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3. Quali stranieri e quali diritti sociali?

3.2 La tutela del diritto alla salute

La salute è l'unico diritto che la Costituzione qualifica come fondamentale, quale nucleo fondativo di tutti gli altri diritti costituzionali e presupposto per la piena realizzazione della persona umana104. A tal proposito, gli enunciati costituzionali di

riferimento nella tutela del diritto alla salute, anche per quanto riguarda gli stranieri, possono essere considerati l'articolo 2, 10 e 117 della Costituzione, che rispettivamente tutelano i diritti inviolabili dell'uomo, la condizione giuridica dello straniero ed infine, attraverso un combinato con l'articolo 117, impone allo Stato italiano di conformarsi ai vincoli sovranazionali ed internazionali in merito agli strumenti di attuazione e garanzia del diritto stesso105. Di seguito alla riformulazione

dell'articolo 117, inoltre, viene ad essere oggetto della normativa nazionale prettamente la condizione dello straniero non europeo, mentre l'Unione europea regolamenta la condizione dei cittadini comunitari, anche in capo al diritto alla salute. Il quadro costituzionale è completato dall'articolo 32, che riconosce la tutela della salute come diritto primario ed assoluto e strettamente legato alla tutela della dignità umana. Per questo motivo, le esigenze di tutela, inizialmente rimesse nelle mani dello Stato e poi, nel 1972, condivise insieme alle Regioni, miravano a diversi obiettivi, anzitutto una tutela omogenea su tutto il territorio nazionale che comprendesse universalità della tutela sanitaria; unicità del soggetto istituzionale referente; uguaglianza dei destinatari delle prestazioni; globalità e socialità delle prestazioni stesse, dal momento che agli interventi di cura venivano affiancati anche quelli di prevenzione e controllo106. Proprio in virtù di garantire queste esigenze si è

poi andati verso un sistema multilivello, di compartecipazione con le Regioni. In base a questo dettato costituzionale, anche lo straniero presente irregolarmente sul territorio dello Stato ha diritto a fruire di tutte le prestazioni che risultano urgenti per la sopravvivenza del soggetto, a prescindere dalla condizione di regolarità,

104 F. Biondi Dal Monte, op. cit., Torino, Giappichelli Editore, 2013

105 L. Mezzetti, I sistemi sanitari alla prova dell'immigrazione. L'esperienza italiana. Rivista n° 1/2018 in

www.aic.it, pag. 2

106 A. Papa, La tutela multilivello della salute nello spazio europeo: opportunità o illusione?, in (a cura di) P. Bilancia, I diritti sociali tra ordinamento statale e ordinamento europeo. N° 4/2018, in

quindi nel “nucleo irriducibile”107 del diritto stesso. Al di fuori di tale nucleo le

prestazioni sanitarie sono garantite ad ogni persona, cittadino o straniero, come diritto costituzionale che deve essere bilanciato con altri interessi costituzionalmente protetti, come affermato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n° 252/2001, che riconosce tale nucleo irriducibile quale diritto fondamentale della persona ed in quanto tale deve essere riconosciuto a tutti, anche a coloro privi della condizione di regolarità, come disposto anche dall'articolo 35 comma 3 del T.U.I, in relazione anche all'articolo 2 dello stesso D. Lgs. 286/1998. Le disposizioni in materia sanitaria sono contenute, in particolare, all'interno del Titolo V del T.U.I, riprendendo la disposizione emanata con la Legge n° 943/1986, secondo la quale la residenza sul territorio italiano e l'esercizio di un'attività lavorativa giustificavano da soli l'iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale, istituito nel 1978 attraverso la Legge n° 833. il T.U.I ne riprende la portata ampliandone i canoni, per cui all'articolo 34 prevede le norme per gli immigrati regolarmente soggiornanti sul territorio italiano, ovvero con una titolarità giuridica di presenza testimoniata da un permesso di soggiorno o da un permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo in corso di validità, e contempla l'obbligo di iscrizione al SSN mentre all'articolo 35 viene prevista assistenza sanitaria per gli stranieri che si fermano per poco tempo sul territorio nazionale ed a salvaguardia della salute individuale o collettiva di coloro che non si trovano in condizione di regolarità con l'ingresso e con il soggiorno. A questi soggetti in particolare vengono garantite le cure ambulatoriali ed ospedaliere “urgenti” e le “cure essenziali”, ovvero quelle cure urgenti che in caso non venissero concesse procurerebbero un pericolo per la vita o danno per la salute della persona ed essenziali in quanto si intendono quelle prestazioni sanitarie, diagnostiche e terapeutiche relative a patologie che seppur non destano preoccupazioni per la vita del soggetto nell'immediato, potrebbero nel corso del tempo determinare danni alla salute o rischi per la vita108. Agli stranieri irregolarmente soggiornanti viene attribuito, al

