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107 1886, 65. Sono d’accordo con la sua proposta di datazione Citroni (1989, 216) e Damschen-Heil (2004, 5-6).

108 XI 1, 1-6: quo tu, quo, liber otiose, tendis / cultus Sidone non cotidiana? numquid Partenium videre? certe / vadas et redeas inevolutus: / libros non legit ille sed libellos; / nec Musis vacat, aut suis vacaret.

109 Come nel caso del liber VI, praticamente inesistenti i dubbi della critica: Friedländer ne trattava la cronologia con estrema asciuttezza e più che altro ai fini della datazione della seconda edizione del libro X; l’autore dell’ultimo commento al liber, Kay, ha dedicato alla questione meno di una pagina (1985, 1); fu già definivo Citroni, per cui «nel caso del libro XI tutto è chiaro» (1989, 215).

110 XII 4 (5): longior undecimi nobis decimique libelli/ artatus labor est et breve rasit opus. / plura legant vacui, quibus otia tuta dedisti: / haec lege tu Caesar; forsan et illa leges. XII 11: Parthenio dic, Musa, tuo nostroque salutem: / nam quis ab Aonio largius amne bibit? / cuius Pipleo lyra clarior exit ab antro? / quem plus Pierio de grege Phoebus amat?/ et si forte – sed hoc vix est sperare – vacabit, / tradat ut ipse duci carmina nostra roga, / quattuor et tantum timidum brevemque libellum / commendet verbis “hunc tua Roma legit”. Si tenga presente che gli epigrammi collegabili alla raccolta presentata a Nerva mancano nella terza famiglia di codici; secondo Citroni (1988, 30, n. 50) potrebbe trattarsi di un indizio dell’esistenza di uno stadio più antico, in cui il libro XII non includeva gli epigrammi in questione; ma è anche possibile che la versione del liber XII riportata dalla famiglia γ, più compatta e formalmente omogenea, rispecchi quella definitiva (cf. infra, 203, 886).

111 Sul punto cf. il commento di Henriksén a XI 26 (2012, 110-114).

105

Per la datazione del libro XII il punto di riferimento è tutt’ora la trattazione di Friedländer113. Ciò che sappiamo con certezza è che il libro fu composto in Spagna: dall’epistola in prosa che dedica il libro all’amico Terenzio Prisco114 e dall’epigramma XII 2 (3) si evince che la raccolta doveva comunque essere inviata a Roma e lì pubblicata. L’epistola a Prisco si apre con le scuse del poeta per i contumacissima triennii desidia, indicazione che comunque dovrà essere intesa come approssimativa115. I riferimenti a fatti concreti ci vengono da due epigrammi in particolare: il

consolato di Stella [in XII 2 (3)] e il ritorno dello stesso Terenzio Prisco in Spagna, occasione che determina tra l’altro la dedica del libretto116. Che il ritorno di Prisco dovesse essere avvenuto in dicembre era già stato dedotto da Stobbe (1868, 633-634) sulla base di XII 62, che descrive il banchetto privato organizzato per il ritorno dell’amico in cui il clima di festa si intreccia con quello collettivo dei Saturnali. Friedländer, concorde, citava a rincalzo XII 1, 4 hora nec aestiva est. Quanto a Stella, stando a CIL VI 1492 egli fu nominato console il 19 ottobre dell’anno 101 o 102 d.C.117;

certo è che l’epigramma XII 3 (4) può esser stato scritto solo dopo l’assunzione della carica118. Se

collocassimo questo epigramma nel 102 – ha osservato Friedländer ‒ la pausa di Marziale sarebbe andata ben oltre i tre anni proclamati nella praefatio (l’editio altera del libro X è, lo ricordiamo, del 98): dunque il consolato di Stella, e con esso la presentazione del liber, saranno da collocare nel 101 d. C.

Come si è visto, non è sempre facile stabilire una cronologia solida per la pubblicazione dei dodici libri di Epigrammi: sono pochissimi i casi in cui la certezza è assoluta; talvolta è necessario basarsi su cronologie relative riferite alle raccolte precedenti o successive, in qualche caso a opere di altri autori; spesso, comunque, mancano i dati per raggiungere la certezza estrema, anche se i dubbi spaziano il più delle volte nell’ordine di pochi mesi.

