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interno dell’energia – 3.5. Le prospettive del settore europeo dell’elettricità e del gas – 3.6. La nuova politica e- nergetica europea – 3.7. La ristrutturazione dell’industria europea – 3.8. Considerazioni conclusive

3.1 Considerazioni introduttive

Nel secolo XX l’industria dei servizi di pubblica utilità è stata investita da una profonda ristrutturazione in seguito al processo di liberalizzazione del mercato promosso dall’Unione Europea. L’obiettivo del presente capitolo è, quindi, l’analisi dell’evoluzione della regola- zione europea del settore dell’energia elettrica e del gas naturale alla luce dei processi di li- beralizzazione del mercato e di privatizzazione delle imprese, avviati dall’Unione Europea sul finire del secolo scorso.

Dopo aver delineato le fasi principali del processo di liberalizzazione, lo studio si sof- ferma sull’analisi dell’evoluzione della normativa europea volta alla creazione di un mercato interno dell’energia elettrica e del gas naturale. In particolare, vengono approfonditi due a- spetti cruciali per la liberalizzazione del mercato europeo dell’energia: lo stato di recepimen- to delle direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE, relative, rispettivamente, al mercato interno dell’elettricità e alla liberalizzazione del settore del gas naturale, e il grado di attuazione delle suddette direttive negli Stati membri dell’Unione Europea.

Successivamente, vengono illustrate le prospettive del settore dell’elettricità e del gas alla luce del processo di liberalizzazione del mercato, ponendo particolare enfasi sulla nuova politica energetica promossa dall’Unione Europea.

Infine, sottolineremo gli effetti che la creazione del mercato unico dell’energia ha avuto sulla struttura industriale del settore delle public utility. L’analisi si chiude con alcune osser- vazioni critiche che richiamano l’attenzione sui principali risultati emersi dallo studio e pro-

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pongono alcune considerazioni di sintesi sul nuovo quadro normativo del mercato interno dell’energia elettrica e del gas naturale in Europa.

3.2 La liberalizzazione del mercato

L’Unione Europea si è proposta di realizzare un mercato comune europeo fin dalle sue origini, ma la liberalizzazione e l’integrazione dei mercati nazionali dei servizi di pubblica utilità è stata messa in cima all’agenda politica solo dalla metà degli anni Ottanta. Infatti, è in questo periodo che si è affermata l’opinione in base alla quale la liberalizzazione di questi mercati rappresenti la strada maestra per permettere all’economia europea, migliorandone l’efficienza, di competere a livello internazionale, e, alle imprese europee, di reggere la pres- sione concorrenziale con operatori extraeuropei che possono avvalersi di un ampio spettro di servizi di elevata qualità. Pertanto, l’Unione Europea si è attivata per cercare di dare una normativa quanto più possibile uniforme agli Stati membri, in tutti i servizi pubblici “a re- te”, attraverso direttive tese ad una progressiva liberalizzazione e ad una contestuale unifi- cazione dei mercati dei servizi di pubblica utilità.

L’adozione di una European regulation for competition (o regolazione europea per la diffusio- ne della concorrenza) ha avuto effetti dirompenti sull’industria delle public utility europee. Già nel Trattato di Roma del 1957, l’Unione Europea si propose la realizzazione di un mer- cato comune europeo attraverso l’integrazione dei mercati nazionali dei paesi membri, ov- vero, di un’area priva di frontiere interne, nella quale fosse assicurato il libero movimento di persone, servizi, merci e capitali.

L’applicazione del Trattato nel settore dei servizi pubblici ha, però, trovato notevoli resi- stenze nazionali: nella fattispecie, gli articoli 86 (ex 90) e 87 (ex 92) del Trattato di Roma hanno ricevuto una scarsa considerazione nelle normative nazionali, almeno fino alla fine degli anni Ottanta. Infatti, i grandi servizi pubblici a rete sono rimasti chiusi nei rispettivi ambiti nazionali, non toccati né dai processi della deregolazione né dall’allargamento dei confini dei mercati, da quelli nazionali a quelli comunitari. In tal senso sono stati ribattezza- ti “settori esclusi”, in ragione dei loro connotati nazionali di pubblica utilità e per la dichia- rata inopportunità di qualsivoglia processo di liberalizzazione, anche a causa dei fenomeni di fallimento del mercato che li contraddistinguevano su scala nazionale.

Un momento di svolta per i suddetti “settori esclusi” è costituito dalla sentenza della Corte Europea di Strasburgo del 1985, frutto di un’azione giudiziaria, intrapresa dal Parla- mento Europeo nel 1983, contro la Commissione ed il Consiglio dell’Unione Europea per la mancata applicazione dei principi del Trattato costitutivo del 1957 nei predetti settori1.

Questa sentenza, quindi, costituisce il primo fondamentale passo per la costruzione di un mercato europeo integrato anche nei servizi pubblici a rete. Infatti, la Corte Europea si è pronunciata su tale inadempienza, stabilendo la necessità di urgenti provvedimenti in mate-

1 In particolare, si valutarono le inadempienze della Commissione e del Consiglio dell’Unione Europea ri-

guardo all’art. 71 (ex 75), in base al quale era necessario estendere i principi della libera concorrenza anche negli ex settori esclusi.

