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Le sfide per il piano regionale al tempo della cris

Nel documento Pianificazione regionale cooperativa (pagine 151-154)

Pratiche di pianificazione regionale: quale cooperazione?

5.5 Le sfide per il piano regionale al tempo della cris

Fin dalla assunzione di compiti pianificatori nel lontano 1972-1077, le regioni sono chiamate a costruire implicitamente strumenti di carat- tere cooperativo a livello regionale, ovvero uno strumento di pianifica- zione regionale che nasca da un processo condiviso insieme agli inte- ressi di livello regionale e quelli espressi a livello locale (con le relative difficoltà, che a questo livello paiono amplificate).

Le esperienze di pianificazione regionale maturate da allora han- no sperimentato forme e modalità anche inedite di cooperazione nello spazio regionale, che si sono misurate con quanto rimaneva della pia- nificazione di sistema in Italia e con la sua “ibridazione” da parte delle più recenti legislazioni regionali.

Dal quadro delle esperienze qui delineato emerge la necessità, per le regioni istituzionali, di definire indirizzi di governo in campo terri- toriale capaci di esprimere una vision condivisa e pertinente rispetto alla direzione di sviluppo prefigurata; individuare elementi strutturali connaturanti l’identità regionale e le sue declinazioni locali; esplicitare la strategia attraverso progetti operativi di area vasta. In sintesi, le re- gioni sono oggi investite di due compiti principali:

1. la programmazione e pianificazione del proprio spazio territoria- le, che implica la definizione dei propri strumenti e politiche, ma alla luce di nuove istanze e necessità;

2. l’intercettazione di risorse e politiche esterne allo spazio regionale che possano trovare connessione e collegamento con le politiche interne.

In riferimento al primo compito, molto è cambiato nell’ultimo decen- nio, non solo per l’emergere di nuove questioni e nuovi temi (paesag- gio, valutazione), ma anche per la necessità di attivare nuove forme di

governance cooperativa. Forme che oggi, in tempo di riorganizzazione

degli assetti istituzionali, a seguito anche della crisi finanziaria naziona- le, si stanno allargando, fino ad includere anche la cosiddetta area vasta, tradizionalmente riservata al livello della pianificazione provinciale.

In particolare, il Decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con la legge 22 dicembre 2011, n. 214 recante: «Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici», all’art.

23 (commi 14-20) ridefinisce completamente il ruolo delle province, svuotandole delle proprie funzioni e demandando queste ultime a re- gioni e comuni13.

Il trasferimento delle competenze (insieme alle risorse umane e poli- tiche) della provincia alle regioni implica nuovi oneri e responsabilità, a fronte di un risparmio che sembra irrisorio nella sua portata (Camagni, 2010). In ogni caso, rispetto alla competenza originaria della regione nell’ambito del governo del territorio, ovvero la formulazione di indiriz- zi di pianificazione regionale, che si esprimono in diverse nature e for- me del piano regionale (quadro/piano, strutturale/strategico), si confi- gura dunque un ulteriore livello di intervento della regione, chiamata a fornire indirizzi per la formazione di aree di pianificazione sovralocale.

Indirizzi che fino ad oggi sono stati poco presenti nella legislazione regionale (cfr. par. 4.1), ma che richiedono invece un adeguamento, se non della normativa regionale, almeno degli strumenti. Di conseguen- za, le indicazioni della regione per la definizione di ambiti di coope- razione di area vasta possono andare dalla enumerazione di semplici criteri alla individuazione geografica di ambiti pertinenti.

Individuazione capace di farsi carico delle differenze che contrasse- gnano i territori, per evitare proposte banali e derivate da riferimenti quantitativi come la numerosità della popolazione o la superficie terri- toriale. Si tratta di adottare un criterio di individuazione di ambiti so- vra comunali definito in ragione della programmazione dello sviluppo e del mantenimento della democrazia nei territori (Sbetti, 2011).

