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2.3. L A STAGIONE DEL NUOVO CODICE DI PROCEDURA PENALE

2.3.2. La legge delega n 81/1987

Terminata la stagione d’emergenza terroristica, fu emanata una nuova legge delega per la stesura del codice di procedura penale. La direttiva n. 59 della legge delega presentava un testo accurato, caratterizzato da un chiaro favor libertatis e si trattava di previsioni <<ispirate al principio di “stretta necessità” per quanto riguarda la definizione dei limiti oggettivi di operatività delle misure di coercizione personale,

191 M. Serraino, Tutela cautelare e salvaguardia dei diritti della persona, in Libertà

dal carcere. Libertà nel carcere. Affermazione e tradimento della legalità nella restrizione della libertà personale, 2013, Torino, p. 199.

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nonché al correlativo principio del “sacrificio minimo” per quanto riguarda il tenore della concreta incidenza soggettiva delle medesime misure, e quindi della limitazione che possa derivarne alla libertà dell’imputato192

>>. <<Un merito della “cultura della riforma>> è indubbiamente, nel tentativo di ridurre la custodia cautelare ad extrema

ratio, <<l’aver spezzato il pregiudizio secondo cui soltanto il carcere

sarebbe “naturalmente” in grado di venire incontro ad esigenze cautelari effettive durante il procedimento penale193>>. Veniva portato in auge un principio di proporzionalità che trovava il suo spazio privilegiato nel determinare i rapporti tra la misura cautelare e le esigenze che con questa andavano fronteggiate: <<la proclamata inviolabilità della libertà personale rende inaccettabile ogni sacrificio di questo bene che risulti comunque evitabile; ed in questa prospettiva, diventa subito necessaria la previsione di una serie differenziata di interventi di coercizione personale, così da consentire l’adozione della misura meno vessatoria tra quelle sufficienti a soddisfare le esigenze del caso concreto194>>. Una delle maggiori novità della legge delega riguardò l’esclusione di qualsiasi automatismo collegato alla natura o alla gravità dell’imputazione, con il conseguente rifiuto di quei meccanismi che fino ad oggi avevano caratterizzato la cattura obbligatoria e la concessione della libertà provvisoria: il giudice dovrà sempre valutare caso per caso la sussistenza del fumus commissi delicti e del periculum libertatis, sulla base di criteri di discrezionalità vincolata fissati dal legislatore.

Nel complesso della nuova disciplina assume un risalto decisamente importate il complesso delle “disposizioni generali” che, a cominciare dal principio di legalità sancito nella norma di apertura all’art. 272

192 V. Grevi, Le garanzie della libertà personale dell’imputato nel progetto

preliminare : il sistema delle misure cautelari, in Giust. Pen, I, 1988, p. 481.

193

M. Chiavario, Una “carta di libertà” espressione di impegno civile: con qualche sgualcitura (e qualche.. patinatura di troppo), in Commento al nuovo codice di procedura penale, a cura di M. Chiavario, 1990, Torino, p. 10.

194

E. Marzaduri, voc. Custodia Cautelare nel diritto processuale penale, in Digesto delle discipline penalistiche,1989, Torino, p.290.

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c.p.p., volevano inseguire l’obiettivo di restringere l’operatività delle misure cautelari, richiedendo un maggior sforzo definitorio in riferimento ai presupposti che consentono di restringere la libertà personale dell’imputato. In ordine al fumus commissi delicti si individuava quale condizione la sussistenza a carico del soggetto dei “gravi indizi di colpevolezza”, <<con l’evidente proposito di accentuare (rispetto alla formula del vigente art. 252 c.p.p., dove ci si accontenta dei “sufficienti indizi”) la consistenza della piattaforma indiziaria indispensabile per l’adozione di qualunque misura cautelare personale195>>. Riguardo i pericula libertatis, se da un lato si circoscriveva l’esigenza processuale e finale, richiedendo “inderogabili esigenze attinenti alle indagini” e un “concreto pericolo di fuga” in relazione a un “reato di particolare gravità”, dall’altro veniva lasciata generica proprio la finalità preventiva attraverso il riferimento alle ormai conosciute ed indefinite “esigenze di tutela della collettività”. Il legislatore delegato si trovò dunque a dover nuovamente specificare e dare concretezza alla finalità di natura sostanziale, in modo da non violare il principio di legalità stabilito all’art. 13 II comma Cost. In tale situazione tuttavia la Commissione incaricata di redigere il progetto del codice non poteva non prendere in considerazione gli approdi raggiunti dalla Corte Cost. con la sent. n. 1 del 1980196, che aveva specificato che il contesto normativo della legge Reale permettesse di identificare quali fossero i reati che ponevano in pericolo le esigenze di tutela della collettività. Quegli elementi potevano infatti esser ritrovati, secondo la Consulta, nelle fattispecie caratterizzate da <<uso d'armi o di altri mezzi di violenza contro le persone, riferibilità ad organizzazioni criminali comuni o politiche, direzione lesiva verso le condizioni di base della sicurezza collettiva o dell'ordine democratico197 >>. Al

195

V. Grevi, Le garanzie della libertà personale dell’imputato nel progetto preliminare : il sistema delle misure cautelari, in Giust. Pen, I, 1988, p. 486.

