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IV STUDI CRITICI SULLA LINGUA FRANCA

IV.4 Pelio Fronzaroli e l’ipotesi del parastrato semitico (1954)

Fronzaroli in questo intervento non si limita a fornire una descrizione dei fenomeni linguistici tipici della lingua franca, ma fornisce anche una possibile chiave di lettura sulla sua genesi e formazione, abbracciando il filone delle teorie sostratiste e di conseguenza proponendo l’ipotesi del parastrato semitico. Egli fornisce subito una definizione della lingua franca come:

[…] lingua ausiliaria sorta durante il medioevo sulle coste meridionali del Mediterraneo per la necessità di intendersi tra gli Arabi ed i Latini. Diffusasi in un primo tempo lungo tutte le coste del Mediterraneo meridionale ed orientale, essa venne più tardi restringendosi sempre più sino a limitarsi quasi alla sola Barberia228.

.

Sulla natura del fenomeno lingua franca, Fronzaroli precisa inoltre che:

[…] quella serie di manifestazioni linguistiche, che chiamiamo lingua franca, non ci si presentano come l’adattamento momentaneo di un parlante arabo inesperto di lingue romanze, ma come una vera e propria lingua sia pure semplificata al massimo nel lessico e nella grammatica, con sue norme ed una sua struttura ben salda e ben riconoscibile anche nella naturale rapida evoluzione che le circostanze favorivano229.

Sull’effettivo processo di genesi della lingua franca, Fronzaroli riprende le tesi di Schuchardt fondate sull’auto-semplificazione operata dai parlanti romanzi nativi, ritenendola eccellente.

Sulla documentazione relativa alla lingua lo studioso si esprime rapidamente sottolineando che:

[…] essa non è una lingua letteraria né una lingua scritta. I documenti che se ne hanno, se si eccettua una parodia del dialetto franco nell’isola di Gerba conservata in un codice laurenziano ed un dizionarietto ad uso del corpo di spedizione francese in Algeria del 1830, sono dovuti per lo più alla penna dei viaggiatori che non mancavano di notarne il curioso carattere di lingua mista ed in un certo qual modo anarchica e ribelle alle comuni norme delle altre lingue230.

Proseguendo nel testo, lo studioso delinea brevemente le linee principali della lingua franca, soffermandosi sugli aspetti linguistici più insoliti e sulle caratteristiche più

228 P.FRONZAROLI,op. cit.,pp. 213-215. Riguardo la posizione dello studioso sull’etimo del termine lingua franca si è già detto in precedenza.

229 Ivi, p. 216.

peculiari, come la selezione del singolare per il plurale nei nomi, l’omissione dell’articolo o la sua drastica riduzione, l’uso della preposizione per per introdurre l’accusativo o il caso obliquo e la sovraestensione dell’infinito. Successivamente queste caratteristiche linguistiche verranno spiegate in funzione della tesi del parastrato semitico. L’autore si sofferma poi sulla variazione sincronica della lingua franca, in linea con la posizione schuchardtiana, afferma che «sulle coste occidentali dell’Africa settentrionale è sorta una lingua a base spagnola con qualche semplificazione fonetica dovuta al parastrato arabo, sulle coste orientali si ha una lingua a base italiana»231; proprio come Schuchardt l’autore

sostiene che, in realtà:

[…] i continui scambi commerciali, le guerre, la pirateria portarono sin già dal loro sorgere queste due colorazioni a fondersi in diversi gradi fra loro cosicché le due varietà si sarebbero potute chiaramente distinguere forse soltanto ai margini orientale e occidentale232.

La città di Algeri, grazie alla pirateria e alla schiavitù cristiana, costituiva «il punto ideale dove la lingua franca si presentava più unitaria e ne dové essere il centro di irradiazione per lungo tempo»233.

Attraverso la formulazione della teoria sul parastrato semitico, Fronzaroli si colloca in sintonia con le ipotesi sostratiste per cui alcuni dei fenomeni linguistici più significativi della lingua franca barbaresca234 sono in una certa misura veicolati dall’’influsso

dell’arabo magrebino. Ciò costituirebbe per Fronzaroli un processo del tutto naturale per il quale «le popolazioni che adottano una lingua nuova, vi introducono qualcosa delle loro abitudini»235 e permette di analizzare «in che misura la struttura linguistica indigena abbia

potuto esser trasferita nella lingua franca»236. Anche l’utilizzo di per in lingua franca

sarebbe facilmente spiegabile con la teoria del parastrato arabo; difatti anche nell’arabo magrebino «l’opposizione fra il pronome soggetto ed il pronome complemento è assai

