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La nozione di dividendo nel diritto tributario italiano

La riforma del diritto societario approvata con il decreto legislativo n. 6 del 2003 ha determinato la necessità60 di adeguare il regime fiscale di tassazione degli utili da partecipazione in quanto il numero di strumenti finanziari che le so-cietà possono emettere per finanziarie la propria attività (equity, debt ed ibridi) è

59 Cfr. vecchia versione articolo 122, comma 1 del Tuir.

60 Sul punto si veda F. GALLO, Riforma del diritto societario e imposta sul reddito, in Giur. Comm., 2004, p. 272. A tal proposito l'Autore rileva che: “Il rapporto tra il diritto tributario dell'impresa e il nuovo diritto societario si inscrive nel più ampio quadro dei rapporti tra il diritto tributario e il codice civile, tra le categorie civilistiche e quelle fiscali. Con la particolarità però che, nelle fasi di transizione legislativa come queste, le problematiche relative alle interrelazioni tra le norme fiscali e quelle societarie si pongono, per il carattere strumentale delle prime e per il sopravvenire delle seconde, non in termini di prevalenza delle une sulle altre o di convergenza e paritetiticità tra norme coesistenti, bensì in termini di reidentificazione della fattispecie imponibile; che è come dire della ricostruzione del presupposto di imposta in funzione delle nuove fattispecie civilistiche. Rilevano, quindi, soprattutto i profili attinenti all'attività di produzione di leggi piutto-sto che gli aspetti strettamente interpretativi”.

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notevolmente aumentato, sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo. A tal proposito, il legislatore ha modificato la disciplina fiscale dei redditi di capita-le61 recependo buona parte delle indicazioni fornite dalla commissione incaricata di studiare le misure di coordinamento presieduta dal Prof. Franco Gallo.

Il corretto inquadramento fiscale della remunerazione collegata alla deten-zione di uno strumento finanziario è rilevante in quanto le somme erogate a titolo di dividendo in favore dei soci non sono deducibili per il soggetto pagatore mentre sono parzialmente62 imponibili per il soggetto percettore ovvero soggette a ritenu-te alla fonritenu-te a titolo d'imposta63. Al contrario, le somme erogate a titolo di interes-se sono generalmente deducibili64 per il soggetto pagatore e generalmente impo-nibili65 per il soggetto beneficiario di tali flussi reddituali.

Con la riforma del diritto societario, che ha ammesso la possibilità di e-mettere strumenti finanziari partecipativi accanto alle due tradizionali categorie

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In precedenza, il Governo aveva modificato il regime di tassazione dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria tramite l'emanazione del decreto legislativo n. 461 del 1997, che aveva dato attuazione ai principi contenuti nell'articolo 3, comma 160, della legge delega n. 662 del 1996. Per un approfondimento sui profili internazionali di tale riforma si veda: F.M AR-CHETTI, Il regime fiscale in Italia dei dividendi, interessi, capital gains e royalties destinati a

sog-getti non residenti, in AA.VV., (coordinato da V.UCKMAR),Corso di diritto tributario internazio-nale, Cedam, 1999, pp. 103-120.

62 Fatto salvo quanto si dirà più avanti per i dividendi provenienti da Paesi black list.

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Come nel caso, ad esempio, degli utili percepiti da persone fisiche non imprenditori in relazione alla detenzione di partecipazioni non qualificate detenute nel regime del risparmio amministrato. In tal caso l'aliquota applicabile sarà pari al 26%.

64 Per i soggetti IRES il regime di deducibilità degli interessi passivi è disciplinato dall'articolo 96 del Tuir, secondo cui: "Gli interessi passivi e gli oneri assimilati, diversi da quelli compresi nel costo dei beni ai sensi del comma 1, lettera b), dell'articolo 110, sono deducibili in ciascun periodo d'imposta fino a concorrenza degli interessi attivi e proventi assimilati. L'eccedenza è deducibile nel limite del 30 per cento del risultato operativo lordo della gestione caratteristica".

