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La natura giuridica del contratto di rete

Nel documento IL CONTRATTO DI RETE (pagine 57-64)

imprese e contratti pubblici.

1. La natura giuridica del contratto di rete

La defi nizione della natura giuridica del contratto di rete è profi lo tuttora oggetto di discussione.

Come detto, parte della dottrina1 defi nisce il contratto di rete come

un contratto “transtipico”, cioè in grado di attraversare trasversalmente modelli contrattuali già noti, adattandoli al contesto reticolare. Non si avrebbe, dunque, un nuovo tipo contrattuale ma il contratto di rete “po-

trebbe essere impiegato per dar veste ad operazioni economiche riconducibili ad una pluralità di fi gure tipiche o atipiche già previste dall’ordinamento o conosciute nella prassi”2.

È stato così sottolineato3, per meglio dare concretezza alla citata de-

fi nizione, che la “transtipicità” deve intendersi non nel senso di capacità delle norme di trovare applicazione al di fuori della disciplina del tipo per il quale sono dettate, ma quale “idoneità a qualifi care e delineare i tratti

regolamentari essenziali di qualunque rapporto di coordinamento fra impre- se, diretto ad accrescere la competitività sul mercato e la reciproca capacità innovativa dei partecipanti”.

Tale interpretazione si basa sulla considerazione4 che, nella specie, ci

si troverebbe di fronte ad indici normativi ambigui che, se da una parte

(1) F. CAFAGGI, P. IAMICELI, Contratto di rete. Inizia una nuova stagione di riforme?,

cit., 597.

(2) Così P. IAMICELI, Dalle reti di imprese al contratto di rete: un percorso (in)compiu-

to, in Le reti di imprese e i contratti di rete, a cura di P. IAMICELI, Torino, 2009, 27.

(3) M. MALTONI, Il contratto di rete. Prime considerazioni alla luce della novella di cui

alla l. 122/2010, cit., 65.

sembrerebbero orientati verso il contratto associativo, dall’altra parreb- bero propendere verso un contratto privo di soggettività. In tal modo, quindi, si tenta di valorizzare l’innovazione legislativa, intendendola come comprensiva sia dell’ipotesi soggettivizzata che di quella contrattuale.

Altra parte della dottrina5, condivisibilmente, sostiene non trattarsi

di un contratto transtipico ma di una fattispecie autonoma, riconducibile alla classe dei contratti plurilaterali con comunione di scopo6.

Tale affermazione viene giustifi cata in base alla considerazione che il legislatore abbia voluto, date anche le molteplici modifi che apportate alla normativa di riferimento, offrire alle imprese uno strumento nuovo, diverso da quelli già esistenti. La predetta intenzione legislativa si evin- cerebbe, perciò, dalla rinnovata formulazione del c. 4 ter dell’art. 3, che sembra delineare una fattispecie contrattuale originale, sia dal punto di vista funzionale sia da quello strutturale.

Dal punto di vista funzionale, per la suesposta tesi, il legislatore avrebbe previsto che l’accrescimento della capacità competitiva debba ri- guardare tutte le imprese partecipanti al contratto di rete e non solo una o alcune tra esse e, pertanto, la necessità della collaborazione, elevata ad elemento funzionale tipologico del contratto (e, dunque, come detto nel primo capitolo, causale), servirebbe a distinguerlo dalle altre fi gure giuri- diche tendenti a realizzare un coordinamento tra imprese.

È stato poi sollevato un altro rilievo. Sempre quanto al profi lo funzionale, si osserva che il legislatore ha preteso la puntuale indicazione delle “modalità

concordate fra le parti per misurare l’avanzamento verso gli obiettivi strategici di innovazione e di innalzamento della capacità competitiva dei partecipanti”7.

Ebbene, l’espressa richiesta di tale indicazione denoterebbe la vo- lontà di erigere a causa negoziale l’innovazione e la competitività sul mer- cato delle imprese partecipanti, ciò che nelle altre tipologie contrattuali di coordinamento tra imprese rimane relegato nell’area dei motivi.

Dal punto di vista strutturale, la tesi sostiene che sia proprio l’elen- cazione degli elementi necessari alla qualifi cazione del contratto di rete, contenuta nella normativa de qua, a poter essere considerato l’indice deci- sivo della volontà legislativa di differenziare il contratto di rete rispetto ai modelli contrattuali esistenti.

(5) M. MALTONI, Il contratto di rete. Prime considerazioni alla luce della novella di cui

alla l. 122/2010, cit., 67; così anche E. BRIGANTI, La nuova legge sui “contratti di rete” tra

imprese: osservazioni e spunti, cit., 195.