momento dell'erogazione dell'assistenza, un codice regionale individuale di accesso,

107 F. Biondi Dal Monte, op. cit., Torino, Giappichelli Editore, 2013

108 Definizione del Ministero della Sanità, Circolare n°5/2000; in (a cura di) P. Bonetti; A. Dragone; L. Gili,

ovvero l'STP – straniero temporaneamente presente, valido su tutto il territorio nazionale. Questo codice identifica lo straniero ed ha validità semestrale, rinnovabile in caso di permanenza del soggetto sul territorio nazionale. Per l'assegnazione del codice STP, lo straniero deve sottoscrivere “l'autocertificazione di indigenza” di validità semestrale, ma non rinnovabile109. Inoltre, gli stranieri

temporaneamente presenti sul territorio risultano anche esenti dalla partecipazione alla spesa sanitaria relativa a ricoveri ospedalieri urgenti; prestazioni ambulatoriali urgenti ad accesso diretto, ovvero presso pronto soccorso o guardia medica; visite medico-generiche in strutture pubbliche; interventi di prevenzione delle malattie o profilassi necessarie al fine di tutelare la salute pubblica; vaccinazioni obbligatorie; prestazioni previste nei protocolli della maternità; prestazioni a tutela dell'infanzia; soggetti con malattie croniche o invalidanti e malattie rare.

Gli oneri per le prestazioni, nel caso in cui suddetti stranieri siano impossibilitati ad incaricarsene, sono poste a carico delle A.S.L competenti e qualora questi soggetti risultassero profughi o sfollati, l'onere ricade in seno allo Stato.

L'entità qualitativa e quantitativa delle prestazioni assistenziali assicurate dal sistema sanitario nazionale, attraverso le risorse finanziarie pubbliche, per ciò che enuncia l'articolo 117 comma 2 lettera m della Costituzione e la Legge n° 833/1978, è disciplinata dal D.P.C.M del 2017 “Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502”110, che sostanzialmente ribadisce il contenuto previsto nel

T.U.I sul riparto di competenze, affidando la determinazione delle linee generali allo Stato e le competenze complementari alle Regioni.

Più di recente, l'esigenza di tutela della salute dell'immigrato è stata ripresa all'interno del D. Lgs 142/2015, in attuazione delle Direttive europee n° 33/2013 e 32/2013, recanti norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale. L'articolo 7, comma 5 del decreto da un lato vieta il trattenimento nei centri governativi di prima accoglienza, ovvero nei centri del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, di coloro le cui condizioni

109 L. Mezzetti, op. cit., pag. 8

di salute risultano incompatibili con il trattenimento stesso e dall'altro, esige che venga assicurata la garanzia, nell'ambito dei servizi socio-sanitari erogati nei centri, di verifica periodica della sussistenza di condizioni di vulnerabilità che richiedono assistenza particolare. Infine, nei casi in cui in questi centri non vi fosse più disponibilità di accoglienza per esaurimento posti, l'articolo 11 del decreto abilita il prefetto competente a disporre l'accoglienza in strutture temporanee, appositamente allestite, previa valutazione delle condizioni di salute del richiedente111.

