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L’operatività del piano tra progetti regionali e ambiti di cooperazione sovralocale

Nel documento Pianificazione regionale cooperativa (pagine 147-151)

Pratiche di pianificazione regionale: quale cooperazione?

5.4 L’operatività del piano tra progetti regionali e ambiti di cooperazione sovralocale

Una ulteriore questione utile a delineare il piano territoriale regio- nale di ultima generazione riguarda l’operatività dello strumento, che si traduce in modalità di implementazione sempre più orientate all’in- dividuazione di ambiti di progetto territoriali o tematici.

Nella maggior parte dei casi, il livello regionale prefigura program- mi e progetti integrati relativi a una selezione di temi e aree di partico- lare criticità e problematicità: se in un primo momento questo orien-

11 Per una descrizione dei casi citati si rimanda a Belli e Mesolella (2008) e Fidanza

tamento al progetto sembra maggiormente evidente in quei piani che promuovono un approccio strategico alla pianificazione territoriale (Mesolella 2006a), esso risulta oggi parte integrante della maggior par- te dei piani regionali più recenti (Belli e Mesolella, 2008). Se già i PTR delle Regione Liguria, Marche, Campania e Umbria prevedevano un ampio ricorso a strumenti operativi con definizioni e finalità plurime (Progetti di iniziativa regionale, Progetti Pilota, Progetti Integrati, Aree Progetto nel PTR della Liguria, Cantieri Progettuali nel PIT Marche, Campi complessi nel PRT della Campania, Piani e programmi d’area in Umbria), i piani di ultima generazione fanno un ampio uso di stru- menti e programmi di carattere progettuale.

Negli enunciati del nuovo strumento approvato dalla Regione Lombardia si richiama esplicitamente l’esigenza di un piano di natura contestualmente strategica e operativa, in una logica orizzontale e fles- sibile, di forte integrazione tra politiche, obiettivi e strumenti attuativi. Gli obiettivi definiti nel Documento di Piano (3 macro-obiettivi e 24 obiettivi) sono intesi come un riferimento centrale per tutti i soggetti coinvolti a vario livello nel governo del territorio, riferimento da con- dividere per la valutazione dei propri strumenti programmatori e ope- rativi. Tali obiettivi sono intesi a definite le finalità di sviluppo socioe- conomico della Lombardia, ovvero le linee orientative dell’assetto del territorio regionale identificando gli elementi di potenziale sviluppo e di fragilità che si ritiene indispensabile governare per il perseguimen- to degli obiettivi. In questo senso, l’operatività del piano è insita nel- lo strumento stesso. Tuttavia, il Documento di Piano evidenzia anche alcuni elementi del PTR che hanno effetti diretti sul territorio e sugli altri strumenti di pianificazione, in particolare gli obiettivi prioritari di interesse regionale e i Piani Territoriali Regionali d’Area. Il Documento di Piano identifica infine gli Strumenti Operativi che il PTR individua per perseguire i propri obiettivi.

Anche il PTRC del Veneto enuncia la necessità di uno strumento che sappia cogliere opportunità derivanti da esiti decisionali e parteci- pativi conclusi, da risorse economiche disponibili o da valutazioni di monitoraggio su politiche e programmi. Per dare corso a questo indi- rizzo, utilizza i progetti strategici previsti dall’art. 26 della Lr. 11/2004, individuando una serie di progetti strategici valutati e selezionati in forza della loro capacità di assumere un ruolo trainante nella pianifica- zione locale e complessiva.

Gli stessi piani paesaggistici fanno ampio ricorso a progetti d’area, non solo con lo strumento del piano del parco o delle aree protette, ma anche attraverso progetti pilota intesi a rendere effettivo il ruolo del piano a livello locale. Nel DRAG della Regione Puglia sono pre- visti, ad esempio: un progetto di riqualificazione di un fronte urba- no di una piccola città; la progettazione paesaggistica ed ambientale di una grande infrastruttura o di una rete di mobilità infraregionale su ferro; un esempio di recupero di una cava; un progetto di parco agricolo multifunzionale (agricoltura di qualità, allevamento, funzioni ecologiche (territorio rurale come rete ecologica minore), paesistiche,

energetiche (mix locale di fonti energetiche rinnovabili, fruitive (per- corribilità), turistiche); la realizzazione di reti corte fra produzione e consumo; un corridoio ecologico (rilievi, pianura, costa); un esempio di turismo sostenibile in aree interne; la riapertura al pubblico dell’ac- cesso di un’area costiera interclusa di alto valore paesaggistico; un re- golamento edilizio esemplificato su piccola scala, con l’introduzione di regole qualitative sui materiali da costruzione, le tipologie, l’ambiente, i colori, l’inserimento nel paesaggio urbano e rurale.

Il Quadro Territoriale Regionale a valenza paesaggistica (QTR/P) della Calabria individua le azioni progettuali di rilevanza strategica per lo sviluppo sostenibile del territorio nonché per la tutela e valorizzazione del paesaggio. Assumendo la prospettiva di “un territorio chiave-un progetto”, le azioni progettuali sono considerate come ambito priorita- rio di concertazione tra gli attori istituzionali di governo del territorio, e in particolare della Regione, delle Province, della Comunità monta- ne, dei Comuni e dei Parchi. In alcuni territori di interesse nazionale ed europeo, quali la “piattaforma meridiana” tra Gioia Tauro e Reggio, la concertazione dovrà estendersi alle amministrazioni centrali e comuni- tarie competenti. I progetti, costruiti attraverso il metodo dell’accordo tra i diversi soggetti istituzionali interessati, e recepiti negli strumenti di pianificazione vigenti, diventano occasione prioritaria per il reperi- mento e l’ utilizzazione dei finanziamenti a vario titolo disponibili sia presso la Regione che altrove. Lo strumento principale per sviluppare un’attività organica di proposte progettuali è la istituzione di Labora- tori progettuali promossi dalla Regione nell’ambito del QTR/P e aperti alla partecipazione delle istanze provinciali e comunali.

