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I Principes de Conduite furono scritti circa due mesi dopo l’ingresso di Renan a Saint- Sulpice, avvenuto il 12 ottobre 1843. Al primo anno sulpiziano (1843-1844), come già si è premesso, Pommier ha dedicato un’opera di oltre settecento pagine e d’importanza capitale per lo studio di questo autore: La jeunesse cléricale d’Ernest Renan (Les Belles Lettres, 1933). In questo e nei prossimi due capitoli ne riprenderemo diversi momenti tentando sì di ripercorrere lo stesso cammino ma cercando di illuminarne quelle zone d’ombra non ancora rischiarate dalla sua erudita analisi. Soprattutto cercheremo di colmare le lacune storiografiche del discorso di Pommier circa gli studi critici sul Nuovo Testamento; ciò dovrebbe bastare a fornire al lettore gli strumenti necessari a seguire i temi studiati da Renan e conoscere meglio gli studiosi con i quali egli dovette cominciare confrontarsi. Seguiremo a grandi linee il suo corso di studi, riportando l’attenzione su alcune letture fondamentali per la sua formazione filosofica e sinora troppo trascurate, persino dallo stesso Pommier. Presenteremo, inoltre, alcuni manoscritti del periodo pressoché tutti sconosciuti, siano essi note ad altre opere o delle produzioni originali.

«Au cours d’Ecriture-sainte nous voyons les Epîtres et l’Apocalypse», aveva scritto Renan il 18 novembre 1843 all’amico Liart, aggiornandolo come di consueto sui nuovi corsi832

, ma senza soffermarsi a lungo sui dettagli di queste lezioni ausiliarie ai principali insegnamenti di Teologia (Dogmatica e Morale). Di tali lezioni restano tuttavia le note prese da Renan, le uniche conservateci di un “corso minore”, che a differenza di quanto sostengono gli autori della Correspondance

générale, si trovano raccolte nel ms. NAF 11480, ff. 518 ss833. Resta incerto il nome del professore che tenne questo corso, poiché le fonti delle quali disponiamo sono discordi. Renan fa, nei

Souvenirs, il nome di Carbon, mentre nell’Almanach du Clergé Pommier ha potuto leggere quello

di Mollevault. Il critico potrebbe aver ragione nel ritenere che Renan si sia limitato a citare, nei

Souvenirs, soltanto il nome del suo professore del 1844-1845, soprassedendo su quello di

Mollevault che avrebbe insegnato Sacra Scrittura l’anno precedente834. Poco male, secondo Pommier, giacché la personalità di chiunque dovette tenere il corso nell’arco dei due anni scomparve completamente a fronte del testo di riferimento, un’opera inedita di Antoine Garnier835, direttore della casa di Saint-Sulpice al momento dell’ingresso di Renan, un compendio di sacra scrittura836, mai pubblicato in ossequio alla modestia e all’anonimato sulpiziani, ideali verso i quali Renan certamente non inclinava per natura. La sua era «un immense ouvrage manuscrit» improntata

832

Cfr. lettre à F. Liart, Paris, 18 novembre 1843, C.G., t. I, p. 442.

833

Cfr. C.G., t. I, p. 442, n. 4. Il ms. NAF 11460 da loro indicato corrisponde, infatti al De l’Origine du langage.

834 Cfr. JCER, p. 63. 835

A. Garnier era il Generale Superiore della Compagnia. Nel 1791 aveva fatto parte di una spedizione negli Stati Uniti per fondare il primo seminario cattolico. Tornato in Francia nel 1803 insegnò Santa Scrittura ed Ebraico a Saint-Sulpice; nel frattempo apprese e insegnò anche l’arabo. Nel 1808 assieme ad altri confratelli corresse la Philosophie de Lyon di Valla. La sua attività fu prevalentemente di carattere apologetico. Il suo biografo Faillon sostiene che Garnier portò avanti il suo insegnamento sino all’età di 82 anni Tuttavia, Renan, che aveva incontrato la prima volta Garnier a Issy (cfr. Lettre à Mme Veuve Renan, Issy le 12 janvier 1842,

C.G., t. I, p. 268), racconta che il suo insegnamento negli ultimi anni di vita era soltanto indiretto; l’ex seminarista ci lascia almeno

un divertente aneddoto relativo all’ingenuità di certe sue spiegazioni. Cfr. S.E.J., p. 855.

