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La lettura degli Esquisses de Philosophie Morale di Dugald Stewart A scuola di metodo da un filosofo “pagano”

Sotto il breve ma efficace impulso di Manier Renan studiò accuratamente e annotò gli

Esquisses de morale di Dugald Stewart, traduzione francese degli Outlines of moral philosophy,

apparsi a Edimburgo nel 1793. La prima traduzione francese era apparsa, invece, nel 1826 a cura di Théodore Jouffroy. Della stessa seguirono una seconda edizione nel 1833 e una terza, nel 1841. È in questo anno che apparve una nuova traduzione degli Outlines, a Parigi e a Lione, a cura di P. H. Mabire. È questa versione quella che Renan aveva tra le mani. L’edizione di Mabire, uscita per la Librairie Catholique de Perisse Frères, prende in certa misura le distanze dalla traduzione ben più celebre del filosofo francese. Essa fu concepita esclusivamente ad uso dei giovani seminaristi, contrariamente a quella di Jouffroy che, come scrive Mabire, è certo indirizzata «aux intelligences déjà formées par l’expérience et par la réflexion»321. Se all’abate Mabire il fondo dell’opera di

Stewart pare irreprensibile, egli ha ritenuto opportuno «signaler dans quelques notes des idées qu’il ne convient pas, ce nous semble, de présenter à des esprits encore peu exercés, sans en relever et désapprouver la tendance»322. Vedremo nel prosieguo della trattazione quali interventi correttivi il sacerdote cattolico sentì l’urgenza di operare e quali furono le reazioni a tali rettifiche da parte di Renan, la maggior parte delle volte in contrasto col traduttore. Mabire aveva corredato il suo lavoro di traduzione con un’ampia introduzione di oltre cento pagine alla filosofia, articolata in tre capitoli, l’ultimo dei quali era stato dedicato ai rapporti tra la filosofia e la teologia ridiscussi da Mabire in termini conciliatori323. La copia degli Esquisses appartenuta a Renan, riccamente annotata, è conservata presso il Fonds Renan alla Bibliothèque Nationale (NAF 1154743). Il solito Pommier ha diligentemente raccolto le note di Renan nella prima parte del terzo volume dei «Cahiers Renaniens» intitolato Études Philosophiques (Issy, Saint-Sulpice). De l’Ecosse à V. Cousin324. Nella sua prefazione annunciava che si sarebbe occupato altrove dello studio di queste note pubblicate nel 1972, ma la morte gli impedì di realizzare il proposito. Riprendiamo quindi il suo lavoro di trascrizione cercando di adempiere noi stessi a questo importante compito lasciato in sospeso da Pommier e la cui continuazione fu auspicata anche da Marcel Bataillon sulle pagine degli «Études renaniennes»325, cercando di districarci tra le annotazioni originarie e quelle successive (ad esempio, quelle ove si trovano riferimenti precisi alle pagine dell’opera di Locke che, a Issy, Renan non aveva ancora letto, sebbene sostenga il contrario nei Souvenirs326). Questa operazione ci permetterà di osservare con più chiarezza quali fossero al tempo le idee di Renan su Dio, l’uomo, la società, il progresso, la politica, la morale, la teodicea, ci restituirà, insomma, una panoramica più o meno complessiva della sua filosofia negli anni di Issy. Come se non bastasse, questo studio, ci permetterà di venire a conoscenza, certo in maniera estremamente frammentaria e superficiale, di alcune delle nozioni scientifiche, astronomiche e di storia naturale, che Renan aveva appreso al

321

P. H. Mabire, Avertissement du traducteur, in Esquisses, p. II.

322

P. H. Mabire, Avertissement du traducteur, in Esquisses, p. II. Cfr., inoltre, J. Goldstein, The Post-Revolutionary Self. Politics and

Psyche in France 1750-1850, Harvard University Press paperback edition, Cambridge 2008, pp. 251-252. 323

«La philosophie sera toujours incomplète sans la théologie [...] cette science, nous ne trouvons pas qu’elle rende compte de tous les phénomènes [...] La théologie n’est une science qu’à la condition d’être précédée, guidée, pénétrée par la philosophie; qu’à la condition aussi de subir la forme et la méthode philosophique [...] Quant aux droits, on peut dire qu’ils son égaux [...] fondés [...] sur les lois de l’intelligence. L’observation rationnelle fournit à la science des faits d’une valeur incontestable; l’histoire, et l’enseignement révélé dont l’histoire établit les titres, apportent, d’autre part, des faits non moins irréfutables; nous ne concevons pas qu’on puisse accepter les uns en répudiant les autres». P. H. Mabire, Introduction, in Esquisses, pp. C-CI.

