concettuale: gli approcci e le definizion
1.2 I principi definitor
1.2.3 I limiti della mixité funzionale
Il contributo fornito dalla mixité alla vitalità e al miglioramento dell’ambiente urbano viene diffusamente riconosciuto, «Mixed use development is no panacea, but its contribution to continuing to im-
prove towns and cities should not be underestimated»85. Tuttavia, si
può affermare che un ambiente funzionalmente misto sia condi- zione necessaria ma non sufficiente per migliorare la vita in città e l’ambiente urbano, in quanto si deve tenere conto anche dei limi- ti della mixité nelle operazioni di rigenerazione e trasformazione. L’esperienza urbana è, infatti, il risultato di molti fattori, tra cui la diversità sociale, la varietà economica, la ricchezza architettonica, la presenza di servizi e di spazi per la vita in pubblico.
Come sostiene Gehl86, un mix di usi corretto e ben gestito dovrebbe
aiutare la promozione della “vita tra gli edifici” ma affinché questa si realizzi occorre tenere conto anche di altri aspetti, tra cui soprat-
84. Cfr. A. Coupland, op.cit.; D.
Schwanke, op.cit.; J. Grant, «Encourag- ing mixed use in practice», cit.
85. A. Coupland, op.cit., p. 290.
86. J. Gehl, Vita in città. Spazio urbano e
tutto quello di un valore sufficientemente alto di densità edilizia e, conseguentemente, quello di un gran numero di persone e attività che gravitano attorno ad una determinata area, già evidenziato da
Jacobs87 come necessario affinché si possa sviluppare e mantenere
la diversità funzionale.
In secondo luogo, va ricordato che vi possono essere aspetti ne- gativi connessi ad un’alta mixité funzionale e che possono colpire particolari gruppi sociali, variare nel tempo ed essere, talvolta, poco prevedibili in quanto risultato dell’incontro di una molteplicità di variabili. Ad esempio, un’area pedonale con locali notturni o un’area di mercato sono caratterizzate da grande vitalità urbana e, in linea teorica, desiderabili, ma i disagi che ne conseguono possono essere più o meno accettati dai residenti in funzione di aspetti solo in parte prefigurabili.
Inoltre, un’alta mixité funzionale, in assenza di adeguata qualità urbanistico-edilizia, può portare a condizioni indesiderate come la congestione del traffico, le problematiche relative alla sosta, a un’ec- cessiva concentrazione di persone, a usi imprevedibili degli spazi aperti e chiusi, a un sovraccarico delle infrastrutture.
Anche da un punto di vista percettivo-sensoriale possono sorgere problematiche. Su questo aspetto, Lynch propone una articolata riflessione, dove giunge a sostenere che né la mixité è di per sé ga- ranzia di vitalità urbana, in quanto una sovrabbondanza di funzioni diverse porta a una offerta di attività che può causare “stress urba- no”, né una semplice formulazione quantitativa delle funzioni da in- sediare può offrire sufficienti garanzie per la progettazione urbana.
[il principio di diversità] ricorre così spesso quando di parla della qua- lità della città. Esso è applicabile a tutte le cose desiderabili. Una varie- tà di persone, di cibo, di posti di lavoro, di divertimenti, di ambienti, di scuole, di libri è sempre auspicabile. La varietà di situazioni ambientali disponibili significa che è più facile per qualsiasi individuo trovarne una congeniale, o acquistare una nuova competenza. E la coerenza per- ciò migliora.
Però scopriamo che è difficile trovare il modo di misurare la diversità. Tutte le cose sono in qualche misura eguali e in qualche misura diverse le une dalle altre, e le loro differenze possono essere più o meno impor- tanti. Il loro apparire simili o dissimili dipende dalle necessità e dalle percezioni dell’osservatore. […] Per quanto desiderabile in astratto, la diversità non può essere identificata e misurata finché non si sa come le persone percepiscano le differenze, e in quali aspetti la varietà risulti importante per loro.