836

Il ms. è tutt’oggi a Saint Sulpice? Ecco ciò che ne ha detto Pommier: «[...] nous savons, par une tradition très sure, et même pour l’avoir eu sous les yeux, qu’il existe à Saint-Sulpice, en manuscrit, un vaste Cours d’Ecriture Sainte, dû à la plume de M. Garnier». Quest’opera non sarebbe rimasta del tutto inedita, poiché alcuni autori di provenienza sulpiziana, tra i quali Glaire, ne avrebbero attinto «sans discrétion». Cfr. JCER, p. 64. Interessante è il commento di Pommier sul valore del corso di Garnier (e di chi leggeva il suo testo): «Sans trop présumer à cet égard, on doit néanmoins se garder de croire que ce Cours d’Ecriture Sainte ne contienne rien qui vaille. Comme celui de M. Le Hir, il est par endroits de niveau avec l’enseignement que Renan eût pu recevoir dans une Faculté des Lettres. Certaines thèses y sont justes, et mises en relief avec bonheur. Héritier d’une longue tradition, M. Garnier est assez averti. Le sens de la vraie méthode ne lui manque pas toujours, et il a d’honorables scrupules». JCER, p. 89.

alle idee cattolico-protestanti di fine Settecento («L’esprit en était fort analogue à celui de Rosenmüller, de Hug, de Jahn»837) che, seppur non aggiornata, impressionava per erudizione. Il vicedirettore, Carbon, si era assunto l’incarico di leggerla agli allievi e checché ne dica Pommier, questi non dovette essere un semplice lettore del testo, perché è Renan stesso a dirci che un po’ teatralmente: «Il pataugeait exprès, pour nous égayer, dan les parties devenues surannées»838. Questo atteggiamento doveva quantomeno far emergere alcune ingenuità esegetiche del Garnier e, assieme agli insegnamenti ben più aggiornati di Le Hir (cap. II, 4) stimolare il giovane e intraprendente auditore a tentare letture migliori del testo biblico e magari invogliarlo al confronto con esegeti “più moderni” che, seppur cattolici, si confrontavano attraverso più riferimenti con la contemporaneità tedesca. Se poche dovettero essere le aggiunte personali fatte da Renan al materiale del corso, esso non ebbe un’importanza del tutto secondaria nella sua formazione, poiché contribuì a rafforzare presso di lui il prestigio dei termini méthode e critique, lo mise in possesso di un certo vocabolario tecnico839 e potrebbe aver inciso persino sulle opere che nella maturità Renan consacrerà a San Paolo e agli apostoli. Se questo è ad oggi ancora tutto da verificare, già alla fine del 1843 abbiamo visto il richiamo all’Apostolo in chiusura dei Principes de conduite, ed espressioni paoline ritorneranno ancora negli scritti composti da Renan in occasione del Catéchisme

de perseverance del quale sarà incaricato nel 1844840.

Soprattutto, il corso di Carbon (o Mollevaut prima di lui), accostò per la prima volta il futuro autore delle Origines du christianisme ai problemi sollevati dalla critica neotestamentaria. Ci interessa qui osservare come tali problemi, relativi ad esempio alle Epistole, in particolare quelle paoline, e all’Apocalisse841

, venissero affrontati da Garnier, la cui ermeneutica era compromessa dal dogmatismo, un discreto grado di arbitrio, dall’improvvisazione, dall’incoerenza metodologica e dal ricorso saltuario alla falsificazione storica. Il pur stimato direttore sarà del resto ricordato da Renan, nei Souvenirs del 1883, come «l’homme le plus versé de France dans l’exégèse biblique, telle qu’elle s’enseignait chez les catholiques il y a une centaine d’années»842

, vale a dire intorno alla fine del XVIII secolo. Ora, si era nel 1844.