(6) Per una trattazione completa ed esaustiva sui contratti plurilaterali con comu- nione di scopo, G. FERRI, voce “Contratto plurilaterale”, in Noviss. Dig. It., Torino, 1959,

IV, 678; F. MESSINEO, voce “Contratto plurilaterale”, in Enc. dir., Milano, 1962, X, 139 ss.

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LA NATURA GIURIDICA DEL CONTRATTO DI RETE

Rispetto alla predetta opinione, tuttavia, va ribadito che l’innovazio-

ne e l’innalzamento della capacità competitiva dei partecipanti non rappre-

sentano elementi causali dovendo, come già argomentato, essere relegati al ruolo di “obiettivi strategici” dei contraenti la rete e, dunque, al più, tra i motivi legali (quasi ad individuare la ratio legis della disciplina).

Un’ulteriore opinione8, di contro, identifi ca la fi gura che emerge dal-

le disposizioni legislative in esame non come un nuovo tipo di contratto, ma come un particolare tipo di consorzio.

Tale posizione, sulla base delle osservazioni prima facie riguardanti le rispettive defi nizioni legislative, nonché l’identità di oggetto e di scopo, ha precisato che il contratto di rete può agevolmente essere ricompreso nella più generale categoria dei consorzi con attività esterna, con una sola particolarità. L’art. 2612 c.c., prevedendo che l’estratto del contratto di consorzio da depositare per l’iscrizione presso il Registro delle imprese debba contenere l’indicazione del modo di formazione del fondo consor- tile nonché le norme relative alla liquidazione, “sembra imporre l’esigenza

che un fondo consortile formato dai contributi dei consorziati e dai beni acquistati con questi contributi, debba comunque esistere”9. Non sarebbe

questo il caso del contratto di rete, stante la non obbligatorietà, per tale fattispecie, della costituzione di un fondo comune.

Vi è poi chi ha precisato trattarsi di un consorzio con attività esterna e di rilevanza pubblicistica10. Secondo tale opinione, in favore di tale in-

terpretazione deporrebbero una serie di rilievi11. Primo fra tutti, l’identità

di scopo: quello del contratto di rete12 sarebbe uno scopo mutualistico,

proprio come quello del contratto di consorzio.

In secondo luogo, è stato evidenziato come, strutturalmente, il con- tratto di rete non differisca dal contratto di consorzio, poiché l’esercizio in comune di una o più attività economiche, che caratterizzava la nozione del contratto di rete e che tuttora ne costituisce elemento, è paragonabile allo svolgimento in comune di determinate fasi delle imprese partecipanti, proprio della nozione del consorzio stesso.

(8) D. CORAPI, Dal consorzio al contratto di rete, in Le reti di imprese e i contratti di

rete, a cura di P. IAMICELI, Torino, 2009, 170.

(9) D. CORAPI, Dal consorzio al contratto di rete: spunti di rifl essione, in Riv. dir.

comm., 2010, 800.

(10) A. MUSSO, Reti contrattuali tra imprese e conoscenza innovativa, in Le reti di

imprese e i contratti di rete, a cura di P. IAMICELI, cit., 183.

(11) Per un esame approfondito sul punto, D. CORAPI, Dal consorzio al contratto di

rete: spunti di rifl essione, in Riv. dir. comm., 2010, 795.

(12) Che, come detto, è quello di accrescere la capacità innovativa e la competitività sul mercato di ognuna delle imprese partecipanti.

Si è, dunque, evidenziato13 come la funzione economica della rete

sia svolta, oggi come ieri, dai consorzi: tali istituti si pongono tra loro in rapporto di genere a specie, con ciò chiarendo che se non può esistere un contratto di rete che non sia riconducibile ai tipi consortili, può esi- stere, invece, un consorzio che non intenda divenire contratto di rete. In conseguenza di tali considerazioni, si è detto14 che, mentre la causa del

contratto istitutivo di un consorzio sarebbe quella di “frazionare” le fasi produttive di beni o servizi, la causa del contratto di rete godrebbe di un’ampiezza maggiore.

Si è replicato15 che la nuova defi nizione del “contratto di rete”, re-

cata dall’art. 3, c. 4 ter, prevede che l’obbligo dei partecipanti, assunto sulla base di un “programma comune di rete”, possa consistere: a) nel

“collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese”, così riecheggiandosi la nozione codicistica di consorzio

di cooperazione interaziendale (art. 2602 c.c.); ovvero, b) nell’”esercitare

in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa”,

così alludendo alla società consortile (art. 2615 ter c.c.); ovvero, c) nello

“scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica”, evidenziandosi che tale ultima ipotesi sia stata pre-

vista solo nella formulazione del 2010, mentre in precedenza lo scopo- mezzo della rete coincideva con l’esercizio in comune di una o più attività rientranti nell’oggetto sociale delle imprese partecipanti.