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Le maggiori criticità da un punto di vista fiscale sorgono nel momento in cui il soggetto che per-cepisce somme erogate a titolo di interessi sia residente in uno Stato nel quale non è prevista alcu-na tassazione, ovvero la tassazione agevolata di tali componenti di reddito. In alcuni casi, al fine di ovviare alla perdita di gettito che ne deriverebbe per l'Erario è prevista l'applicazione di una ritenu-ta alla fonte da parte del soggetto pagatore iritenu-taliano. Qualora invece il pagamento di interessi ricada nell'ambito di applicazione della direttiva interessi-canoni ovvero di una Convenzione contro le doppie imposizioni con uno Stato estero che non prevede alcuna ritenuta in uscita, la perdita di gettito per l'Erario italiano sarà definitiva, in quanto, in entrambi i casi, non sarà effettuata alcuna ritenuta in relazione agli interessi corrisposti al soggetto estero.

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costituite dai titoli di partecipazione al capitale ed ai titoli di debito, si è aggiunta quindi una terza categoria di strumenti finanziari, definiti ibridi, che presentano alcune caratteristiche tipiche dei titoli di debito ed alcune tipiche dei titoli di par-tecipazione al capitale. In tale contesto, il legislatore è chiamato a strutturare le norme tributarie in modo da escludere la possibilità che i contribuenti possano a-gevolmente creare strumenti finanziari ad hoc per sfruttare indebitamente even-tuali lacune presenti nel sistema tributario66.

Nell'ordinamento tributario italiano, le norme che disciplinano la tassazio-ne dei dividendi non fanno riferimento al termitassazio-ne letterale “dividendo”, bensì alla più ampia nozione di “utili”, di cui i dividendi rappresentano una quota, quale ri-flesso individuale del risultato complessivo67.

L'articolo 44, comma 1, lettera e) del Tuir, qualifica come utili da parte-cipazione in senso proprio “gli utili derivanti dalla parteparte-cipazione al capitale o al patrimonio di società ed enti soggetti all'imposta sul reddito delle società” 68. Ai fini della suddetta qualificazione non è quindi sufficiente una mera partecipazione

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Cfr. in tal senso G.MELIS, La nozione di «dividendo» tra normativa tributaria ed evoluzione del

diritto delle società, in Dir. Prat. Trib., 2013, p. 1031. L'Autore, a tal proposito rileva che: “Il

compito del legislatore che confeziona definizioni e formula fattispecie impositive si complica, trovandosi esso di fronte alla duplice necessità da un lato di colmare ogni possibile lacuna in ordi-ne alla tassazioordi-ne del risultato economico derivante da nuovi strumenti finanziari e, dall‟altro, di evitare che il contribuente, anche attraverso una diversa qualificazione del reddito, riesca a sfrutta-re eventuali asimmetrie dell‟ordinamento nel trattamento di emittente e sottoscrittosfrutta-re (ad esempio, derivanti dal binomio «deducibilità/non imponibilità totale o parziale») o più in generale a trarre vantaggio, con modalità lato sensu disapprovate dal «sistema», del più vantaggioso trattamento tributario previsto per l‟una anziché per l‟altra categoria reddituale (ad esempio, mediante la tra-sformazione del reddito in plusvalenze totalmente o parzialmente esenti)”.

67 Cfr. G.MELIS, La nozione di «dividendo» tra normativa tributaria ed evoluzione del diritto

del-le società, cit..

68 Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 53, comma 2, lettera d), del Tuir, che prevede che le partecipazioni agli utili spettanti ai promotori e ai soci fondatori di società per azioni, in acco-mandita per azioni e a responsabilità limitata siano qualificate come redditi di lavoro autonomo anziché di capitale.

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agli utili di una società, ma è necessario un vero e proprio rapporto di partecipa-zione al capitale o al patrimonio69.

Il successivo comma 2, lettera a) del medesimo articolo 44, estende il re-gime fiscale applicabile ai dividendi percepiti a seguito della detenzione di azioni, anche ai flussi reddituali derivanti dai titoli e dagli strumenti finanziari emessi da società ed enti residenti in Italia70 la cui remunerazione sia costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre socie-tà appartenenti allo stesso gruppo o dell'affare in relazione al quale i titoli e gli strumenti finanziari sono stati emessi71.