A ciascuna Epistola Garnier aveva consacrato una monografia, oppure un’analisi delle sue circostanze redazionali, del suo oggetto e del suo contenuto, delle sue principali difficoltà esegetiche, dei passi in essa contenuti che introducevano significativi aspetti del dogma, della morale o di interesse elocutorio. Aveva tracciato, inoltre, un profilo biografico di Paolo e tentato di ricostruire la cronologia delle sue Epistole843. Nella sua analisi solo di rado si era servito di autori profani844; ad essi aveva preferito quelli cristiani, antichi o moderni che fossero, attenendosi a una gerarchia specifica, abbastanza flessibile, dominata da Agostino e Girolamo, diade autorevole ma non irreprensibile. Il primo, in certi casi, si era pericolosamente avvicinato al semipelagianesimo, Girolamo non sempre aveva condannato a sufficienza le proposizioni deprecabili che aveva citato nei suoi commentari845. Garnier teneva particolarmente conto anche delle opinioni di Giovanni Crisostomo, che fu vescovo di Costantinopoli e autore delle Omelie sulla Lettera ai Romani, mentre

837

S.E.J., O.C. II, p. 855.

838

S.E.J., O.C. II, p. 856.

839 Pommier sostiene che questo corso trasmetterà a Renan anche un certo spirito conservatore che si manterrà in lui almeno per il

primo anno dei suoi studi liberi (1846): «penchant à surestimer la valeur de la tradition, répugnance à prononcer un jugement d’inauthenticité, admission facile de problèmes mal posés, dont les données prêtent à l’exercice d’une vaine subtilité». JCER, p. 103.

840

«A la fin de 1843, Renan se proposait de vivre “dans l’esprit de Saint-Paul”. Il entendait alors par là “le goût de la persécution”. Son dessein s’est réalisé d’une autre façon. Toute sa vie, il s’est ressouvenu des idées et des formules pauliniennes, auxquelles il fit seulement subir le transpositions nécessaires». JCER, pp. 103-104.

841

L’Apocalisse fu affrontata nella seconda parte del corso di Sacra Scrittura. Garnier, nel suo trattato, si era impegnato a risolvere alcune obiezioni alla coerenza del testo e a difenderlo dalle accuse di contraddirsi o di contenere dottrine eretiche. L’importanza di questo corso è notevole, poiché Renan ritornerà sui suoi appunti — anche per rovesciarne le tesi — in occasione della stesura del IV volume delle Origines du christianisme: L’Anthechrist. Siccome, però, nei primi due quaderni del 1845-1846, oggetto di questo lavoro, non vi sono riferimenti al testo dell’Apocalisse, rimandiamo a JCER, pp. 523-534.

842

S.E.J., O.C. II, p. 855.

843

Cfr. JCER, pp. 97 ss. «Il fait ressortir surtout l’humanité de l’Apôtre».

844 Tuttavia, per esaltare la loro bellezza, Garnier comparava le Epistole anche a scritti di autori profani. Così il XII capitolo

dell’Epistola ai Romani era nello stile di Isocrate e, in generale, San Paolo poteva ricordare Demostene. Cfr. JCER, p. 100.

evocava l’autorità di Tommaso per questioni più astratte (sulle gerarchie angeliche, sulla giustizia cristiana). Faceva inoltre riferimento alle erudite compilazioni di Eusebio, sostenitore dell’autenticità dell’Epistola agli Ebrei e meritevole di aver conservato tradizioni preziose sul soggiorno romano di Pietro. Tra i cattolici più moderni, Erasmo ed Estienne ad esempio, erano considerati scomodissimi e non di meno lo era, ovviamente, Richard Simon. Erasmo aveva sostenuto che Paolo si era sposato e riguardo all’Epistola agli Ebrei si era con molta prudenza “sottomesso” al giudizio della Chiesa846