231 Ivi, pp. 221-222. 232 Ibidem. 233 Ibidem.

234 Il semitista utilizza sempre il termine lingua franca senza specificare apertamente a quale delle numerose realtà

linguistiche si riferisca, in base alla lettura dell’intervento, mi sento di sostenere che Fronzaroli si riferisca a ciò che qui abbiamo chiamato lingua franca barbaresca, abbracciando la denominazione cifolettiana. Ciò sembra confermato anche dalle fonti utilizzate da Fronzaroli, si cita spesso Haedo e il Dictionnaire, oltre all’opera di Hugo Schuchardt in cui ugualmente l’autore non si serve dell’etichetta barbaresca, limitandosi ad un generico lingua franca.

235 Ivi, p. 231. 236 Ibidem.

forte»237, ciò potrebbe aver incentivato la conservazione di questa particolare funzione

distintiva della preposizione per.

Molto più articolata è la sezione dedicata al sistema verbale della lingua franca, caratterizzato da un notevole grado di semplificazione e da una distinzione di tipo aspettuale. Le due forme base selezionate sono: l’infinito durativo ed il participio passato risultativo senza ausiliare; nel primo confluiscono il tempo presente, il futuro e talvolta l’imperativo, mentre nel secondo la temporalità del passato. Questa distinzione di tipo aspettuale, per Fronzaroli, ricalcherebbe quella presente in arabo magrebino tra incompiuto e compiuto. L’influenza dell’arabo magrebino spiegherebbe anche l’omissione dell’ausiliare in lingua franca. Tuttavia, l’omissione dell’ausiliare rientra perfettamente negli schemi di qualsiasi processo di semplificazione del linguaggio, senza dover necessariamente teorizzare un presunto influsso dell’arabo magrebino. L’uso dell’imperativo affermativo e negativo, sarebbe anch’esso confermato dal parastrato semitico, poiché all’interno del sistema verbale semitico:

[…] da un lato vi sono forme che esprimono comando, contrapposte a forme dedicate all’enunciazione […], dall’altra parte all’interno dell’indicativo o enunciativo i due aspetti dell’azione sono nettamente distinti nelle due forme del compiuto e dell’incompiuto238.

Il sistema verbale della lingua franca, in seguito al processo di semplificazione, sarebbe ridotto in misura tale per cui:

[…] la lingua franca viene ad essere la risultante di due forze eterogenee, quella romanza che tende ad identificare il participio col passato, l’infinito col presente e a creare il futuro perifrastico, quella semitica che tende ad identificare il participio con il compiuto e l’infinito con l’incompiuto239.

La trattazione dell’argomento continua con altri fenomeni tra cui l’impiego della frase nominale e la giustapposizione, anch’esse spiegate in ragione dell’influenza dell’arabo magrebino. Riguardo la giustapposizione l’autore sottolinea come «il procedere per giustapposizione non sia ignoto alle lingue romanze, tuttavia ci pare che nell’uso così largo che ne fa la lingua franca si debba riconoscere una persistenza di abitudini linguistiche dei parlanti arabo»240.

237 Ivi, p. 233. 238 Ivi, pp. 240-241. 239 Ibidem. 240 Ivi, p. 245.

Segue una breve introduzione al lavoro di Robert Hall Pidgin English and Linguistic Change, precedente di pochi anni, dichiarando generalmente sui pidgin ed i creoli quanto «la formula vocabolario europeo + sintassi indigena non è affatto accettabile» 241 , e che la mancanza di una morfologia flessiva non significa

necessariamente minore complessità, infatti ad esempio «le categorie grammaticali sono diverse da quelle della grammatica classica, ma vi sono»242.

In conclusione all’articolo l’autore enfatizza ancora una volta l’influenza dell’arabo, non solo sul sistema lessicale, ma su quello morfologico, attraverso una reazione di tipo adstratico. Certamente la posizione di Fronzaroli appare agli occhi di uno studioso contemporaneo a tratti ingenua e oltremodo datata, numerosi studi successivi (ad es. in Bickerton 1981; Hall 1966; Mühlhäusler 1986; Romaine 1988; Holm 1989) hanno invece spiegato tali fenomeni attraverso teorie diverse, dimostrando come, tutti i fenomeni trattati da Fronzaroli possano essere ricondotti a meri processi di semplificazione del linguaggio e non indotti necessariamente dall’influenza della particolare lingua nativa contestuale.

241 Ivi, p. 251. 242 Ibidem.