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Pensiero radiale e interazione tra gli emisferi del cervello

TECNICHE DI VISUALIZZAZIONE DELLA CONOSCENZA E RICERCA SOCIALE

V. La visualizzazione della conoscenza concettuale

5.3. Il Mind Mapping

5.3.1. Pensiero radiale e interazione tra gli emisferi del cervello

Seppure Novak sia un biologo e Tony Buzan un saggista e consulente educativo, la tecnica del mind

mapping si basa su assunti più vicini alla biologia e alle neurologia rispetto a quelli del conceptual mapping. La prima parte di The Mind Map Book è così dedicata a una descrizione divulgativa del

funzionamento dei neuroni e delle loro congiunzioni, sottolineandone la potenza e la versatilità. Gli autori paragonano la cellula celebrale a un polipo dal cui corpo fuoriescono dei tentacoli detti dendriti; i più grandi sono chiamati assoni e costituiscono i principali canali per la trasmissione di

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informazioni tra cellule neurali (fig. 4). Un neurone può pertanto ricevere centinaia di impulsi ogni secondo; ogni volta che una sensazione, un pensiero o un’esperienza vengono vissuti si stabilisce un sentiero biochimico ed elettromagnetico che va a costituire una traccia mnestica tra vasti insiemi di cellule.

Ogni volta che hai un pensiero, la resistenza biochimica ed elettromagnetica lungo il percorso di tale pensiero si riduce. È come cercare di segnare un sentiero in una foresta. La prima volta è una fatica perché devi combattere con la boscaglia. La seconda volta il tuo viaggio su quel sentiero sarà più facile per la pulizia fatta nel corso del primo viaggio. Una cosa simile avviene nel tuo cervello: più ripeti schemi o mappe di pensiero, minore resistenza troverai nel farlo […] la ripetizione in sé

aumenta la probabilità della ripetizione. In altre parole, più volte un ‘evento mentale’ avviene, più

è probabile che avvenga di nuovo [ivi: 36, tda].

Nel rispecchiare questo processo comunicativo tra cellule celebrali, il pensiero si sviluppa sostanzialmente in senso radiale, per cui il cervello non sarebbe altro che una “Radiant Thinking Branching Association Machine (BAM!)”:

Ogni bit di informazione che entra nel tuo cervello – ogni sensazione, ricordo o pensiero può essere rappresentato come una sfera centrale dalla quale si irradiano decine, centinaia, migliaia di agganci. Ogni gancio rappresenta un’associazione e ogni associazione ha il suo raggio infinito di legami e connessioni […] Il tuo cervello contiene mappe informative che spiazzerebbero i migliori cartografi [ivi: 52, tda].

L’espressione ‘radiant thinking’ «(da ‘to radiate’, che significa ‘diffondersi o muoversi in varie direzioni, o da un dato centro’) si riferisce pertanto al processo di pensiero associativo che procede da o si connette a un punto centrale. Anche gli altri significati di ‘radiant’ sono rilevanti: ‘lo splendore luminoso’, ‘la vista di occhi luminosi che luccicano di gioia e speranza’ e ‘il punto focale di una tempesta di meteoriti’ – simile a un ‘esplosione del pensiero’» [ivi: 54, tda].Come Novak, anche gli inglesi affermano così che «più apprendi e associ informazioni in maniera organizzata e integrata, più facile sarà impararne di nuove» [ivi: 53, tda].

Il secondo assunto addotto dai Buzan riguarda la distribuzione dei compiti cognitivi tra i due emisferi del cervello (fig. 5). Secondo il neurobiologo e premio Nobel Roger Sperry [1961], il sinistro governerebbe il linguaggio, la logica, i numeri, le sequenze, la linearità, l’analisi e le liste; quello destro l’immaginazione, la creatività, il ritmo, la consapevolezza spaziale, la gestalt, il colore e la dimensionalità25.