. Estienne si era invece dimostrato troppo poco avverso al protestantesimo. Entrambi gli autori venivano così lasciati da parte. Simon, che ritroveremo in un paragrafo successivo come autore perseguitato dell’Histoire critique du Vieux Testament, alla fine del XVII secolo, aveva fatto impavidamente seguire a quest’opera sventurata una Histoire critique

du texte du Nouveau Testament (1690), un testo di critica alle differenti versioni neotestamentarie e

uno dedicato ai commentatori del Nuovo Testamento. Egli aveva distinto, per la prima volta, l’indagine neotestamentaria da quella veterotestamentaria, e avviato con metodo critico-empirico lo studio genealogico del Nuovo Testamento847. Il critico ed ex oratoriano francese era riuscito, ad esempio, a dimostrare l’impossibilità di attribuire agli evangelisti i titoli dei Vangeli che recano l’indicazione del loro nome. La stessa impossibilità era stata attestata da Simon riguardo l’Epistola

agli ebrei, non preceduta, a differenza delle altre dal nome dell’apostolo. Per i motivi che abbiamo

detto e altri, un autore come Simon era raramente citato a Saint-Sulpice e mal conosciuto da Renan che soltanto anni dopo la fuoriuscita dal seminario potrà tributargli il dovuto omaggio nelle sue pubblicazioni848. Garnier preferiva entusiasticamente una pletora di oscuri scoliasti che dal XVI secolo in poi avevano contribuito a infoltire il corpus esegetico delle Sacre Scritture. In mezzo a tali mediocrità849, non esenti peraltro da difetti e necessitanti talvolta di correzioni, spuntavano, va detto, i nomi di Massillon e di Bossuet. Quest’ultimo, soprattutto, agiva da sottofondo costante al compendio di Garnier e il direttore non ne aveva trascurato neppure gli scritti polemici850. Il sulpiziano non escludeva del tutto i commentatori protestanti, ma li sfruttava soltanto quando particolarmente opportuno. Grozio851, ad esempio, malgrado l’inclinazione umanista e sociniana, nonostante la pericolosa impostazione ermeneutica con la quale sottraeva il sensus literalis del

corpus veterotestamentario alla spiegazione teologica e dogmatica852, aveva avuto il particolare merito di essersi opposto ai suoi correligionari in difesa della Vulgata. L’erudito olandese aveva inoltre sostenuto l’autenticità dei testi veterotestamentari e quella dei più problematici tra i neotestamentari, tra i quali l’Epistola agli ebrei; aveva infine scagionato il papa da quelle esasperate

846 Garnier (o Pommier?) è troppo categorico nel sostenere che Erasmo ne abbia negato l’autenticità (JCER, p. 67). Qualunque fosse

la sua opinione, cfr. il suo pensiero riportato da R. Simon, in W. G. Kümmel, Il Nuovo Testamento. Storia dell’indagine scientifica

sul problema neotestamentario, Il Mulino, Bologna 1976, p. 54. 847

Grazie alla sua indagine Simon riuscì a dimostrare dati incontrovertibili. Cfr. W. G. Kümmel, Il Nuovo Testamento, cit., pp. 52- 53.

848

«[...] le XVIIe siècle eut un homme supérieur, Richard Simon de l’Oratoire, qui, sans, les obstacles qui lui furent suscités, eût crée en France la saine exégèse un siècle avant que l’Allemagne l’eût fondée». L’histoire du peuple d’Israël, E.H.R., O.C. VII, p. 81, n. 1.

849

Cfr. JCER, p. 68.

850 Bossuet aveva messo in buona luce molteplici aspetti di Paolo e chiarito diverse parti della sua opera. Garnier ne prendeva in

considerazione anche la Défense de la tradition, contro R. Simon; la controversia con Fénelon sulle virtù della speranza e della carità; il Commentaire sur l’Apocalypse e gli Avertissements aux protestants per controbattere al senso dato, da questi ultimi, alle profezie di Giovanni.