324

CR3, pp. 7-106.

325 Cfr. M. Bataillon, Cahiers Renaniens, in «Études renaniennes» n° 16, 1973, p. 10. 326

Cfr. S.E.J., O.C. II, p. 845. Renan non può che confondersi, giacché non si riscontrano nella sua produzione precedente al 1846, se non in queste note a Stewart, dei riferimenti a Locke. Egli ne conosceva già allora il pensiero, tuttavia, in maniera indiretta.

corso di Pinault. Si è detto infatti, nel precedente capitolo, che, purtroppo, ad oggi, non sono ancora riemersi gli appunti di Renan ai corsi di questo professore tenuti a Issy. Queste note a Stewart daranno la prova dell’interesse che la mente curiosa ed esploratrice del giovane seminarista aveva preso a queste lezioni, soprattutto a quelle di zoologia.

Prima ancora del discorso sull’anima, su Dio e sulla morale, sviluppato da Stewart attraverso l’analisi psicologica della persona umana nelle sue relazioni con se stessa, con gli altri e con Dio327

, Renan trova negli Esquisses un metodo. Questo lo mette in guardia sia dall’abitudine alla speculazione astratta, impermeabile al correttivo empirico, sia nei confronti di una pratica incurante dei principî generali. Renan riassume questa impostazione in una nota marginale al primo capitolo dell’opera di Stewart: «Il faut arriver aux principes généraux par l’expérience, puis descendre des principes généraux à l’expérience, quand on en est sûr»328

. In generale si può dire che Renan fa dei procedimenti scozzesi il metodo guida nell’analisi di sé e dello spirito umano e a tale metodo continuerà a riferirsi, ad esempio, nella nota 51 di טקל parlando di faculté speciale dello spirito umano, ma ancora in moltissime note del quaderno successivo. Il seminarista accoglie il metodo di Stewart in maniera talmente decisa da farsene egli stesso prosecutore nell’ampliamento del sistema delle facoltà umane che gli scozzesi, con le loro pur dettagliate e ben condotte indagini, non avevano di fatto esaurito. Sparse, tra la produzione di Renan, capita di incontrare note nelle quali il seminarista si rammarica che gli scozzesi non abbiano riconosciuto tale o tal’altra facoltà nell’uomo e non vi abbiano dedicato pertanto un’analisi particolare (al pudore, ad esempio329). Da ciò che si è visto affrontando il periodo iniziale degli studi filosofici di Renan, durante il quale la sua claudicante guida era la vetusta Philosophie de Bayeux, nulla lasciava presagire che, in breve tempo, si sarebbe manifestata in lui questa predilezione per la scomposizione dell’animo umano tramite una capillare indagine delle sue facoltà. Invece, questo tipo di ricerca divenne oltremodo privilegiata poiché si basava sui fatti, su dati in un certo senso concreti, e permetteva di ricondurre i casi particolari riscontrati per via osservativa (esterna o interna che fosse), attraverso quel procedimento che Renan chiama induction, a classi di principî generali. Non alla Philosophie de

Bayeux, ma all’analoga Philosophie de Lyon, altrettanto vetusta e sorpassata, Renan contrappone

l’esprit des Ecossais, in particolare, ovviamente, quello del moderato Dugald Stewart. Tale spirito non cerca forzatamente una «chimérique unité», ma conserva la pluralità laddove «les faits laissent pluralité, divisant par les fais et non artificiellement comme la Ph. de Lyon»330. Le potenzialità del metodo induttivo appaiono a Renan enormi, ce ne accorgeremo nel prosieguo di questo paragrafo. La sua applicabilità al cosmo, all’uomo, alla natura fisica e morale sono solo alcune delle possibilità apertegli dalla lettura di Stewart. Dal canto suo Renan sarà, per un certo periodo, portato ad estenderlo anche al piano onirico, in quelle brevi note sul sogno e sui suoi sogni dei quali un buon numero ci è conservato nei Travaux de jeunesse e nei quaderni del 1845-1846. Il seminarista aveva infatti “scoperto” quantomeno l’influenza sull’anima di stimoli sensoriali esterni (il suono di una campana) e di quelli corporei, e intuito quel legame psichico331 che congiunge il sogno alla vita e al ricordo (םיפעש [78], [81], [105]), di cui Freud tratterà preliminarmente alla sua Interpretazione dei

sogni332. Grazie a queste ricerche, che saranno comunque abbandonate nel periodo giovanile, il sogno, per Renan, non rappresenterà più quel «délire reglé» che Fénelon aveva interpretato come uno strumento utile a umiliare l’uomo poiché gli mostrava la debolezza della propria ragione. In quanto fenomeno psichico il sogno, per Renan, potrà essere studiato come qualsiasi altro fenomeno psicologico, magari distinto nella sua fenomenologia, classificato e dotato di senso all’interno di una più ampia riflessione sui fini della natura umana. Renan tuttavia non arriverà mai a tutto questo, lo intravedrà soltanto.

