ca-tto fio allora condotta. La tavola deisuni mi-It-cessori era stata decentemente frugale,e servivano per condimento della medesima la cordialitàfraterna, e Pedificanti conferenze.
Nella sua legnavano I’abbondanza, il lusso, le parole licenzioseed una smoderata allegrezza.
I divertimenti, che ad essasuccedevano, era-no ancor più tumultuosi. I monaci, riscaldati dal vino, ed allontanati unavolta dalla profes-sione regolar»; e modesta, più non osservava-no quella ritenutezzae quella decenza, chela educazione insegna ai mondani di mantenere
fin nei loro piaceri.
Dopo
Pasqua, l*imperatore convocò un con-cilio in s. Sofia. Il nuovo patriarca vi presie-deva, insieme con Costantino,figlio di Leone,il quale non volle assistervi in persona, per timore di anatemaltizzare collasua sottoscri-zione 1.»fede, che aveva giurata al suo innal-zamento all’impero, sebbene non temesse di sp ergiurare neisuoi editti; scrupolo strano, cui smentiva lasua condotta. Sifecela lettu-ra degli atti delconcilio tenuto sotto Costan-tino Copronimo, ed onorato col
nome
di set-timoconcilio generale. Niceforp, e tutti i ve-scovi ortodossi furono anatemitizzati.Vi furo-no strascinati a forza molti prelati Cattolici:se ne laceraronogli abiti:furorib gettriU per
382
LEOKÈ
V. l’i B J(B S O, terra, e calpestiti; edopo tutti gl*insultied
i furori d*una truppafanatica e sfrcuala, mal-conci, insanguinati, furono rinchiusi nelle car-ceri,dallequali furono trattialcunigiorni ap-prèsso, per vedere se tautiindegni trattamenti avessero infiacchito il loro coraggio.
Ma
essen-dostati trovati nonmeno
costanti che prima, furono abbandonati alla severitàdell' imperato-re, il qualegli esiliò:ma
pocosoddisfattodi una pena,secondo Itti, troppo leggiera, man-dava a quando a quando carnefici, ed alcuni giudicinon
meno
crudeli, per far loro soffri-rà i più rigorosi tormenti.Nella terza sessione futerminato il concilio, colla soscrizione dei vescovi iconoclasti, e del figliodell’imperatore.La persecuzione,munita diquel decreto, di-venne piùviolènta. Furonoabbattute,o bru-ciateleimmaginiintutte lechiese rotti ivasi sagri, sopra i quali si vedeva qualchefigura; tagliata la lingua a quelliche osavano
mormo-rare contro 1*empietà; e lacerati sottole sfer-ze gli uomini e le dono-», che non aderivano all*errore.La confiscazione dei beni succedeva sempre alsupplizio. L’esilioera una grazia,
ma
si procuravadirenderlo incomodoe dolo-rosoal maggiorsegno, presciegliendoquei paesi barbari, incui ilnome
cristiano era inorrore.Ma
niun ortodosso era trattato più rigorosa-mentedei vescovi e deimonaci. Gli unispi-LIBRO
LXYlll. 38‘5 ravano sottolesferzate, e gli altri cuciti nei sacellierano gettati in mare.Non
si trovava asilo, che lisalvasse dalla crudeltà dell’ impe-ratore, il quale li perseguitava 6n negli antri de’monti edelle roccie.La stessa Costantino-poli era divenutaun luogoselvaggio.Una
bar-bara inquisizione rendeva la capitale dell’ im-pero un covile di bislieferoci. Le ricompense promesse ai delatori avevano rotti tutti ilega-mi
, non solo della società civile,ma
della stessa natura. Gli schiavi accusavanoipadroni e si videro i figliuoli tradire quelli, da cui
ricevuta arcano la vita. Avere un’immagine,
un libroche ne approvasse il culto, dai ri-cetto adesuli,servire ad unprigioniero, era-no delitti riputati degni della flagellazione e dell’esilio. La madre dell’imperatore si sfor-zava invano di moderare labarbariedelfiglio:
le rimostranzee preghiere di lei venivano ri-gettate con disprezzo; eglicredevadifarmolto perdonandole all’ imbecillità della vecchiaja.
Giovanni Leconomanteera il solo, che fosse ascoltato dal principe; il patriarca non ne era che il miuistio. Questo prelato ignorante si maravigliava deliostrepito prodotto dalla ca-duta delle immagini. Educato nelle massime del despotismo militare
, credeva che la reli-gione dovesse ubbidireaqualunque cennodella volontà delsovtaco.
Maudò
le sue letteresi-584 L F. O N E V. l’A R
M
E N O.noduli a papa Pasquali1, il quale ricusò di ri-ceverle,e deputò alcuni legati per sostenere lacausa delle immagini;
ma
la loro missione non servi che arenderli testimoni degliorroii eli’essi volevano impedire. Il papa non poten-do far cessare la tempesta insorta contro gl»ortodossi, lu ridotto a procurar loro un asilo facendo fabbricare in
Roma
il monasterodis.Prassede, perricevervi i Greci fuggitivi, oh»?
trovavano in quel ritiro la sussistenza ed il
riposo, eh’era loro negato nella patria. La-scio alla storia ecclesiastica il particolarizzare
i mali, che solforisino alla fine del regno di questo principe un gran
numero
di prelati, di monaci e di laici religiosi, I’invincibile co-raggiodei quali è impresso a caratteri inde-lebili nei registri del cielo , e negli annali dellaChiesa che devono esserne la copia.Ma
non potrei senza ingratitudine passarsotto si-lenzio l’elogio, che merita Teofane, la cui opera, sebbenescritta rozzissimamente, e po-coesatta in ispecialitàriguardo agli affaridel-1’Occidente, mi è statanondirnancoutilissima.
