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Capitolo 2. La stampa cattolica nel secondo dopoguerra e l’arrivo della

2.1 La guerra fredda e il giornalismo cattolico

Nel secondo dopoguerra un peso notevole nel giornalismo sardo fu esercitato dalla stampa cattolica, che fece registrare un incremento nel numero delle sue testate edite, unitamente alla nascita di un quotidiano su iniziativa dell’Azione Cattolica regionale. Si trattava di un periodo critico per l’Italia. Essa, liberata e riunificata nella primavera del 1945 dall’avanzata degli Alleati e dall’insurrezione partigiana, dovette affrontare le incognite di un difficile dopoguerra e i problemi riguardanti le distruzioni materiali, l’arretratezza economica, il banditismo e la divisione tra nord e sud del Paese.

Il 2 giugno 1946 si erano svolte le prime elezioni in cui avevano avuto diritto di voto le donne. Si trattò di una consultazione popolare caratterizzata da unʼalta affluenza , pari a quasi il 90% degli elettori. I cittadini furono anche chiamati alle urne per decidere, mediante referendum, se mantenere in vita l’istituto monarchico o fare dell’Italia una repubblica. Questʼultima prevalse nettamente con 12.700.000 voti circa, contro i 10.700.000 a favore della monarchia1. Tuttavia, come spiega Francesco Barbagallo nel suo libro, La questione italiana. Il Nord e il Sud dal 1860 a oggi, «il referendum istituzionale registrerà la spaccatura tra un Nord repubblicano e un Sud monarchico, cui si cercherà di porre qualche riparo con l’elezione di un monarchico napoletano come Enrico De Nicola a capo provvisorio del nuovo Stato repubblicano»2.

Nelle elezioni per l’Assemblea costituente, la Dc si era affermata come il primo partito con il 35,2% dei consensi, mentre il Psiup e il Pci avevano ottenuto rispettivamente il 20,7% e il 19% dei voti3. Nel complesso, i risultati del 2 giugno 1946 avevano sancito l’affermazione dei partiti di massa e la crisi dei vecchi gruppi liberal- democratici, ormai sostituiti dalla Dc nella rappresentanza dell’Italia moderata.

Nel nuovo scenario politico nazionale si delinearono in modo netto due schieramenti opposti: la Dc da una parte, la sinistra ‒ Psiup e Pci ‒ dall’altra. Erano gli anni della

1

Sui risultati del referendum si veda Istituto Luigi Sturzo, Il referendum istituzionale e la scelta repubblicana,

http://www.sturzo.it/edu/l-italia-repubblicana-e-gli-anni-dello-sviluppo/445-1-la-fondazione-dell-italia- repubblicana/612-il-referendum-istituzionale-e-la-scelta-repubblicana.

2

Il passo citato è estratto da F. Barbagallo, La questione italiana. Il Nord e il Sud dal 1860 a oggi, Roma- Bari, Laterza, 2013, p. 124.

3

Per il dettaglio dei risultati elettorali si fa riferimento a quanto riportato nellʼArchivio storico del ministero dellʼInterno, http://elezionistorico.interno.it/index.php?tpel=A&dtel=02/06/1946.

guerra fredda, cioè della contrapposizione tra due blocchi (l’Occidente da una parte, l’Oriente dall’altra). La presenza della Chiesa sembrò dare ulteriore forza all’anticomunismo, unendo il conservatorismo politico alle più rigide chiusure sul terreno della cultura e del costume4. Il clima della guerra fredda fu icasticamente rappresentato anche nel film italo-francesce Don Camillo5 (1952), diretto dal regista

Julien Duvivier e liberamente ispirato ai personaggi raccontati dallo scrittore Giovanni Guareschi6. Si trattava di un’epoca caratterizzata perfino dai dualismi in campo sportivo, in primis quello tra i due campioni italiani del ciclismo, Coppi e Bartali, emblematico della divisione politica del Paese, con Coppi che avrebbe rappresentato i movimenti di ispirazione laica, mentre Bartali sarebbe stato il depositario dei valori cattolici7. In secondo luogo, si assisteva ai duelli motoristici tra Gilera e Guzzi, mentre nel calcio erano gli anni del “Grande Torino”, vincitore di cinque titoli tra il 1942 e il 1949.