851

Dopo le intuizioni di Camerarius, che nel 1572 aveva pubblicato una selezione di passi neotestamentari sostenendo che l’autore doveva essere spiegato a partire dalla considerazione del periodo entro il quale aveva scritto, alla fine della prima metà del XVII secolo, Grozio dette avvio all’indagine storico-critica delle Scritture. L’autore delle Annotationes in Novum Testamentum (1641) analizzò con attenzione lingua e idee del Nuovo Testamento. Comparò manoscritti greci, siriaci, latini e anche arabi e utilizzò come riferimenti le opere di letteratura classica e giudaico-ellenistica; Grozio fu a tal punto capace nella sua analisi da ottenere risultati ancor’oggi validi. Cfr. W. G. Kümmel, Il Nuovo Testamento, cit., pp. 38-39.

852

È il caso dell’interpretazione dei Canti del servo di Jahvé e dei Salmi. Nel primo caso il servo di Jahvé, in senso primario, non è il Cristo ma Isaia nei primi canti e Geremia in Is LIII. Il Salterio è poi inteso da Grozio come un insieme di componimenti espressione di una devozione individuale. Il contenuto dei testi non è più ispirato e non esprime neppure la parola di Dio. Gli autori biblici sono interpretati da Grozio nel loro senso e nelle loro finalità contingenti, come narratori di eventi storici dai quali era possibile ricavare una morale. Cfr. H.-J. Kraus, L’Antico Testamento nella ricerca storico-critica dalla Riforma ad oggi, Società editrice il Mulino, Bologna 1975, p. 89.

interpretazioni protestanti dell’Apocalisse che lo avevano additato come l’Anticristo853

. Ma su altri punti, e certo fondamentali, lo stesso autore doveva essere combattuto e in generale Garnier si dimostrava sempre pronto a rivoltarsi contro il nemico al quale aveva appena teso la mano. Anche a fronte della liceità di determinate soluzioni protestanti, dopo averle esposte egli era solito posporvi una “migliore” alternativa cattolica. Tra le guide non francesi di Garnier vi erano, tra gli altri, il cattolico Hug, che il sulpiziano seguiva nel delineare i principali tratti del carattere di San Paolo. Molto raramente, non abbiamo dubbi sul perché, Garnier citava i razionalisti Ernesti e Griesbach854; con più frequenza Schleusner e i due Rosenmüller855, i contribuiti dei quali dovevano comunque essere sempre valutati con estrema attenzione. Ad esempio, se le interpretazioni di E. F. K. Rosenmüller potevano servire a rimarcare il senso messianico di alcune espressioni salmidiche, in altri casi questi aveva commesso errori anche gravi, quali la negazione del peccato originale e l’aver sostenuto che l’acquisizione delle lingue da parte dei Corinzi fosse stata di tipo “naturale”. Garnier citava talvolta Michaelis e conosceva Eichhorn. Al primo, e prima di lui a Semler, deve essere riconosciuto il merito di aver orientato la ricerca neotestamentaria in chiave definitivamente storico- critica. Nella Einleitung in die göttlichen Schriften des Neuen Bundes, Michaelis aveva sostenuto una ipotesi protoevangelica alla base dei Vangeli sinottici, e rimarcato le vicinanze del Vangelo di Giovanni allo gnosticismo. Aveva ritenuto i Vangeli di Marco e di Luca non ispirati, cioè non infallibili, seppur veritieri, e gettato dubbi sull’ispirazione del Vangelo di Matteo, che avrebbe potuto essere soltanto una traduzione greca di un originale perduto. Riguardo alla Lettera agli ebrei, in difetto del consueto saluto paolino nel prologo, Michaelis si era mantenuto incerto e nulla aveva affermato circa la sua ispirazione. D’altro canto, il critico tedesco aveva cercato di indirizzare la sua analisi storica alla dimostrazione delle concordanze tra gli scritti neotestamentari, in maniera da inverare gli uni alla luce degli altri, finendo, tuttavia, per ammetterne l’eterogeneità. In realtà, da questo punto di vista, con Michaelis era sorto l’ineluttabile errore prospettico per il quale la ricerca storica diveniva criterio per stabilire l’ispirazione delle Scritture e ci si era piegati nuovamente all’interesse dogmatico, nonostante il primo slancio fosse stato in direzione di un esame libero delle Scritture. Ma al di là di questo, si capisce quanta cautela e quanta vaghezza doveva adoperare Garnier nel nominare questo autore. Eichhorn era stato il più importante studioso dell’Antico