Ne ho già parlato, trattando del concilio di Nicea, acui egli intervenne. Teofane,
quando
\ Leone montò il trono,era abatedelmonastero\
; di Sigriana in Bitinia. Il principe, persuaso\
\ che Vesempio d’un
uomo
di tal merito po-etesse produrre ungrand’effetto infavore del- \L 1 BB O LXV11I. 385 l’eresia, fece tutti gli sforzi per indurlo u, condannare il culto delleimmagini;
ma
sicco-;rneTeofane si eradimostratoinflessibileatul-j te le di lui sollecita/ioni,cosi fu caricato di-catene, c condotto in Costantinopoli, sebbene per malattiafosse confitto inletto daunanno.
Costantenei suoi rifiuti, fu posto in prigione, e sofferì per due anni i più crudeli tratta-menti. Indebolito finalmente da tantimali,ed avendo appena forza di respirare, fu traspor-tato.nell’isola di Samotracia, dove visse per soli ventitré giorni. Egli è onorato del titolo di confessore.La di lui opera, intitolata Cro-nografia, incomincia dal primo anno di
D
io-cleziano, e termina nel primo del regno di Leone1’Armeno.I terremoti, i caldieccessivi, e le siccità se-guite dalla peste,dallafame, dai tnmnlti po-polari edalle sedizioni, tutti questi mali, che
si credettero annunziati dauna gran cometa,
fenomeno sempre terribile agli occhi del vol-go,si riguardaronodaipopoli
come
altrettanti flagelli per punire l’empietà dell’imperatore (an,817, 818, 819.).Leone meritavain fattL/d*essere castigato dal cielo perla sua ostina-zione nel sostenere 1’eresia.
Ma
gli autori cat-tolici,chelochiamanol'Amatecilaperlaguerra che faceva agli ortodossi, confessano eziandio che senza quel funesto capriccio, sarebbestato386
LEONE
V. L’ARMENO,
un principe degno di stima. li suo valore non era equivoco,avendoneeglidate luminose pio-' ve anche prima di pervenire all’impero.
Non
vi fu principe piùintento amantenere, o ri-stabilire ladisciplina. Lasuavigilanzasi esten-deva sopra tutte leparti dell’ordine pubblico.
Prima di lui, luttosivendeva nella corte:i fa-voriti facevautraffico ditutte le cariche;il de-naro creava i magistrati,i governatoriditutte le provinole,gli uffiziali civili e militari,i ge-nerali degli eserciti.Egliabolìquel vergognosa commercio.Disinteressatoed incorruttibile,non premiava cheil merito.Attivo ed istancabiie,
ignorava i piaceri,e privavase stesso del ri-poso per procacciarloaisuoi popoli.
Sempre
a cavallo, consumaval’invernonell’esercitare le sue truppe, e la state nello scorrere le pro-vincie, correggendogliabusi,punendo le ves-sazioni e le ingiustizie, ristabilendo le cittàe le fortezzeruinate dalla guerra, rialzando le frontiere dell’impero, forzate tante volte dai Bulgari,uellaTracia enellaMacedonia. Istrutto uellc leggi,enell’ordine giudiziario, losi vi-de sovente)presiedere ai tribunali,giudicete-muto
duljdelitto,e principalmente dall’abuso del poterti.Un
giorno, in cui uscivadal pa-lazzo, unpovero cittadinoglipresentòuna sup-plica,nellaqualegliesponeva, chegliera stata aaprtu la moglie daun senatore, e eh’
essen-L l i: » o Ì.XTIIV. 3H7 dosato lamentato col prefetto delia città, non ne aveva potuto otteneregiustizia. Leone co-luandu, che glisieno condotti, al suo ritorno, l'offeso, Toffensore, ed il prefetto. Entrato nel palazzo, ascoltaperminuto laquerela;ed essendo stato 1*accusato convinto per la sua propria confessione,ei lorimisealbracciodella giustizia peressere punito secondo il rigore delle leggi.Volgendosiposciaalprefetto:
E
tu, gli disse,perchènonhai punita questa violen-za?Avendo ilmagistrato addottala scusadella condizione del reo:- «Tu
stesso servirai di« prova, ripigliò I’imperatore4 che non v' è
« dignità
, la qutde possa ricoprire il
de-« litio. Ti dichiaro decaduto dalla
prefettu-« ra, ed incapace di esercitarealcuna carica.
Ciò non ostante,siccome le stesse virtù nelle anime imperfettesi alterano, toccando i con-fini del vizio, così il suoduroe crudel carat-tere traspariva, malgrado i suoi atti di giu-stizia. Eccessivonei castighi, nonessferva ve-runa proporzionefra laqualità deldelitto, ed
ilrigore della pena.Percolpe leggierefaceva tagliarlemembra,che restavanoattaccatemolti giorni alle piazze della città: spettacolo orribi-le, chefaceva raccapricciarepiù per la giu-stizia, che per il delitto. Nondimeno si può dire, che nell’eccessodellacorruttela e del di-sordine, che alloraregnava,la stessa crudeltà