3. L’arte della gioia
3.1 La biografia 239 di Goliarda Sapienza
Figlia di Maria Giudice240, nome noto del socialismo italiano e “dell‟avvocato dei poveri” Peppino Sapienza241, Goliarda nasce a Catania il 10 maggio 1926. I genitori erano all‟epoca entrambi vedovi e con, rispettivamente, sette e tre figli. Uno di essi, Goliardo, figlio adorato dal padre, muore (1921) a soli tredici, probabilmente ucciso dalla mafia: è il primo di una serie di lutti gravi che colpiranno la famiglia242.
239 La biografia della scrittrice è frutto della lettura degli scritti autobiografici della stessa (Io, Jean
Gabin, Torino, Einaudi, 20092; Lettera aperta, Palermo, Sellerio, 19972; Il filo di mezzogiorno, Milano, La Tartaruga, 20032) e della biografia realizzata da Giovanna Providenti, La porta è aperta, Catania, Villaggio Maori Edizioni, 2010.
240 Nata a Codevilla (PV) il 17 aprile 1880, cominciò da giovanissima a interessarsi di politica, divenendo presto una fervida attivista socialista. Nel 1903 fece la prima esperienza della prigione, all‟uscita della quale si rifugiò in Svizzera dove, insieme ad Angelica Balabanoff pubblicò il periodico "Su Compagne" (in quel periodo conobbe Lenin e ospitò l'allora socialista massimalista Mussolini).
Prima donna a dirigere la Camera del lavoro di Torino, divenne poco dopo (1916) direttrice del Grido
del popolo, cui caporedattore – e successivo direttore – era Gramsci. Condannata per la sua
partecipazione ai «moti del pane» del 1917 a Torino, venne successivamente inviata dal partito in Sicilia (1920), dove fu al centro delle vicende che videro lo scatenarsi dell'offensiva mafiosa e fascista. Socialista «intransigente», protofemminista nel 1921 non aderì al Partito comunista d‟Italia, ritenendo che il socialismo dovesse salvaguardare la sua autonomia.
241 Uomo passionale e amante dei piaceri della vita, nacque a Catania il 17 marzo 1884. Grazie alla determinazione della madre, riescì a studiare e a diventare avvocato. Conosciuto dalla polizia sin dal luglio 1907 (segnalato come socialista), finì in prigione diverse volte. Nel 1943 era a Roma e collaborò all‟evasione di Sandro Pertini e Saragat dal carcere di Regina Cœli.
La piccola Iuzza 243cresce senza latte materno, ma grazie alle cure del fratello Ivanoe
che pare fosse l‟unico a riuscire a farle succhiare il biberon. La futura scrittrice, il cui nome, omaggio al fratello morto, era stato scelto dal padre in quanto l‟unico a non avere santi, trascorre l‟infanzia in pieno periodo fascista, in una famiglia decisamente poco ordinaria: una famiglia colta e militante, in cui musica e letteratura sono considerati alimenti necessari tanto quanto il cibo. Una famiglia in cui il padre, detestando l‟idea che la figlia possa frequentare la scuola fascista, non solo la fa studiare in casa, ma sale con lei in terrazza per bruciare gli abiti da “piccola italiana”. Una famiglia in cui la madre dichiara di preferire una figlia che soffre la fame come gli altri piuttosto che vederla nutrita e pasciuta in mezzo a bambini affamati.
Sono questi i presupposti che fanno da sfondo all‟infanzia di Goliarda, che cresce tra letture precoci di Leopardi e Marco Aurelio, scorazzando al tempo stesso tra le vie della Civita244 di Catania, venendo a contatto con ogni tipo di umanità: pupari, impagliatori di seggiole, borghesi, prostitute… L‟unica cosa che mette un freno alla sua esuberante energia è la malattia, che la colpisce a nove anni con la difterite e nell‟adolescenza con la tubercolosi.
A sedici anni si trasferisce, accompagnata dalla madre, a Roma, dove frequenta, avendo vinto una borsa di studio, l‟Accademia di Arte Drammatica. Ma quella di studentessa non è la sua unica attività, infatti l‟aspirante attrice si ritrova anche a fare la staffetta partigiana sotto la falsa identità di Ester Caggegi. Intanto la madre comincia a dare segni di squilibrio a causa di una grave forma depressiva, cosa che sarà fonte di grande preoccupazione per Goliarda, che si prenderà cura di Maria Giudice finché quest‟ultima non le spirerà tra le braccia nel 1953.
Pur completando il corso di studi all‟Accademia di Arte Drammatica, Goliarda non arriverà mai a diplomarsi, perché di fatto è molto critica rispetto agli insegnamenti giudicati troppo retrogradi, nonché di fronte a quello che percepisce come un mondo falso e pieno di ipocrisie.
È per questo che in quegli anni fonda una compagnia di avanguardia – il T45 – insieme ad altri ex studenti contestatari, attratti, come lei, dal metodo proposto da
243 Diminutivo di Goliarda, nome col quale la scrittrice venne chiamata da tutta la famiglia sin dalla nascita.
244 In Io, Jean Gabin, la stessa scrittrice definisce il quartiere come “la casbah dove tutto si sapeva in un battibaleno, sempre con cento occhi addosso che ti spogliavano di ogni privacy e possibilità di avere dei segreti”.