Fu un periodo molto fertile sotto il profilo della produzione cinematografica, caratterizzata soprattutto dal neorealismo8, con film ambientati tra le persone delle classi umili e disagiate, con lunghe riprese all’aperto, facendo spesso ricorso ad attori non professionisti9. Come scrive Italo Calvino nella prefazione al romanzo Il sentiero dei

nidi di ragno, «il “neorealismo” non fu una scuola [...]. Fu un insieme di voci, in gran

parte periferiche, una molteplice scoperta delle diverse Italie, anche ‒ o specialmente ‒

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Sulla situazione politica italiana nel periodo della guerra fredda si segnala P. Soddu, L’Italia del dopoguerra. 1947-1953. Una democrazia precaria, Roma, Editori Riuniti, 1998.

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Di questo film furono realizzati quattro seguiti, per un totale di cinque pellicole: Il ritorno di Don Camillo (1953), Don Camillo e l’onorevole Peppone (1955), Don Camillo monsignore...ma non troppo (1961), Il compagno don Camillo (1965). Infine, una sesta pellicola, Don Camillo e i giovani d’oggi (1970), rimase incompiuta a causa della morte nel 1971 di Fernandel, che ricopriva il ruolo di don Camillo.

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Don Camillo, parroco di un piccolo paese emiliano, nel 1948 rimase molto deluso per lʼelezione a sindaco di Giuseppe Bottazzi, Peppone, capo della sezione locale del Pci. I due erano vecchi amici, ma rivali politici. Don Camillo e Peppone divennero popolari grazie all’ottima interpretazione cinematografica di Fernandel (nome d’arte di Fernand Joseph Désiré Contandin) e Gino Cervi. Il film racconta una serie di episodi esilaranti, ma nel contempo drammatici e commoventi, che prendono le mosse dalla rivalità dei due avversari, che si “combatterono senza esclusione di colpi”, dividendo politicamente la comunità locale, mantenendo però sempre un grandissimo rispetto l’uno per l’altro

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Un breve saggio di comparazione tra i due ciclisti italiani fu scritto nel 1949 da C. Malaparte, Les deux visages de l’Italie: Coppi et Bartali, pubblicato dalla rivista «Sport Digest» e riproposto in Italia da Adelphi nel 2009. Ci si riferisce a C. Malaparte, Coppi e Bartali, Milano, Adelphi, 2009. Nel saggio emerge inequivocabilmente la divisione e la distanza tra Coppi e Bartali, quasi come se i due ciclisti rappresentassero due Italie profondamente diverse: Coppi l’Italia laica e Bartali quella cattolica.

8

Tra i capolavori di questo movimento cinematografico si ricordano Roma città aperta (1945), Paisà (1946) e Germania anno zero (1948) diretti dal regista Roberto Rossellini; Sciuscià (1946) e Ladri di biciclette (1948) di Vittorio De Sica; La terra trema (1948) di Luchino Visconti; Proibito rubare (1948) di Luigi Comencini; Riso amaro (1949) di Giuseppe De Santis.

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Il movimento si sviluppò tra i critici cinematografici (Michelangelo Antonioni, Luchino Visconti, Gianni Puccini, Giuseppe De Santis e Pietro Ingrao) che ruotavano attorno alla rivista «Cinema», fondata nel 1936 da Ulrico Hoepli.

delle Italie fino allora più inedite per la letteratura»10. Nel campo musicale si affermarono le cantanti italiane Nilla Pizzi11 e Nella Colombo, con canzoni che raccontavano un Paese che desiderava voltare definitivamente pagina rispetto alla Seconda guerra mondiale.

Il panorama giornalistico fu caratterizzato dalla nascita di nuove e molteplici iniziative editoriali, soprattutto di natura politica, destinate però a cessare le pubblicazioni dopo pochi anni, a causa delle difficoltà di ordine finanziario. Su questo versante, si segnalano «Il Popolo nuovo»12 a Torino, «Il Giornale del mattino» a

Firenze, «Il Domani d’Italia» a Napoli, «La Sicilia del Popolo»13

a Palermo.

Ripresero invece le pubblicazioni di alcuni quotidiani cattolici di antiche tradizioni: «L’Italia» di Milano ‒ uscita per pochi mesi con la testata «L’Osservatore» ‒ diretta da don Ernesto Pisoni, «L’Eco di Bergamo», «L’Avvenire d’Italia»14

di Bologna diretto da Raimondo Manzini, «Il Cittadino» di Genova e «L’Ordine» di Como.

