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La riflessione sullo status ecclesiastico e l’influenza della sorella

Trascorso il periodo estivo, in settembre inoltrato, Renan compie un nuovo bilancio sugli studi filosofici. In una lettera a Henriette del 15 settembre 1842 ne mette in risalto l’aspetto distruttivo. Vera e propria «révélation» per lo spirito, dopo i frivoli studi di retorica, la filosofia abbatte il pregiudizio e l’errore, interroga le verità, dissolve quindi le certezze inclinando colui che ne fa pratica allo scetticismo. All’aspetto distruttivo se ne affianca uno costruttivo che ne costituisce il maggior punto di forza:

Elle forme à une raison inflexible, elle apprend à tout voir à nu et sans voile, ce qui est aussi rare que difficile, à observer les faits, à les combiner, à raisonner sur ces faits, et surtout à ne pas vivre en aveugle au milieu des merveilles et des singularités qui nous environnent de toutes parts, plus encore dans l’ordre intellectuel que dans l’ordre physique, et auxquelles on ne fait aucune attention244.

Questa disciplina affina lo sguardo intellettuale, dispone alla ricerca di una cartesiana distinzione concettuale, incede più per domande che per risposte e problematizza laddove sembrerebbero non presentarsi problemi. Da questo punto di vista, la fascinazione di Renan è tutta volta al kantismo, e alla filosofia tedesca in generale, benché un po’ scettica e incline al panteismo: «Si tu vas jamais à Königsberg, je te charge d’un pèlerinage au tombeau de Kant», scriveva alla sorella, che al tempo si trovava a Varsavia245. Tuttavia, questa insistenza sull’importanza dei faits nell’ordine intellettuale, in quanto oggetti della filosofia, è un segnale dell’avvenuta conversione di Renan alle idee degli scozzesi e al metodo di Dugald Stewart (cap. II, 8).

L’attitudine filosofica, la calma noiosa e opprimente d’Issy, la solitudine che aveva prodotto le incompiute Confessions, avevano spinto Renan a riflettere sulla sua condizione attuale e sulle prospettive future. Importanti frutti di questa riflessione si colgono nelle pagine della lettera a Henriette. Al termine di un attento auto-esame Renan era giunto alla consapevolezza di quale prodigiosa influenza avessero esercitato i suoi «premiers actes» di vita sulle scelte successive, sull’avvenire. Marcava in tal modo uno scarto, tra il sé già formato (dalla e nella istituzione ecclesiastica) e il sé in formazione (attraverso gli studi filosofici e la riflessione autonoma). Ancora una volta Renan si sdoppiava sottoponendo a giudizio le sue prime scelte, lo statuto critico delle quali era stato messo in discussione dall’ormai evidente superficialità con la quale esse furono prese. «Je me suis alors rappelé tout ce que tu m’as souvent répété, mais que je ne comprenais guères autrefois», scrive a Henriette come improvvisamente desto. S’interroga sui passi fatti, sull’eventuale incontrovertibilità delle sue decisioni adesso che esse gli appaiono come degli automatismi246: «je me suis réjoui de n’en avoir fait aucune de décisive et d’irrévocable»247. Non siamo ancora al vero momento della crisi, ma sono queste considerazioni le prime avvisaglie della messa in discussione del suo status ecclesiastico. Prima che i dubbi si aggravino, tuttavia, Renan dovrà passare attraverso una riaffermazione del suo progetto iniziale.

Cominciano ad emergere i primi tratti sgradevoli del milieu ecclesiastico; molti correligionari appaiono frivoli, ambigui o arrivisti, l’autorità stessa è «quelquefois ombrageuse». Sono tuttavia inconvenienti al momento trascurabili se la controparte può essere una carriera tutto sommato di suo gusto: «Une vie retirée, libre, indépendante des volontés ou caprices d’un autre,

244

Lettre à H. Renan, Issy, 15 septembre 1842, C.G., t. I, p. 324.

245

Lettre à H. Renan, Issy, 15 septembre 1842, C.G., t. I, p. 323.

