Introduzione al secondo capitolo
2.3 La città contemporanea e la metropolizzazione: rigenerazione e
2.3.2 La ricerca di qualità e l’integrazione funzionale Si è visto, nel paragrafo precedente, che i piani contemporanei ten-
dono a configurare le funzioni urbane, alle diverse scale della città, secondo logiche reticolari tese a conseguire una struttura funzio- nale i cui nodi siano interdipendenti e complementari, e che questo costituisce uno dei due pilastri della costruzione di un nuovo ordine funzionale nella concettualizzazione fatta da Roberto Cassetti; se- condo tale lavoro, l’altro pilastro è rappresentato dalla mescolanza delle funzioni, ossia dall’integrazione funzionale – dalla mixité – che emerge, in particolare dalla seconda metà degli anni Ottanta, come requisito di qualità richiesto alle trasformazioni, che si afferma nei piani e nei progetti urbani del periodo e che ancora perdura nella strategia di rigenerazione.
Terminata la fase dell’espansione, infatti, il diverso quadro socio- economico, caratterizzato da problemi occupazionali che interes- sano una società comunque diffusamente più ricca degli anni del Secondo dopoguerra, richiede al piano – e ciò rimane sostanzial- mente valido fino ad oggi – di sostenere le basi dello sviluppo affian- candovi in modo indissolubile il miglioramento della qualità della vita urbana e dell’inclusione sociale, in un quadro di sostenibilità,
tutela dell’ambiente e ricomposizione dei suoi equilibri299. Poi, con
l’aumento della dispersione insediativa che connota la città con- temporanea e la grande dilatazione dello spazio non costruito che ne deriva, si acuisce la mancanza di relazione tra edificato e spazio aperto, il quale perde sempre più la specificità di spazio collettivo e della socialità per divenire «spazio vuoto […] dell’inquietudine e
dell’insicurezza»300.
Resta quindi aperto e prioritario il tema della qualità dello spazio aper- to della città contemporanea [che] appare invece come un continuo e in- forme spazio interstiziale spesso anche di grandi dimensioni […]: esso necessita di specificazioni e di gerarchie per poter assumere un qualche ruolo e sviluppare le proprie potenzialità a tutte le diverse scale che la città richiede301.
298. Ivi, pp. 147–148.
299. Ivi, p. 133.
300. M. Marcelloni, op.cit., p. 21.
La questione della qualità, che nei decenni dell’espansione si riferi- va quasi esclusivamente alla congrua previsione e presenza di verde e servizi pubblici in rapporto all’edificato, si arricchisce alla fine del Novecento di nuovi significati ed istanze, che mirano al raggiungi- mento di un elevato livello di funzionalità urbanistica, ambientale, sociale ed economica delle varie parti di città, in cui si combinano il rinnovamento dello spazio fisico, pubblico e privato, la ricostru- zione del tessuto sociale e la rivitalizzazione delle attività econo- miche inserite in una visione unitaria. Essa può essere raggiunta solo attraverso l’assunzione generalizzata dell’integrazione come principio che informa ogni scelta e che trova declinazione, a livello funzionale, nella mescolanza di usi.
Il rifiuto della zonizzazione di matrice razionalista, che si inserisce in questo nuovo quadro di esigenze e obiettivi, matura a partire dall’esame dei difetti prodotti dalla monofunzionalità comprenden- do che essi incidono sia sul piano dell’equità sociale, sia su quello della qualità urbanistica: la mancanza di vitalità – oggi individua- ta come principio da applicare nella disciplina funzionale – affligge una zona funzionalmente omogenea indipendentemente dall’uso specifico previsto, comprese le destinazioni d’uso “ricche” verso le quali si può rivelare controproducente; d’altra parte, si comprende che neppure una commistione totale di funzioni in ogni area sareb- be positiva poiché, eliminando le differenze tra parti di città che co- stituiscono anche un aspetto attrattivo dell’ambiente urbano, con- durrebbe a una nuova forma di omogeneità. Si individua, pertanto, quale nuovo obiettivo urbanistico da perseguire la “polifunzionalità relativa” di un ambito urbano, a partire da considerazioni sulle sue caratteristiche storico-morfologiche e funzionali, oltre che sulle re-
alistiche possibilità oggettive302. La “polifunzionalità”, la varietà e
l’integrazione funzionale, trovano interessanti applicazione negli anni dei progetti urbani, diffusamente praticati in Europa, in quanto essi si proponevano di raggiungere obiettivi di elevata qualità urba- na tenendo in particolare considerazione il mix funzionale.