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Queste scoperte furono confermate da altri autori tra quali il noto psicologo Robert Ornstein [1997]. I Buzan ammettono che vi sia una dominanza dell’uno o del’altro emisfero nelle differenti attività, ma sostengono che siano entrambi capaci di affrontare qualsiasi compito cognitivo in quanto queste capacità sarebbero distribuite lungo l’intera corteccia celebrale. La

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Gli autori sottolineano infine la potenza della memoria visiva riprendendo un esperimento condotto nel 1970 da Ralph Haber e Lionel Standing. I due psicologi mostrarono ai loro soggetti una serie di 2.560 fotografie, al ritmo di una ogni dieci secondi, nel corso di una serie di sessioni. Fatto ciò esposero le stesse persone a una nuova serie di altrettante coppie di immagini delle quali una apparteneva alla serie precedente e una no. La variabilità del tasso di riconoscimento delle immagini già viste registrata oscillò tra l’85% e il 95%26. I Buzan spiegano questi risultati con il fatto che le immagini, a differenza del linguaggio, coinvolgono una rosa più ampia di funzioni corticali, tra le quali anche quelle legate all’emisfero destro.

In termini generali, l’ingovernabilità della complessità informativa contemporanea alla quale abbiamo accennato all’inizio di questo e del precedente capitolo, sarebbe legata al fallace presupposto che il linguaggio scritto sia l’unico veicolo corretto per l’apprendimento, l’analisi e la trasmissione delle informazioni. Così «noi abbiamo preso la parola, la frase, la logica e il numero come le pietre fondative della nostra civiltà, forzando i nostri cervelli all’uso di forme espressive limitate assumendo che siano le uniche corrette» [Buzan e Buzan 1995: 40, tda]. Seguendo e forzando i meccanismi individuati da Krämer e Gerner, i due fratelli giungono così umilmente alla conclusione che «quando il primo uomo tracciò la prima linea, iniziò una rivoluzione nella coscienza umana, della quale le Mappe Mentali costituiscono l’ultimo stadio evolutivo» [ivi: 39, tda].

moda di bollare certi individui come soggetti a una presunta dominanza dell’uno o dell’altro emisfero sarebbe pertanto controproducente, perché limiterebbe la capacità, peraltro comune a tutti, di sviluppare l’intera gamma delle proprie potenzialità cognitive.

26 Ripetuto l’esperimento abbassando il tempo di esposizione a un solo secondo i risultati rimasero invariati.

Fig. 4 - Rappresentazione di un neurone attorniato dai suoi dendriti [Fonte: Wikipedia]

Fig.5 - Rappresentazione dei due emisferi del cervello secondo la divisione proposta da Sperry [Fonte: Zaccarelli 2009]

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Tony Buzan maturò queste convinzioni studiando per oltre vent’anni gli stili individuali del prendere appunti a scuola, all’università e al lavoro. Il risultato principale fu l’individuazione di una serie di stili, a detta dell’autore, generalizzabili ai diversi contesti e alle diverse culture. Caratteristiche comuni a tutti gli stili sarebbero la linearità, l’uso di simboli e l’approccio analitico, ma una pressoché totale assenza di caratteristiche fondamentali quali ritmi e schemi visivi, colori, immagini e dimensionalità, consapevolezza spaziale, buona forma e associazione. Gli svantaggi implicati dalla loro adozione, in coerenza coi menzionati principi cognitivisti e gestaltici, starebbero quindi nel celare le parole chiave, nell’ostacolare la memoria, nello spreco di tempo e nell’inibizione della creatività; ciò indurrebbe a perdite di concentrazione, di fiducia nelle proprie capacità e del piacere di apprendere in favore di noia e frustrazione. Come controesempio il volume riporta una ricca raccolta di pagine di appunti presi da alcuni “grandi cervelli” come, ad esempio, Leonardo da Vinci (fig. 6) che produceva vasti insiemi di «parole, simboli, sequenze, liste, linee, analisi, associazione, ritmo visuale, numeri, dimensioni e gestalt – un esempio di una mente completa che si esprime completamente» [ivi: 52,

tda].

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