TECNICHE DI VISUALIZZAZIONE DELLA CONOSCENZA E RICERCA SOCIALE
VI. Criticità e nuovi svilupp
6.2. Integrare conoscenza e informazione: il digital conceptual mapping
6.2.2. Le mappe dinamiche: una risposta complessa alla complessità
Dalla metà degli anni ’90 Marco Pedroni – docente presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Ferrara ed esperto di informatica applicata e formazione a distanza – si è dedicato all’elaborazione di mappe dinamiche quali strumenti che, a partire dal conceptual mapping, mirano a rappresentare sistemi di conoscenza complessi in campo didattico e organizzativo. L’autore vede nella
15 A seguito di una serie di prove empiriche con gruppi di utenti, gli autori confermarono che il modulo risulta efficacie nel
presentare al soggetto concetti rilevanti. Tuttavia, quest’efficacia pare diminuire al crescere della mappa. Ciò in quanto, di fronte a mappe estese, gli utenti tendono a lavorare su singoli settori; l’algoritmo dovrebbe pertanto tenere conto anche di questa particolarità, di modo da suggerire concetti rilevanti rispetto all’effettiva porzione della mappa considerata dall’utente in un dato momento.
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dinamizzazione delle mappe una possibile risposta alle rappresentazioni statiche offerte dai software sin qui citati. Queste ultime non sarebbero infatti adatte a creare diagrammi entità-relazione estesi e con un numero di frasi-legame superiore a quello dei nodi concettuali.
Strumenti software come CmapTools, nonostante le opzioni di ingrandimento e panelizzazione della mappa e di apertura e collasso di interi rami, non sono in grado di sostenere efficacemente la rappresentazione di strutture organizzative, o ontologiche, oltre a un basso livello di approfondimento e di interrelazione: il problema della rappresentazione di sistemi complessi non si può risolvere con strumenti di questo tipo [Pedroni 2009: 3].
Abbiamo già rilevato che una buona mappatura concettuale deve bilanciare il livello di approfondimento del tema con la propria leggibilità. Più precisamente, secondo Pedroni, una mappa concettuale deve massimizzare esaustività, ergonomia, efficacia ed elasticità.
In merito all’esaustività le Dcm non paiono risolvere un problema già evidenziato e relativo alla possibilità di dar conto di punti di vista concorrenti o di differenti scuole di pensiero. Ciò porta a seri limiti nella rappresentazione di teorie in ambito scientifico, nella costruzione di mappe a livello cooperativo e nei contesti didattici ad approccio costruttivo.
Il criterio dell’ergonomia dovrebbe aiutarci a stabilire il giusto grado di approfondimento della mappa. L’autore sottolinea come le diverse parti di una disciplina siano tra loro connesse, nella maggior parte dei casi «da una complessa rete di relazioni, che non si evidenziano se la disciplina viene presentata come una serie di mappe concettuali non connesse tra loro»[Pedroni 2005: 8]. Egli riconosce ad applicativi come CmapTools di aver in parte ovviato al problema permettendo di collegare ai nodi concettuali ulteriori mappe che presentino quel concetto come focale. Evidenzia però come questa strategia sia «limitante per quanto riguarda l’intreccio di connessioni che potrebbero richiedere i nodi delle due mappe e che collassano in quell’unico canale […] Inoltre, nel procedere alla composizione della mappa concettuale disciplinare è estremamente probabile che alcuni concetti abbiano un numero molto alto di relazioni interdisciplinari» [ibidem].
In termini di efficacia dell’apprendimento attraverso Mc, abbiamo visto come essa sia legata alla capacità della rappresentazione di indurre una percezione continuativa del contesto come rete di relazioni tra concetti. Tuttavia ciò può essere anche fonte di map shock.
Esistono anche casi […] di discenti non abituati alle mappe e radicati a strutture interpretative dei contesti più semplificate, quali la sequenza o l'indice tassonomico-gerarchico, che davanti alle mappe, e ancor più alle mappe complesse e ricche di elementi, avvertono un senso di disagio e di repulsione. Anche nei confronti di questi tipi di utenti si rivelano particolarmente importanti le
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Secondo Pedroni, per superare questi problemi bisogna aumentare l’elasticità delle rappresentazioni attraverso il loro sviluppo dinamico inteso come l’applicazione di un algoritmo che, prelevando le informazioni da un database, ridisegni e ristrutturi le mappe a ogni rappresentazione. Ciò apre di fatto la strada a due nuove funzionalità: il polimorfismo e l’animazione.
