“ Questa opera ha lo scopo di additare la virtù
cozzante co’ vizi della presente società e co’ mali inseparabili da’ presenti ordinamenti sociali.
È storica la tela del mio racconto? Sono veri i personaggi di questo gran dramma? Aquesti quesiti non risponderò che un asola parola:
Leggete.
(Francesco Mastriani, I misteri di Napoli)
Come si può vedere dall’explicit dell’introduzione ai Misteri di Napoli, si
tratta di un romanzo cupo e intrigante che rappresenta una città violenta, dove il
mondo della malavita napoletana riesce ancora a trovare uno spazio narrativo
vastissimo, «in cui le voci della realtà [...] formano un garbuglio, un intaso da cui
61
spesso sia il lettore che l’autore sembra non riescano a venir fuori»62. Storie di
camorra (quella del tempo) e di degrado, di sangue e di un malinteso senso di
giustizia legato ad odiosi codici d'onore, albergano come ineluttabili, quasi una
necessità.
Prima della riduzione televisiva I misteri di Napoli hanno conosciuto proprio
negli anni Settanta un adattamento radiofonico, in una fase che si colloca a metà del
percorso dello sceneggiato radiofonico, che dalla sceneggiatura di testi di maggior
impegno letterario comincia ad aprirsi alla letteratura di consumo, anticipando le
dinamiche della soap opera radiofonica63. Nel caso dei feuilleton è interessante
notare che a proposito dei rituali di lettura, simili adattamenti sceneggiati
sostituiscono per il pubblico di massa la lettura di romanzi fatta dalle dame di
compagnia alle nobildonne di un tempo, o più semplicemente la lettura che dei
romanzi popolari si faceva nelle famiglie dopocena.
Anche in questo caso la tramutazione da un codice all’altro comporta per gli
sceneggiatori un precisa scelta di campo che possa essere rispettosa della pur
complessa unità del romanzo e di quella particolare fisionomia maturata nello
stretto rapporto tra i vari registri e i diversi piani del racconto. Mastriani cerca di
montare pazientemente le varie sequenze della sua accesa fantasia con dei lunghi
inserti narrativi ed espositivi. Spezzare questa unità e tagliare le singole parti di
62
Cfr. A. Palermo, Da Mastriani a Viviani. Per una storia della letteratura a napoli fra Otto e Novecento, Napoli, Liguori editore, p.19.
63
Cfr. G. Alfieri, La soap opera all’italiana: stili e lingua di un genere radiofonico, in Gli Italiani trasmessi: la radio, Firenze, Accademia della Crusca, pp.361-471.
questo pastiche avrebbe significato tradire l’intento narrativo del romanziere, sicchè
Gregoretti ritiene opportuno avvisare il telespettatore che l’omogeneità discorsiva
si è spezzata. Si legga come documento probante l’incipit dello sceneggiato :
brevissima precisazione prima di andare avanti / gli episodi dei “Misteri di Napoli sono innumerevoli/ le vicende intrecciate degli Onesimi/ dei Massavitelli/ dei Gesualdo/ dei camorristi come Pilato e Cecatiello cominciano all’inizio dell’800/ e si concludono con l’ingresso di Garibaldi a Napoli/ 60 anni dopo anche se i fatti principali accadono tutti intorno al 1846// questo nostro condensato perciò può offrirvene soltanto una piccola idea/ inoltre accanto alle aree principali/ si affiancano di continuo aree laterali di racconto/ come questa storia di Cosimo/ oppure quella della collerosa sepolta viva/ o quell’altra della fanciulla nobile costretta a prendere il velo/ una monaca di Monza in piena regola/ e poi come abbiamo già detto/ intermezzi didattici e filosofici/ inchieste sociali /una teoria sulle cause dell’avarizia o sul vizio del fumo/ un elogio del pater noster/ uno studio sulle tentazioni della donna e perfino una serie di consigli alle giovani madri così sorprendentemente moderni da fare invidia al dottor Spok// questa storia che state per ascoltare è un’altra divagazione/ che testimonia l’amore di Mastriani e del suo pubblico per i fattacci della cronaca nera napoletana e per i loro protagonisti/ come questo Cosimo…ineffabile ‘landrù’ partenopeo/ non sappiamo bene se inventato/ o veramente esistito//
e allora per saturare le perdite operate offre dei riassunti testuali:
ma torniamo al romanzo/ con un balzo in avanti/ tipicamente mastrianesco/ passiamo dal 1818 al 1846/ ritroviamo gli stessi personaggi invecchiati di circa 30 anni/ e ne conosciamo di nuovi/ nati nel frattempo// Cipriano è riuscito a trovare la sua fine alla faccenda del morto assassinato ritrovato nel bosco/ certamente un oscuro misfatto dovuto al duca Tobia/ e il caso è stato archiviato// il colono è tornato a lavorare nel feudo del duca/ si è sposato/ ha avuto 3 figli Onesimo Sabato Filomena/ è rimasto vedovo ed ora è sul punto di perdere l’amatissima Filomena/ minata dalla tisi// intanto le angherie e le persecuzioni del duca Tobia/ lungi dal cessare/ si sono moltiplicate//
anche se non è sempre facile fare riscontri puntuali che abbraccino il testo
letterario e il testo televisivo, è tuttavia possibile enucleare alcune differenze di
lingua e di stile. Il dialogo in Gregoretti non si presenta qualitativamente diverso
dal narrato, tuttavia nel parlato recitato ricorrono frequenti casi di code switching e
sulla base della caratterizzazione socio-ambientale del testo e delle dinamiche delle
neotelevisive di accentuazione dell’elemento regionale:
SERAFINO: ‘uè’ perché hai imbrogliato ‘uaglio’? perché? ‘uè imbroglio’/ disgraziato! dico a te! Ehi! perché hai imbrogliato? ei! ah! ahhh!
