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LIBRO LXX. 50!

Nel documento BASSO IMPERO D A ss&ima a a. (pagine 156-161)

tito del pencolo che lo minacciavadallaparte d’un principe facilea dare ascollo alla calun-nia, si risolsedi fuggire dalla cortecolla

mo-glie, coi figli, e conalcuni amici, edi ritirar-si in Amestri nella Paflagdnin. I suoi nimici seppero dareaquell'innocenteritirataun’aria di ribellione.

Fu

equipaggiata una flotta,e ca-ricata di truppe, e si andò a cercareTeofobo con un formidabile apparato,

come

sefosseun dichiarato nimico.Orifa,comandante diquella spedizione, recò al preteso ribelle un ordine

ili ritornare a corte; con promessa ,in

nome

del principe, d’ esservi ricevuto

onorevolmen-te, e di potervisi trattenere con sicurezza. Uo-po non v’era che di una lettera per Teofobo.

Attonito al vedere quell’armamento,'ritornò, fidando nella parola dell’imperatore. Al suo arrivo, in vece del buontrattamento promesso, fu chiuso nella prigione del palazzo. \

b raitanto Teofilo, ( an.842 ) sentendosi vi-cino alla sua fine,si fece portare in lettiga al palazzo di Magnaura, dove sierano

raduna-ti per suo ordine il senato ed iprincipali abi-tanti. Allorché fa nel mezzodiessi,sifece sol-levare sopra il suo letto ;e raccogliendo le forze, che gli rimanevano, parlò di tal tenore:

« Tormentato da crudeli dolori,che mi

strap-“ pano la coronae la vita, non è già questa

« perdita,che cagiona il mio rammarico, la

502 t e o r t ln.

« coronaaltro non ha per

me

che spine; ed

« hoprovati nella vita più mali che beni.

Ma

« piango una sposa amata, ed un figlio

tutta-« via bambino, che lascio senza difesa, s’essi

« non trovano in voi la fede,con che

mi

ave-« te servito. Questo è un deposito sacro, che

« avoi confido. Ignoro la sorte che Dio mi

« prepara nell’altra vita.

Lo

prego ad usarmi

a misericordia;

ma

non lo pregocon

meno

« istanza ad inspirarvi permia moglie e per

«

mio

figlio quei sensi di tenerezza,cheavete

« avuti per me. Questo è un tratto di

giusti-« zia,che vi

domanda

la voce di 'un

mori-« bondo. »-

Un

taldiscorso, interrottopiù vol-tedal dolore edalla debolezza, eccitò le

la-grimeed i singhiozzi di tutti gli astanti. Al-lorché il principe fu riposto sopra il suo let-to, il loro dolore scoppiò in grida,ed in voti per la guarigione dell’imperatore, ed in pro-teste di servire fedelmente I*imperatrice e il di leifiglio, di conservar ad esso I’impero, e disagrificare peressi, sefosse d*uopo,la lo-ropropria vita. Teofilo si fece ricondurre al palazzo cheabitava, esemprepersuaso dei cat-tivi disegnidiTeofobo,

mandò

di notte a farlo trucidare.

Quando

glienefu recata la testa, siccome aveva quasi perduta la vista,pose so-pra essa le manitremanti,etastandogli il vol-to:

Tu

non seipiù Teofobo, disse;e

sospiran-LIBRO

AXIX- 503 dosoggiunse:

iopià Teofilo.Alcuni auto-ri dicono, che Teofobo non fu ricondotto in Costantinopoli; e che Orifa lo fece

mo-riresegretamentedi notte nella medesimanave.

Checché nesia, la mortedi ini fa tenutacosì segreta, chei Persiani,affezionati sempre al-lasua persona, e pieni di venerazione per la suavirtù,credettero pergran pezza,che mor-to non fosse,

ma

fosse stato rapitoalcielo,

co-me

ilprofeta Elia.

Dopo

quest’ ultimo atto di crudeltà, Teofiloentrò inun delirio cagionato dalla persecuzione, cheaveva esercitata. Gri-davacon quantoavea di lena': infelice eh!'io sono! vengo laceraloa colpi disferza. Passò tuttala notte ripetendo queste orribili voci, mentre 1’imperatrice, struggendosiinlagrime, implorava lamisericordiadivina. Teottisto, di lui cancelliere, vero cattolico, portava appesa

al collo un’immagine delSalvatore,che occul-tava condiligenza. Teofilo,veduta quella im-magine, loinvitavacon cenni ad avvicinarsi;

ma

Teottistotemendot nonforse quella vista irritasse l’imperatore,si scostavasempre più.

