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V LA LIGUA FRANCA BARBARESCA A CONFRONTO CON ALTRE VARIETÀ SEMPLIFICATE DI ITALIANO

V.1 La semplificazione linguistica dell’italiano nel Corno d’Africa

Il territorio delle ex colonie italiane (Etiopia, Eritrea e Somalia) potrebbe fornire un punto di vista interessante sui fenomeni di semplificazione dell’italiano. Vale la pena perciò tentare una comparazione tra queste lingue e la lingua franca barbaresca, con lo scopo di evidenziare la presenza di eventuali tendenze analoghe o differenziazioni tra le diverse lingue semplificate del Corno d’Africa e tra quest’ultime e la lingua franca

barbaresca. Soprattutto perché non sono molti gli studi condotti negli ultimi anni sulle

caratteristiche linguistiche di queste varietà semplificate e sull’eredità che tale occupazione ha lasciato, spesso anche i pochi contributi esistenti non sono in realtà che articoli di modesta estensione con informazioni scarse e metodi di raccolta dati piuttosto superficiali.

Gli studi più interessanti sull’argomento sono senz’altro l’articolo di Marcos Italian del 1976393 ed il capitolo di Mauro Tosco A Case of Weak Romancisation: Italian in East

Africa del 2008, si segnala anche il Dizionario Somalo-Italiano redatto da Mioni nel

1988, rilevante per un approfondimento sulla confluenza di prestiti e calchi italiani tutt’ora in uso in somalo ed in tigrino.

La diffusione dell’italiano in questi territori è iniziata per alcuni già a partire dalla fine del XIX secolo e nonostante la breve durata della dominazione italiana nell’ A.O.I. (Africa Orientale Italiana), la diffusione e l’utilizzo della nostra lingua si è protratta per molti decenni a seguire. Analizzeremo i dati riportati per la descrizione linguistica delle varietà di italiano semplificato in Eritrea, in Etiopia ed in Somalia, commentando gli esiti degli studi finora condotti, al fine di valutare attraverso la compresenza di caratteristiche comuni tra le varietà di italiano del Corno d’Africa e la lingua franca barbaresca, l’ipotesi di un percorso comune alla semplificazione linguistica dell’italiano.

393 H-M.MARCOS,Italian, in M.L.BENDER et alii, Language in Ethiopia, Oxford University Press, 1976, pp. 170-

V.1.1 Breve inquadramento storico

Lo sviluppo di una varietà di italiano semplificato nell’area del Corno d’Africa è legata soprattutto al passato espansionismo coloniale italiano, che per quanto breve in alcune zone, ha lasciato comunque un segno distintivo nel panorama sociolinguistico dell’area. La conquista del territorio africano è inaugurata da una compagnia privata di navigazione genovese, la compagnia Rubattino, che acquistò nel 1869 la baia di Assab nell’odierna Eritrea meridionale. Nel 1882 Assab divenne ufficialmente colonia italiana e tale evento aprì la strada alla conquista di tutto il territorio eritreo nel 1885, non senza l’approvazione britannica. Si aggiunsero poi le città di Asmara, Keren e Massawa nel 1889. Così nel 1890 l’Eritrea fu ufficialmente dichiarata colonia italiana. Pochi anni dopo, nel 1893 l’Italia ottenne anche il protettorato sull’estremità nord-est della Somalia e su tutta la costa grazie ad un accordo con il sultano di Zanzibar. L’espansione verso sud fu bloccata dalla cocente sconfitta nella battaglia di Adua del 1896. La fase iniziale dell’occupazione privilegiava un controllo indiretto sul territorio, operato attraverso compagnie e società private, mentre a partire dall’ultimo decennio dell’800 il governo italiano si rende diretto partecipante, culminando con la spinta imperialista della prima guerra mondiale e del regime fascista. La conquista dell’Etiopia, promossa dall’imperialismo fascista fu completata solo a partire dal 1935-36, anno in cui nasce ufficialmente l’A.O.I., destinata però ad avere vita breve. Viene infatti destituita nel 1941, anno in cui l’Etiopia riacquista la propria indipendenza. Il territorio somalo invece rimase, per volere dell’ONU, sotto il protettorato dell’Italia per tutta la durata della transizione politica verso l’indipendenza nel 1960. Per quanto riguarda l’Eritrea, essa fu posta sotto il controllo federale di Addis Abeba, mantenendo la propria autonomia, tuttavia l’Etiopia venne meno ai patti ed assoggettò completamente il territorio eritreo nel 1962. Dopo una logorante guerra civile l’Eritrea raggiunse l’indipendenza ufficiale soltanto nel 1993394.