Il concetto di documento dinamico nasce nell’ambito delle tecnologie digitali come conseguenza dello sviluppo di strategie di archiviazione strutturata (in particolare dei database) ed è anch’esso ben esemplificato dal funzionamento dei motori di ricerca.
Il contenuto delle pagine di risposta, che elenca gli indirizzi dei siti contenenti i lemmi cercati, si compone […] prelevando le informazioni da un database che indicizza tutte le pagine presenti in Rete […] L'esempio evidenzia anche come la diffusione capillare che hanno attualmente i documenti dinamici sia collegata a quella del Web, ambiente naturale di sviluppo dell'integrazione tra database e documenti. Ovviamente, gli automatismi dei software di ricostruzione dei documenti dinamici hanno gradualmente implementato funzioni sempre più sofisticate, che oggi consentono la fruizione dello stesso contenuto nelle vesti di formattazione più disparate. Le mappe dinamiche sono quindi documenti il cui contenuto non è direttamente collocato dal redattore nello spazio documentale, esattamente come nessun redattore prepara le pagine di risposta dei motori di ricerca [ivi: 4].
Applicativi come CmapTools originano pertanto documenti statici, nei quali la collocazione dei nodi e degli archi avviene manualmente. In un ambiente software dinamico l’autore inserisce manualmente le informazioni relative agli archi e ai legami, ma questi vengono collocati nella struttura bidimensionale da «rigorosi algoritmi di ricostruzione dell’immagine della mappa […] In altre parole, la mappa dinamica è un’immagine che si crea nel momento in cui ne viene richiesta la visione sul
monitor, non è un documento predefinito nella sua forma dal redattore» [ivi: 10]. Se questa
caratteristica può sembrare limitante, Pedroni ricorda che una mappa dinamica permette comunque all’autore e all’utente di intervenire sia riposizionando manualmente i nodi e i legami sia modificando i parametri dell’algoritmo.
In altre parole, l’utilizzo delle mappe dinamiche implica la disponibilità, nella rappresentazione della mappa, non di un’immagine ma di molteplici, o meglio di innumerevoli immagini. La mappa, nell’evolvere da statica a dinamica, in realtà evolve dalla singolarità alla pluralità del documento, dalla rigidità all'estrema elasticità della comunicazione [ivi: 11].
In pratica, oltre alle funzionalità sin qui descritte in merito ad altri softwares, Jnana [Pedorni 2006] e Think Map [Plumb Design inc. 1997] permettono di stabilire volta per volta fino a che livello di specificità visualizzare i concetti e di ristrutturare la rappresentazione trasformando ogni nodo nel concetto focale semplicemente cliccandoci sopra (figg. 4 e 4a). Essi sfruttano inoltre la tridimensionalità: le rappresentazioni generate possono così essere ruotate per considerare la rete di
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proposizioni o di concetti a partire da molteplici angolazioni, aumentandone il potere euristico e permettendo di venire a capo di reti più estese e complesse.
Fig. 4 – Una possibile visualizzazione di mappa concettuale dinamica relativa alla tecnica di mappatura dinamica della conoscenza creata con il software Jnana [Fonte: Pedroni 2008: 19]
Fig. 4a – Trasformazione algoritmica della mappa presentata nella fig.4, spostando il focus dal concetto di Dynamic maps a quello di Dynamic rebuilding[Fonte: Pedroni 2008: 20]
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La rappresentazione della conoscenza concettuale e assertoria attraverso queste ulteriori funzionalità inserisce le mappe dinamiche tra le forme più complesse ed evolute di integrazione tra
knowledge e information visualization16. Tuttavia, seppure ricerche empiriche testimonino la loro
utilità, esse hanno avuto diffusione limitata. I softwares più sofisticati e capcai di fronteggiare meglio i limiti delle formulazioni originali hanno costi di sviluppo superiori e richiedono all’utente maggiori competenze informatiche; ciò va così a scapito della loro condivisione e diffusione, limitandone l’effettiva efficacia. Ci si trova così oggi di fronte a un sottobosco di applicazioni interessanti ma dalla vita breve, o che rimangono comunque imprigionate nelle singole università e istituti di ricerca, capaci di crearle ma non di diffonderle all’esterno.