13 L. 214/2011, Art. 23 Riduzione dei costi di funzionamento di Autorità di Governo, del

CNEL, delle Autorità indipendenti e delle Province: «14. Spettano alla Provincia esclusiva- mente le funzioni di indirizzo e di coordinamento delle attività dei Comuni nelle mate- rie e nei limiti indicati con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze. 15. Sono organi di governo della Provincia il Consiglio provinciale ed il Presidente della Provincia. Tali organi durano in carica cinque anni. 16. Il Consiglio provinciale è composto da non più di dieci componenti eletti dagli organi elettivi dei Comuni ri- cadenti nel territorio della Provincia. Le modalità di elezione sono stabilite con legge dello Stato entro il 31 dicembre 2012. 17. Il Presidente della Provincia e’ eletto dal Con- siglio provinciale tra i suoi componenti secondo le modalità stabilite dalla legge statale di cui al comma 16. 18. Fatte salve le funzioni di cui al comma 14, lo Stato e le Regioni, con propria legge, secondo le rispettive competenze, provvedono a trasferire ai Co- muni, entro il 31 dicembre 2012, le funzioni conferite dalla normativa vigente alle Pro- vince, salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, le stesse siano acquisite dalle Re- gioni, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. In caso di mancato trasferimento delle funzioni da parte delle Regioni entro il 31 dicembre 2012, si provvede in via sostitutiva, ai sensi dell’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, con legge dello Stato. 19. Lo Stato e le Regioni, secondo le rispettive competenze, provvedono altresi’ al trasferimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali per l’esercizio delle funzioni trasferite, assicurando nell’ambito delle medesime risorse il necessario supporto di segreteria per l’operatività degli organi della provincia. 20. Agli organi provinciali che devono essere rinnovati entro il 31 dicembre 2012 si applica, sino al 31 marzo 2013, l’articolo 141 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Gli organi provinciali che devono essere rinnovati successivamente al 31 dicembre 2012 restano in carica fino alla scadenza naturale. Decorsi i termini di cui al primo e al secondo periodo, si procede all’elezione dei nuovi organi provinciali di cui ai commi 16 e 17».

Oltre a questi livelli di intervento, tuttavia, se ne aggiunge un altro, ancora poco analizzato nella sua portata, ma che presenta potenziali- tà notevoli sia in riferimento al quadro della pianificazione regionale italiana, sia a quello della competitività europea: la pianificazione co- operativa di livello orizzontale tra Regioni, sul tipo di quella attivata nell’ambito del Tavolo Interregionale della Macro-area Padano-Alpi- no-Marittima.

Se, infatti, è ormai consolidato il ruolo delle regioni nell’intercettare risorse e politiche esterne allo spazio regionale che possano trovare con- nessione e collegamento con le politiche interne, ruolo favorito da un sistema di allocazione dei fondi strutturali che ha come principale refe- rente proprio l’ente regionale stesso, tali esperienze non sono orientate a definire strategie di macro-area, ma sono piuttosto autoreferenziali.

Il Tavolo Interregionale rappresenta invece una reale esperienza di cooperazione orizzontale orientata alla pianificazione territoriale, in quanto nasce proprio in un momento in cui le regioni aderenti sono in procinto di modificare i propri strumenti di pianificazione territoriale e paesaggistica.

Alla luce di tali considerazione, il pianificatore regionale è chiamato a declinare i contenuti del nuovo piano territoriale regionale (vision di sviluppo strategiche, prescrizioni strutturali per ambiente e paesaggio, esplicitazione di progetti operativi e ambiti cooperativi sovra locali) alla luce di pratiche di tipo cooperativo, non solo di livello verticale, ma anche orizzontale, di carattere interregionale.

A scapito delle elaborazioni teoriche, le pratiche dimostrano che le regioni stanno già andando in questa direzione, con risultati più o meno evidenti: i capitoli che seguono riportano alcuni casi di cooperazione orizzontale e verticale nella pianificazione territoriale, non solo a livello regionale, ma anche a livello interregionale, per evidenziare potenzialità e limiti delle prime esperienze di pianificazione regionale cooperativa.

In particolare, oltre all’esperienza del citato Tavolo Interregionale saranno prese in considerazione le esperienze delle Regioni Toscana e Piemonte, non per esaurire il quadro, ma perché forniscono spunti interessanti e pertinenti per esplicitare le riflessioni fin qui maturate.

Cooperazione Orizzontale Verticale

Interregionale Tavolo Interregionale della

macro-area Padano-Alpino- Marittima

Cooperazione tra Piemonte, Liguria ed Emilia-Romagna relativa ai poli commerciali interregionali (dalla regione ai territori)

Regionale Integrazione del PIT Toscana

2005-2010 con il PRS Patto interistituzionale per il PIT Toscana 2005-2010

Individuazione degli Ambiti di Integrazione Territoriale (AIT) nel nuovo PTR del Piemonte

Nel documento Pianificazione regionale cooperativa (pagine 151-154)

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