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“Non sognava, non si illudeva, un rantolo le strozzò la gola, il suo odio contro l’amante, il suo desiderio di vendetta erano caduti, scomparsi e l’amore risorgeva gigante, tremendo nel petto della giovane”

(Carolina Invernizio, I ladri dell’onore)

I romanzi di Carolina Invernizio sono storie tenebrose, piene di odio e di

amore, di gelosia e vendetta che piacevano tanto al pubblico. Intanto in Italia sono

difficili momenti che travagliano il paese non esiste alcuna traccia nei romanzi

della Invernizio, che continua a “distrarre” il popolo con le sue pagine piene di

belle sigaraie sedotte, di trovatelle, di figlie di duchesse abbandonate e alla fine

ritrovate; un mondo pieno di dramma e di commozione a puntate, senza alcun

legame diretto con la realtà circostante. D’altra parte i romanzi della Invernizio,

destinati a un pubblico “di massa”, sollevano un problema che investe direttamente

il terreno delle strutture sociali, rappresentano essenzialmente una testimonianza

importate del gusto, dell’orientamento psicologico, della morale di un pubblico

popolare che comprende ampie fasce del proletariato e della piccola borghesia.

Questo tipo di pubblico, che cerca e trova nel romanzo inverniziano piena

soddisfazione al proprio bisogno di disimpegno culturale e di evasione di una realtà

sociale difficile, rifugiandosi nel fantastico e nel sogno, ritrova nella trama del

romanzo e nei personaggi che lo popolano il suo stesso mondo, con le stesse

passioni e vicende64.

I ladri dell’onore è ambientato nella Torino di fine Ottocento e incentrato sulla

complicatissima vicenda di due madri, la ricca Sofia e la gobba Jane a cui sono

state sottratte le rispettive figlie, Lorenza e Margherita.

Nell’adattamento televisivo del romanzo fiume della Invernizio, Gregoretti trae

spunto dall'indigeribile feuilleton per mescolare accuratissime ricostruzioni

64

Si veda G. Alfieri, La lingua di consumo, in Storia della lingua italiana. Scritto e parlato, Torino, Einaudi, pp.192-193

d'ambiente con l'ironia e la dissacrazione che lo contraddistinguono; e sottolinea

l'inutile e ridicola enfasi che appesantisce ulteriormente una storia di per sè ben

complicata e gravata per di più da un'insopportabile morale piccolo-borghese per la

quale la morte di Margherita, a ben guardare l'unica innocente di tutto il gruppo,

risolve ogni problema di mantenimento della facciata. Infine, senza che per questo

si trasformi in un pedante professorino, ci svela con affetto e ammirazione la

raffinatezza dei meccanismi messi in atto dalla Invernizio, i cui complicatissimi

canovacci, trasmessi di generazione in generazione, si possono considerare come

tratti anticipatori dei fotoromanzi e delle telenovelas e soap opera:

Narratore: al di là di quella porta/ sta per essere consumato un furto dell’onore/ di

quell’onore che per Lorenza/ fanciulla del popolo/ costituisce a detta dell’Invernizio/ l’unica ricchezza/ volendo potremmo istituire un parallelo/ se non un’identità/ tra certi personaggi femminili dell’Invernizio/ e il pubblico delle sue lettrici di allora/ Lorenza è una commessa dei grandi magazzini/ e le commesse dei grandi magazzini/ sono certamente/ divoratrici assidue dei romanzi dell’Invernizio/ che erano i fotoromanzi di quel tempo/ avrete notato come… certe sottolineature didascaliche dell’Invernizio/ anticipano in maniera sorprendente/ il linguaggio del fotoromanzo/ e questi romanzi/ dicevamo/ dovevano esercitare una qualche influenza sulle lettrici di modesta cultura come Lorenza/ sulle sartine/ sulle commesse/ e probabilmente sui loro amori… promozionali/ e forse le rendevano più esposte ai pericoli della seduzione/ alle trappole e alle suggestioni dei ladri dell’onore/ alla Piero Zanna//

Si vedano i fermo immagine tipo Grandhotel che punteggiano lo sceneggiato:

Narratore: accettato come verità ineluttabile sia dai colpevoli sia dall’offeso/ che si

trasforma in giudice punitore/ [Attilio impugna una pistola e la punta verso Berto, ma subito dopo l’abbassa] il delitto d’onore è omesso/ non nuoce alla reputazione dell’offeso/ ma nei romanzi della Invernizio/ la soluzione cruenta a breve termine viene sconsigliata dal demone della “VENDETTA”… che reclama tempi lunghi e suggerisce per l’adultera il castigo di una “ESPIAZIONE” lenta e senza fine/ piuttosto che quella di una morte rapida/ [Berto si alza dalla poltrona ed esce di scena lasciando i due coniugi soli] generalmente il seduttore scompare quasi subito di scena/ va all’estero oppure si ammala misteriosamente/ Berto infatti/ muore qualche giorno dopo di una misteriosa malattia/ [fermo immagine sulla scena di Berto agonizzante

nel “FRUTTO DELLA COLPA”/ [fermo immagine sulla scena di Sofia che

partorisce la figlia] nel figlio adulterino che sta per nascere/ e che appena nato le

verrà strappato/ e sarà affidato a un capraio o a un ospizio oppure abbandonato in una chiesa o a qualche altro destino/ la madre espierà/ interrogandosi atrocemente per tutta la vita sulla sorte della creatura/ [fermo immagine sull’entrata in scena il narratore,

che si accomoda su una poltrona con alle sue spalle Sofia che urla per i dolori del parto] fin qui lo schema classico di un tipico romanzo alla Carolina Invernizio/ ma in

“I ladri dell’onore”/ il libro che esaminiamo stasera/ c’è una variante/ di frutti della colpa/ e proprio nello stesso giorno/ anziché uno/ ne vengono al mondo due/ la figlia di Sofia e di Berto/ [esce di scena, mentre fato il suo ingresso Attilio, si lascia cadere sulla sedia afflitto per tutta la vicenda, mentre ancora Sofia soffre per il parto] e la figlia di Attilio e della gobba da lui sedotta/ Gin! [la scena si sposta in casa di Gin che ha appena partorito la sua creatura e che tiene tra le braccia, mentre la madre, le sta seduta ai piedi del letto] a questo punto Attilio/ secondo lo schema classico/ dovrebbe/ togliere la figlia a Sofia/ e ignorare la figlia di Gin/ invece rovescia lo schema//

Anche in questo sceneggiato Gregoretti procede attraverso tagli modulari e la

compensazione di nuclei simmettrici e paralleli delle vicende delle

protagoniste:

Narratore: nello stesso momento in cui si svolge questa scena/ a notevole distanza da

casa Morra/ nei pressi del popolare mercato di porta palazzo/ accade un fatto nuovo/ [esterno, strada] Gin la gobba/ rincorre una ragazza/ scivolando in malo modo giù dal tram/ la ragazza ha perso il cappellino/ e Gin l’ha raccolto//

Tuttavia il romanzo non vuole essere solo una storia da leggere tutta d’un fiato: una frase pronunciata da Gin sul banco degli imputati avverte il telespettatore di ambizioni che vanno oltre il puro intrattenimento:

Gin: ECCO:::/ QUE:STA:: E’ LA GIUSTIZIA:: DEGLI UOMINI::/ LA LEGGE E’ FATTA PER TUTTI VI E’ SCRITTO/ ma io dico che è fatta solo a danno dei miseri/

dei poveri/ e degli sventurati

A cui segue immediatamente la riflessione di Gregoretti:

con questa improvvisa/ ed imprevista sortita populistica/ che la Invernizio mette in bocca a Gin/ si conclude la prima udienza i questo processo/ Carolina Invernizio è una

patita di processi/ come del resto la maggior parte degli italiani del suo tempo/ e si può dire che non vi sia un romanzo in cui non ne infili uno/ e i suoi processi/ ricalcano fedelmente la struttura dei processi veri del suo tempo/ di quei processi che mettono in piazza gli intrighi e le nequizie segrete della borghesia italiana come il processo Murri/ come il processo per la morte della contessa Lara/ che rivelano spesso retroscena più romanzeschi dei romanzi/ e il pubblico li segue con la stessa passione/ vivendo gli scandali della classi alte/ come se fossero i capitoli di un grande romanzo nazionale d’appendice/ illustrato dai disegnatori delle copertine della illustrazione italiana/ comunque/ questo processo finirà con un colpo di scena/ i periti scopriranno che lo strangolatore/ ha lasciato intorno al collo di Piero Zanna/ impronte di dita lunghe/ magre/ nodose/ con unghie affilatissime e a punta/ dita che non possono essere/ né di Lorenza né di Gin/ né di Giacone/ i quali verranno assolti//

Ritengo tuttavia che in entrambi i testi, di partenza e di arrivo, si testimoni una volontà di semplificazione e di omologazione linguistica: elemento comune alle due iniziative editoriali è indubbiamente il vasto pubblico a cui entrambi i prodotti si rivolgono: un pubblico direi di non specialisti, invogliato ad intraprendere la lettura o la visione di testi caratterizzati da un linguaggio semplice e immediatamente fruibile.