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de infatti sempre più intangibile il nesso tra le attività svolte ed il luogo in cui gli utili derivanti da tali attività vengono tassati.

2.5 Le transazioni infragruppo

Nel diritto tributario italiano il transfer pricing interno è codificato49 e-sclusivamente con riferimento alle transazioni che avvengono tra società che op-tano per il regime speciale della “tonnage tax”50 ed altre società, ove ricorrano gli altri requisiti previsti dalla disciplina in materia di transfer pricing “internaziona-le”51. La tonnage tax è un regime riservato alle imprese marittime che prevede la determinazione forfettaria della base imponibile ai fini dell'Ires in base al tonnel-laggio della nave, prescindendo totalmente dall'ammontare dei ricavi derivanti dallo svolgimento dell'attività d'impresa che rientra nel perimetro di applicazione della norma. Tale norma è stata inserita nell'ordinamento al fine di contrastare il trasferimento di utili infragruppo in esenzione d'imposta attraverso la fittizia ge-nerazione di costi in capo a soggetti passivi Ires che determinano la base imponi-bile con le regole ordinarie52. Nonostante nell'ordinamento tributario italiano, oltre

49 Cfr. articolo 160, comma 2 del Tuir: “Alle cessioni di beni ed alle prestazioni di servizi fra le società il cui reddito è determinato anche parzialmente ai sensi dell'articolo 156 e le altre im-prese, anche se residenti nel territorio dello Stato, si applica, ricorrendone le altre condi-zioni, la disciplina del valore normale prevista dall'articolo 110, comma 7. Resta ferma l'appli-cazione dell'articolo 156”.

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Cfr. articoli 155-161 del Tuir. Per un approfondimento sul regime fiscale della tonnage tax, si veda: M.BASILAVECCHIA, «Tonnage tax» e «tax lease scheme», in Corr. Trib., 2007, pp. 3800 e ss.; E.MACARIO, La tonnage tax tra norme di attuazione, correttivo Ires e collegato alla legge

Fi-nanziaria per l’anno 2006, in Il Fisco, 2006, pp. 545 e ss.; L.DEL FEDERICO, Riforma Ires:

intro-duzione della tonnage tax, in Il Fisco, 2004, pp. 36 e ss..

51 Per i profili sistematici della disciplina del transfer pricing nell'ordinamento italiano si vedano: E.DELLA VALLE, Il transfer price nel sistema di imposizione sul reddito, in Riv. Dir. Trib., 2009, pp. 133 e ss.; R.CORDEIRO GUERRA, La disciplina del transfer price nell’ordinamento italiano, in Riv. dir. trib., 2000, pp. 421 e ss.. Per un raffronto internazionale si veda: G.COTTANI, Italian

Transfer Pricing Legislation: An International Perspective, in Bulletin for International Taxation,

2010, p. 463 ss..

52 L'incremento fittizio del corrispettivo dovuto in relazione a cessioni di beni o prestazioni di ser-vizi infragruppo poste in essere da soggetti che optano per il regime della tonnage tax, per i quali

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al caso della tonnage tax, non vi siano altri casi in cui l'ordinamento impone il calcolo del valore delle transazioni infragruppo applicando il criterio del valore normale53, recentemente la Corte di Cassazione54 ha sostenuto che l'obbligo di de-terminazione in base al valore normale (ex articolo 9 del Tuir) delle transazioni infragruppo, sulla base del rinvio operato dall'articolo 110 comma 7 che disciplina il transfer pricing “internazionale”, “costituisce una clausola antielusiva che non solo trova radici nei principi comunitari in tema di abuso del diritto, ma anche immanenza in settori del diritto tributario nazionale55”.

Tale principio di carattere generale è stato ribadito nei seguenti termini dalla Suprema Corte56: “Per la valutazione a fini fiscali delle manovre sui prezzi di trasferimento interni, costituenti il c.d. transfer pricing domestico, va applicato il principio, avente valore generale, stabilito dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 9, che non ha soltanto valore contabile e che impone, quale criterio valutativo, il riferi-mento al normale valore di mercato per corrispettivi e altri proventi, presi in con-siderazione dal contribuente”. La posizione della Corte di Cassazione è stata og-getto di critica da parte della dottrina57, che considera l'articolo 9 del Tuir come una disposizione di chiusura, applicabile nei rari casi di mancanza di corrispettivo monetario piuttosto che nei casi in cui il corrispettivo venga determinato in

il maggior corrispettivo pattuito dalle parti sarebbe irrilevante ai fini fiscali, genererebbe infatti un indebito vantaggio fiscale in capo al soggetto destinatario della fornitura di beni o servizi, qualora quest'ultimo determini l'Ires secondo le regole ordinarie.

