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Libri numerati e libri numerabil

1.5 Quod mihi vix unus toto liber exeat anno: l’auto-cronologia d’autore

1.5.1 Libri numerati e libri numerabil

Un possibile punto di partenza è la questione, apparentemente banale, del peso che il concetto stesso di libro numerato – e numerabile – esercita negli Epigrammi, specie nei passi in cui il poeta allude esplicitamente a uno dei propri libri designandolo con l’ordinale di riferimento.

L’epigramma II 93, posto a conclusione della raccolta, è rivolto all’amico Regolo: “primus ubi est” inquis “cum sit liber iste secundus?”

quid faciam, si plus ille pudoris habet? tu tamen hunc fieri si mavis, Regule, primum

unum de titulo tollere iota potes.

Il componimento pone tra le altre cose il problema della datazione del liber II, resa particolarmente ardua dalla sostanziale mancanza di indizi storici271; buona parte degli studiosi, come si vedrà, ha tratto da questo epigramma gli argomenti per

dimostrare che la pubblicazione del secondo libro avvenne prima di quello che ci è tràdito come liber I, poiché l’allusione al pudor del libretto mancante è stata interpretata come esitazione ad affrontare il pubblico di Roma e quindi come ritardo nella pubblicazione.

Al di là delle questioni di datazione, il fatto che un collegamento di questo tipo si trovi già nel secondo degli Epigrammaton libri chiarisce subito che in Marziale la consapevolezza dell’originalità della propria opera fu forte fin dal principio della sua carriera. Si potrebbe inoltre osservare che il senso di tale epigramma, soprattutto in considerazione della posizione strategica in finale di libro, è

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con ogni probabilità assimilabile a una trovata pubblicitaria: l’allusione a una raccolta precedente poteva incuriosire i neo-lettori al punto da spingerli ad acquistarla.

Medesimo scopo potrebbe avere l’allusione al liber prior dell’epigramma III 1 (vv. 3-4):

hunc legis et laudas librum fortasse priorem: illa vel haec mea sunt, quae meliora putas.

Anche in questo caso, il fatto che Marziale alluda a un solo liber prior ha favorito la formulazione dell’ipotesi di Stobbe272, secondo cui i primi due libri sarebbero usciti contemporaneamente; eppure, considerata l’abitudine del poeta di far riferimento al volume immediatamente precedente – anche e soprattutto, come si è visto, con intento pubblicitario – pare molto più logico convenire con Citroni273 che l’autore si stia riferendo semplicemente al secondo libro, citato col pretesto di farne metro di paragone con la raccolta che sta presentando e verosimilmente con l’intento di ricordarne l’esistenza al suo pubblico274.

Il liber VI viene esplicitamente notato come tale dal poeta stesso nel primo componimento della raccolta (vv. 1-2, che lo dedicano a Giulio Marziale):

sextus mittitur hic tibi libellus, in primis mihi care Martialis.

È evidente che per il poeta iniziasse a esser necessario numerare le sue raccolte: per auto- celebrazione, per incuriosire i nuovi lettori, forse per dare indicazioni nella prospettiva di pubblicare gli opera omnia. Come opportunamente rilevato da Borgo, «sono indicazioni troppo ricorrenti per essere casuali, tanto più in un poeta che si dimostra sempre così attento anche alla fase editoriale della sua produzione; piuttosto, anche per la loro posizione, sembrano costituire un anticipo di quella lista delle opere dello stesso autore che oggi, collocata nella terza o nella quarta di copertina, in una posizione che per la sua visibilità ne permetteva l’immediata consultazione, offre informazioni sulle pubblicazioni precedenti dell’autore a un pubblico ancora indistinto che in questo modo, rassicurato dalla sua capacità ‘professionale’ viene invogliato all’acquisto»275.

Uno spunto di interesse estremo, anche per quanto riguarda le vicende editoriali dell’opera di Marziale in generale, è quanto dichiarato in VII 17, 6-8:

272 1867, 62-63. 273 1975, XIV.

274 Così anche secondo Fusi 2006, 119-110. 275 Borgo 2003, 104.

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septem quos tibi misimus libellos auctoris calamo sui notatos: haec illis pretium facit litura.

L’affermazione ha spinto alcuni studiosi, primo dei quali Dau276, a ipotizzare che l’edizione sponsorizzata in I 2 comprendesse proprio i primi sette libri; l’omaggio fatto a Giulio Marziale sarebbe dunque un’anticipazione – o magari una replica – privata di ciò che il poeta mise poi anche presso il largo pubblico. Ad ogni modo, inserire un epigramma del genere nella raccolta pubblicata doveva servire, oltre che a compiacere l’amico Giulio, ad incuriosire e invogliare ogni lettore dell’ultim’ora che fosse ignaro dell’esistenza di altri sei libri dello stesso autore277.

Le affermazioni di Marziale circa la cadenza periodica278 dell’uscita dei suoi libretti si fanno sempre più spudorate e civettuole con il crescere della sua fama. In VIII 3, ad esempio, il poeta chiarisce al lettore che non era affatto sua intenzione pubblicare un’altra raccolta; è stata la stessa Talia, con i suoi improperi, a costringerlo a scrivere ancora.

“quinque satis fuerant: nam279 sex septemve libelli

est nimium: quid adhuc ludere, Musa, iuvat? sit pudor et finis: iam plus nihil addere nobis

fama potest: teritur noster ubique liber;

et cum rupta situ Messalae saxa iacebunt 5

altaque cum Licini marmora pulvis erunt, me tamen ora legent et secum plurimus hospes

ad patrias sedes carmina nostra feret”.

In questo caso l’allusione ai libri precedenti non vuole stuzzicare la curiosità del suo pubblico, di cui, anzi, è dato per scontato il favore incondizionato; essa ha piuttosto il sapore di un compiaciuto bilancio della propria carriera, che almeno fino a quel momento era stata, in effetti, soddisfacente280. Ogni volta che Marziale allude, nei suoi componimenti, alle raccolte pubblicate in precedenza, si

276 1887, 76.

277 Per questo epigramma e per il valore del deposito presso la biblioteca privata vd. supra, 60-61.

278 Praticamente annuale, come sostenuto dallo stesso autore in X 70, 1: quod mihi vix unus toto liber exeat anno; si tratta peraltro di un’affermazione utilissima, dato che ci dà conferma sulla più o meno cadenza annuale delle pubblicazioni di Marziale.

279 Shackleton Bailey (1990) ha proposto, nella sua edizione, una correzione di nam in iam.

280 In generale «l’incipit del libro ottavo è quello in cui si concentra forse in massimo grado l’orgoglio del poeta per le

pubblicazioni al suo attivo» (Borgo 2003, 105); su questo testo – e sul libro VIII in generale – vd. Canobbio (2005, 137- 145; 2014, 453-457), Degli’Innocenti Pierini (1999, 173-174) e Merli (2013, 128-129).

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mostra consapevole dell’originalità della sua opera in quanto successione di libelli pubblicati separatamente ma concepiti come unità complessiva; difficilmente è sincero nel momento in cui, come si è già visto in VIII 3, simula esitazione nel continuare a pubblicare o quando addirittura sembrerebbe sconsigliare una fruizione continuata della sua opera, come fa ad esempio in IV 29281.