327 Renan riprenderà questi temi, ad esempio, in טקל [51]. 328 CR3, p. 17. 329 Cfr. TJ, p. 45. 330 CR3, p. 22.

331 Anche in una relazione di reciprocità. Renan sospetterà a volte che non soltanto i fatti psicologici siano alla base di certi sogni, ma

che certi sogni possano essere la causa di certi fatti psicologici (םיפעש [105]).

Il seminarista si addentra negli Esquisses con molta attenzione e una certa voglia di applicare il suo metodo fin dai primi momenti di lettura. I margini del volume diverranno il suo taccuino di analisi, ma non solo, anche il ricettacolo della sua critica al pensatore scozzese, soprattutto colpevole di non aver mai apertamente vagliato, nella sua trattazione, le dottrine morali cristiane, ben più degne di considerazione, a suo giudizio, di qualsiasi altra teoria antica, epicurea, stoica o peripatetica che fosse. Ma sono soprattutto elogi quelli che troviamo appuntati a bordo pagina: «très vrai», «parfait», «excellent», «remarque excellente», «excellente observation», «observation très juste», «bien traité», «belle speculation», «parfaitemant vrai» sono soltanto alcune espressioni di apprezzamento, tra decine, rivolte alla filosofia di Dugald Stewart. Metodo sperimentale e ricorso ai fatti, sono, su tutto, gli elementi che Renan predilige di tale impostazione filosofica e lo rimarranno sino alla seconda metà del 1845333.

Il seminarista è subito sollecitato dalla riflessione sulla memoria. Per Stewart oltre alla coscienza, essa è garante dell’identità personale, si tratta pertanto di una facoltà importantissima; secondo il seminarista, che ne aveva ricevuta in dono una eccezionale, tutta l’attività dell’anima si riduce, in sostanza, a fissarvi i pensieri e le percezioni delle quali ha coscienza334. Ma quali dinamiche soggiacciono alla possibilità del ricordo? Stewart introduceva il principio dell’associazione di idee e il suo lettore, entusiasta, se ne appropriava immediatamente riproponendosi, d’ora in avanti, di riportarvi tutte quelle singolari associazioni delle quali non si era ancora potuto ben rendere conto e «qui se rattachent à un endroit, à une impression, etc.»335. Ora, è nell’associazione di idee, dunque, che si espleta una delle principali funzioni dell’anima umana che, ricordando il passato, fa sì che l’io ritrovi se stesso e che con se stesso si ponga in continuità, garantendo così, come voleva Stewart, l’identità personale. Il principio di associazione di idee consente all’io presente di riavvicinarsi, nel tempo e nello spazio, all’io che è passato; è da questo principio, infatti, che Renan riconosce dipendere l’associazione tra una cosa che si è fatta o appresa e le diverse circostanze entro le quali tale cosa si è fatta o appresa. Sviluppato nelle sue implicazioni, questo ragionamento porta a concludere che nel ripresentarsi della medesima circostanza alla mente, ricompare anche l’oggetto in tale circostanza acquisito. Sebbene il tempo, in questa riflessione, non abbia forse ancora assunto i connotati drammatici del tempo distruttore al quale Proust dedicherà l’immensa Recherche — giacché Renan essendo allora credente e convinto dell’immortalità dell’anima non avvertiva forse ancora il bisogno impellente di fissare la memoria di sé in un’opera immortale — parte di quelle che il seminarista apprendeva dall’opera di Stewart erano dinamiche identiche a quelle della memoria involontaria proustiana che, per intuizione e grazia del caso, ci consentono di mantenere noi stessi nell’immutabilità dell’essere che siamo (la nostra «identité personnelle»336) e del quale ci riappropriamo di volta in volta. Ora la memoria e i suoi meccanismi permettono di resuscitare percezioni o sensazioni del vissuto, operazione che Stewart denominava conception, ma che Renan, sbagliando, equipara all’imagination337. Stewart aveva rimarcato come per compiere tale operazione fosse previamente necessario un «acte spécial ou effort de l’esprit» col quale imprimere nella memoria i dati acquisiti. Era ciò a cui, secondo Renan, si riduce l’attività dell’anima. Dunque la memoria non è soltanto una facoltà naturale ma, come voleva Quintiliano, il cui XI libro delle Institutiones ortoriae Renan ben conosceva e aveva a portata di mano durante la lettura di Stewart338, deve essere potenziata con l’esercizio339. Proprio