53 Per un approfondimento sul tema del valore normale nell‟ambito del sistema delle imposte sui redditi si veda: L.CARPENTIERI, Redditi in natura e valore normale nelle imposte sui redditi, Mi-lano, 1997.

54

Cfr. Corte di Cassazione Civile, sentenza n. 17955 del 2013. Per un‟analisi approfondita della sentenza si veda: L.CARPENTIERI, Valore normale e transfer pricing “interno” ovvero alla ricerca

dell’arma accertativa perduta, in Riv. Dir. Trib., 2013, pp. 448 e ss.. P.BORIA, Il transfer pricing

interno come possibile operazione elusiva e l’abuso del diritto, in Riv. Dir. Trib., 2013, pp. 427 e

ss..

55 Cfr. Corte di Cassazione Civile, sentenza n. 22023 del 2006.

56 Cfr. Corte di Cassazione Civile, sentenza n. 17955 del 2013.

57 Cfr. L.CARPENTIERI,R.LUPI,D.STEVANATO, «Transfer pricing interno» tra abuso del diritto e

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zione di un vantaggio tributario. Tuttavia, secondo la medesima dottrina, il feno-meno dell'alterazione dei prezzi delle transazioni infragruppo tra imprese residenti si colloca nella fattispecie dell'abuso del diritto, nell'ambito del quale potrebbe es-sere contestato al contribuente “l‟abuso del diritto di determinare liberamente i corrispettivi”.

Il problema relativo al “regime fiscale” delle transazioni infragruppo è senz‟altro più rilevante nel caso in cui esso abbia ad oggetto operazioni tra società che non fanno parte del consolidato fiscale. In quest‟ultimo caso, infatti, fatto salvo quanto si dirà più avanti, la somma algebrica dei redditi e delle perdite del gruppo può avere spesso l‟effetto di neutralizzare il risparmio fiscale derivante dall‟alterazione dei prezzi posta in essere dalle società del gruppo.

Le contestazioni aventi ad oggetto la congruità del corrispettivo pattuito nell‟ambito di una prestazione di servizi e/o di una cessione di beni infragruppo, rispetto al “valore normale” dell‟operazione economica posta in essere, rientrano generalmente nel filone giurisprudenziale dell‟inerenza “qualitativa”, al quale si è aggiunto, in un secondo momento, quello dell‟inerenza “quantitativa”.

Con l'approvazione della legge finanziaria per il 2008 sono state abrogate una serie di disposizioni58 che agevolavano la circolazione dei beni e dei dividendi nell'ambito del perimetro di consolidamento. Si tratta, in particolare, dell'abroga-zione delle cd. rettifiche di consolidamento. Come risulta dalla Reladell'abroga-zione

58 Le plusvalenze relative ai beni trasferiti in regime di neutralità nell'ambito del gruppo, invece, non assumevano rilevanza nel momento in cui la società consolidante determinava l'imponibile di gruppo da assoggettare ad imposizione (Cfr. vecchia versione articolo 123 del Tuir). Tale rettifica riguardava unicamente il modello CNM e non la dichiarazione della società cedente che avrebbe dovuto regolarmente dichiarare la plusvalenza realizzata. Dall'altro lato, la società cessionaria a-vrebbe dovuto recuperare a tassazione la quota di ammortamenti corrispondente alla differenza tra il valore di libro e quello fiscalmente riconosciuto (pari al prezzo di acquisto). In altri termini, la possibilità di beneficiare della neutralità del trasferimento infragruppo escludeva la possibilità di beneficiare di un “affrancamento gratuito” dei beni trasferiti tramite l'ammortamento della quota corrispondente alla plusvalenza non tassata.

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tiva alla legge finanziaria per il 2008 in molti casi, e anche quando se ne discosta-no, “gli interventi operati prendono spunto dai lavori della Commissione di studio sulla riforma dell'IRES presieduta dal prof. Biasco”.

Prima delle modifiche apportate dalla legge de qua, i dividendi distribuiti da società che aderivano al consolidato fiscale erano esclusi da tassazione al 100% (anziché al 95%) in capo alla società “madre” 59. Secondo i risultati raggiunti dalla Commissione Biasco, la norma che prevedeva l'integrale esenzione per divi-dendi e plusvalenze, sebbene per vie diverse, si giustificava nell'originaria formulazione con la novità del regime, ma non era più necessaria “alla luce del-la crescente familiarizzazione che le imprese mostrano verso di esso e aldel-la luce del requisito della percentuale di possesso, tra i meno stringenti nei paesi europei per l'adesione al consolidato nazionale”. Fra l'altro, secondo la Commissione, tale regime di tassazione avrebbe finito per premiare le piramidi societarie.