246 Nei Souvenirs sosterrà di non aver mai dubitato dei suoi maestri monaci di Tréguier, durante la sua prima educazione. Cfr. S.E.J., O.C. II, p. 730.

utile toutefois, en un mot une vie d’études et de travail, tel est depuis long-temps mon but e mon désir»248. Un’inclinazione monastica soggiace a questo ideale di separazione e di ritiro dal mondo nello studio; ma che ne è della pietà? È vero che il sacerdote rappresenta ancora ai suoi occhi un «type divin», tuttavia l’immagine di vita suscitata da Renan, senza che egli se ne renda conto, appare più conforme a quella di un savant laico ed eremita: «je dois donc regarder comme fermée pour moi toute carrière qui n’est pas d’étude et de méditation»249

. Lo ripeté a Henriette nel gennaio del 1843, dopo che la sorella, in un’importante lettera ottobrina dell’anno precedente gli ebbe prospettato tutti gli inconvenienti della carriera ecclesiastica, cominciando ad orchestrare un’efficace strategia persuasiva per disaffezionarlo al seminario. Al tempo stesso in cui poneva dubbi sul grado di libertà concesso dall’autorità ecclesiastica, Henriette era molto attenta a convincere il fratello della sua piena autonomia decisionale. Insinuava, da un lato, l’eventualità che anche per lui non sarebbe stato possibile, come per molti esponenti del mondo cattolico, vivere secondo i propri ideali di purezza, abnegazione e devozione, dall’altro ribadiva che, nell’inculcargli queste paure, mirava soltanto che a stimolare la sua riflessione. Lusingava il fratello riconoscendogli un grado di maturità superiore a quello della sua età e lo responsabilizzava completamente rispetto alle sue scelte, salvo poi suggerirgli di rallentare il più possibile la sua riflessione su un soggetto di tale importanza. Infine lo tranquillizzava sul riserbo che lei stessa avrebbe usato con la madre per non inquietarla prima del tempo debito. In tal modo svolgeva un ruolo di confidente e consigliera, per non dire di complice. A ogni passo della lettera Henriette si mostra abilissima nell’uso di parole che soppesa metodicamente: «Tu sais que, sans agir avec dissimulation, j’aime à ne lui [à notre mère] rien faire connaître de ce qui peut troubler son repos»250. La strategia di Henriette si ramifica su più livelli; alle lusinghe, alle rassicurazioni, ai dubbi instillati, essa unisce lo stimolo alla prosecuzione degli studi filosofici, in particolare quelli di filosofia tedesca, la scuola che inclinava Renan allo scetticismo251. Così finalmente, nel gennaio del ’43, Ernest ammetteva: «Une vie toute privée, si je peux le dire, ferait bien mon bonheur; mais elle me paraît entachée d’égoïsme»252

. Lo stato ecclesiastico era ancora in grado di ovviare a questo inconveniente, ma il desiderio in Renan cominciava ad assumere forme più chiare. Ancora tornava ad esclamare «Quoi de plus sublime que le sacerdoce!», ma al contempo ammetteva di esser atterrito dall’idea di poter prima o poi causar dolore alla madre. Così Henriette aveva gioco facile nel far riapparire le ombre della sua sottomissione forzata in seminario. In una lettera di marzo, con abile stratagemma retorico, si assumeva la colpa di star contribuendo alle incertezze del fratello, rimarcando l’effettiva realtà del suo stato di dubbio; contemporaneamente, però, lo rassicurava sulla sua priorità (per non dire proprietà) intellettuale rispetto a certe riflessioni, così da mettere Ernest di fronte alla sua stessa crisi gratificandolo, al contempo, nel riconoscergli piena maturità e capacità decisionale: «Je m’accuse souvent de creuser de plus en plus l’abîme de tes pensées en te portant à les sonder, en les approfondissant avec toi [...]»253. E già che c’era, Henriette ricorda al fratello che anche una carriera professorale sarebbe stata consona al suo ideale di vita. Non quella frustrante di un docente privato assoggettato ai voleri e alle esigenze dei suoi datori di lavoro (della quale Henriette da ex istitutrice era ben consapevole), ma quella «attrayante et noble» dell’insegnante pubblico.