69 Sul punto si veda G.ESCALAR, Il nuovo regime di tassazione degli utili da partecipazione e dei

proventi equiparati nel decreto legislativo di "riforma dell'imposizione sul reddito delle società",

in Rass. Trib., 2003, che a tal proposito rileva che: "Per effetto della nuova formulazione della let-tera e) dell'art. 44, comma 1, del nuovo Tuir risulta dunque confermato che non sono riconducibili fra gli utili da partecipazione i proventi derivanti dalle partecipazioni agli utili che non trovino contropartita in una partecipazione al capitale o al patrimonio. È questo il caso degli strumenti fi-nanziari che assicurino una partecipazione agli utili della società emittente, quali in particolare i titoli emessi a seguito dell'apporto di capitale effettuato sulla base di un rapporto di associazione in partecipazione o cointeressenza. I redditi derivanti da tali titoli non possono ritenersi qualificabili come redditi di capitale ai sensi della lettera e) dell'art. 44, comma 1, del nuovo Tuir, perché non assicurano una partecipazione al capitale o al patrimonio. In tal caso, infatti, il sottoscrittore non può vantare alcun diritto sul capitale sociale ovvero sul patrimonio della società emittente, perché è titolare del solo diritto alla restituzione del capitale apportato e al pagamento della quota di utili di sua spettanza." Sul medesimo argomento si veda, inoltre, M.PIAZZA, Azioni, obbligazioni e

strumenti finanziari partecipativi nella riforma fiscale, in Il Fisco, 2004, p. 1-620, il quale a tal

proposito rileva che: "Tuttavia gli strumenti finanziari partecipativi emessi a fronte dell'apporto di opere e servizi, possono venire assimilati alle azioni o alle quote di società a responsabilità limitata dall'art. 44, comma 2, lettera a), del testo unico, il quale dispone che "si considerano similari alle azioni i titoli e gli strumenti finanziari la cui remunerazione è costituita totalmente dalla partecipa-zione ai risultati economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso gruppo o dell'affare in relazione al quale i titoli e gli strumenti finanziari sono stati emessi". La relazione governativa precisa, in proposito, che "da ciò consegue che i proventi relativi a tali titoli o stru-menti finanziari sono considerati utili e le plus/minusvalenze derivanti dalla loro cessione sono considerate come relative alla cessione di partecipazioni sociali".

70 Limitatamente ai soggetti di cui all'articolo 73, comma 1, lettere a) e b) del Tuir. Per i soggetti di cui alla lettera d) è prevista un'apposita disciplina oggetto di analisi nel presente paragrafo.

71 Come rilevato dalla dottrina, il legislatore considera “come «assimilati alle azioni» tutti gli strumenti finanziari, anche di mero finanziamento e dunque indipendentemente dalla natura dell‟apporto, la cui remunerazione sia totalmente commisurata ai risultati dell‟attività di impresa; risultati peraltro riferibili alla stessa società emittente, ad altra società del gruppo o all‟affare in relazione al quale lo strumento finanziario è stato emesso. Si tratta di strumenti definiti convenzio-nalmente, in ambito tributario, «strumenti finanziari di natura partecipativa», ma non nel senso ci-vilistico degli «strumenti finanziari partecipativi» quale partecipazione al rischio di impresa, bensì nel senso di partecipazione (come detto, esclusiva) ai risultati dell‟attività di impresa”. In tal senso

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Il fatto che il legislatore assimili da un punto di vista fiscale i titoli la cui remunerazione è legata all'andamento della singola società del gruppo a quelli la cui remunerazione dipende dai risultati economici delle altre società del gruppo è un ulteriore riconoscimento della “rilevanza fiscale” del gruppo di imprese nell'ambito della tassazione diretta. Da un punto di vista sistematico, inoltre, il ve-nir meno del legame tra investimento ed i risultati economici del soggetto emit-tente mina alla base la nozione tradizionale di capitale di rischio72.

Nel caso in cui i predetti titoli e strumenti finanziari siano emessi da sog-getti non residenti 73, essi si considerano similari alle azioni a “condizione che la relativa remunerazione sia totalmente indeducibile nella determinazione del reddito nello Stato estero di residenza del soggetto emittente”. Si tratta di una norma che ha un‟evidente finalità antielusiva e che contrasta l'utilizzo transfronta-liero di strumenti finanziari ibridi al fine di sfruttare il disallineamento tra i siste-mi fiscali di due Stati74.