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concettuale: gli approcci e le definizion

1.3 I modelli teoric

1.3.2 Il modello di Rowley

Alan Rowley ha rilevato che «l’analisi e le conclusioni di Jacobs era- no radicate nelle osservazioni sulla vita della città e sull’economia negli Stati Uniti alla fine degli anni Cinquanta e da allora molte cose sono cambiate. Ora è ancora più difficile mantenere, e tanto meno riprodurre, il tipo di diversità, vitalità e senso generale della comu-

nità che tanto ammirava»132. Nel 1996, egli ha proposto un modello

concettuale degli usi misti principalmente basato sulla trama in- terna di un insediamento – ripresa dalle riflessioni di Lynch sulla

forma degli insediamenti133 – come maggiore determinante dei suoi

caratteri e qualità, definendone i caratteri principali: grana, densità, permeabilità.

ି La grana134 si riferisce al modo in cui le differenti componenti

di un insediamento (persone, attività, funzioni, edifici e spazi aperti) sono mescolate insieme. Una grana fine, tipica della città storica, si riferisce a molti elementi simili che sono dispersi tra molti elementi diversi; la grana grossa, tipica della città moder- na, si realizza con ampie aree di un elemento separate dalle loro simili da vaste aree di altri elementi. Un passaggio brusco da tra gruppi di elementi determina una grana nitida mentre una transizione graduale realizza una grana indistinta.

ି La densità è legata ai concetti di mixité e grana: essa dipende infatti dal numero di utenti e dalla combinazione delle funzioni. In accordo con Jacobs, sono necessarie densità abitative medio- alte per mantenere la vitalità nelle città.

ି La permeabilità si riferisce alla possibilità “democratica” di scelta nei movimenti pedonali, così come deriva dall’impianto di strade e percorsi.

Il modello introduce poi il fattore scalare, distinguendo diversi set- ting dell’uso misto:

1. l’edificio; 2. l’isolato; 3. la strada; 4. il quartiere.

Vengono inoltre evidenziate quattro tipologie localizzative per gli usi misti:

1. centri città;

2. aree urbane interne e brownfield, comprese le aree dismesse o sfitte, le zone in crescita che necessitano di rigenerazione; 3. aree suburbane o ai margini della città;

4. aree rurali, se le regole di pianificazione lo consentono.

Infine, individua tre approcci per mantenere o promuovere uno svi- luppo urbano ad uso misto:

1. conservazione di impostazioni di usi misti consolidate;

2. rivitalizzazione graduale e ristrutturazione incrementale delle aree urbane esistenti (compresi infill, riuso, conversione e re- furbishment);

3. riassetto complessivo o riqualificazione di aree e siti più grandi.

132. A. Rowley, op.cit., p. 88. Traduzio-

ne dell’autore.

133. Cfr. K. Lynch, L. Rodwin, op.cit.; K.

Lynch, Progettare la città. La qualità della forma urbana, cit.

134. Data l’esplicita riproposizione

di Rowley del medesimo concetto di “grain” espresso da Kevin Lynch in “A theory of Urban Form” (1958), in “ The Pattern of the Metropolis” del 1961 (trad.it “La struttura del- la metropoli”, 1964) e in “A theory of good city form” del 1981 (trad.it. “Progettare la città. La qualità della forma urbana”, 1990) viene adottata la traduzione di grain con il termine italiano “grana”, già definita nel lavoro del 1961 come “il grado di compat- tezza con cui i vari elementi - come i negozi e le abitazioni - sono tessuti tra di loro” e in quello del 1981 come “la struttura interna di un insediamen- to”; allo stesso modo si sono assunte le traduzioni “fine” (fine), “grossa” (coarse), “nitida” (sharp), “indistinta” (blurred).

Ciò definito, secondo Rowley una particolare operazione di trasfor- mazione per usi misti è il prodotto di due o più di queste variabili, ma problemi e opportunità variano a seconda dei contesti reali, la cui natura viene determinata, in particolare, da tre dimensioni: flus- si, titolarità e presenza, tempo.

Flussi. Uno degli effetti che maggiormente vengono ricercati con la mixité è la capacità di generare flussi e, conseguentemente, di ap- portare maggiori livelli di vitalità urbana; tuttavia, attività e usi del suolo differiscono in termini di flussi che sono capaci di generare.

È quella che viene definita da MacCormac135 “transactional quality”

dei diversi usi, con ciò riferendosi alla diversa portata che essi pos- sono avere sulla vita pubblica e sullo stimolo alle interazioni sociali. Questa caratteristica viene vista come la base del senso della pre- senza umana e del coinvolgimento esperito nelle città, criticando il fatto che essa viene largamente ignorata dalle categorie di uso del suolo della pianificazione tradizionale. Ai due estremi si situano il parcheggio, che non ha poco o nessun significato per un passante, e il mercato all’aperto, che offre un’intensa serie di scambi tra il pubblico e gli operatori. I supermercati nascondono i loro scambi dentro un edificio e difficilmente si relazionano con la strada, allo stesso modo i grandi edifici direzionali contribuiscono poco alla vi- talità dello spazio pubblico, a differenza di piccoli uffici e laboratori, con vetrine e ingressi a livello strada, che realizzano gli scambi in un modo simile a quello di un negozio.