Riprendendo la centralità della tutela multilivello che coinvolge il diritto alla salute, non si può non tener conto della dimensione che esso assume nella normativa prima internazionale e sovranazionale.

Per quanto riguarda le fonti internazionali, l'attenzione per i diritti sociali e di conseguenza per il diritto alla salute si è realizzata tardivamente e confermando in buona sostanza la normativa statale. Nella Dichiarazione dei diritti dell'uomo del 1948 il riferimento alla salute è per lo più indiretto, proclamandone la natura di situazione giuridica soggettiva, in relazione ad un tenore di vita dignitoso, facendo ricadere il costo delle prestazioni sui soggetti, a differenza di quanto affermato nelle Carte costituzionali112. Ancora, nel Patto Internazionale sui diritti economici, sociali

e culturali si pone in essere la tutela della maternità e dell'infanzia, come enunciato nell'articolo 12 dello stesso testo. A livello internazionale, il più alto grado di tutela ed osservazione del livello della qualità della salute sembra, quindi, essere l'Organizzazione Mondiale della Sanità, un'agenzia ONU creata nel 1946, appositamente per monitorare la situazione della salute nella popolazione mondiale e creare un grado forte di collaborazione tra gli Stati membri.

Con riferimento allo spazio europeo, a parlare espressamente del diritto alla salute è l'articolo 11 della Carta sociale europea, adottata dal Consiglio d'Europa nel 1961 e rivista nel 1996, per il quale “Ogni persona ha diritto di usufruire di tutte le misure che le consentano di godere del miglior stato di salute ottenibile”. In base a tale principio, gli Stati che hanno ratificato la Carta si impegnano ad assicurare l'esercizio effettivo di questo diritto, mediante misure adeguate, volte ad:

111 L. Mezzetti, op. cit., pag. 12

112 A. Papa, La tutela multilivello della salute nello spazio europeo: opportunità o illusione?, in (a cura di) P. Bilancia, op. cit., pag. 88

– eliminare per quanto possibile le cause di una salute deficitaria;

– prevedere consultori e servizi d'istruzione riguardo al miglioramento della salute ed allo sviluppo del senso di responsabilità individuale in materia di salute;

– prevenire, per quanto possibile, le malattie epidemiche, endemiche e di altra natura, nonché gli infortuni113.

Negli anni, però, il valore ad essa attribuita non è cresciuto a tal punto da diventare vincolante, seppur negli ultimi anni molti Stati contraenti stanno integrando la misura nel quadro più generale di un'armonizzazione normativa europea.

L'Unione europea certamente non è mai stata indifferente nei confronti della tutela del diritto alla salute, ma solo con l'Atto Unico Europeo del 1986 si sono poste le basi per un intervento diretto, con il rafforzamento del fondamento giuridico delle misure legate alla protezione della salute e con l'estensione del campo di azione della Comunità anche in ambito sanitario, indirizzando i Paesi membri verso obiettivi di giustizia sociale. Un passo in avanti è stato compiuto con il Trattato di Maastricht del 1992, che ha inserito al Titolo X un riferimento chiaro alla sanità pubblica, affermando la necessità di coordinamento delle politiche nazionali in materia e successivamente, con il Trattato di Amsterdam del 1997, che all'articolo 3 ha imposto alla Comunità “il perseguimento di un elevato livello di protezione della salute” e con l'articolo 152 del TFUE ha reso il diritto alla salute indipendente e non più subordinato ad altre politiche dell'Unione, trasformando il ruolo della Comunità europea da coordinamento a responsabile del completamento delle politiche nazionali, riservando però agli Stati membri competenza esclusiva in materia, come previsto dall'articolo 168 del TFUE. Ancora, la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 2000, ha inserito all'articolo 35 la “Protezione della salute”, per cui “Ogni individuo ha il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali. Nella definizione e nell'attuazione di tutte le politiche ed attività dell'Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana”114.