Non c’è soltanto questo; noi troviamo anche che la varietà ha i suoi limiti. […] Troppe possibilità paralizzano la capacità di scegliere. Un po’ dello stress della vita cittadina sta nell’abbondanza delle offerte, nella costante pressione a dover scegliere e decidere. […]Un buon ambiente è un posto che offre accessibilità ovvia e facile a una moderata quantità di persone, di merci e di situazioni, e dove questa varietà può allargarsi ulteriormente se la persona è disponibile a impegnare altre energie – un mondo esplorabile, le cui grandi diversità possono essere ricercate o ignorate a proprio piacimento88.
87. Cfr. par. 1.3.1 “La diversità urbana
di Jacobs”.
88. K. Lynch, Progettare la città. La
Non può essere, quindi, solamente il mix funzionale a garantire la qualità dell’ambiente urbano, ma una progettazione della natura degli usi, della riduzione delle occasioni di conflitto, delle soluzioni che offrono maggiore sicurezza, dei rapporti tra aree pubbliche e private. Tuttavia, un ulteriore limite è dato dal fatto che la pianifica- zione e la progettazione sono solo una componente del complesso mosaico, non è sufficiente un certo ambiente fisico per determinare processi sociali ed economici, in quanto vi sono fattori esterni alla dimensione progettuale che condizionano ciò che è costruito e la sua qualità.
[…] in urbanistica, come d’altronde in tutte le scienze sociali, a ogni azione può corrispondere una reazione diversa, poiché risulterà me- diata da molti fattori, come aspetti culturali, sociali, economici, antro- pologici, tecnologici, normativi ecc. Il rapporto tra causa ed effetto, quindi, si differenzia secondo le varie situazioni urbane, soprattutto quando ci si riferisce alla strumentazione operativa, sia per esercita- re una tutela non solo inibitoria, sia per assumere il “progetto” come estrinsecazione materiale di un complesso processo di valutazione89.
Inoltre, le risorse private, da investimenti di mercato, e quelle pub- bliche, come investimenti, incentivi e detassazioni, giocano una par- te importante nel sostenere le iniziative di rigenerazione urbana verso la creazione di ambienti misti; vi è anche il rischio che le am- ministrazioni pubbliche, in presenza di una ristrettezza di risorse disponibili, siano portate ad accettare operazioni di rigenerazione monofunzionali (residenziali, direzionali, commerciali e del tempo libero) nelle grandi aree dismesse, mentre gli investimenti nei cen- tri storici possono condurli a tematizzazione in chiave turistica o elitaria90.
Talvolta, i tentativi trasformare un’area urbana in un ambiente di tipo misto, progettandone la mescolanza degli usi, palesano i loro li- miti nei rapporti con la popolazione insediata – intesa come gruppo di persone residenti o legate a vario titolo alle attività economiche locali – che può opporre resistenza a tale cambiamento, general- mente per il previsto insediamento di funzioni non desiderabili ma anche per una difesa della propria identità socio-economica e cul- turale. In America, ad esempio, proprio mentre negli anni Ottanta si diffondeva la previsione di zone per attività miste, nasceva e si rafforzava il fenomeno NIMBY (Not-In-My-Back-Yard) con il quale ti- picamente si indica l’opposizione da parte di una comunità locale a opere di interesse pubblico sul proprio territorio, ma alle quali non si opporrebbero se venissero realizzate altrove. Ciò pone in eviden- za il fatto che il mix funzionale può trovare resistenza da parte dei residenti di un’area, soprattutto se comporta un incremento di den- sità urbana o l’inserimento di funzioni non “gradite” a livello socia- le (ad esempio, un centro di accoglienza), ambientale (un centro di trattamento rifiuti) o anche servizi che, pur desiderabili, comporta- no potenzialmente un “disturbo” alla tranquillità del contesto (una scuola, un asilo, un parco giochi).
89. S. Garano, La città nell’incertezza e
le contraddizioni dei piani. Dalla pro- gettazione al labirinto procedurale e normativo, Roma, Gangemi Editore,
2015, p. 95.
90. Cfr. J. Grant, «Mixed use in theory
and practice: Canadian experience with implementing a planning prin- ciple», cit.