Stanislavskj245. Nel luglio del 1945 ottiene un buon successo interpretando il ruolo da
protagonista in La frontiera, opera prima di Leopoldo Trieste. Terminata la breve esperienza del T45, Goliarda passa ad altre compagnie, interpretando vari ruoli, senza sentirsi però mai appagata: è per questo che nel 1948 accetta una parte nel film Fabiola, diretto da Alessandro Blasetti246.
Intanto nel 1947 la scrittrice si lega affettivamente col futuro regista Citto Maselli247 (suo compagno di vita fino al 1965), accanto al quale intraprende con passione una sorta di tirocinio “cinematografaro” assistendolo nella regia e collaborando alla scrittura di tutti i suoi documentari e dei primi lungometraggi. Sono anche anni in cui lavora in set di film importanti – anche se mai in ruoli da protagonista – come Senso e Le notti bianche di Visconti. La recitazione – teatrale o cinematografica – la accompagnerà sempre nella sua vita, senza per questo diventare la sua occupazione principale, ma solo un‟occasione che di volta in volta deciderà se sfruttare o meno248.
Intorno alla metà degli anni Cinquanta, una nuova idea si fa spazio sempre più prepotentemente nella mente di Goliarda: la scrittura. Iniziata come esercizio, rivolto essenzialmente alla composizione di poesie da leggere alle amiche nei lunghi dopocena, diventa presto una necessità, l‟attività principale alla quale consacra la sua esistenza.
245 Metodo di insegnamento della recitazione nato a cavallo del Novecento, messo a punto da Konstantin Alekseev, che mira a far sì che gli attori, riuscendo ad approfondire il mondo psicologico del personaggio e cercando affinità con il proprio mondo interiore, arrivino a esternare emozioni profonde, in un continuo lavoro di interpretazione e rielaborazione.
246 È nota la passione che la scrittrice aveva per il cinema, soprattutto per l‟attore Jean Gabin, col quale era solita identificarsi da bambina quando, dopo aver trascorso interi pomeriggi al cinema, andava incontro all‟avventura tra le viuzze della Civita di Catania. Ma l‟avvicinamento a ruoli cinematografici deve ricercarsi piuttosto in una voglia di autenticità, scevra da compromessi con il proprio senso etico, che la scrittrice sa di non poter trovare a teatro e spera di recuperare al cinema. La scoperta dell‟illusione sarà concausa di una depressione che la condurrà al tentativo di suicidio.
247 Goliarda Sapienza e Citto Maselli non furono solo amanti, ma anche e soprattutto complici, in un rapporto simbiotico che, oltre un profondo sodalizio artistico, si allargava a un coinvolgimento non solo erotico con altre donne. È fondamentale comprendere quanto fosse grande l‟interesse di Goliarda nei confronti dell‟universo femminile, orizzonte dentro il quale spaziava in una gamma talmente ampia di richiami, da renderne difficile una definizione o una delimitazione: la relazione amorosa è solo l‟aspetto più immediato ed evidente di quello che è una continua analisi fatta di giochi di specchi, gelosie, passioni, ammirazione, timore, fiducia, disincanto, risentimento, intelligenza.
248 Goliarda sarà interprete con successo anche di alcuni ruoli pirandelliani, tra i quali resta memorabile quello da protagonista in Vestire gli ignudi. Bisogna anche ricordare che negli ultimi anni della propria vita, la scrittrice ha insegnato recitazione presso il Centro sperimentale di cinematografia di Roma.
Ma sono anni difficili, gli amici, che pur la stimano, considerano la sua volontà di scrivere249, come un modo per sfogarsi e curare la propria malinconia; il rapporto
con Citto Maselli pur mantenendo intatta l‟autenticità del sentimento è aperto ad altre donne – cosa che razionalmente lei accetta – spesso carissime amiche di Goliarda, la quale più che il tradimento teme la solitudine, l‟abbandono. Questo stato d‟animo e il furioso litigio con un uomo, gay, molto più giovane, del quale si era invaghita, la portano in una notte della primavera del 1962 a placare l‟ansia con una dose eccessiva di sonniferi e ansiolitici ingurgitati con del whisky: Citto riesce a salvarle la vita, ma per Goliarda si aprono le porte dell‟ospedale psichiatrico250. Uscita molto provata dall‟esperienza, dopo un periodo di riabilitazione, la scrittrice comincia, nell‟autunno del 1962, una terapia psichiatrica con il dottor Ignazio Majore che dura quasi tre anni e che sarà all‟origine di uno dei suoi romanzi autobiografici: Filo di mezzogiorno. Oltre quest‟ultimo, tra il 1964 e il 1968 Goliarda si dedica alla scrittura in progress di altri due romanzi autobiografici: Lettera aperta, pubblicato da Garzanti nel 1967, nel quale l‟autrice ripercorre gli anni di vita trascorsi a Catania e L‟arte del dubbio, rimasto incompiuto e inedito.