Il tema della qualità, pur avendo sempre interessato l’urbanistica, assume una notevole rilevanza, infatti, solo al termine della tumul-
tuosa fase dell’espansione303 (iniziata con la ricostruzione al termi-
ne della Seconda guerra mondiale e legata alla fase di “boom eco- nomico”) quando diviene più evidente che lo sviluppo nel periodo post-industriale sarebbe dipeso dalla qualità insediativa in modo assai maggiore degli anni precedenti, e quando si comprende che questa è legata anche alla tutela e alla valorizzazione delle risorse ambientali. La qualità urbanistica, sociale e ambientale è richiesta ora, quindi, non solo dai cittadini, ma anche dagli attori economici che la considerano un fattore di competitività e attrazione: all’ur- banistica viene richiesto, pertanto, di elaborare una pianificazione e una progettazione urbana non soltanto quantitative, aspetto già codificato in particolare dal decreto sugli standard, ma anche quali- tative, ponendo maggiore attenzione all’esperienza dell’individuo e alle relazioni dell’ambiente con la città.
302. Cfr. G. Campos Venuti, L’urbani-
stica riformista. Antologia di scritti, lezioni e piani, cit., p. 178.
303. Per quanto riguarda il caso ita-
liano, cfr. par 3.2 “La ripresa e il boom del Secondo dopoguerra: densifica- zione, espansione e omogeneità”.
L’occasione è data dalle opportunità di trasformazione delle grandi aree, all’interno del costruito, non più funzionali al nuovo paradig- ma economico, in occasione delle quali il tema della qualità viene declinato anche in termini di processo, oltre che di progetto; si spe- rimenta, infatti, il coinvolgimento di una molteplicità di attori e l’at- tivazione di risorse e reti presenti nel contesto di intervento, perse- guendo il duplice obiettivo di sollecitare l’investimento privato e di conseguire al contempo vantaggi per la collettività. Con riferimento al caso italiano dei “programmi complessi” è stato, tuttavia, nota- to come «spesso la qualità degli interventi proposti ha rappresen- tato un valore solo nella fase iniziale del processo. […] Il perché è facilmente intuibile: nella fase iniziale del processo la qualità non si lega mai con gli altri “valori” del programma, gli obiettivi sociali ed economici, il coinvolgimento degli attori, l’efficacia ed efficien- za del processo. In questo modo la qualità è un “valore” che non si
integra con le altre componenti e obiettivi del processo»304. Da tale
analisi, emerge come il tema della qualità non si possa configurare in astratto ed essere disgiunto dalle valutazioni operate dagli inve- stitori privati, il cui interesse nella qualità generalmente coincide con una maggiore “vendibilità” dell’operazione, e del concreto coin- volgimento di una pluralità di attori tramite processi partecipativi, sia per focalizzare meglio gli obiettivi, sia per creare un diffuso e concreto consenso attorno alla trasformazione.
In questa ottica, all’obiettivo di una qualità urbana ottimale […] si sosti- tuisce quello di una qualità urbana possibile, che rappresenta il punto di equilibrio fra il soddisfacimento della domanda sociale e le convenienze di mercato realizzabile attraverso la concertazione degli interventi fatti- bili nelle condizioni materiali, operative, economiche e sociali, nel qua- dro di un processo di negoziazione che porti ad una convergenza fra gli interessi dei diversi soggetti. […] Le principali caratteristiche dei pro- grammi complessi cioè l’operatività, l’integrazione di risorse pubbliche e private, l’integrazione funzionale, l’integrazione di risorse non solo urbanistiche, determinano la necessità di un approccio interattivo che definisce le caratteristiche di questi strumenti non classificabili come prodotti “designabili a priori” nel piano, la definizione dei programmi può avvenire solo attraverso un processo operativo in cui alle decisioni pubbliche susseguono le risposte dei vari attori sociali alle diverse scale della decisione305.
Da tali sintetici spunti, emerge come il complesso tema della qua- lità nel progetto urbanistico contemporaneo non possa che essere il risultato di un processo che si sostanzia in un insieme di inter- venti pubblici e privati, i quali devono essere saldamente coordina- ti per ciascun livello di progettazione (piano urbanistico, progetto generale della trasformazione, singolo progetto architettonico) e attuazione, al fine di mantenere la continuità del livello qualitativo complessivo.
L’integrazione funzionale costituisce una delle variabili più signifi- cative all’interno del processo di definizione degli interventi di rige- nerazione della città contemporanea – al punto da poter determi- nare in larga parte il successo o il fallimento di una trasformazione
304. L. Forgione, Percorsi di qualità
urbana: l’esperienza dei programmi complessi. Approcci, criteri ed esiti,
Roma, Aracne editrice, 2008, p. 85. 305. Ivi, p. 87.
