale diritto, gli Stati firmatari si impegnano a prendere misure necessarie destinate a favorire l'accesso ad un'abitazione di livello sufficiente e prevenire lo status di “senza tetto”, rendendo il costo accessibile alle persone che non dispongono di risorse sufficienti. In questo contesto ha avuto un importante ruolo il Comitato europeo dei Diritti sociali chiamato a decidere sui reclami collettivi in violazione della Carta sociale europea. Il Comitato ha delineato meglio i contorni del diritto all'abitazione, individuandone un nucleo essenziale ed incomprimibile, andando ad incidere sui risultati raggiunti, valutandone la portata tra legislazioni e prassi nazionali.
Sul diritto all'abitazione ha imposto l'obbligo agli Stati di: impiegare tutti i mezzi disponibili che consentano di progredire effettivamente verso la realizzazione degli obiettivi imposti dalla Carta; effettuare statistiche che consentano di confrontare i fabbisogni con i mezzi e i risultati; procedere a regolari verifiche dell’efficacia delle strategie impiegate; definire delle tappe intermedie da raggiungere, evitando di rinviare all’infinito la verifica dei risultati prefissati; prestando attenzione all’impatto che le scelte hanno su tutte le categorie dei soggetti coinvolti129.
129 G. Marchetti, La tutela del diritto all'abitazione tra Europa, Stato e Regioni e nella prospettiva del
Da un punto di vista concreto, il CEDS, ovvero il sopra menzionato Comitato europeo dei diritti sociali, ha recentemente condannato il l'Italia, in due occasioni, in relazione al diritto all’abitazione. La prima condanna è rappresentata dalla decisione del 7 dicembre 2005, in esito al reclamo n° 27/2004, presentato dall'European Roma Rights Center contro l’Italia. Dalla decisione emerge che il diritto all’abitazione, deve essere garantito a tutti i soggetti, anche agli stranieri. Inoltre, nell’ottica di delineare meglio i contorni del diritto all’abitazione, in tale decisione, pronunciata in relazione alla situazione dei campi rom in Italia, il CEDS, ha statuito che una casa può dirsi “di livello sufficiente” se si configura come “alloggio salubre, ossia fornito di tutti gli elementi di confort essenziali, quali acqua, riscaldamento, scarico domestico, impianti sanitari ed elettricità, costituito da strutture sane, non sovraffollato e provvisto di una garanzia legale di abitabilità” e che il diritto deve essere garantito per “un periodo di tempo ragionevole”. La seconda condanna si è avuta con decisione del 25 giugno 2010, per accertare discriminazioni nei confronti delle minoranze Rom e Sinti presenti sul territorio nazionale.
Ancora, il diritto all'abitazione, nel livello sovranazionale è previsto anche dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, all'articolo 34, ove si riconosce il diritto all'assistenza abitativa al fine di assicurare un'esistenza degna a tutti quelli che non dispongono di risorse sufficienti, in particolare volendo incidere su esclusione sociale e povertà, adottando anch'essa, come la Carta sociale europea una definizione a partire da un contenuto minimo ed irrinunciabile dello stesso, che dovrebbe applicarsi a tutti gli Stati membri.