Di seguito un prospetto riassuntivo di quanto finora stabilito dalla critica:

113 1886, 65-67. Sulla datazione della raccolta vd. anche Sullivan 1991, 52, Citroni in Merli-Citroni-Scàndola 20002, 75,

Craca 2011, 5-6, Sparagna 2013, 3-4 e 2014, 5.

114 Su Terenzio Prisco vd. Balland 2010, 16-19.

115 Già Friedländer, «niemand an einen Zeitraum von genau 3 Mal 12 Monaten denken wird» (1886, 65).

116 A rincalzo di tali riferimenti, Craca (2011, 6) ha posto l’attenzione su due ulteriori epigrammi utili alla datazione: XII

9, che fa riferimento alla legazione di Frontoniano in Spagna (databile al 100-101 d. C.); XII 67, che si riferisce alla celebrazione, da parte di Silio Italico (morto nel 101) della celebrazione del genetliaco di Virgilio; XII 98, sul proconsolato di Instanio Rufo in Betica;

117 L. Arruntio Stella Iul. Marino cos. XIV Kal. Nov. Vd. Stobbe (1867, 77) e Mommsen (1869, 123). 118 Vd. in particolare i vv. 10-11: atria sunt illic consulis alta mei:/ laurigeros habitat facundus Stella penatis.

106

Raccolta Anno di pubblicazione Tesi alternative Tipologia dei dati

Liber I 86 (Citroni) pubblicazione congiunta di liber

I e II nell’86 (Stobbe, Friedländer, Dau)

- riferimento alla censoria potestas di Domiziano (I 4);

- riferimento alla campagna dacica (I 22);

Liber II 86 (?)

(Citroni)

pubblicazione congiunta di liber I e II nell’86 (Stobbe, Friedländer, Dau)

vd. epigramma II 93 (di incerta interpretazione)

Liber III primi mesi dell’88 (Fusi) autunno 87 (Citroni)

- composizione avvenuta durante il soggiorno presso Forum Cornelii (III 1 e III 4), non oltre la primavera 88 (Marziale tornò a Roma in tempo per ricevere l’invito per il soggiorno a Baia cui si allude in IV 57); - riferimento all’abolizione della sportula a seguito del decreto di Domiziano (III 30 e III 60); - celebrazione della depositio barbae di Marcellino, celebrata il 17 maggio (III 6);

- escursione in Veneto citata in IV

25;

Liber IV dicembre 88

(Friedländer, Citroni)

gennaio 89 (Ritterling)

- allusione alla rivolta di Saturnino (IV 11);

- celebrazione del genetliaco dell’imperatore Domiziano, che cadeva il 24 ottobre (IV 1);

- nevicata del dicembre 88 (IV 12 e

107

Liber V autunno 89 (Canobbio) dicembre 89 (Gsell)

dicembre 89 (Citroni)

- incontro tra Domiziano e Degis, fratello di Decebalo (V 3);

- trionfo dacico (Per Friedländer e Canobbio, terminus ante quem poiché celebrato in VI 4 e 19; per Gsell celebrato in V 19 e dunque terminus post quem);

Secondo Canobbio, terminus ante quem dati da:

-morte di Giulia (chiamata diva in VI 3 e 13);

- rinnovo della lex Iulia de adulteriis (VI 2, 4, 7, 22, 45, 91);

- nozze di Arrunzio Stella (VI 21)

Liber VI - estate/autunno del 90 (Friedländer)

- dicembre 91 (Sullivan)

- trionfo sui Daci (VI 4 e 19); -morte di Giulia (chiamata diva in

VI 3 e 13);

- rinnovo della lex Iulia de adulteriis (VI 2, 4, 7, 22, 45, 91);

- nozze di Arrunzio Stella (VI 21); - vittoria di Artemidoro nell’agone capitolino (VI 77);

Liber VII dicembre

92 (Friedländer)

dicembre 90 (Imhof) dicembre 93 (Hanslik)

- imminente ritorno di Domiziano dalla campagna contro i Sarmati (VII 5, 6, 7, 8);

- riferimenti ai Saturnali (VII 28,

108

Liber VIII inizio del 94

(Citroni)

dicembre 93 (Friedländer)