Col passare dei mesi si avvicinava il momento in cui Renan avrebbe dovuto compiere il primo passo nella carriera ecclesiastica: al termine del periodo trascorso a Issy sarebbe stato invitato alla tonsura. Per quanto non si trattasse di un voto irrevocabile, ma soltanto della consacrazione di una promessa, la prospettiva ossessionava Renan, come si è visto, dall’anno precedente254. I suoi

248 Lettre à H. Renan, Issy, 15 septembre 1842, C.G., t. I, p. 326. 249

Lettre à H. Renan, Issy, 15 septembre 1842, C.G., t. I, p. 326.

250

Lettre de H. Renan à E. Renan, 30 octobre 1842, C.G., t. I, p. 336.

251

Cfr. lettre de H. Renan à E. Renan, 30 octobre 1842, C.G., t. I, p. 336.

252 Lettre à H. Renan, Issy, 17 Janvier 1843, C.G., t. I, p. 354. 253

Lettre de H. Renan à E. Renan, 12 mars 1843, C.G., t. I, p. 365.

tentennamenti erano evidenti, eppure la tonsura fu fissata lo stesso per il mese di giugno255. All’ultimo momento, Renan rifiutò di procedere256. È Jean Gaulmier che ha rimarcato il peso, su questa decisione, delle urtanti parole rivolte a Renan dal direttore Gottofrey, che al termine di una lezione durante la quale il seminarista aveva dato prova delle sue capacità razionali argomentando in latino, lo avrebbe avvicinato per ricordargli l’essenza anticristiana della ragione e dirgli: «La recherche!... à quoi bon? Tout ce qu’il y a d’essentiel est trouvé. Ce n’est point la science qui sauve les âmes». Poi, esaltandosi progressivamente nell’eloquio, quasi a sfidare l’intelligenza dell’allievo e a ostentare il fatto di averlo compreso, lo mise a nudo e fu come un fulmine nella coscienza di Renan: «Vous n’êtes pas chrétien!»257. Non si tratta qui di ripercorrere la prima crisi coscienziale di Renan, d’altronde ben nota attraverso altri lavori, ma di mostrare l’importanza del ruolo di Henriette nella crisi del fratello. Seguiremo, al contrario, la seconda e definitiva crisi che condurrà Renan all’abbandono della carriera ecclesiastica e ne mostreremo gli sviluppi per tutto l’arco dei due anni che passerà a Saint-Sulpice. Il suo carteggio fornirà non soltanto dati biografici, ma anche psicologici sul Renan degli anni ai quali risalgono i primi quaderni, quelli del 1843-1844 e i due del 1845, oggetto precipuo della nostra analisi nella terza parte, così come diversi scritti inediti che per la prima volta saranno offerti in trascrizione, in Appendice. Ma prima di passare al periodo di Saint- Sulpice, occorre soffermarci a lungo su due ulteriori momenti della formazione di Ernest Renan, il primo dei quali, quasi dimenticato dagli studi sull’autore e mai trattato specificamente, è quello degli studi di Fisica e della lettura del Traité élémentaire de Physique di Alexis-Marin Pinault, il suo professore di scienze a Issy nel secondo anno. Quest’opera, come vedremo continuerà a stimolare la riflessione filosofica del giovane Renan anche negli anni successivi, nella corrispondenza con Billion e nelle note dei quaderni. Infine, consacreremo un paragrafo alle importantissime note, prima d’ora mai commentate, che Renan prese durante la lettura degli

Esquisses de philosophie morale di Dugald Stewart e che racchiudono il suo pensiero filosofico

dopo la conversione al metodo e alle idee della scuola scozzese. Dati i numerosi rimandi al corso di Pinault contenuti a margine del volume degli Esquisses anteponiamo il paragrafo che abbiamo dedicato al corso dello scienziato sulpiziano e alla sua opera a quello nel quale affronteremo le note a Stewart.

255

Cfr. lettre à Mme Veuve Renan, Issy, 12 mai 1843, p. 380.

256 Cfr. lettre à Mme Veuve Renan, Issy, 6 juin 1843, pp. 382 ss. 257

S.E.J. O.C. II, pp. 838, 850. Una traccia dell’evento si trova in nella lettera a F. Liart, Issy, 20 juin 1843, C.G., t. I, p. 401. Cfr. J. Gaulmier, Promenade a Issy, «Études renaniennes» n° 36, 1978, pp. 10-11.

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