Ebbene, la fi nalità del contratto di rete sarebbe riconducibile al concetto di “fase” delle imprese consorziate, alla disciplina o allo svolgi- mento delle quali è fi nalizzato il consorzio. Secondo detta tesi, aderendo all’opinione per la quale il concetto di fase va inteso in maniera ampia, è possibile comprendere in esso qualsiasi attività svolta nell’interesse dei consorziati.

Ne deriva che, essendo le attività economiche esercitate in comune attraverso il contratto di rete nient’altro che fasi delle attività imprendito- riali facenti capo ai singoli partecipanti, “l’oggetto del contratto di rete può

considerarsi del tutto corrispondente a quello del contratto di consorzio”16.

In ultimo, la necessaria istituzione di un fondo patrimoniale comune

(13) F. TASSINARI, Reti di imprese e consorzi tra imprenditori: interessi coinvolti e mo-

delli operativi, in Il contratto di rete. Nuovi strumenti contrattuali per la crescita d’impresa, Gli atti dei Convegni, a cura della Fondazione Italiana del Notariato, Milano, 2012, 97.

(14) P. ZANELLI, Reti e contratto di rete, cit., 33.

(15) R. SANTAGATA, Il “contratto di rete” tra (comunione di impresa) e società (consor-

tile), in Riv. dir. civ., 2011, 323.

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LA NATURA GIURIDICA DEL CONTRATTO DI RETE

nel contratto di rete valeva a denotare evidenti analogie rispetto al fondo consortile, poiché ad esso si applicano, in quanto compatibili, le disposi- zioni dettate in tema di consorzio.

Difatti, occorre rilevare che la disciplina del consorzio si applica alla rete “in quanto compatibile”. Il riferimento è dettato per la disciplina del consorzio con attività esterna, laddove l’art. 2612 c.c. implicitamente presuppone la necessaria esistenza di un fondo consortile, stante l’obbligo che l’estratto del contratto di consorzio, da depositare presso il registro delle imprese, contenga l’indicazione del modo di formazione del fondo consortile e le norme relative alla liquidazione.

È evidente, perciò, che se nel contratto di rete mancasse la previsio- ne di un fondo comune, tale normativa non sarebbe applicabile.

Ulteriore riferimento posto a fondamento della suesposta interpreta- zione sarebbe costituito dalla previsione che l’esecuzione del contratto di rete sia affi data ad un organo comune. Ciò, infatti, corrisponderebbe alla struttura dell’organizzazione dei consorzi con attività esterna, alla stregua dell’uffi cio, destinato a svolgere attività con i terzi, previsto dallo stesso art. 2612 c.c.

A tale ricostruzione potrebbe obiettarsi, innanzitutto, che la mutua- lità non caratterizza necessariamente il contratto di rete, dal momento che questa non è richiamata nella specifi ca enunciazione dello scopo del contratto stesso.

Inoltre, mentre la causa del contratto di consorzio risiede nel perse- guimento comune di una o più fasi dell’attività imprenditoriale dei con- sorziati, quella del contratto di rete è evidentemente differente, identi- fi candosi, come detto, nella collaborazione fi nalizzata all’accrescimento dell’innovazione tecnologica e della competitività delle imprese tramite l’affi damento alla rete di un’attività economica nella sua interezza.

Per alcuni17, poi, la defi nizione del contratto di rete potrebbe con-

templare una sua più complessa confi gurazione in termini di società con- sortile di diritto speciale, laddove esso consenta di “esercitare in comune

una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa”.

Altri18, infi ne, manifestano il convincimento che il contratto di rete

sia un contratto plurilaterale con comunione di scopo e, in particolare, un contratto associativo a struttura aperta, ma non identifi cabile tout court

(17) Così, R. SANTAGATA, Il “contratto di rete” tra (comunione di impresa) e società

(consortile), cit., 323.

(18) G. D. MOSCO, Coordinamento consortile per la competitività delle imprese tra

codice civile e leggi speciali, in Le reti di impresa e i contratti di rete, (a cura di P. IAMICELI),

cit., 151; G. VILLA, Il coordinamento interimprenditoriale nella prospettiva del contratto

con il contratto di consorzio con attività esterna, anche se ad esso simila- re. Questa parte della dottrina19 afferma che l’interpretazione secondo la

quale la normativa sul contratto di rete confi guri un contratto transtipico non possa essere condivisa, per due ordini di ragioni.

Innanzitutto, essa confl iggerebbe con la lettera della legge: la defi ni- zione legislativa del contratto di rete e lo scopo caratterizzante tale con- tratto indurrebbero a ritenere che esso non possa non essere inteso che quale contratto tipico.