- rientro di Domiziano dalla campagna sarmatica (VIII praef., 4,

8, 11, 15, 26, 36, 39, 49, 65, 78 ma

vd. testi redatti precedentemente, come VIII 21);

- ludi Florales (VIII 67);

- riferimento ai Saturnali (VIII 41,

71)

- designazione a console di L. Silio Deciano (VIII 66);

Liber IX fine del 94/ primi mesi del 95

(Henriksén)

estate/autunno del 94 (Friedländer)

- riferimento a Norbano, lontano da Roma da ormai sei anni, forse partito in occasione della rivolta di Saturnino (IX 84);

- riferimento all’agone Capitolino (IX 40);

- riferimento alla statuetta di Eracle in possesso di Novio Vindice (IX 43

e 44);

Liber X

dicembre (?) 95 (Friedländer)

editio altera nel 98

(Friedländer)

/

- riferimento ai Saturnali (X 18, X

29);

- attesa per il ritorno a Roma di Traiano dalle regioni del Reno (X 6

e 7);

- riferimento al consolato di Frontino (X 48);

Liber XI dicembre 96

(Friedländer) /

- riferimento a Partenio (XI 1); - riferimento al quarto consolato di Nerva (XI 4);

109

- riferimenti ai Saturnali (in particolare XI 2, 6 e 15);

Liber XII dicembre 101

(Friedländer)

/

- ritorno di Terenzio Prisco in Spagna [XII praef.; 1; 62);

- consolato di Stella (XII 3);

2. 13 Xenia e Apophoreta

Secondo Friedländer119 la pubblicazione delle due raccolte avvenne congiuntamente nell’85 d.C., o, al più tardi, nell’86. Data l’impostazione tematica esclusiva, non è facile individuare componimenti che alludano al contesto storico; secondo lo studioso, potevano risultare utili allo scopo XIII 4 e XIV 170, che alludono all’assunzione, da parte di Domiziano, del titolo di Germanicus120;

XIV 34 che accenna a una situazione di pace recentemente ottenuta (per lo studioso il trattato che Domiziano siglò con i Catti nell’84 d.C.)121; XIII 74 che fa riferimento alla costruzione del tempio di Giove sul Campidoglio, intrapresa da Domiziano nell’82; XIV 124, che cita il tempio di Vespasiano122. La prova definitiva per la datazione stava per Friedländer non tanto nell’assenza di

riferimenti alle guerre dacica e sarmatica quanto nell’assenza di riferimenti alla pace: «das Fehlen jeder Anspielung auf den dacischen und sarmatischen Krieg könnte freilich in diesen Büchern ganz zufällig sein, aber von dem Bestehen des Friedens konnte M. seit dem Anfange des dacischen Krieges (86-89) nicht mehr sprechen»123. Leary, il più recente commentatore di entrambe le raccolte, non ha dedicato eccessivo spazio alla problematicità della datazione124 limitandosi ad appoggiare, a grandi linee, le posizioni di Friedländer.

Molto diversa la posizione di Dau125, secondo il quale la pubblicazione di Xenia e Apophoreta, verosimilmente congiunta, sarebbe avvenuta molto più avanti; le prove allegate sono i riferimenti a persone o realia che, nel resto dell’opera di Marziale, compaiono solo in libri successivi all’85/86126.

119 1886, 51.

120 Databile all’estate 83. In particolare, da un’epigrafe del 9 giugno (CIL XVI.29) sappiamo che la nomina a quella data non era ancora avvenuta, mentre da una moneta alessandrina sappiamo che è antecedente il 28 agosto.

121 Ma su tale epigramma vd. infra, 111-112.

122 Per gli appigli cronologici offerti da questo epigramma cf. infra, 112. 123 1886, 52.

124 La questione della datazione degli Xenia è sintetizzata in Leary 2001, 13; per gli Apophoreta vd. Id. 1996, 9-13. 125 1887, 35-56.