Finalmente, arrestato dagliuffiziali dell’ impe-ratore, fu Condotto, tutto tremante,al letto di lui. 1 cenni equivocidel monarca fecero

cre-, dere agli uffiziali, chegli volesse strappare i capelli: quindi avvicinaronoa forza ladi lui testa alle mani del principe; e Teottisto non

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ILO.

dubitava di non essersul puntodi perder la vita, quando Teofilo prese l’immagine,e se

I’applicò alle labbra. Parve subito, che i di lui dolori si calmassero: lesue grida cessarono;

e quando era per mettere 1’ultimo respiro,

Teodora glifece baciare un’immagine di Ge-sù Cristoe della SS. Vergine. Teofilo morì nel giorno 10 digennajo dell’anno 842.

dopo

dodici anni e tre mesidi regno.Conlai spirò

1’eresia degl’ Iconoclasti,cheavevaturbatoper cento venticinque annilaChiesa elostato.Egli aveva dichiarata I’imperatrice reggente del-T impero,durante 1’ infanzia delfiglio.

CosìmorìTeofilo, che la storiaavrebbe

me-no maltrattato, se nonfosse stato iconoclasta;

ovverose gl’Iconoclasti ne avessero scritto la vita. Il suo zelo per la giustizia basterebbe essosolo a farne un gran principe, ed il suo intrepido valore un eroe.

E

vero, che la giu-stizia giungeva in Teonlo finoallacrudeltà, e che il valore non era guidato dalla prudenza.

nei secoli infelici,nei qualisipuòdireche

vi sia penuria di virtù, è una fortuna il tro-vare nei principi le grandi qualità proprie del loro stato,sebbene frammiste a qualche Sega d’imperfezione.Gli storici di quel tempo,

tut-ticattolici, tutti zelatori del culto delle ima-gioì, eh’ei proscriveva con furore, non gli rendetterogiustizia:non veggono inlui che il

I1 Ctl O LX.1X. 505 nimico della Chiesa, edil suo

nome

ne' loro scrittiè sempre disonorato da qualche titolo ingiurioso.È, non v’ha dubbio, una gran di-sgraziaper questo principe l'essere stato ere-tico, ed una ancor più grande I*essere stato persecutore.

Ma

questo vizio, che innanzi a Dio ha cancellatotutte le sue virtù, nondeve infamarlo presso gli uomini. Non dobbiamo re-golare il nostro giudizio su quello de'suoi storici; è di mestieri bensì raddrizzare il loro giudizio sul racconto eh'eglino stessi fanno delle sue azioni.Ora nel tempo stesso che Topprimonodi rimproveri, hanno la ingenui-tà di narrare alcuni fatti che provanoeh’egli era regolato ne’suoi costumi, giusto,vigilante^

laborioso', intrepido ne'più gravi pericoli.

La

sua facilità a lasciarsi sedurreha prodotto tut-ti i mali del suo regno GiovanniLecanomante 10fece persecutore, e la calunnia lo rese in-grato versotutti quelli che meritatone aveva-noi favori.

Ma

ciò che dimostra lasna equi-tà naturale sièeh’ei riconosceva i suoi erro-ri,che li confessava,eprocacciavadi ripararli.

Egli avrebbe certamente pianta la morte di Teofobo, se gli avesse sopravvissuto:questo fu

11 più grave de’ suoi delitti.

Ma

i cortigiani gelosi e calunniatori non furono forse vie più colpevolidel principe moribondo,e indebolito dai suoi mali? Il lusso delle fabbriche, le cu*

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riosili ricercate, l’imbasceria di Giovanni

Le-canomante, quanto magnifica altrettanto frivo-la, furono una soma troppo gravosa pe’suoi sudditi;

ma

non pertanto da parecchi tratti della sua vitasi vede, eh’egli amava il

suo

popolo, ed esponeva sestesso pe’suoi soldati.

Suo figlio fu cattolicissimo; iodubito contut-tociò sei sudditi di Michele III non avreb-bero preferito divivere sotto 1*eretico

Teo-filo.

Piùletterato ebe i più de’ prelati del suo impero, egli amavalapoesia elamusica.

Fece

alcuniinni per ruffiziatura, enecomposeegli stesso il canto.

Fondò

maestri di musica pel clero disanta Sofia,e nelle grandi solennità

si piaceva di battere eglistesso la misura nel coro. Un’altra piccolezza,

men

degna

certa-mente

diperdono, siè cheessendo calvo

co-mandò

con un editto atutti isuoi sudditi di farsi tagliare i capelli, proibendo,sotto pena dellostaffile

, di lasciarli pendere più giùdel collo.Dicea di voler richiamare la virtuosa semplicitàdegliantichi Romani.

Vi

fusottoil

suo regno un gran disordine nelle stagioni:

inverni rigidi,calori estremi, pioggie conti-nue, produssero più volte la carestia: i trp-muoii furono frequenti:e di tutti questi ac-cidenti gli autori accagionano il principe, In cui empietà, dicono,era castigatadal cielo.

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