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ria, che, fin dai primi anni Novanta, hanno cominciato a mettere in fibrillazione gli assetti organizzativi ed istituzionali dei settori dei servizi di pubblica utilità.

In seguito alla sopra richiamata sentenza della Corte Europea di Strasburgo, l’Unione Europea si è attivata per cercare di dare una normativa quanto più possibile uniforme agli Stati membri, attraverso direttive tese ad una progressiva liberalizzazione in tutti i servizi di pubblica utilità. In particolare, nel trasporto ferroviario, nelle telecomunicazioni, nel settore dell’energia elettrica e in quello del gas naturale, le direttive dell’Unione Europea sono tutte proiettate verso l’apertura dei mercati alla concorrenza, il libero accesso dei terzi alle reti, la separazione verticale dei segmenti della filiera (o unbundling) e la trasparenza dei meccanismi di fissazione dei prezzi, al fine di creare un mercato europeo unico, in cui vengano rimossi gli ostacoli al libero scambio e alla libera circolazione di merci, servizi, persone e capitali2.

Il principale strumento per consentire a tutti gli operatori di competere in condizioni di parità con gli altri concorrenti è l’introduzione del principio del Third Party Access (TPA) cioè la possibilità di accesso alle reti di trasporto da parte di soggetti terzi rispetto al pro- prietario della rete. Ad esso si affianca l’unbundling, ovvero uno strumento di regolazione che, attraverso la deintegrazione verticale delle attività delle società, impedisce il consegui- mento di sussidi incrociati tra attività competitive (concorrenziali e libere) ed attività regola- te (prevalentemente le infrastrutture di rete) grazie a costi e ricavi più trasparenti3, e rende

più facile l’ingresso di nuovi entranti nei mercati (soprattutto nella fase della vendita).

2 Per un’analisi approfondita di questi concetti si veda FAZIOLI R. (1995), Dalla proprietà alle regole.

L’evoluzione dell’intervento pubblico nell’era delle privatizzazioni, Ciriec, Franco Angeli, Milano.

3 I sussidi incrociati tra le attività verticalmente integrate svolte dalle public utility rappresentano una tipica

forma di sovvenzionamento incrociato tra produzioni. Il sovvenzionamento incrociato è un fenomeno che può ve- rificarsi quando vi sono costi comuni che non possono essere «causalmente» attribuiti ad un particolare pro- dotto o servizio e si concretizza nella sottostima del costo unitario dei prodotti a basso volume, ma elevata complessità, a seguito della maggiore allocazione dei costi indiretti sui prodotti standardizzati caratterizzati da alti volumi ma con minore complessità, anche se le transazioni generatrici dei costi generali (overhead) sono prevalentemente causate dalla complessità dei prodotti a basso volume. In altri termini, i costi della comples- sità (relativi a attrezzaggi per cambi di tecnologia di prodotto, modifiche di progetto, gestione degli approvig- gionamenti, movimentazioni, eccetera) rimangono «nascosti» all’interno di aggregazioni di costo più ampie costituite da reparti e uffici. Cfr. CINQUINI L. (2003); Strumenti per l’analisi dei costi, vol. I, Fondamenti di Cost Ac- counting, Giappichelli, Torino, p. 129. Sul punto si vedano anche COOPER R. E KAPLAN R.S. (1999), The Design of Cost Management System, (II ed.), Prentice Hall, New York.

L’applicazione di questo principio nel settore dell’energia elettrica e del gas da luogo ai sussidi incrociati, che si manifesta nella possibilità che le utility possano usare i redditi derivanti dalle attività regolate e dai servi- zi non competitivi per sostenere i loro prodotti e servizi nei mercati competitivi. La scorretta allocazione dei costi comuni che non possono essere «causalmente» attribuiti ad un particolare servizio sulle attività regolate o non competitive si traduce in un danno per i clienti del servizio regolato. I rimedi storici, individuati sin dal 1970 per proteggere i consumatori contro la pratica dei sussidi incrociati tra business competitivi e non compe- titivi, sono:

− il divieto di ingresso nei business competitivi;

− i separation standards, che permettono alle utility di entrare nei mercati competitivi, ma richiedono che siano usate risorse separate per fornire servizi competitivi o regolati;

− la cost allocation, che consiste nell’attribuire tutti i costi «causalmente» ai servizi che danno luogo a tali costi e nel ridistribuire i costi comuni sututti i servizi;

− la price-cap regulation, che consente di superare il problema del cost shifting, poiché i prezzi non sono di- rettamente collegati ai costi, ma ad un meccanismo indicizzato.