333

Nel 1846 troveremo, fra le sue note, l’ammissione di un ripensamento: «je crois que j’ai dépassé le simple point-de-vue des sciences expérimentales, restreintes à leur manière et à leur positivisme, lequel pourtant me charmait tant autrefois, et me satisfaisait complètement» (םיפעש [10]).

334

Cfr. CR3, p. 16.

335

Cfr. CR3, p. 19. Manterrà la parola ancora, nel 1846, in םיפעש [60] e in alcune note di ףסוי ראב, dove scriverà di credere questo principio maggiormente influente su di lui che su altri, per la quantità di associazioni di cui gli era capitato di sorprendersi e per la sfuggente delicatezza di alcune di esse (ףסויראב [35]).

336

Cfr. Esquisses, p. 11.

337

Renan non si rende immediatamente conto che per il filosofo scozzese l’immaginazione ha la precipua e più generica funzione di raccogliere delle qualità e delle circostanze da oggetti diversi per formarne, attraverso un lavoro combinatorio, una sorta di nuova creazione. Cfr. Esquisses, p. 29.

338

Come dimostrano i precisi riferimenti ai passi dell’opera annotati a margine degli Esquisses.

nell’autore romano Renan può rinvenire l’importanza della concatenazione delle idee (e delle parole) per il successo nell’arte oratoria, così che egli rimarca, in nota a Stewart, come non soltanto i dati mnemonici ma «les principes de la mnémonique» debbano essere rapportati al principio dell’associazione di idee340

. Quintiliano aveva distinto il ruolo della concentrazione e dell’attenzione e aveva rimarcato come la memoria venisse aiutata

dall’espediente di fissare nella mente la posizione degli oggetti [...] Difatti, quando siamo ritornati in certi luoghi dopo un po’ di tempo, non solo li riconosciamo, ma ci ricordiamo anche di quello che vi abbiamo fatto e delle persone; a volte ci tornano in mente anche i pensieri impressi341.

Renan, dopo aver associato — grazie allo stesso principio psicologico — la lezione di Quintiliano a quella di Stewart342, apprezza, di quest’ultimo, l’«observation très délicate et très juste» sul carattere spontaneo e su quello volontario dell’associazione di idee, distinzione che secondo Stewart spiegherebbe come mai certe transizioni che risultano fastidiose in uno scritto di filosofia non lo sono affatto in un’opera poetica. La fascinazione per tale meccanismo porta Renan ad auspicare che uno psychologiste, prima o poi, rediga un journal contenente le sue principali associazioni di idee, così come una raccolta dei suoi sogni «et de tout ce qu’il jugerait avoir pu y donner occasion; ce serait le moyen d’induire quelque chose sur ce sujet»343

. Nel 1899, indicativamente, questa pratica sarà attuata da Freud nell’analisi dei suoi stessi sogni e da lui stesso consigliata ai suoi pazienti per allenare il ricordo, spesso sfuggente, del sogno. Renan stesso comincerà a realizzare questo programma nel manoscritto intitolato Faits et observations

psychologiques portandolo avanti nei quaderni del 1845-1846 — dove rifletterà oltre che sul ruolo

della volontà e della memoria, sul rapporto tra percezione ed emozione nel sogno, sull’instabilità dell’identità personale, ecc.344

— ma non molto oltre. Ora, l’esercizio della facoltà mnemonica per Stewart garantiva, grazie all’abitudine, un potere sui processi intellettuali e, soprattutto, conferiva talento nell’improvvisazione. Queste osservazioni, per Renan estremamente feconde, statuivano che «ce qui constitue l’esprit, etc., n’est que la prédominance de tel principe d’association»345