La ricerca varietà e integrazione funzionale può inoltre condurre, paradossalmente, alla segregazione sociale con il manifestarsi di processi di gentrificazione, con la conseguente espulsione di fasce di popolazione residente generalmente a basso reddito, incremen- tando così il problema dell’accesso alla casa, o con l’espulsione di attività economiche che, seppur ancora consentite nel nuovo as- setto funzionale, risentono negativamente della trasformazione, a causa della concorrenza delle altre nuove imprese, o per l’aumento dei costi di locazione, o perché non incontrano il favore dei nuovi
abitanti91. La rigenerazione urbana, in tal senso, può risolvere alcuni
problemi di quartieri in declino, ma non senza generare ulteriori questioni.
Il potere della mixité funzionale rispetto ai possibili sistemi di gover- no della città sta dunque, talvolta, nel suscitare forme spontanee o strutturate di contestazione o, detto altrimenti, nell’indurre i soggetti istituzionali che decidono delle trasformazioni urbane a prendere in conto le posizioni espresse dalla società locale; un potere che ha a che vedere con le implicazioni collettive della mixité funzionale. La dimen- sione collettiva di tali implicazioni non attiene tanto all’idea di città giusta, sostenibile, competitiva. Queste sono argomentazioni assun- te più spesso dalla municipalità o dagli operatori che promuovono il progetto. È invece sul piano della qualità di vita entro una prospettiva di quartiere che il dibattito sulla mixité sembra suscitare attenzione e mobilitazione locale 92.
Abitanti e operatori economici sono stati, quindi, identificati come i due principali gruppi sociali che possono trarre benefici o svantaggi da un ambiente funzionalmente misto, e che possono eventualmen- te opporvisi o contribuire a crearlo. Nei due paragrafi seguenti, ven- gono introdotti alcuni elementi che possono influire sulla deside- rabilità della mixité funzionale rispetto alle specificità di entrambi.
1.2.4 Il mix funzionale e la residenza
Le opportunità offerte dalla città, densa e mista, continuano ad es- sere apprezzate e ad attrarre flussi di persone, tuttavia il parallelo favore riservato alla città diffusa e allo stile di vita di cui è portatrice genera un paradosso per cui un “utente” della città mista è al con- tempo attratto e respinto da essa. Ciò può ricondursi al fatto che solo parti limitate di essa offrono un’esperienza urbana appagante e, frequentemente, la residenza in queste zone non è economica- mente affrontabile dalla maggioranza della popolazione o non vi si trova, comunque, un’offerta abitativa con caratteri adeguati alle esi- genze di determinate fasce di popolazione (ad esempio, le famiglie, alla ricerca di zone tranquille, con un certo livello di privacy, spazi verdi e servizi, ad un prezzo accessibile); all’opposto vi è chi risiede in città per necessità, e non per scelta, in ragione di convenienze legati ai costi e ai tempi di trasporto.
Rispetto a tale quadro, nella riflessione sulla desiderabilità dei una
91. Ibidem.
città funzionalmente mista da parte delle persone, deve essere te- nuto conto dell’impatto delle nuove tecnologie sulla vita quotidiana e sul modo di vivere la città. Esse hanno, infatti, già notevolmente modificato e continueranno a farlo, in particolare, i rapporti sociali, il modo di fare acquisti, il modo di lavorare. Gli aspetti positivi che vengono generalmente attribuiti all’ambiente urbano misto atten- gono ai vantaggi delle relazioni di vicinato, alla possibilità di avere a disposizione una varietà di negozi a breve distanza dall’abitazione, all’accorciamento delle distanze tra luoghi di residenza e luoghi di lavoro. Le nuove tecnologie sembrano, tuttavia, mettere in discus- sione tali vantaggi, in quanto la rete di contatti personali è sempre più slegata dal luogo di abitazione; l’approvvigionamento di beni avviene on-line con comodità, assortimento e prezzo; i nuovi lavori e i mezzi telematici riducono la necessità di una presenza fisica, e quindi il pendolarismo, permettendo una migliore conciliazione dei
tempi di vita e lavoro93.
Il quadro descritto esercita notevoli ripercussioni sulla localizza- zione delle funzioni nel tessuto urbano, pone interrogativi su quali caratteristiche debba avere un ambiente urbano misto nella società digitale e quanto, infine, sia effettivamente un modello di città effet- tivamente necessario.