Quest’ultimo criterio è ritenuto idoneo ad accompagnare la trasformazione del modello da monopolistico a competitivo. Sul punto si vedano, tra gli altri, KAUFMANN L.,MEITZEN M.,LOWRY M.N. (2000), Controlling

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Si osservi, inoltre, che lo sviluppo della European regulation for competition nei servizi pub- blici a rete ha mutato la natura dei processi di regolazione economica: da una tradizionale regolazione sui comportamenti, la cosiddetta conduct regulation4, finalizzata a regolare il com-

portamento di un ben identificato soggetto (il monopolista integrato), ad una riferita alle strutture generali delle relazioni che intercorrono fra più soggetti della medesima industria, la cosiddetta structural regulation5, che ha l’obiettivo di definire un quadro minimo di norme

essenziali per consentire la realizzazione di una piena ed efficiente accessibilità alle reti, at- traverso le quali erogare i servizi in modo competitivo fra più soggetti ed efficace nella ri- sposta alle molteplici sfaccettature della domanda.

Infine, il mutamento degli assetti organizzativi e regolamentativi nei settori dei servizi pubblici a rete, oltre ad essere assai delicato, investe anche gli assetti infrastrutturali dei pae- si membri. Infatti la costruzione di un mercato comune, affinché diventi lo scenario di rife- rimento per gli operatori europei, necessita di un adeguamento strutturale delle reti6. Nel

titolo XV (ex titolo XII) del Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea si fa espresso riferimento alla necessità di perseguire gli obiettivi di reale integrazione fra i paesi membri attraverso la realizzazione di progetti di larga scala sulle reti transeuropee. In parti-

of Cross Subsidization in Electric Utility Regulation, Edison Electric Institute. La liberalizzazione dei servizi di pub- blica utilità ha, pertanto, richiamato l’attenzione sui diversi approcci volti ad impedire la pratica dei sussidi in- crociati. Si ricorda che essi possono essere di due tipi:

− l’approccio strutturale, rappresentato dall’obbligo di disinvestire o dismettere una determinata azienda. Questo rimedio rimuove in modo drastico le occasioni per le imprese di abusare del proprio potere e richiede una limitata attività di vigilanza e monitoraggio da parte delle Autorità di regolazione. Tutta- via, esso dovrebbe essere adottato solo nei casi in cui non si vede altra misura sufficiente ad aprire il mercato;

− l’approccio comportamentale, che prevede la fissazione di regole che governano le relazioni tra le utility e le loro affiliate commerciali, i cosiddetti codici di condotta. Questo tipo di rimedio, che richiede un conti- nuo monitoraggio per il raggiungimento degli obiettivi, ha una funzione prevalentemente preventiva. Il problema dell’adozione di codici di condotta è stato affrontato per la prima volta negli Stati Uniti in oc- casione della liberalizzazione del settore elettrico. Nel febbraio del 1997 una Task Force costituita dalle State Commissions e dalla Security and Exchange Commission elaborò una bozza di Libro Bianco «Tools Needed to Prevent Cost Shifting and Cross Subsidies Between Regulated and non-Regulated Affiliates» e nel luglio del 1999 la National Asso- ciation of Regulatory Utility Commissioners (NARUC) approvò le «NARUC Guidelines for Cost Allocations and Affilia- te Transactions» rivolte alle operazioni nei settori dell’elettricità e del gas. Nel novembre 2000 è stato pubblicato il Libro Bianco sui codici di condotta, che comprende un articolato inventario dei possibili rimedi contro i sussidi incrociati. Tra i diversi rimedi proposti nel Libro Bianco per evitare la pratica dei sussidi incrociati, l’Unione Europea ha preferito adottare la separazione tra attività competitive e attività non competitive (o unbundling) – separazione che può essere strutturale, funzionale o contabile. Cfr. SALINI M.P. (2001), Lo sviluppo delle im- prese multiutility, Energia, n. 2, pp. 48-59.

4 Si veda KAHN A.E. (1971), The Economics of Regulation, J. Wiley and Sons, New York.

5 Per un’analisi approfondita della problematica si rimanda a HENRY C. (1993), “Public Service and Com-

petition in the European Community Approachs to Communications Networks”, Oxford Review of Economics Policy, volume 9, n.1.

6 La rilevanza dei sistemi di servizi di pubblica utilità e, più in generale, delle infrastrutture nel condiziona-

re la dinamica della produttività, dell’efficienza e dello sviluppo nei sistemi economici ha ricevuto una signifi- cativa enfasi già nel famoso White Paper di Jacques Delors, “Growth, Competitiveness, Employment: the challenges and ways forward into the 21st century”. L’ambizioso programma è stato presentato nel dicembre 1993 ed accettato come programma politico comunitario ad Essen nel dicembre 1994: al cuore delle azioni proposte al fine di abbattere i problemi di disoccupazione e sottosviluppo attraverso politiche attive strutturali volte a rinvigori- re, anziché disincentivare, l’efficienza del sistema economico europeo nel suo complesso, si trova la questione di un’ampia rete infrastrutturale europea, che è tuttora irrisolta.

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colare, gli articoli 154 (ex 129B), 155 (ex129C) e 156 (ex 129D) del titolo XV del suddetto Trattato, proclamano che la Comunità contribuirà al processo di realizzazione e sviluppo di network transeuropei nei settori fondamentali dell’energia, del trasporto e delle telecomuni- cazioni al fine di rendere possibile l’interoperabilità delle reti nazionali, e quindi, la creazio- ne di un unico grande network europeo7.

3.3 La regolazione europea verso il mercato unico dell’energia elettrica e del gas