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La funzione popolare ed educativa del romanzo d’appendice

In Italia mancano studi specifici sull’argomento, soltanto Antonio

Gramsci in Letteratura e vita nazionale del 1930 a proposito dei due massimi

dell’appendice italiana, Mastriani e Invernizio, dava giudizi diversificati dal

punto di vista dei contenuti, individuando in Mastriani insieme a Guerrazzi un

“moderno umanesimo”, un “laicismo”, che lo mette sullo stesso piano dei

contemporanei francesi:

I laici hanno fallito al loro compito storico di educatori ed elaboratori dell’intellettualità e della coscienza morale del popolo-nazione, non hanno saputo dare una soddisfazione alle esigenze intellettuali del popolo: proprio per non aver rappresentato una cultura laica, per non aver saputo elaborare un moderno “umanesimo” capace di diffonderci fino agli strati più rozzi e incolti, com’era necessario dal punto di vista nazionale, per essersi tenuti legati al mondo antiquato, meschino, astratto, troppo individualistico e di casta, la letteratura popolare francese, che è la più diffusa in Italia, rappresenta, invece, in maggior o minor grado, in un modo che può essere più o meno simpatico, questo moderno umanesimo, questo laicismo a suo modo moderno: lo rappresentarono il Guerrazzi, il Mastriani, e gli altri pochi scrittori paesani popolari (…)»46.

46

Gramsci, soprattutto, diede la più persuasiva tra le giustificazioni e spiegazioni

della popolarità dell’appendice: «Il romanzo d’appendice sostituisce (e favorisce nel

tempo stesso), il fantasticare dell’uomo del popolo, è un vero sognare ad occhi aperti. Si

può vedere ciò che sostengono Freud e gli altri psicanalisti sul sognare ad occhi aperti.

In questo caso si può dire che nel popolo il fantasticare è dipendente dal complesso di

inferiorità” (sociale) che determina lunghe fantasticherie sull’idea di vendetta, di

punizione dei colpevoli dei mali sopportati. Inoltre l’Italia non ha saputo sviluppare un

senso di nazionalità all’interno della produzione culturale, ha impedito, secondo

Gramsci, la nascita di una profonda coscienza di sé come popolo, come è avvenuto

invece in Gran Bretagna, ad esempio, con i romanzi storici di Walter Scott. Quindi è

legittimo tuttavia dubitare del fatto che la mancanza di una tradizione nazional-popolare

si traduca in una minore democrazia e in un progresso sociale e culturale.

Alla mancante tradizione nazional-popolare si è affiancata o meglio sostituita una

cultura di tipo regionale (Verga, Capuana, la Serao e Scarfoglio); solo il melodramma,

rivisitato attraverso l’opera e le produzioni musicali, ha goduto di larghi consensi di

pubblico: «Perché la ‘democrazia’ artistica italiana ha avuto un’espressione musicale e

non letteraria? Che il linguaggio non sia stato nazionale ma cosmopolita, come è la

indigeni, e questo fenomeno si verifica anche in Italia, sebbene in misura meno larga

(…) gli intellettuali italiani continuano la loro funzione europea attraverso la musica»47.

Inoltre da evidenziare è la centralità e l’importanza del romanzo d’appendice francese

sul pensiero politico italiano rilevati da Gramsci: «Diffusione dell’Ebreo errante in Italia

nel periodo del Risorgimento (…) il Martelli racconta che spesso (tra il ’49 e il ’59) si

riunivano in casa sua gli amici del padre, tutti patrioti e uomini di studio come il padre

stesso (…): Pietro Thouar, Giuseppe Mazzoni, triunviro con Guerrazzi e Montanelli, il

Salvagnoli, il Giusti, ecc; (…) talvolta leggevano i libri che circolavano clandestini.

Viesseux aveva introdotto l’Ebreo errante: ne fu fatta lettura in casa Martelli, davanti agli

amici intervenuti da Firenze e da fuori. Racconta Diego Martelli: “Chi si strappava i

capelli, chi pestava i piedi, chi mostrava le pugna al cielo (…)”»48.

Così il romanzo popolare è stato il tripudio del consolatorio eletto a forma letteraria,

fino a diventare un fenomeno sociale, consolidatosi con i feuilleton pubblicati sui

quotidiani francesi della prima metà del XIX secolo, tanto da costituire un importante

mezzo di contenimento alle forze eversive del proletariato.

Umberto Eco, utilizzando le indicazioni gramsciane sul rapporto tra letteratura

popolare e romanzo d’appendice, arriva ad un’analisi strutturale mirante appunto a

individuare tre tipi di forme fondamentali: le strutture del testo (scelte e moduli narrativi e

linguistici); le strutture sociali; le strutture culturali o ideologiche, quest’ultime come

47

C. Bordoni, Letteratura popolare…, cit., p. 73. 48

elemento mediativo e dialettico49. Con quest’analisi Eco si propone di individuare nelle

opere letterarie lo schema di base a cui ubbidiscono tutti i vari elementi dei romanzi. Le

varie tipologie strutturali devono lasciare spazio e libertà a una teoria dell’interpretazione

aperta, a un’ermeneutica attraverso cui i significati delle opere si svelano nelle loro

“verità” storiche e temporali. L’indagine critica condotta da Eco mira a ridurre

l’approssimazione della conoscenza di un’opera letteraria, muovendosi sull’indagine del

discorso narrativo incentrato sulla funzione della “lettura del testo”:

La lettura vera e propria del testo mira a porre in contatto due serie di per sé autonome, l’ideologia dell’autore e le strutture dell’intreccio (…). Per la lettura delle strutture narrative si è partiti dal presupposto, comune a tali indagini semiologiche, che esistano strutture ricorrenti della narratività; e si è cercato poi di vedere come e perché queste abbiano assunto nell’opera di Sue forme idiosincratiche50.

Tali premesse porterebbero Eco a una distinzione tra letteratura e paraletteratura,

consistente nel fatto che, mentre la prima pone delle domande, la seconda offre

invece delle risposte: se un testo letterario si presenta come un testo aperto e

caratterizzato dalla plurivocità di voci, un testo paraletterario invece mira a una

soluzione razionale e guidata dei problemi51. Se la paraletteratura dunque

rappresenta il contrasto competitivo tra i valori essenziali dell’esistenza, occorrerà

senz’altro tenere presente che questi aspetti corrispondono esattamente alle

caratteristiche della narrazione orale, che, sulla base delle osservazioni di Ong52,

rappresenta i valori universali attraverso la stereotipizzazione de situazioni e

49

Cfr. U. Eco, Sociologia della letteratura, Newton Compton Italiana, Roma, 1974, p. 109. 50

U. Eco, Sociologia…, cit., p. 90. 51

Cfr. U.Eco, Il superuomo di massa, Cooperativa Scrittori, Milano, 1976. 52

personaggi. Da qui ne deriverebbe che il romanzo d’appendice sarebbe la risultante

dell’incontro tra cultura scritta – il romanzo – e cultura orale. Questo peraltro

spiegherebbe la ragione per cui in un paese poco abituato alla lettura, proprio in

quanto di recente alfabetizzazione, la letteratura di consumo abbia riscontrato un

notevole successo, «stabilendo contatti con la tradizione sotterranea dell’oralità, e

insieme con l’oralità di ritorno dei media elettronici»53.

53

CAP. II

PREMESSE ALL’ANALISI LINGUISTICA: CRITERI GIUSTIFICATIVI DEL CORPUS