La terapia con il dottor Majore prende pieghe piuttosto singolari251 e si
interrompe bruscamente: rimasta senza terapeuta, Goliarda si illude di potercela fare da sola, ma lo stato depressivo è in agguato e una notte, sola in casa, ingoia un vasetto intero di Veronal: è ancora Citto Maselli a salvarla, stavolta strappandola alla morte per un soffio252.
La scrittrice si sveglia in ospedale, stavolta nel reparto maternità: ne esce dopo cinque giorni, portando in germe una sorta di volontà di rinascita che – se non la metterà al riparo dal dolore, dalla povertà, dall‟insicurezza, perfino dalla prigione – almeno le consentirà di andare avanti.
249 A questo periodo risalgono la raccolta di poesie Ancestrale, ancora inedita; la stesura del romanzo incompiuto Carluzzu, la cui versione definitiva contenuta nell‟archivio Maselli è stata ripudiata dalla scrittrice; una serie di racconti che confluiranno in Destino coatto, pubblicato nel 2002 dall‟Ass. Edizioni Empiria, e ripubblicato recentissimamente nella collana “Super ET” di Einaudi.
250 La scrittrice è rimasta ricoverata al Policlinico di Roma per tre mesi (marzo-maggio 1962) subendo una cura che prevedeva addirittura il ricorso all‟elettroshock; il risultato fu devastante: danni cerebrali e perdita di porzioni di memoria.
251 Goliarda amava raccontare di avere fatto impazzire il suo analista, ma la verità è che probabilmente quest‟ultimo si fosse innamorato di lei e a causa di ciò fosse entrato in una profonda crisi, che lo aveva portato nel 1965 a dare le dimissioni dalla società di Psicoanalisi nella quale lavorava.
252 Dopo il salvataggio rocambolesco, dovuto alla visita casuale di Maselli che la trova svenuta in casa, la scrittrice resta due giorni in coma.
Nel 1967 inizia la stesura del suo capolavoro, L‟Arte della gioia, “romanzo maledetto” al quale dedicherà dieci anni della sua vita e per il quale si ridurrà sul lastrico253, senza per questo riuscire mai, nonostante mille tentativi, a vederlo pubblicato.
Nel 1975 si lega affettivamente ad Angelo Pellegrino254 (che sposa nell‟ottobre del 1979), attore di venti anni più giovane di lei, che la assiste nel lungo lavoro di revisione del romanzo concluso nel 1977.
Dopo la conclusione dell‟Arte della gioia, Goliarda scommette il suo tempo e le sue energie per riuscire a far pubblicare il suo lavoro, ma tutte le porte le vengono richiuse in faccia, perfino quella aperta con molta discrezione dall‟allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini. Neanche il discreto successo dell‟Università di Rebibbia255, edito da Rizzoli nel 1983, gioverà alla causa della scrittrice. Le certezze del dubbio (1987, Pellicano libri) è l‟ultima opera ad essere pubblicata mentre Goliarda è in vita. Si tratta di un ulteriore capitolo della sua autobiografia in fieri, quello che racconta di sé tornata libera, ma in qualche modo prigioniera della città che emargina. Eppure, nell‟incontro con le ex detenute di Rebibbia, la scrittrice rivela ancora una volta la sua capacità di andare a fondo nella comprensione delle proprie e altrui contraddizioni, percorrendo fino alla fine la convinzione che il vero atto di libertà sia quello che conduce al coraggio di cambiare idea.
Goliarda Sapienza viene trovata morta nella sua casa di Gaeta il 30 agosto 1996256.
253 Angelo Pellegrino racconta di una Goliarda seduta nella mansarda di casa sua, intenta a scrivere ininterrottamente, circondata da appunti e foglietti disseminati ovunque sul parquet: «Così passavano i giorni, i mesi, gli anni senza speciali accadimenti […]. Intanto andavano via quadri disegni sculture di tanti buoni artisti, e venivano ufficiali giudiziari, pignoramenti, avvisi di sfratto», in Angelo Pellegrino,
Lunga marcia dell‟«Arte della gioia», prefazione all‟Arte della gioia, Torino, Einaudi, 2008, p. VIII.
254 Angelo Pellegrino è oggi il curatore delle pubblicazioni postume della scrittrice.
255 Il romanzo racconta del “soggiorno” nel carcere di Rebibbia di Goliarda Sapienza, che venne arrestata per il furto di alcuni gioielli a casa di un‟amica. La scrittrice dichiarò di averlo fatto per necessità perché, ridotta in miseria, non aveva più i soldi per pagare l‟affitto. In realtà il furto fu un espediente: la scrittrice dichiarò poi di aver commesso l‟illecito per studiare le reazioni dei suoi ricchi amici e per poter sperimentare personalmente le condizioni di detenzione per il libro che stava scrivendo.
256 Pare che la scrittrice fosse morta tre giorni prima, durante i quali, nonostante la sua vita fosse piena di amicizie, nessuno l‟aveva cercata.