In secondo luogo, essa risulterebbe eccessivamente limitante per le imprese, poiché condurrebbe ad un’applicazione generalizzata della di- sciplina legale del contratto di rete.

In realtà, come visto, l’analisi della disciplina positiva rivela come il contratto di rete sia dotato di autonomi caratteri distintivi, sia quanto ad elementi strutturali che effettuali, i quali sembrano delineare una fatti- specie che, quanto al profi lo causale, non si discosta dai profi li tipici dei contratti plurilaterali con comunione di scopo e che, dunque, si identifi ca nella collaborazione e il coordinamento tra imprese.

Come già detto, invece, i pur apprezzabili, e dichiarati intenti, “di

accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato”, che pure defi niscono gli obiettivi

strategici del contratto, non sembra possano assurgere ad elemento iden- tifi cativo della causa dello stesso, potendo, al più, essere relegati a motivi legali (come recepiti dalla parti) dell’accordo.

La disciplina esposta, perciò, connota la fi gura del contratto di rete quale negozio autonomo, fornito di identità e di regolamentazione sue proprie e, dunque, per ciò stesso, tipico. Un contratto cui, tuttavia, in caso di lacune, può agevolmente estendersi, analogicamente, la disciplina del consorzio, cui evidentemente è legato da molteplici profi li di affi nità oggettiva20.

Tale, ultima conclusione si fonda su alcune considerazioni di fondo. Innanzitutto, come già rilevato, l’assonanza con il contratto di consorzio emergerebbe dalla stessa nozione di contratto di rete, nella parte in cui si contempla l’esercizio in comune di un’attività. Tale esercizio, infatti, si sostanzia in una serie coordinata e continuativa di atti che presuppone l’esistenza di una organizzazione comune, proprio come avviene nel con- tratto di consorzio21.

(19) G. D. MOSCO, Frammenti ricostruttivi sul contratto di rete, cit., 845.

(20) Così anche G. VILLA, Reti di imprese e contratto plurilaterale, in Giur. comm.,

2010, 948.

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LA NATURA GIURIDICA DEL CONTRATTO DI RETE

Ma vi è di più. Le attività economiche che vengono esercitate in co- mune dagli imprenditori aderenti al contratto di rete non rappresentano altro che determinati aspetti o singole fasi dell’attività nel complesso da essi svolta, così come singole fasi delle imprese degli imprenditori consor- ziati possono assurgere ad oggetto del contratto di consorzio22. In merito,

la dottrina23 è concorde nel ritenere che anche una sola fase dell’attività di

impresa, se esercitata autonomamente, possa assimilarsi ad un’attività di impresa esercitata in senso pieno.

Occorre sottolineare, in proposito, anche le evidenti analogie con- cernenti i profi li della responsabilità: difatti, appare indubitabile la com- patibilità con la disciplina del contratto di rete della disposizione di cui all’art. 2615, c. 2, c.c., secondo cui per le obbligazioni assunte dagli organi del consorzio per conto dei singoli consorziati rispondono questi ultimi solidalmente con il fondo consortile.

Va, poi, rilevato che l’istituzione da parte del consorzio di un uffi cio destinato a svolgere attività con i terzi corrisponde sostanzialmente alla previsione per la quale l’esecuzione del contratto di rete è affi data ad un organo comune.

Da ultimo, in chiave di ricomposizione sistematica del sistema con- trattuale utilizzabile degli imprenditori con fi nalità associative, sembra giusto valorizzare un’ulteriore considerazione, prospettata da parte della dottrina24.

Se è vero, infatti, che la normativa sul contratto di rete può colmare le proprie lacune in base alla normativa sui consorzi, è anche vera l’ipo- tesi speculare: e ciò in quanto, come afferma la citata opinione, le norme sui consorzi costituiscono in più punti “l’evidente retaggio della originaria

funzione anticoncorrenziale dell’istituto, mal adeguandosi alla sua preva- lente attuale funzione di cooperazione interaziendale”, di talché la nuova

normativa speciale sul contratto di rete potrebbe sperimentare la po- tenziale idoneità delle proprie, più recenti soluzioni normative ad essere generalizzate, anche al fi ne di ammodernare ed aggiornare la disciplina codicistica sui consorzi, in una sorta di correlazione biunivoca che può servire a limitare, se non ad eliminare, le aporie, logiche e normative, che connotano i due istituti.

(22) R. SANTAGATA, Il contratto di rete tra comunione di imprese e società consortile,

cit., 326.

(23) A. BORGIOLI, Consorzi e società consortili, in Trattato di diritto civile e commer-

ciale, (a cura di) A. CICU, F. MESSINEO, III, Milano, 1985, 114.

(24) R. SANTAGATA, Il contratto di rete tra comunione di imprese e società consortile,

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