196 In questo senso vd. M. Chiavario, Sub art. 274 c.p.p., in Commento al nuovo

codice di procedura penale, 1990, Torino, p. 55.

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legislatore toccò l’arduo compito di tradurre in termini normativi la pronuncia costituzionale e, mentre, lasciandoli sostanzialmente intatti rispetto alla disciplina previgente, scelse quali parametri per valutare la pericolosità dell’imputato la “personalità dell’imputato”, nonché le “specifiche modalità e circostanze del fatto”, ridefinì completamente gli elementi oggetto della prognosi attraverso il riferimento al “concreto pericolo” che l’imputato potesse commettere <<gravi delitti della stessa indole di quelli per cui si procede o diretti contro la sicurezza collettiva o l’ordine costituzionale, ovvero gravi delitti di criminalità organizzata>>. Risulta in tal modo evidente l’eco della Corte Costituzionale, nonché il <<disagio di traduzione in termini normativi non arbitrari di una formula assai più politica che giuridica, come quella imperniata sullo scopo della tutela della collettività198>>. Il legislatore delegato, anziché recepire automaticamente quanto aveva affermato la Corte, ha preferito <<ritagliare un, sia pur circoscritto, spazio ulteriore di ricorso a questa finalità, cosicché il relativo disposto è venuto a legittimare l’adozione delle misure “ quando, per specifiche modalità e circostanze del fatto e per la personalità dell’imputato, vi è il concreto pericolo che questi commetta gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l’ordine costituzionale ovvero di delitti di criminalità organizzata o della stessa specie di quelli per cui si procede”199

>>. Già nel Progetto Preliminare del 1978 la formula delle “esigenze di tutela della collettività” era stata ritenuta troppo generica cosicché, volendo restringere l’operatività di tali esigenze, la soluzione era stata individuata nel riferimento a un’identità di indole tra il reato oggetto di imputazione e il reato da prevenire. Tale riferimento venne mantenuto anche nel Progetto Preliminare del 1987, <<affiancato però da ulteriori esplicazioni delle potenzialità applicative in funzione cosiddetta “preventiva” delle

198 V. Grevi, Le garanzie della libertà personale dell’imputato nel progetto

preliminare: il sistema delle misure cautelari, in Giust. Pen., 1988, p. 487.

199

M. Chiavario, Variazioni sul tema delle “misure coercitive” tra nuovo codice e “legge anticipatrice”, in Giust. Pen., 1989, III, p. 7.

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cautele; cosicché quel riferimento, anziché un significato limitativo, veniva ad avere un significato diverso, estensivo di quello che, alla luce di quanto osservato dalla Corte Costituzionale, appariva appunto esplicazione “corretta” della finalità di cui si discute200

>>. Ciò fu il motivo per cui la Commissione Bilaterale fin dal primo suo parere si mostrò dubbia nei confronti di questa formula che appariva difforme rispetto al testo della delega, motivo per cui, nella revisione finale del testo del codice, si sostituì il riferimento alla “stessa indole” con quello della “stessa specie” , in quanto quest’ultimo appariva una soluzione maggiormente equilibrata e capace di scoraggiare ambiguità interpretative troppo pericolose. La pronuncia della Corte Costituzionale andava sì seguita in modo essenziale per non trarre conclusioni discordanti, ma se da lì ne scaturisce una inequivocabile necessità di circoscrivere un concetto vago quale le “esigenze di tutela della collettività”, <<non si può dire che ne venga, con altrettanta nettezza, un’indicazione di tassatività circa i criteri specificatamente adottati per interpretare ( o formulare) correttamente una normativa di salvaguardia di quelle esigenze201>>. In tal modo appariva lecito prevedere accanto alla consacrazione normativa delle conclusioni di quella sentenza un autonomo spazio di applicabilità di tale esigenza, nonostante non si possa <<negare che la previsione della cautela personale per prevenire delitti della stessa specie è destinata a suscitare motivate perplessità202>>: il collegamento con le esigenze di tutela della collettività non sembra poter esser sempre riconosciuto in via automatica a fronte del pericolo di ripetizione di un delitto della stessa specie. Ciò costituisce il motivo per cui una <<diffusa (e non immotivata) fiducia di fondo nella saldezza e nella complessiva “civiltà” dell’impianto autorizza a guardare senza affanno anche alla

200 M. Chiavario, Variazioni sul tema delle “misure coercitive” tra nuovo codice e

“legge anticipatrice”, in Giust. Pen., 1989, III, p. 7.

201 M. Chiavario, Variazioni sul tema delle “misure coercitive” tra nuovo codice e

“legge anticipatrice”, in Giust. Pen., 1989, III, p. 8.

202

E. Marzaduri, Misure cautelari personali (principi generali e disciplina), in Digesto delle discipline penalistiche, 1994, Torino p. 72.

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prospettiva (non irrealistica) di interventi della Corte Costituzionale203>>, come pure a quella di ritocchi legislativi.

Poco prima dell’emanazione del codice del 1988 intervenne la legge n. 330 del 5 Agosto 1988, la c.d. “legge anticipatrice del codice di