. Le menti troppo logiche sono le più incapaci di concepire idee circostanziali, accidentali, opinative, improvvisate, divertenti e raffinate: «les hommes à associations logiques ne sont que très rarement des hommes d’esprit»346. Ma d’altro canto, Stewart mostrava anche i pericoli insiti in tale meccanismo e nell’abitudine a esso correlata. La frequente assurdità di queste associazioni, che si ripetono in maniera illogica per abitudine e opinione, è una delle fonti dei pregiudizi che l’uomo si trascina dietro sin dall’infanzia. Questo fenomeno si rende evidente, secondo Renan, soprattutto nella scelta della carriera. Non è una considerazione di poco conto, da parte di colui che finirà per scoprirsi dupé dall’insegnamento ecclesiastico ripetutogli, appunto, sin dall’infanzia e che deciderà di abbandonare la carriera sacerdotale. Quest’idea, Renan l’aveva mutuata da Pascal; chissà che durante la lettura delle Pensées, peraltro continuativa, non avesse riflettuto analogamente sul fatto che la sua scelta di perseverare nella carriera ecclesiastica fosse stata dettata anche — e forse soprattutto — dal principio dell’associazione di idee e dal principio di imitazione: «Le coutume fait les maçons, soldats, couvreurs [...] A force d’ouïr louer en l’enfance ces métiers, et mépriser tous les autres, on choisit»347, aveva scritto Pascal. D’altronde il meccanismo è molto potente poiché ad esso si associa un piacere, anzi, secondo Renan, persino tutto il piacere «est uniquement dans certains associations. Je l’ai prouvé cent fois»348

.

340

Cfr. CR3, p. 21.

341

M. F. Quintiliano, La formazione dell’oratore, cit., p. 1835.

342 Cfr. CR3, p. 19. 343 CR3, p. 19. 344 Cfr., ad esempio, ישפנ [89]. 345 CR3, p. 20. 346 CR3, p. 22. 347

B. Pascal, Pensées, cit., p. 78 [97-634].

Ma lo scritto di Stewart dà a Renan l’occasione di compiere anche alcune riflessioni di carattere logico e persino di avanzare una moderata “difesa” del metodo sillogistico che, come già si è visto parlando della Philosophie de Bayeux, con una certa coerenza, Renan riscatterà anche nei

Souvenirs d’enfance et de jeunesse. Vediamo in che senso. Innanzitutto va detto che Stewart

disprezzava completamente il metodo sillogistico e lo confutava in maniera sbrigativa: «[...] comme dans cette forme de raisonnement, l’esprit passe de l’universel au particulier, il doit avoir connu la vérité de la conclusion avant même que la mjeure soit formée»349. È chiaro quel che Stewart ha in mente: il sillogismo classico nel quale dalla maggiore universale affermativa, Tutti gli uomini sono

mortali, e dalla minore particolare affermativa, Socrate è un uomo, si passa a concludere che Socrate è mortale. Con la sua critica, il filosofo scozzese sottintendeva che per affermare che tutti

gli uomini sono mortali è necessario prima conoscere con certezza che anche Socrate è mortale. Renan, dal canto suo, riconoscendo la giustezza generale di questa obiezione, le oppone una considerazione ancora più problematica, contestando che non sempre l’universalità della premessa maggiore deriva dalla conoscenza di tutti i casi particolari. In questo modo, però, Renan applica il principio di analogia alla formazione dell’elemento portante del sillogismo, ricavandolo dunque per induzione e invalidandolo intrinsecamente sia sul piano logico che su quello ontologico350. Da un altro punto di vista, però, Renan si distanzia dal filosofo scozzese, ammettendo una certa utilità del sillogismo. Non certo dal punto di vista scientifico o filosofico, ma, quantomeno, lo reputa funzionale all’insegnamento e all’apprendimento di un metodo per riflettere con chiarezza: «Je crois en définitive que le syllogisme est indispensable dans les classes pour former l’esprit et donner des idées claires»351. È un’idea questa che, lo sappiamo, derivava a Renan dall’esperienza personale e che egli ribadirà nei Souvenirs, ricordando con molta clemenza l’obsoleta scolastica dei suoi testi di studio.

Messe da parte le questioni di logica, Renan si sofferma su un’altra questione capitale, soprattutto se riletta alla luce dei suoi tentativi autobiografici del triennio 1847-1850 (Ernest et

Béatrix e Patrice). Nella decima sezione del primo capitolo degli Esquisses, consacrata alle facoltà

o capacità intellettuali che inclinano l’uomo a determinate occupazioni e a determinati studi, Stewart aveva affermato l’importanza di uno sviluppo armonico dell’individuo:

La vivacité, la subtilité, la pénétration, la présence d’esprit, le bon sens, la sagacité, l’étendue, la profondeur, sont autant de points de vue particuliers de l’intelligence qui distinguent les individus, et qui présentent un sujet d’étude et d’observation également