135. R. MacCormac, «Urban reform:

MacCormac’s manifesto», Architects

Journal, 1983, pp. 59–77. citato in A.

Rowley, op.cit., p. 87.

Figura 1.3 La gerarchia delle tran- sazioni di MacCormac (Fonte: Oc, Tiesdell, 1999, p. 279. Traduzione dell’autore).

Figura 1.2 Graficizzazione del mo- dello di Rowley. (Fonte: A. Rowley, 1996, p. 86)

Titolarità e presenza. Ulteriori dimensioni afferiscono ai concetti di proprietà e occupazione sia per quanto concerne gli usi residenziali sia per quelli produttivi/commerciali. Rowley richiama la necessità di sostenere un mix anche di questi aspetti, ciò riguarda quindi l’e- sistenza di una varietà che riguarda:

ି i titoli di occupazione degli alloggi (proprietà, affitto, condivi- sione) e degli spazi non residenziali (piena proprietà, locazione, accordi di licenza);

ି i soggetti che occupano le proprietà, con attenzione a garantire il soddisfacimento di bisogni per le diverse fasce sociali (ad esem- pio, residenze protette per anziani, alloggi di diverse tipologie e metrature per diverse possibilità reddituali) e imprenditoriali (ad esempio, minimarket così come commercio specializzato). Tempo. Infine, il tempo è una dimensione importante per la mesco- lanza di attività e funzioni. Il tempo in relazione alla mixité funzio- nale di edifici, isolati o quartieri viene riferito a:

ି funzioni in compresenza, la cui fruizione si esercita in tempi di- versi e slegati, in relazione agli orari propri di varie attività spa- zialmente separate, e rappresenta il caso più diffuso;

ି funzioni in sequenza, la cui fruizione si esercita in tempi diversi e conseguenti, poiché le attività occupano lo stesso spazio ad orari diversi; questa condivisione – anche se aumenta la com- plessità gestionale – permetterebbe un doppio vantaggio, da un lato di incrementare i flussi e arricchire la vita sociale di una comunità, dall’altro quello di consentire l’esercizio di attività che non si possono permettere un costo di locazione alto o per- manente.

Quest’ultimo aspetto permette di introdurre ad un altro concetto, relativo alla dimensione temporale, cioè il tempo legato al ciclo di vita dell’investimento immobiliare o dell’edificio. Ciò può essere esemplificato con le unità commerciali di un nuovo (o rinnovato) edificio, il cui costo può essere affrontato solo dalle attività più re- munerative, tuttavia, con il passare del tempo, si verificheranno ces- sioni e subaffitti, suddivisioni e accorpamenti, nonché oscillazioni del mercato immobiliare, che possono portare ad un mix più ricco di attività, varietà delle popolazioni che frequentano l’area e stili di vita differenti.

Il modello di Rowley costituisce il primo tentativo recente di concet- tualizzazione della mixité, tuttavia, alcuni aspetti non sono presi in

considerazione136.

Condivisione di spazi nel medesimo tempo. Il modello si concentra principalmente sulla presenza di funzioni in diversi edifici, trascu- rando di considerare la dimensione dei punti multifunzionali (ad esempio, un alloggio che può essere usato al contempo come luogo di lavoro).

Dimensione verticale. Il modello considera la distribuzione orizzon-

tificazioni funzionali degli edifici multipiano.

Tempo. Questo aspetto, pur contemplato nelle riflessioni di Rowley, non viene inserito nel modello.

Scala. Nel modello, Rowley considera le dimensioni della strada e dell’isolato, che tuttavia afferiscono alla medesima scala; lo stesso Rowley riconosce nelle sue argomentazioni, invece, come il setting “strade e spazio pubblico” costituiscano una particolare fattispecie, poiché la varietà di attività che qui si realizzano non dipende soltan- to dal mix funzionale, ma da altre caratteristiche derivanti dal de- sign urbano e degli usi pubblici. Inoltre, è assente la scala dell’intera città, poiché per Rowley il mix di funzioni è naturalmente presente a questa scala.

Dimensioni e interrelazioni. Nel modello è assente un elemento evi-

denziato da Caroline Rodenburg et al.137, cioè la dimensione dell’in-

treccio delle attività costituita dalla misura in cui esse sono disperse all’interno di un’area, anche se appartenenti alla medesima catego- ria funzionale (ad esempio, più unità commerciali singole in un’area realizzano un numero di relazioni superiore alla stessa superficie raccolta in un’unica unità nel medesimo spazio di riferimento).