394 La contesa territoriale tra Eritrea e Etiopia è proseguita fino agli anni 2000, quando l’esercito etiope invade la città

di Badammé uccidendo circa 19000 soldati eritrei e numerosi civili. Con l’istituzione della Eritrea-Ethiopia

Boundary Commission si è stabilito che tale città appartiene formalmente all’Eritrea, ma nonostante ciò l’esercito

etiope si è rifiutato di abbandonare il territorio. Con la cessazione della missione ONU nel 2008 i conflitti si sono riaccesi e a tutto il 2015 la città risulta ancora sotto il controllo etiope.

Il livello di scolarizzazione in lingua italiana raggiunto durante la permanenza ed in epoca successiva fu generalmente molto basso in tutte le colonie ed in alcune zone addirittura inesistente; tale fenomeno è legato alla volontà di mantenere la popolazione indigena ad un livello linguistico inferiore rispetto al popolo italiano e ad un livello sociale di sudditanza; a tale scopo, le poche scuole istituite durante la dominazione, erano principalmente scuole di manifattura ed arti manuali, anche le scuole gestite da missionari presenti sul territorio già dalle prime occupazioni erano rare e concentrate in aree vicine alle principali città. L’apprendimento dell’italiano nelle colonie del Corno d’Africa sembra quindi affidato principalmente ad un’interazione di tipo interpersonale invece che ad una pianificazione linguistica in chiave politica. In questo modo lo stato italiano mirava alla conservazione del divario sociale (che passa anche attraverso quello linguistico) e della distanza culturale, con lo scopo di creare una classe produttiva subordinata al potere dell’occupante. Generalmente l’apprendimento dell’italiano per le popolazioni occupate avveniva in contesto del tutto spontaneo e non guidato lavorando come domestici in casa di italiani, come operai o come elementi del corpo militare italiano. Tale dinamica configura una situazione di interazione linguistica circoscritta al rapporto datore di lavoro-lavoratore sottoposto. Le parole di Tosco definiscono bene ed in modo conciso la situazione dell’italiano in questi territori; egli parla infatti di un «unplanned spread of Italian»395, una diffusione dell’italiano comunque considerevole,

nonostante la mancanza di una politica di diffusione linguistica adeguatamente pianificata e nonostante la durata piuttosto breve della permanenza italiana, se prendiamo ad esempio l’Etiopia si tratta solo di pochi anni, per Eritrea e Somalia invece l’occupazione fu più prolungata. In Eritrea ed in Etiopia l’italiano non divenne mai lingua ufficiale, mentre in Somalia fu riconosciuto ufficialmente negli anni settanta insieme al somalo, lingua ufficiale e nazionale. Tutt’oggi molti italiani continuano a vivere nelle ex colonie, distribuiti soprattutto nei grandi centri urbani di Asmara, Massawa, Addis Abeba e Mogadiscio.

