Fin dagli albori delle promozioni fedeltà, le aziende hanno compreso la complessità e la rilevanza in termini economici e organizzativi delle sfide poste dalla realizzazione della promozione stessa; nel tempo si è sperimentata una varietà di soluzioni per l’approvvigionamento, lo stoccaggio e la consegna dei premi ai consumatori. Nella raccolta Perugina erano i produttori dei premi a inviarli direttamente ai consumatori; Mira
206 Ziliani C., Loyalty Marketing, Egea, Milano, 2008
Lanza si era appoggiata a Postal Market, che faceva leva sul proprio core business delle vendite per corrispondenza per svolgere il servizio di fornitore di regali promozionali: un sodalizio ancora di attualità, se pensiamo che il retailer irlandese Superquinn ha stretto una partnership con Argos, azienda di vendite per corrispondenza, per la gestione e la logistica del proprio programma fedeltà207.
Il business del procurement dei premi e organizzazione della promozione che negli Stati Uniti nasce con le stamp companies intorno al 1890, in Italia è intrapreso dai primi imprenditori del settore della regalistica promozionale negli Anni Sessanta, per servire la raccolta Vègè. Secondo una ricerca del 2007 svolta da Assoprom, il mercato italiano della regalistica e delle iniziative promozionali, vale circa 9 miliardi di euro e vi sono attivi soggetti diversi tra importatori, distributori, produttori, agenzie di servizi e agenti, per un totale di circa 32.000 occupati, inclusi 8.000 venditori. La loro clientela appartiene per lo più al settore del commercio, dell’industria, della GDO, delle banche e assicurazioni, petrolifero e non profit.
In un contesto di mercato in cui le imprese prestano sempre maggiore attenzione al contenimento dei costi di marketing, il catalogo si presenta come un’attività relativamente onerosa, che richiede costantemente novità per differenziarsi dai competitors e ha raggiunto dimensioni notevoli. Ne consegue la necessità di pianificare attentamente tutte le fasi del processo: la ricerca delle soluzioni organizzative efficienti ed efficaci dovrebbe essere oggetto di riflessione e pianificazione attenta da parte della funzione aziendale preposta a occuparsi delle attività di fidelizzazione.
Dalle ricerche che abbiamo consultato risulta che è per lo più l’ufficio marketing a occuparsi del catalogo; può però accadere che diversi uffici siano competenti per aspetti diversi del processo, oppure che ci si rivolga in toto all’agenzia esterna.
Nelle imprese della GDO è piuttosto frequente anche la soluzione che prevede dei team interfunzionali che tipicamente comprendono personale del marketing e degli acquisti, poiché è frequente che l’impresa commerciale, forte delle proprie competenze di procurement e potere contrattuale, acquisti direttamente i premi destinati alla promozione.
207 Ziliani C., Loyalty Marketing, creare valore attraverso le relazioni, Egea, Milano, 2008
La funzione o il gruppo responsabile del catalogo deve poi decidere il grado di internalizzazione o di outsourcing per le diverse attività necessarie alla sua realizzazione e all’interfaccia con i consumatori: può accadere che uffici diversi siano competenti per i vari aspetti del processo, oppure che ci si rivolga in parte o in toto ad agenzie esterna:
emerge una distribuzione sostanzialmente equa lungo le differenti opzioni.
Nel caso si opti per un completo outsourcing, tutte le attività relative al catalogo, dalla sua costruzione al procurement dei premi, ai servizi di supporto ai clienti e consegna sono affidate a una società terza, l’agenzia.
I vantaggi sono evidenti: vi è un trasferimento dei rischi (riguardanti le previsioni di redemption, il cambio nelle importazioni, l’obsolescenza dei premi, ecc.) all’agenzia; vi è la possibilità di definire chiaramente il budget dell’iniziativa; è possibile contenere l’impatto della promozione sull’impresa poiché si riduce drasticamente lo sforzo organizzativo della stessa; infine, il ricorso a specialisti rende l’iniziativa più efficace ed efficiente.
Gli svantaggi si riconducono al costo, alla possibile perdita di controllo e, come spesso lamentato dalla GDO, alla rigidità dell’agenzia, che faticherebbe a declinare l’iniziativa tenendo conto delle specificità locali.
Grafico 4 - Responsabilità delle attività relative al catalogo
86%
9%
6%
6%
3%
3%
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%
Ufficio Marketing Diversi Uffici, ognuno per attività specifiche
Agenzia esterna Imprenditore Ufficio Promozioni Direzione Customer Care
Fonte: Osservatorio Carte Fedeltà Università di Parma, 2006
La seconda soluzione che si riscontra, per l’organizzazione delle attività è l’outsourcing delle attività di acquisto e di logistica dei premi: in questo caso l’azienda realizza
internamente il catalogo, affidandosi all’agenzia esterna solo per le attività suddette. Si ottengono in tal modo i vantaggi logistici già citati per l’outsourcing completo, ma si può compromettere l’efficacia del catalogo, che non è costruito da specialisti.
La gestione completamente interna è assai rara, appannaggio di imprese di grandi dimensioni che possono permettersi di svolgere internamente con le proprie competenze le attività di procurement.