113 A. Papa, La tutela multilivello della salute nello spazio europeo: opportunità o illusione?, in (a cura di) P. Bilancia, op. cit., pag. 89

114 A. Papa, La tutela multilivello della salute nello spazio europeo: opportunità o illusione?, in (a cura di) P. Bilancia, op. cit., pag. 92. Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, www.europarl.europa.eu

Con particolare riferimento alla salute per gli stranieri, è solo recentemente che l'Unione europea ha allargato il campo con documenti indirizzati alla solidarietà degli Stati. Di fatti, nella Comunicazione del 2009 su “Solidarietà in materia di salute e riduzione delle disuguaglianze sanitarie nell'UE” e il Documento di lavoro del 2013 “Investire in salute” questi obiettivi sono stati inseriti, in via generale, tra gli obiettivi della strategia sociale di Europa 2020.

Nel 2011 sulla riduzione delle disuguaglianze in ambito sanitario si è anche espresso il Parlamento europeo, affrontando il problema della tutela della salute dei migranti, rivolgendosi soprattutto agli Stati membri, quali aventi competenza esclusiva in materia, esortandoli a mettere in atto misure volte “ad assicurare che i gruppi più vulnerabili, compresi i migranti sprovvisti di documenti, abbiano diritto e possano di fatto beneficiare della parità di accesso al sistema sanitario, valutando la fattibilità di soluzioni volte a sostenere l’assistenza sanitaria per i migranti irregolari, elaborando sulla base dei principi comuni una definizione degli elementi di base dell’assistenza sanitaria quale definita nelle relative normative nazionali”115.

Tuttavia, queste risoluzioni non hanno valore vincolante per gli Stati e non vi è incidenza di risorse europee in ambito sanitario statale.

Negli ultimi anni, gli interventi finalizzati a sostenere l'azione degli Stati membri nella protezione della salute dei migranti hanno trovato un posto più ampio nelle politiche sulla immigrazione, in particolare volte a favorire l'integrazione dei cittadini dei Paesi Terzi negli Stati membri che li ospitano, ritenuto necessario soprattutto negli ultimi anni a fronte di flussi migratori sempre più intensi. In materia sanitaria, si è lavorato soprattutto in ottica di integrazione degli immigrati regolari, perciò per quanto attiene al settore sanitario, in merito alla prima accoglienza, con l'obiettivo soprattutto di sorvegliare su possibili malattie infettive di coloro che accedono ad uno dei Paesi membri.

Si deve osservare, piuttosto, che la tutela sanitaria dei migranti regolari e il loro accesso alle prestazioni erogate dai sistemi sanitari pubblici risultano fortemente condizionati dallo status che essi acquisiscono, in base al titolo che dà loro diritto di soggiornare nel territorio del Paese europeo ospitante. Vi è, in altri termini, una

115 A. Albanese, La tutela della salute dei migranti nel diritto europeo. Rivista n° 4/2017, in www.aic.it, pag. 4

strettissima connessione fra il grado di tutela della salute innanzitutto e la disciplina delle tipologie di accesso in Europa dei cittadini dei Paesi Terzi, dando una connotazione frammentata alla tutela stessa116. Questo in quanto per la maggior

parte dei permessi di soggiorno è previsto che lo Stato possa prevedere come requisito il possesso da parte dello straniero di un'assicurazione sanitaria, per evitare oneri ingenti a carico dello Stato, fanno eccezione solo i permessi di soggiorno connessi allo status di rifugiato, familiare di rifugiato o individuo con protezione sussidiaria. Quanto ai migranti irregolari, infine, anche nel diritto europeo, come nella normativa italiana, è previsto che ad esso siano assicurate le cure urgenti ed essenziali per non arrecare gravi danni alla salute del soggetto.