126 In particolare XIII 4 e XIV 26 e 170 sarebbero stati scritti dopo la guerra contro i Catti; il riferimento a Pudente di XIII 169 deve per forza seguire il suo ritorno dalla Pannonia (avvenuto nel 91 o 92); i bagni di Stefano, menzionati in XIV 60, non vengono menzionati fino al IV libro; il libraio Trifone, di cui Marziale parla in XIII 3, non riappare fino all’epigramma

110

Tornato sulla questione circa un secolo dopo, Martin127 ha aggiunto che gli Apophoreta non possono essere anteriori all’85 a causa dell’epigramma 55, che allude all’introduzione da parte di Domiziano di due nuove factiones nelle corse circensi; l’episodio coinciderebbe con quanto narrato da Cassio Dione in LVII 4, 4 e va collocato dopo l’assunzione della carica di censor perpetuus (ottobre- novembre 85).

La posizione di Martin è stata messa in discussione da Citroni: «la sezione in cui Cassio Dione dava la notizia non pare avesse, a quanto si può ricavare dall’epitome di Xifilino, andamento strettamente cronologico: è un elenco di esibizioni autoritarie e di comportamenti stravaganti che si raccolgono intorno alla notizia degli eccessivi onori che egli si sarebbe fatti attribuire per la campagna germanica»128. Pitcher129 ha messo a sua volta in discussione le conclusioni di Friedländer, sulla base di una serie di osservazioni estremamente interessanti.

I suoi rilievi si fondano in modo particolare su XIV 1, 1-2:

synthesibus dum gaudet eques dominusque senator dumque decent nostrum pillea sumpta Iovem

Dovrebbe destare sospetti, per Pitcher, il fatto che si parli di Domiziano come “Giove” così presto; strano, in altre parole, che Marziale si sia permesso tanto già nell’84 (al massimo 85) d. C., e strano che l’uso non sia più recuperato dal poeta in nessuna delle sue prime raccolte130; l’approccio di

IV 72; i riferimenti a Domiziano come Iuppiter e deus (XIII 3 e XIV 1) non si trovano prima del liber III; il rinoceronte di XIV 53 apparve durante i giochi dell’89; XIV 79 e 134 furono scritti dopo la guerra Sarmatica. Per quanto non possano forse considerarsi probanti dati come la menzione ai bagni di Stefano o al libraio Trifone, con cui Marziale potrebbe aver avuto una collaborazione discontinua (vd. supra, 39-41), vale la pena di notare che effettivamente la maggior parte degli indizi raccolti da Dau persuadono a portare parecchio in avanti la datazione delle due raccolte. Sulla possibile natura dell’attività commerciale di botteghe come quella di Trifone, si tengano in considerazione le recenti notazioni di Mario Citroni: «Ma in età flavia vediamo che la pubblicazione del trattato di Quintiliano è sollecitata con insistenza dall’editore- libraio, che a sua volta è sollecitato dal pubblico, desideroso di disporre dell’opera: efflagitasti cotidiano convicio ut libros quos ad Marcellum meum de institutione oratoria scripseram iam emittere inciperem […] si tantopere efflagitantur quam tu adfirmas, permittamus vela ventis et oram soluentibus bene precemur (Quint. inst. epist.). A questa data esiste dunque quello che noi potremmo chiamare un mercato del libro universitario, che al tempo di Cicerone non esisteva. Ed è notevole, per la nostra immagine del mercato librario flavio, osservare che l’editore-libraio del trattato di Quintiliano, con destinazione che abbiamo definito ‘universitaria’, è lo stesso Trifone che, ai Saturnali, vende gli Xenia di Marziale (13, 3, 4) e certo altri simili opuscoli di intrattenimento giocoso connessi alla festa. E probabilmente avrà anche venduto opere che si collocano tra questi due estremi: testi letterari del passato, come quelli che Marziale raccomanda come doni per i Saturnali negli Apophoreta, o del presente come quelli che Catullo, ai Saturnali, trovava dai librai del suo tempo. Marziale indirizza il lettore a Trifone anche per l’acquisto del suo IV libro (4, 72, 2), che è tra quelli usciti molto probabilmente ai Saturnali. Si può supporre che anche altri librai avranno svolto una attività altrettanto varia e versatile» (2015, 110).

127 1980, 61. 128 20022, 19. 129 1985, 330.

130 I paralleli tra il princeps e Giove si fanno frequenti a partire dal liber IV, ma il passo più vicino al distico che apre gli Apophoreta è forse in IX 28, 10: Roma sui famulum dum sciat esse Iovis.