E’ significativo notare che tra i plus del ricorso all’agenzia, pochi includono la possibilità di accedere a servizi evoluti o modalità promozionali innovative supportate da nuove tecnologie, né ad analisi e servizi informativi sulla clientela e sulla performance delle attività di fidelizzazione.
Ciò è prova del fatto che esiste uno spazio importante di sensibilizzazione delle imprese sul valore delle analisi dei dati, nonché della sperimentazione di modalità innovative di promozione.
Un altro aspetto organizzativo rilevante nello sviluppo delle attività di promozione della grande distribuzione è senza dubbio il grado di autonomia delle sedi periferiche. In questo senso emerge con chiarezza la tendenza alla centralizzazione delle decisioni inerenti tutte le componenti (periodo di effettuazione, durata, tipologia, regali, ecc.)
6. Errori e rischi nello sviluppo dei loyalty programs
Di fronte ai fenomeni prima descritti cresce la perplessità delle imprese commerciali circa le scelte future; del resto, oggi il quesito non è più “entrare o non entrare” nell’arena competitiva del micromarketing, quanto piuttosto “come farlo in modo efficiente ed efficace”. Per questo motivo è interessante analizzare quali possono essere le ragioni del fallimento di alcuni programmi fedeltà.
Dall’osservazione di un’ampia casistica di programmi fidelity, Ziliani208 individua tre categorie di errori in cui possono incorrere le imprese commerciali:
- sovrastimare l’efficacia e non comprendere gli “economics” dei programmi;
- tralasciare alcune voci di costo nella valutazione;
- trascurare i nuovi competitors.
208 Ziliani C., “I percorsi di sviluppo del micromarketing delle aziende commerciali”, in Industria & Distribuzione, n.
3/2002, pp. 43-55.
Per quanto riguarda il primo aspetto, non si tratta semplicemente di fare i conti in modo corretto, ma di tracciare il programma ed i suoi meccanismi tenendo in considerazione la difficoltà di ottenere un’elevata fidelizzazione nel settore grocery, nonché di cambiare le abitudini di spesa di una quota rilevante di clienti. È noto, infatti, che i consumatori tendono a ricercare alternative, aiutati in questo dal bombardamento di sconti e promozioni di sempre nuovi competitors, ora anche nel canale online e anche tra i clienti che sottoscrivono una carta fedeltà, sono molti quelli che non modificano il proprio comportamento; ciò deve essere considerato quando l’impresa stabilisce gli obiettivi del programma. Se, infatti, oltre la metà dei membri dei programmi sono free riders, che sfruttano i benefici della carta senza dare nulla in cambio, significa che il fatturato o il profitto incrementale che coprirà i costi del programma deve provenire da titolari che hanno cambiato il proprio comportamento. Di conseguenza, da costoro ci si dovrebbe aspettare un sostanziale cambiamento nelle loro abitudini di spesa, il che contrasta con l’esperienza, infatti, in realtà l’aumento del loro scontrino è comunque lieve e tende ad a erodersi nel tempo209.
Sarà allora necessario trovare meccanismi per ridurre il costo delle rewards, sia limitando il numero di quanti vi possono avere accesso, sia attraverso partnership e alleanze, con altri retailers e con fornitori.
Un secondo possibile errore del distributore è trascurare alcune voci di costo. I costi di start-up per implementare un programma fedeltà comprendono le tecnologie informatiche, il valore delle ricompense, la formazione del personale, la campagna di comunicazione e i servizi di supporto che possono variare da 1 a 15 milioni di euro210, a cui si aggiungono i costi correnti di manutenzione per sistemi informativi, marketing, customer service, ecc.
E’ frequente che vengano sottostimate le spese di marketing necessarie per mantenere elevato il coinvolgimento della clientela, mentre tra le voci di costo legate ai sistemi informativi può accadere di trascurare la manutenzione del database. I dati che seguono danno un’idea delle conseguenze di una tale dimenticanza.
209 Sarebbe meglio intervenire per modificare non tanto l’ammontare quanto la composizione del fatturato di cliente, indirizzando le scelte del verso marche e categorie a maggiore redditività. Per far questo è necessario raccogliere i dati sul comportamento di consumo e acquisto della clientela ad un elevato grado di dettaglio, specificamente scendendo fino al livello del singolo codice EAN.
210 Ziliani C., Loyalty Marketing, Egea, Milano, 2008
Un’analisi condotta sul database delle carte fedeltà di un supermercato della GD italiana211 relativamente agli anni 1997-1998 ha evidenziato come, nel corso di un anno, l’azienda perda di vista ben il 60% dei propri clienti. Di oltre 8.000 carte emesse, solo 6.000 vengono utilizzate almeno una volta (attivate) e di queste poco più di 3.000 risultano ancora attive l’anno successivo.
Si evidenzia l’importanza di un costante monitoraggio del comportamento del parco clienti (che non tutte le imprese operano), dell’impiego di azioni di rivitalizzazione dei clienti persi, nonché dell’eventuale revisione della meccanica del programma e dell’impegno dei dipendenti, che evidentemente non incentivano adeguatamente il cliente ad usare la carta ad ogni visita.