In un breve colloquio avuto con l’autore, che da anni ha deciso di non occuparsi più della materia, egli ha espresso forte scetticismo anche verso il futuro. Ha affermato che questi strumenti non si diffonderanno a causa del forte condizionamento culturale al pensiero logico-sequenziale e alla linearità del testo. A questo si sommano la carenza di competenze informatiche tra gli esperti afferenti alle discipline umanistiche e i costi di sviluppo e di mercato di applicativi dei quali non viene ancora compreso il valore aggiunto e sui i quali non si è pertanto disposti a investire. In questo studio, non ritengo così necessario spingermi oltre alle possibilità e ai limiti di CmapTools: la varietà funzionale, la semplicità d’impiego e la crescente diffusione ne potrebbero favorire l’uso anche da parte di ricercatori sociali (o di équipes) dalle ridotte competenze informatiche che volessero rappresentare l’evoluzione della propria conoscenza nel corso di indagini sia empiriche sia teoriche.
Condivido però solo in parte la disillusione di Pedroni. Seppure spesso a scapito di altre fondamentali competenze di carattere linguistico e logico-argomentativo, information e visual literacy aumentano di generazione in generazione; contemporaneamente vengono prodotti dispositivi sempre più intuitivi e user friendly. Conviene così mantenere uno sguardo sul cilindro della computer science, dal quale continuano a balzare fuori possibilità sino a ieri impensabili17. Lo sviluppo del Web Sociale nell’era digitale, specialmente in merito alle tecnologie Wiki e ai servizi di Internet Social Networking, hanno già di fatto modificato le modalità di creazione e comunicazione della conoscenza e dell’informazione. In questo senso sarà interessante osservare cosa accadrà quando la knowledge
visualization sarà in grado di sfruttare a pieno questi dispositivi (ad esempio integrando il server di CmapTools con social networks professionali come Linkedin o Academia). La diffusione di smartphone e tablet basati su tecnologie touch ha integrato applicativi molto semplici da usare (Apps)
nei settori lavorativi e quotidiani più disparati, allargandone peraltro la platea a fasce d’età, reddito e
16 Interessante per l’indagine standard è ad esempio la possibilità di costruire mappe dinamiche secondo algoritmi
gravitazionali, ovvero inserendo valori che rappresentino la forza dei legami tra i concetti. L’esempio più intuitivo è music
map, che rappresenta i 100 maggiori gruppi musicali contemporanei (music-map.com). Cliccando su ognuno di essi è
possibile ottenere una mappa delle sue distanze da tutti gli altri sulla base dell’affinità stilistica (sebbene non sia ben chiaro come tal proprietà si stata operativizzata), mettendone così in evidenza le principali contaminazioni.
17 Anche supporti già diffusi potrebbero semplificare ulteriormente la produzione e l’uso delle rappresentazioni visuali
della conoscenza. Ware [2005] sottolinea ad esempio come i grandi schermi ad alta risoluzione siano molto utili nei compiti complessi perché possono essere percorsi semplicemente con movimenti oculari, senza implicare continui interventi manuali, cambiamenti e frammentazioni della struttura visiva.
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istruzione prima irraggiungibili18. Da oltre un anno Google ha brevettato i suoi occhiali, attraverso i quali è possibile integrare il proprio campo visivo con il browser Chrome e sono disponibili ormai da anni dispositivi che permettono di interagire con il computer attraverso semplici movimenti corporei e oculari. Pertanto, scenari nei quali potremo navigare avvolti in mappe concettuali dinamiche tridimensionali espandendole o riducendole con un solo sguardo, modificandole con una parola e ruotandole con un dito non sembrano più ormai così lontani.
Per non farci abbagliare da queste prospettive – rischiando così di ricadere nel feticismo delle tecniche e generalizzarlo in un ancor più vago feticismo della tecnologia – non dobbiamo però perdere di vista gli obiettivi per i quali abbiamo deciso di servirci di questi strumenti e il punto fino al quale con essi possiamo spingerci. Tratterò pertanto ora del terzo ordine di problemi segnalati all’inizio del capitolo, ovvero quelli legati all’eccessivo interesse e ottimismo verso la possibilità di esplicitare la conoscenza tacita e fotografare il pensiero. Già trattato nel capitolo III, esso verrà di seguito calato nell’organizzazione aziendale, quale principale contesto applicativo della knowledge
visualization.