LETTORE: non ci discostiamo da questa propulsione per serbare l’immaginosa originalità del linguaggio triviale e plebeo// uno della compagnia: ‘u giurnali!’
RAGAZZO: ‘u vuliti u giornale’? CARMELA: ‘a fusti ma ittari’?
Tuttavia la direzione toscanocentrica del romanzo viene ribadita da Gregoretti nella
presentazione dello sceneggiato:
“I misteri di Napoli” di…Francesco Mastriani/ formano/ con “I vermi” e “Le ombre” / una triade di romanzi pubblicata a Napoli tra il 1864 e il 1870 e DETTA OGGI/ per l’interesse portato dall’autore ai problemi sociali/ la trilogia socialistica/ ma a dire il vero questi romanzi non erano destinati a un pubblico socialista/ che del resto per lo meno a Napoli non c’era/ essi furono concepiti su misura per una piccola borghesia timorata ma profondamente insoddisfatta/ cronicamente povera e già delusa delle nuove realtà nazionali/ di cui Mastriani fu esponente tipico/ e furono trasmessi anche al popolo minuto ed incolto/ il cosiddetto popolino/ attraverso una diffusa propagazione orale/ una piccola borghesia e un popolino che avevano allora come oggi/comuni frustrazioni e comuni problemi/ il pane/ il lavoro/ la casa/ la salute/ l’istruzione/ e le stesse/ confuse ma ardenti aspirazioni/ alla giustizia// di queste aspirazioni Mastriani fu interprete e portavoce instancabile ma il suo successo / che a Napoli fu enorme / non si deve soltanto a ciò// Mastriani studiò di stabilire e di raggiungere con il lettore napoletano/ anche un’intesa di stile/ usando il suo stesso linguaggio/ le sue frasi fatte/ i luoghi comuni/ la saggezza spicciola/ il buon senso dialettale del lettore napoletano/ però in italiano/ anzi un italiano molto letterario/manzoneggiante/ in questo modo/ chi leggeva aveva l’impressione/ di partecipare a un colloquio diretto da pari a pari con l’autore/ e la soddisfazione di vedere risciacquata in Arno la propria filosofia da tavolino di caffè/ di quel caffè o pizzeria/ o osteria/ o pubblico ritrovo/ frequentato da piccoli borghesi e popolani/ nel quale abbiamo provato ad ambientare un immaginario terzetto di fedeli estimatori del Mastriani/ che si ritrovano qui tutte le sere per leggersi ad alta voce/ a turno/ un nuovo episodio dei “Misteri di Napoli”// “I misteri di Napoli” durano 1000 e più pagine/ evocano ambienti diversi/ narrano storie di famiglie e di persone in gran numero/ <sarà bene cominciare
Dunque l’analisi della sceneggiatura ha evidenziato che nel prodotto sceneggiato
molti elementi (dialetto, fatti pragmatici e prosodici) sono diventati più consistenti
a livello di esecuzione. Infatti nel romanzo solo moderatamente Mastriani è
interessato alla mimesi dialettale, perché comunque risulta sempre debitore di una
tradizione scritta e in ogni caso si tratta di prodotti destinati ad un pubblico diverso:
la borghesia napoletana che aspira all’italianizzazione e il pubblico televisivo della
metà degli anni Settanta, in cui il napoletano insieme al romanesco si impone come
varietà diatopica notevolmente stilizzata.