395M.TOSCO, A Case of Weak Romancisation: Italian in East Africa, IN T.STOLZ,D.BAKKER, R.SALAS PALOMO,

Aspects of language contact. New theoretical,methodological and empirical findings with special focus on

Romancisationprocesses, Berlin, ed. Gruyter Mouton, 2008, p. 378. Il termine Romancisation non trova riscontro in

alcun contributo precedente in letteratura, si trovano invece Romanisation o Romanzization; credo che sia da intendersi qui come “romanzizzazione”, cioè relativo all’ambito romanzo.

V.1.2 Le caratteristiche linguistiche dell’ISE396

La lingua lessificatrice di base è l’italiano dei coloni, mentre le lingue madri degli abitanti autoctoni sono per la maggior parte il tigrino (nel Tigrè, nell’Etiopia settentrionale) e l’amarico, entrambe lingue semitiche dell’Etiopia; il tigrino è peraltro ampliamente parlato anche in Eritrea. Poiché gli studi sull’argomento sono rari, si è scelto di riferirsi direttamente ad uno dei più completi, quello di Marcos (1976), del quale si sono ampiamente serviti numerosi studiosi, anche solo per citare o riferirsi ad alcuni fenomeni linguistici dell’ISE. Là dove si è ritenuto necessario sono state inserite precisazioni proveniente da altri studi, come quelli di Turchetta, di Holm e di Tosco397. Pur presentando nomenclature diverse, come ISE e SIE di Marcos (1976), Restructured

Italian in Eritrea di Holm (1989), Asmara Pidgin Italian in Arends, Muysken & Smith

(1994) poi ripreso da Turchetta (2009), esse si riferiscono tutte alla stessa varietà. Holm sostiene che in territorio eritreo l’italiano pidginizzato fosse utilizzato non soltanto dagli italiani per comunicare con i locali, ma anche come lingua veicolare da comunità parlanti lingue di area etiope reciprocamente inintelligibili. La descrizione di Marcos sulle tecniche di raccolta dati e sui criteri di selezione del campione di informanti sono generiche e poco precise; i dati raccolti si riferiscono all’area urbana di Asmara ed Addis Abeba e coinvolgono un campione di soggetti non specificato né quantitativamente né qualitativamente; la raccolta dati è stata suddivisa in due fasi: nella prima fase i soggetti erano invitati ad un colloquio informale presso il proprio posto di lavoro, mentre la vera e propria raccolta dati si verificava in un secondo momento utilizzando una lista di circa 400 parole senza specificare quale fosse la task per l’informante. Interpretando dal testo, si presume che ai soggetti fosse chiesto di leggere le seguenti parole e sintagmi, mentre si procedeva ad una trascrizione fonetica istantanea; in seguito veniva chiesto agli informanti di parlare liberamente di argomenti di diretta conoscenza come esperienze passate, di lavoro e, per quanti ne avevano memoria, dell’occupazione italiana. La

396 Con ISE ci si riferisce generalmente alla varietà semplificata di italiano diffusa nel Corno d’Africa, tuttavia

mentre abbiamo dati concreti provenienti dall’Eritrea e dall’Etiopia, per la Somalia possiamo soltanto ipotizzare l’esistenza di una varietà simile. L’unico campione di dati raccolti in ambito somalo è costituito dallo studio di Banti (si veda p. V.1.5) condotto su due sole informanti.

397 H-M.MARCOS,op. cit., pp. 170-180; J.HOLM,Pidgins and Creoles, vol. II, Cambridge Univ. Press, New York,

1989, pp. 609-610; B.TURCHETTA,Il mondo in italiano: varietà e usi internazionali della lingua, ed. Laterza, Roma- Bari, 2005, pp. 33-36; B.TURCHETTA,op. cit., 2009; M. TOSCO,op. cit., pp. 377-398.

metodologia di raccolta dati risulta fragile e poco rigorosa, o almeno così appare dalla descrizione che Marcos restituisce all’inizio dello studio. Tuttavia questi dati costituiscono uno dei pochi studi esistenti sull’italiano semplificato di Eritrea e Etiopia. Vediamo le principali caratteristiche linguistiche dell’ISE:

• Vocalismo:

il sistema vocalico dell’ISE è ricalcato su quello dell’italiano non standard con <e> ed <o> chiuse; ad esse si aggiungono inoltre /ɨ/ vocale alta centrale anteriore, tipica del tigrino e dell’amarico ed /ɛ/. Vediamo adesso le deviazioni presenti rispetto all’italiano: in posizione interna di parola /a/ ed /e/ si trasformano in /ɛ/ (parlare> bɛrlare398; venire> bɛnire) ed il fonema /i/ in posizione atona può centralizzarsi in /ɨ/ (finito> fɨnito); la monottongazione dei dittonghi italiani <ie> e <uo> che si semplificano rispettivamente in /e/ ed /o/ in posizione interna di parola, mentre tendono a resistere in posizione di attacco sillabico della semi- consonante (buono> bono e uomo> womo; niente> nenti e ieri> jeri399); si registra inoltre una tendenza generale all’innalzamento delle vocali in posizione atona e finale di /o/ ed /e/ in /u/ ed /i/ rispettivamente, ciò influenzato probabilmente dall’alto tasso di nomi che terminano in /i/ dell’ amarico e del tigrino.

398 Poiché l’ISE non possiede una rappresentazione grafica standardizzata, i dati sono riportati in grafia fonetica,

secondo i simboli dell’IPA, omettendo le parentesi quadre, sostituite dal corsivo. Si segue la trascrizione utilizzata da Marcos.

399 Marcos(1976) utilizza il simbolo /y/ per rappresentare la semi-vocale palatale, per maggiore coerenza con le

• Consonantismo:

in entrambi i sistemi fonologici delle lingue semitiche materne e dell’italiano sono presenti fonemi che non trovano corrispondenza nel sistema opposto: in italiano abbiamo /p/, /v/, /ts/, /dz/ e /ʎ/, mentre in tigrino ed in amarico le consonanti fricative ed occlusive eiettive /p’/, /t’/, /k’/, /s’/ e la palatale /c’/. Vediamo i mutamenti a cui sono soggetti i fonemi consonantici italiani: il primo ed il più caratteristico dell’ISE è senz’altro il passaggio di /p/ e /v/ a bilabiale sonora /b/ (porta> borta; vacca> bakka), spesso l’articolazione dell’occlusiva bilabiale sorda possiede una leggera aspirazione, che la rende più simile a /β/, inoltre in corrispondenza di /o/ ed /u/, /p/ e /b/ italiane tendono ad apparire come /w/ (vuoto> woto); /ʎ/ si semplifica riducendo la palatalizzazione e si articolandosi come /li/; le consonanti affricate /ts/, /dz/ e /tʃ/ e /dʒ/ perdono la componente occlusiva, diventando semplicemente fricative alveolari e post- alveolari ( ragazzo> rɛgaso; mezzo> mezo; dolce> dolʃi; mangiato> menʒato); i nessi consonantici tendono ad essere semplificati dal punto di vista articolatorio attraverso l’inserzione di una vocale d’appoggio /ɨ/ prima del nesso quando esso ha in prima posizione la sibilante sorda <s> (spazzola> ɨsbasola; scuola> ɨskola), quando il nesso invece è composto da occlusiva+liquida la vocale d’appoggio si posiziona tra le due consonanti (classe> kɨlase; pranzo> bɨranzo); il nesso consonantico /gw/ sembra invece oscillare tra la conservazione e la semplificazione (guardare> wɛrdare; guanti> gwanti).

• Morfologia e sintassi:

si verifica frequentemente l’omissione degli articoli determinativi e indeterminativi (rɛgasi mɛnjato); La frequenza dell’accordo di numero e genere tra aggettivi e nomi è generalmente bassissima (ɨjo bɛduto due donna) e la forma base selezionata per gli aggettivi dimostrativi è il maschile singolare (kwesto due