111

Marziale fu in un primo momento molto più cauto131. Oltre a questo, Pitcher non mancava di mettere

in rilievo che gli indizi presentati da Friedländer, laddove realmente databili132, erano più che altro

utili a stabilire un terminus post quem ma non escludevano in alcun modo che le due raccolte fossero state pubblicate dal poeta in una fase più avanzata della sua carriera. L’ultima contestazione di Pitcher riguarda proprio il distico su cui Friedländer basava le sue considerazioni, e cioè XIV 34:

pax me certa ducis placidos curvavit in usus. agricolae nunc sum, militis ante fui.

In primo luogo, non è così ovvio il riferimento a una pax certa: «the situation at the opening of Domitian’s reign was by no means certa, is borne out by the preoccupation with the northern frontier of the empire during this period»133. È chiaro che il poeta potrebbe aver trascurato, volutamente o no,

il pericolo incombente dalle frontiere settentrionali dell’impero, ma è meno semplice trovare una spiegazione se si tiene in considerazione che nessuna situazione stabile di pace sembra fare da sfondo alle prime cinque raccolte. Possibile che solo in XIV 34 il poeta decidesse di tratteggiare, senza fondamenti fattuali, un clima di serenità politico-militare così esplicitamente evocata? Una seconda perplessità è data proprio dall’oggetto descritto, e cioè una falce: impossibile non tenere in considerazione che essa veniva usata come arma soprattutto dai Daci e dai Geti e che si trattava di un fatto che doveva colpire l’immaginario romano134. Il distico descrive un oggetto che solo ora è una

falce: i Romani, a differenza di Geti e Daci, usavano la falce per mietere e non per combattere, e dunque la nuova situazione di pace permette finalmente di ricavare una falce da uno strumento prima destinato alla lotta.

Ad ogni modo, la conclusione di Pitcher, simile a quella di Dau – ma fondata su elementi diversi rispetto alle affinità di Xenia e Apophoreta con epigrammi più tardi – è ragionevolmente scettica: poiché le due opere, per loro natura contenutistica, si lasciano datare con maggiore difficoltà rispetto alle altre, nulla ci vieta di ipotizzare che si trattasse di raccolte monotematiche messe insieme da

131 Nello specifico, il primo timoroso contatto è nel Contigeris nostros, Caesar, si forte libellos di I 4, smorzato dallo scherzo dell’epigramma immediatamente successivo; l’adulazione è poi sviluppata lungo il libro dal così detto “ciclo delle lepri e dei leoni” (I 6, 14, 22, 48, 51, 60, 104). Nel secondo libro Domiziano trova spazio nel proemio, ove vengono celebrate soprattutto le sue imprese militari (II 2) e nella nota coppia sullo ius trium liberorum, costituita dagli epigrammi 91 e 92; in tutti questi componimenti, i toni dell’adulazione sono complessivamente misurati. Si tenga tuttavia presente che qui il riferimento a Domiziano-Giove deve essere opportunamente contestualizzato, poiché si tratta di un’allusione preparatoria ai vv. 9-10 del medesimo epigramma (sed quid agam potius madidis, Saturne, diebus, / quos tibi pro caelo

filius ipse dedit?); il paragone, pur ardito, sarà stato favorito dal contesto saturnalizio della raccolta.

70 In effetti non lo sono – o almeno, non con esattezza – XIV 124 e 170.

133 Pitcher 1985, 334. Leary, nel suo commento agli Apophoreta, si limita a segnalare che «given the impracticality of sustained agricultural activity in wartime, especially before the establishment of professional armies, it is not surprising that the scythe or sickle came commonly to symbolize peace» (1996, 88).

134 Vd. Stazio, Ach. II 131-134: didici, quo Paeones arma rotatu / quo Macetae sua gaesa citent, quo turbine contum / Sauromates falcemque Getes arcumque Gelonus / tenderet (…).