È chiaro, dunque, come l’individuazione di ambiti progettuali di livello regionale implichi l’attivazione di un rapporto diretto tra la re- gione e gli interessi specifici che si concentrano sul tema progettuale individuato o sull’ambito territoriale definito nel piano. Fortemente connessa a questo modo di intendere l’operatività del piano, via pro- getti e programmi tematici o territoriali di livello regionale, è l’indivi- duazione di ambiti sovra locali di intervento o di copianificazione.

In alcune regioni, infatti, risulta chiaro il nesso tra cooperazione territoriale e operatività del piano regionale, per cui l’individuazio- ne di ambiti territoriali sulla base di caratteri storici, socio-economici e identitari non è finalizzata solo alla specificazione degli obiettivi e indirizzi del piano, ma rappresenta la base per attivare modalità di copianificazione e cooperazione istituzionale. È il caso, ad esempio, del Piemonte: il Piano Territoriale Regionale (PTR) approvato nel 2011 identifica trentatre ambiti di copianificazione emergenti dal territorio, gli Ambiti di Integrazione Territoriale (AIT), intesi come sistemi terri- toriali costituiti da ambiti sovracomunali che rappresentano i sistemi di aggregazione rispetto ai quali declinare gli obiettivi per il governo del territorio. Si tratta di unità territoriali di dimensione intermedia tra quella comunale e quella provinciale, individuati e delimitati come spazi, normalmente gravitanti su un centro urbano principale, entro i quali si sviluppano le relazioni di prossimità dei soggetti, aggregati

territoriali che più si avvicinano al modello dei sistemi locali, intesi come possibili attori collettivi dello sviluppo territoriale. Le informa- zioni e valutazioni relative a ciascun ambito sono poi sintetizzate per aggregati territoriali più vasti, (i quattro Quadranti Nord-est, Sud-est, metropolitano e Sud-ovest in cui si può dividere il territorio regionale), in cui gli AIT rappresentano “nodi” di una rete di sistemi locali. Il Pia- no raccoglie l’eredità mai dimenticata dei comprensori, che già aveva improntato il precedente piano regionale del 1997, amplificandone le componenti cooperative, legate in particolare alla co-pianificazione e alla pianificazione intercomunale.

Anche il Friuli Venezia Giulia tratta il tema dell’intercomunalità, con una declinazione particolare che viene dall’apparato normativo configurato dalla Lr. 5/2007: essendo a statuto speciale, questa Regio- ne presenta una situazione particolare in merito sia alle questioni del governo del territorio, sia al rapporto con gli enti locali e provincia- li. La Lr. 5/2007 e il Piano Territoriale Regionale adottato lo stesso anno sanciscono l’abbandono di una dimensione prettamente conformativa della pianificazione territoriale, legata alle vicende del Piano urbanistico

regionale generale (PURG) del 1978; vicende che, se per l’epoca sono sta-

te paradigmatiche e hanno permesso di affrontare questioni impellen- ti (come la ricostruzione dopo il terremoto del 1976), oggi richiedono un notevole sforzo di adeguamento alle attuali esigenze di governo del territorio. Rispetto a un tipo di piano tradizionale, dunque, il PTR adottato nel 2007 mira a definire una prospettiva maggiormente stra- tegica del governo del territorio regionale e a delineare nuovi rapporti con gli enti locali. La prospettiva delineata dal PTR riguarda infatti lo sviluppo dell’area vasta, considerando – in linea con l’indeterminatez- za della legge regionale 5/2007 – il livello provinciale non praticabile: il nuovo piano territoriale intende dare ai Comuni uno scenario con obiettivi generali e specifici entro i quali gestire una completa auto- nomia nel governo del loro territorio, anche attraverso l’intercomu- nalità12. Il processo di adozione dello strumento, ad oggi, non risulta

concluso a causa del cambio di colore nell’amministrazione regionale, che ha espresso l’intenzione di modificare ulteriormente il sistema di pianificazione regionale (Lr. 22/2009) attraverso uno strumento di pia- nificazione regionale, il Piano del governo del territorio, che si compone dei già citati Documento territoriale strategico regionale e Carta dei va- lori. Le modifiche previste dalla nuova giunta regionale sono dunque intese a dare una specifica connotazione alle parti strategica e struttu- rale del piano e una operatività dello stesso legata alla progettualità di stampo sovralocale.

In sintesi, le esperienze in corso evidenziano una questione comune legata alle possibilità di implementazione del piano regionale: la visio-

12 Per un approfondimento relativo al processo, ai temi e all’organizzazione del Pia-

no Territoriale Regionale del Friuli, si rimanda a Fabbro (2007), in particolare il cap. 6 “La costruzione del piano territoriale regionale strategico”.

ne strategica veicolata dal piano territoriale richiede necessariamente uno sforzo di integrazione tra politiche di area vasta, anche a livello fi- nanziario. Il Piano territoriale regionale, infatti, soffre della difficoltà di incidere su alcuni settori piuttosto che su altri, difficoltà legata sia alla necessità di una effettiva rispondenza tra le politiche del PTR e le pre- visioni del Piano Regionale di Sviluppo (PRS), sia alla volontà politica di attuare determinate azioni piuttosto che altre, che determina ancora l’emergere di temi più forti (mobilità, abitare, risorse rinnovabili ecc.), perché meglio finanziati e sostenuti a livello politico, rispetto a temi deboli come la ruralità e il paesaggio.

Nel documento Pianificazione regionale cooperativa (pagine 147-151)

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