Testamento nel passaggio tra XVIII e XIX secolo. Questo grande enciclopedista di tutto il sapere

storico-critico prodottosi sino ad allora, razionalista pericolosissimo, aveva interpretato il canone biblico come una collezione di scritti, negandone il carattere genuinamente mosaico come un pregiudizio ortodosso. I nomi delle sue opere, tra le quali l’Einleitung in das Alte Testament856

e

l’Einleitung in das Neue Testament, la prima delle quali ancora oggi consultata dagli storici per le analisi bibliografiche che contiene, erano cautelativamente taciuti da Garnier. Il direttore ometteva anche le pagine nelle quali Eichhorn aveva negato l’ispirazione dell’Apocalisse e spostava il peso

853

Anche Beausobre (1659-1738) era tenuto in qualche considerazione. Cfr. JCER, p. 70. Altri protestanti avevano identificato la Babilonia dell’Ap con la Roma cristiana corrottasi e fattasi pagana, e alla prosopopea della donna vestita di porpora (Ap XVII, 4-14) avevano sovrapposto l’immagine della Chiesa.

854

Col suo trattato di ermeneutica Institutio interpretis Novi Testamenti (1761), si occupò esclusivamente del Nuovo Testamento, separandone radicalmente l’analisi dall’Antico. Dette risalto alla spiegazione grammaticale come unico metodo per attingere al vero significato della Scrittura, ma restava un conservatore nell’ammettere l’infallibilità del testo sacro. Cfr. W. G. Kümmel, Il Nuovo

Testamento, cit., pp. 77 ss. Tra il 1774 e il 1775, Johann Jakob Griesbach, allievo di Semler, aveva pubblicato una edizione del

Nuovo Testamento personalmente redatta e commentata. Aveva fatto inoltre stampare col titolo Synopsis Evangeliorum Matthaei

Marci et Lucae, i tre Vangeli furono da allora chiamati sinottici. Cfr. W. G. Kümmel, Il Nuovo Testamento, cit., p. 100. Si capisce, in

generale, perché Garnier evitasse di fare riferimento a questi autori.

855

E. F. K. Rosenmüller e il padre J. G. Rosenmüller autori degli Scholia in Vetus Testamentum (1788). J. G. Rosenmüller fu autore anche della Historia Interpretationis Librorum Sacrorum in Ecclesia Christiana (5 voll., dal 1795).

856

La Einleitung di Eichhorn è compendio di critica sacra e isagoge, è collezione delle monografie storico-critiche del XVIII secolo, e consapevole continuazione del lavoro di Michaelis. L’Antico Testamento viene sottratto alle categorie dell’ortodossia per essere concepito come documento dell’antichità. Nell’opera di Eichhorn sfocia le via aperta da Semler, che ripercorre i condizionamenti di tempo luogo dei testi veterotestamentari, e quella tracciata da Herder con la profonda immedesimazione romantica nei documenti della antichità. L’opera, da certi punti di vista risente notevolmente della sua epoca. Ciò emerge soprattutto riguardo alla figura di Mošeh, responsabile di aver fatto penetrare nel popolo ebraico un certo spirito egizio. Il condottiero è interpretato come il grande razionalista che innalza il suo popolo a categorie intellettuali sinora sconosciute. Anche il monoteismo è aspetto dell’illuminismo del legislatore israelitico e niente affatto una conquista del popolo.

dell’autore più sulla sua critica letteraria, di matrice herderiana, quindi estetica, che sulla sua critica razionalista857. Si permetteva perciò di riprenderne certe considerazioni sulla bellezza delle Scritture e sulla regolarità del dramma giovanneo, ecc., testo del quale l’autore della Einleitung, il primo ad