112

Marziale in modo progressivo e per un lungo tratto della sua carriera, per poi esser pubblicate anche un decennio dopo rispetto a quanto sembrava a Friedländer. Questo spiegherebbe la contraddittorietà di alcuni degli indizi databili: la presenza di motivi adulatori che sembrano appartenere a un Marziale più maturo e sicuro del proprio rapporto con il princeps e la scarsa adattabilità dell’atmosfera di pace dipinta dal poeta alla reale situazione dei primi anni di principato di Domiziano135. Per Citroni, infine,

i due libri sarebbero usciti in due anni diversi, 83 e 84 o al più tardi 84 e 85, dal momento che «presentano, pur nella stretta analogia dell’impianto, delle diversità che si spiegano meglio se essi sono divisi da un intervallo temporale. […]) Poiché non mi pare possibile spiegare queste differenze con diversità di usanze relativamente alle due diverse modalità di doni (xenia e apophoreta), l’ipotesi più naturale è che Marziale, visto il successo incontrato dalla prima raccolta, si sia sentito incoraggiato a proporne una nuova, più ricca e più varia, alla successiva occasione, e cioè ai Saturnali dell’anno seguente»136.

Qualche rilievo a margine. È d’obbligo mettere in rilievo che i ridotti e vaghi riferimenti a eventi contemporanei rendono particolarmente ardua la datazione delle due raccolte; si aggiunga che alcuni degli indizi sfruttati dallo stesso Friedländer a favore di una datazione congiunta e “alta” (tra 85 e 86 d. C.) si potrebbero almeno parzialmente discutere.

La menzione di Domiziano come Germanicus in XIII 4, ad esempio, implica senz’altro che il terminus post quem sia l’assunzione di tale titolo da parte dell’imperatore, ma non impone certo di collocare a tutti i costi la pubblicazione entro l’83 d. C.137: Marziale si rivolge al princeps chiamandolo Germanicus in altre nove occorrenze – di cui, si badi, nessuna prima del libro V e ben cinque nel libro VIII – che ci persuadono a considerare tale appellativo come assolutamente conforme alle strategie adulatorie del poeta di Bilbili per buona parte della sua carriera poetica138.

Una precisazione merita anche un altro caso citato da Friedländer, ovvero XIV. 124:

135 La dinamica della raccolta volutamente monotematica messa insieme tra un anno di carriera e l’altra spiegherebbe perfettamente anche le tante incongruenze per una precisa collocazione cronologica degli Spectacula, sui quali cf. infra, 114-125.

136 Citroni 1988, 12 = 20002, 19-20. Sullivan (1991, 12) appoggia la datazione del dicembre 85.

137 Questa anche l’impostazione seguita da Leary (2001, 12-13) che segnala l’assunzione del titolo come valido terminus

post quem ma finisce per presupporre che l’83 sia anche, probabilmente, lo stesso anno di pubblicazione, pur ammettendo

che «that Martial had the Xenia ready in time for publication in December 83 is possible; but otherwise it twill have appeared in December 84». Per quanto l’utilizzo dell’epiteto Germanicus garantisca che la pubblicazione sia avvenuta dopo l’83, l’assenza di un terminus ante quem non vieta di pensare la pubblicazione in un momento anche molto successivo.

138 Germanicus in riferimento a Domiziano appare in V 2, 7; V 3, 1; V 19, 17; VII 61, 3; VIII 4, 3; VIII 26, 3; VIII 39, 3;

VIII 53, 15 e VIII 65, 11. Si ricordi che il libro V uscì probabilmente nell’autunno dell’89 mentre il libro VIII all’inizio del 94. È d’obbligo rilevare che in XIV 170 (Haec illi sine sorte datur cui nomina Rhenus/ vera dedit. Deciens adde

Falerna, puer) la vittoria sul Reno pare ben più recente. L’unica osservazione che si potrebbe fare, in favore di una

datazione più bassa di questo distico, è che Marziale potrebbe aver scelto di riferirsi al successo militare che percepiva come più significativo; sulla permanenza dell’epiteto Germanicus nella titolatura ufficiale durante l’intero regno di Domiziano vd. Buttrey (1980, 52-56), Martin (1987, 73-82, con bibliografia) e Jones (1992, 129).

113

Romanos rerum dominos gentemque togatam ille facit, magno qui dedit astra patri.

Per quanto Friedländer abbia ritenuto che in questi versi Marziale alludesse al tempio di