La Chiesa italiana si presentò come uno dei protagonisti dello scenario politico e sociale del secondo dopoguerra. In un Paese ormai diventato «terreno di scontro tra movimenti di massa»15, il Papa Pio XII non esitò a impegnare le organizzazioni ecclesiastiche anche sul piano politico. Il fenomeno più rilevante fu la partecipazione massiccia dei cattolici alla vita pubblica16.

10

I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, Milano, Oscar Mondadori, 1993, Presentazione, p. VIII.

11

La canzone Vola colomba accompagnò il ritorno di Trieste all’Italia. Con questo brano Nilla Pizzi vinse il secondo festival di Sanremo nel 1952. Si veda su tali aspetti lʼarticolo di M. Luzzatto Fegiz, «Vola colomba» e in tutta Italia furono lacrime, in «Corriere della Sera», 24 ottobre 2004.

12

Giornale della Democrazia cristiana che esprimeva fortemente le sensibilità del mondo cattolico. Fondato a Torino nel 1945, fu chiuso dal segretario nazionale della Dc Amintore Fanfani nel 1958.

13

«La Sicilia del Popolo» uscì nel 1949, per poi interrompere le pubblicazioni nel 1960.

14

In data 1° dicembre 1968, a seguito della fusione dei due giornali cattolici «L’Italia» di Milano e «L’Avvenire d’Italia» di Bologna, uscì un nuovo quotidiano, «L’Avvenire», con sede nel capoluogo lombardo. La nuova testata fu registrata presso il Tribunale di Milano in data 20 giugno 1968. La gestione editoriale fu assunta dalla Società per azioni «Nuova Editoriale Italiana», costituita a Milano l’11 aprile 1967, con capitale sociale di 200.000.000 di lire. Il Presidente della società era l’ing. Giovan Battista Vicentini; i componenti del Consiglio di Amministrazione erano Vittorio Bachelet, Giansandro Bassetti, mons. Giuseppe Bicchierai, mons. Renato Corbella, Giampiero Dore, Giuseppe Ghisenti, Gaetano Lazzati, Giuseppe Restelli, lʼon. Angelo Salizzoni e lʼavv. Vittorino Veronese. Direttore responsabile dell’«Avvenire» era Leonardo Valente, capo della segreteria milanese della Democrazia cristiana nei primi anni del dopoguerra, poi capocronista dell’edizione cittadina del quotidiano «Il Popolo», vice capo cronista e responsabile della pagina della provincia di Milano del «Giorno», vice capo redattore della «Domenica del Corriere», caporedattore della sede «Rai» lombarda. Tali informazioni sono ricavate dalla lettera della Prefettura di Milano alla presidenza del Consiglio dei ministri – Servizi informazioni Div 1^ (Stampa Italiana), oggetto: Fusione dei quotidiani “L’ITALIA” di Milano e “L’AVVENIRE D’ITALIA” di Bologna, Milano, 14 novembre 1968, in ACS, PCM, Servizi informazioni e Ufficio proprietà letteraria artistica e scientifica, Archivio generale, classifica 2-2/251, Avvenire, quotidiano, Milano.

15

A. Riccardi, Vescovi d’Italia. Storie e profili del Novecento, Cinisello Balsamo, San Paolo, 2000, p. 110.

16

Per quanto concerne la Sardegna, questi argomenti sono stati sviluppati da L. Lecis, Chiesa e società in Sardegna. Trasformazioni economiche e mutamenti sociali dal dopoguerra al postconcilio, Roma, Edizioni Studium, 2011.

La Chiesa operava unitamente in una direzione religiosa e politica, in difesa della civiltà cristiana. L’impegno dei vescovi mirava a orientare i cittadini cattolici nelle loro scelte politiche ed elettorali. In Sardegna, come del resto in molte parti d’Italia, i primi quadri dirigenti della Dc provenivano dalle file dell’Azione Cattolica17

. Era quindi presente una forte compenetrazione tra politica e religione, tra Dc e mondo cattolico. Di tutti questi processi storici la stampa cattolica è stata testimone e documento, preparando nel contempo l’opinione pubblica al nuovo corso politico, soprattutto attraverso una necessaria opera di formazione secondo i principi cristiani. Tuttavia, come spiega Agostino Giovagnoli, «in Italia i rapporti tra cattolici e cultura non sono mai stati facili18»:

Dopo l’affermazione del ’46 e ancor più dopo il trionfo del 1948 è cominciata una lunga stagione di prevalenza politica dei cattolici: la DC non ha mai smesso di essere partito di maggioranza relativa e perciò principale partito di governo ‒ secondo alcuni il partito-pivot dell’intero sistema politico ‒ fino alla sua fine nel 1994. Questa posizione dominante in campo politico si è tradotta in una larga influenza nell’amministrazione pubblica, negli enti parastatali, nella scuola, nel sindacato e in molte altre articolazioni della società italiana. Non si è però trasformata in egemonia culturale e nemmeno in una larga influenza in campo culturale dei cattolici, che sono rimasti relativamente marginali nell’università, nella carta stampata, nelle istituzioni culturali, in molti dibattiti importanti19.

I laici e le sinistre continuarono a esercitare un ruolo notevole nel sistema economico, finanziario, nella stampa, nell’editoria e nell’università, mentre i cattolici risultarono predominanti in mezzi di comunicazione come radio, cinema e, soprattutto, televisione. Per quanto concerne la stampa, alle sette testate quotidiane di matrice cattolica presenti su tutto il territorio nazionale20 si aggiungeva una molteplicità di periodici ‒ a cadenza di pubblicazione settimanale, quindicinale o mensile ‒ che facevano capo alle singole diocesi o arcidiocesi. Queste riviste attraversarono il periodo storico repubblicano registrandone le novità, i cambiamenti e le crisi, sempre però in un modo ovattato e filtrato, tipico della stampa cattolica. Grazie all’attivo ruolo dei giornali diocesani, i presuli e il loro clero riuscirono a orientare i fedeli indirizzandoli perfino nelle preferenze nominative dei candidati.

17

Cfr. L. Lecis, Chiesa e società in Sardegna, cit. p. 48.

18

A. Giovagnoli, Cattolici e cultura negli anni Cinquanta, in F. Malgeri, P. Scandaletti, (a cura di), Giornalismo cattolico e quarant’anni di UCSI, Roma, Edizioni Studium, 1999, p. 15.

19

Ivi, p. 18.

20

Per un quadro d’insieme sulla storia della stampa cattolica in Italia si segnala M. Forno, I giornali: ombra e riflesso, in A. Melloni, (a cura di), Cristiani d’Italia. Chiesa, società, stato (1861-2011), Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani, 2011, vol. secondo, sezione 7, Produzione e consumo di cultura, pp. 1453-1464. Disponibile anche online: http://www.treccani.it/enciclopedia/i-giornali-ombra-e-riflesso_%28Cristiani_d%27Italia%29/.

Notevole incidenza ebbero alcune riviste del laicato, come «Cronache sociali» (1947- 1951), gestita da personalità come Giuseppe Dossetti, Amintore Fanfani, Giorgio La Pira e Giuseppe Lazzati; la rivista fiorentina «L’Ultima», che aveva come collaboratori Divo Barsotti, Ernesto Balducci, Mario Gozzini, Adolfo Oxilia, Adriana Zarri; il mensile genovese di ispirazione cattolica «Il Gallo» (1946), fondato da Nando Fabbro e animato da Giovanni Cristini, Nazzareno Fabbretti e Valerio Volpini; il quindicinale «Adesso» (1948-1959), fondato da don Primo Mazzolari. Pur partendo da matrici culturali diverse, queste riviste erano accomunate da una connotazione fortemente religiosa ed esprimevano l’esigenza di accrescere la consapevolezza e la responsabilità del ruolo dei cattolici nella vita politica e sociale21.

Intanto le forze politiche si preparavano alla competizione elettorale del 194822, come scrive Paolo Murialdi in La stampa italiana dalla Liberazione alla crisi di fine

secolo:

La campagna per le elezioni politiche del 1948 coinvolge totalmente, e in molti casi con toni apocalittici e senza esclusione di colpi, tutta la stampa. Lo scontro fra la Dc e il Fronte democratico popolare, costituito a gennaio dai comunisti e dai socialisti, diventa in pratica un referendum fra due mondi opposti. La propaganda inghiotte miliardi; nascono periodici e quotidiani destinati a durare poche settimane; i manifesti, gli opuscoli, i volantini e i comizi si contano a milioni e migliaia. È uno spiegamento di forze e di mezzi senza precedenti, con visibile prevalenza per lo schieramento anticomunista [...]23.