Un ulteriore possibile errore che il distributore potrebbe compiere è trascurare i nuovi competitors; in particolare, i nuovi concorrenti provengono dal mercato virtuale e dall’industria di marca. I programmi fedeltà presenti solo su Internet212 si stanno moltiplicando a dismisura; essi fanno leva sulla cosiddetta fedeltà incentivata, non generando fedeltà all’insegna o alla marca, bensì comportamenti opportunistici.
I programmi fedeltà online dei retailers virtuali eccellenti, come Amazon213, sono del tutto simili ai programmi esistenti nel mondo fisico, ma possono insegnare molto circa la versatilità degli strumenti Internet per supportare iniziative di micromarketing più efficienti: fare micromarketing online è più semplice e più economico rispetto al mercato fisico, in particolare per il numero elevato di clienti214.
Programmi fedeltà online e punti elettronici sono tra i primi strumenti di fidelizzazione apparsi nel mercato virtuale e, come tali, mutuati dal tradizionale approccio di mass
211 Mauri C., Card loyalty. A new emerging issue in grocery retailing, Sda Bocconi, Working paper n. 42, Milano, 2001.
212 Nel mercato virtuale esistono attualmente due tipi di programmi fedeltà: a) programmi che operano solo online, definiti anche Internet based loyalty schemes; b) programmi di imprese che operano anche nel mercato fisico, chiamati cross loyalty schemes. Gli Internet based loyalty schemes esistono solo su Internet e si dividono in due tipologie: quelli offerti da veri e propri “intermediari della fedeltà” e i programmi fedeltà dei retailers virtuali. Gli intermediari della fedeltà sono siti Web che fungono da portali di accesso ai siti di decine di imprese appartenenti a varie categorie merceologiche, accomunati dalla possibilità di accumulare punti per il medesimo programma. Il programma fedeltà è la
“locomotiva” del sito, non vi è un retailer promotore. Nel settore grocery, l'esperienza più interessante di questo tipo è rappresentata dal sito ValuePage di Catalina Marketing: www.valuepage.com. Lugli G., Ziliani C., “Dalle carte fedeltà a Internet: l'evoluzione del micromarketing”, in Micro & Macro Marketing, n. 1/2001, pp. 115-142.
213 www.amazon.com - Sito di Amazon.
214 Nell’ambiente virtuale scompare il trade off tra reach e reachness della comunicazione che è tipico del mondo fisico. L’assenza di vincoli spazio-temporali e l’interattività dello strumento permettono infatti di tarare l’offerta in modo puntuale rispetto alle esigenze di microsegmenti senza ridurre per questo la dimensione del mercato di riferimento. Diventa cioè possibile una mass customization della comunicazione, dell’offerta e del servizio spostando così la frontiera del marketing della fedeltà.
marketing del mercato fisico. A mano a mano che l’Internet marketing matura, si affacciano strumenti più efficaci e potenti di personalizzazione del dialogo e del servizio215. Non bisogna poi ignorare il fatto che anche le aziende commerciali operanti nel mercato fisico vanno introducendo gli strumenti Internet nel proprio programma fedeltà.
Nuovi e temibili “concorrenti” della distribuzione, nell’arena del micromarketing, provengono anche dall’industria di marca. Il settore dei beni di largo consumo è l’ambiente naturale del marketing di massa: qui la numerosità della clientela, la frequenza e il modesto valore unitario delle transazioni inducono ad ipotizzare che le nuove logiche di micromarketing non andranno a sostituire il consolidato approccio di mass marketing.
Tuttavia, l’industria di marca non ignora quanto sia prezioso disporre di canali di comunicazione diretta con il cliente, sia come strumenti di differenziazione e fidelizzazione, sia di scavalcamento del filtro rappresentato dal marketing distributivo, sia infine come mezzi di raccolta di informazioni puntuali e tempestive sul mercato.
Un’iniziativa promozionale classica come la raccolta punti può dare origine ad un ricco database di nominativi, indirizzi e dati socio-demografici sulla clientela. Oggi, poi, si dispone di strumenti interattivi come numeri verdi, siti Web, e-mail e chioschi elettronici, che dovrebbero dare nuovo vigore alle attività promozionali di tipo “database building”.
215 Le leve per il micromarketing del traffico su Internet sono: 1- online advertising (banners, links e sponsorizzazione di contenuti); 2- partnership con portali e altri informediaries; 3- affiliate marketing; 4- e-mail marketing. Le leve Internet per il micromarketing della fedeltà sono: a- incentivi (informazione, prodotti o servizi gratuiti); b- programmi fedeltà; c- personalizzazione/differenziazione del messaggio e (quando possibile) del prodotto/servizio; d- mantenimento del dialogo (e-mail, newsletter, comunità virtuali, Customer Relationship Management). Lugli G., Ziliani C., “Dalle carte fedeltà a Internet: l'evoluzione del micromarketing”, in Micro & Macro Marketing, n. 1/2001, pp. 115-142.