– in un quadro dove il principio di integrazione dovrebbe comunque essere non solo declinato per gli aspetti funzionali (definizione del mix per una maggiore ricchezza e varietà del tessuto) ma anche per quelli spaziali (ricomposizione di parti di città e facilità di sposta- mento tra esse), sociali (progetto di inclusione), economici (pro- getto di sviluppo) e ambientali (connessione tra sistemi naturali e miglioramento della fruibilità in ambito urbano). Nell’attuale con- testo di metropolizzazione, su cui grava una perdurante limitatezza di risorse e dal quale emerge altresì il bisogno di un maggiore wel- fare urbano, infatti, la strategia di rigenerazione punta sul principio di integrazione per rompere le dimensioni di isolamento e mono- funzionalità che connotano, in particolare, alcuni tessuti della città esistente, «per disfare, in altri termini, quel tipo di città che l’urba- nistica moderna – con i suoi casermoni, i suoi spazi vuoti e le sue grandi infrastrutture di collegamento – e i processi diffusivi – con lo sviluppo suburbano e le sue cittadelle degli uffici e del consumo
– hanno creato»306.
La mescolanza delle funzioni e la loro riorganizzazione in rete, trat- tata nel paragrafo precedente, rispondono a logiche di riequilibrio e integrazione proprio per conseguire un nuovo welfare urbano, ac- compagnate da interventi incisivi sulle dimensioni sistemiche della mobilità, dei servizi e dell’ambiente, che mirano alla riduzione della dipendenza dal mezzo privato, all’ottimizzazione dell’organizzazio- ne delle funzioni di livello superiore che sono all’origine di elevati carichi urbanistici, alla diversificazione e alla capillarità dei servizi pubblici che costruiscono parte rilevante della nuova qualità urba- na, alla valorizzazione del sistema ambientale tramite occasioni di multifunzionalità. Il modello spaziale di riferimento per l’attuazione di tale strategia di rigenerazione, anche con finalità di contrasto alla dispersione e di contenimento del consumo di suolo, è quello di un sistema insediativo policentrico, nei cui nodi trovino spazio servi- zi fondamentali e funzioni private di eccellenza, radicati all’interno di tessuti misti dove gli spazi pubblici di qualità siano il connettivo della rete delle funzioni della vita quotidiana; le componenti di tale sistema insediativo sono connesse da una rete di mobilità sosteni- bile e interrelate con la rete ecologica territoriale, in cui vengono tu- telate le risorse non riproducibili e utilizzate in modo efficace quelle riproducibili.
In tale modello – i cui aspetti di reticolarità e complementarietà alla grande scala sono stati approfonditi nel paragrafo precedente – i principi di specializzazione e omogeneità e la logica sottesa all’indi- viduazione di aree da classificare per “destinazione d’uso” vengono superati, per il novero di motivi già più volte elencati ma sostanzial- mente riconducibili al mutato quadro socio-economico, che richie- de, per il suo sviluppo, un disegno urbanistico improntato a principi di varietà e flessibilità. A livello funzionale, questo si traduce, rispet- tivamente:
- nella mescolanza di attività urbane diverse e complementari in
ciascun ambito di città, un mix funzionale che garantisca una varietà di opportunità di vita e di lavoro;
306. R. Cassetti, La città compatta.
Dopo la Postmodernità. I nuovi codici del disegno urbano, cit., p. 141.
- nella possibilità di cambiamento e adattamento degli spazi, co- struiti e aperti, al mutamento delle funzioni nel tempo, in ragio- ne della dinamicità del sistema urbano ed economico.
La realizzazione di ambienti di qualità, funzionalmente misti deve essere affrontata con diversi strumenti, a livello sia strategico- pianificatorio sia progettuale, che possano indirizzare e control- lare l’integrazione funzionale; l’analisi di innovative esperienze di
pianificazione internazionali307, ha permesso a Roberto Cassetti di
evidenziare l’emergere di alcune tendenze comuni308 di seguito ri-
portate.
Nel disegno d’insieme, le due soluzioni individuate sono: la divisio- ne in “ambienti insediativi” caratterizzati internamente e recipro- camente da rapporti tra residenza e attività, oggetto di definizione spaziale nei disegni di dettaglio; l’individuazione di “corridoi multi- funzionali” (abitazioni, uffici, commercio e tempo libero) ad elevata densità che innervano tutto l’aggregato urbano.
Nella progettazione di dettaglio, sono state individuate due linee strategiche per la riorganizzazione dello spazio urbano: nel caso
della città esistente, monofunzionale, periferica e a bassa densità309,
la strategia consiste nella densificazione con nuovi volumi edilizi che apportino diversificazione funzionale e nella ricomposizione di questi con gli edifici esistenti tramite un elemento catalizzatore (ad esempio, una sequenza di spazi pubblici) andando a costituire così nuovi “grappoli funzionali”; nel caso dei vuoti interstiziali, la strate- gia consiste nella realizzazione della mixité all’interno degli stessi
307. Cfr. nota 296.
308. Cfr. R. Cassetti, La città compatta.
Dopo la Postmodernità. I nuovi codici del disegno urbano, cit., pp. 141–142.
309. Come, ad esempio, quartieri
residenziali a schema aperto, centri direzioni, aree industriali e aree uni- versitarie.
Figura 2.8 Schematizzazione del concetto di mescolanza funzionale (elaborazione dell’autore su contenuti di R. Cassetti, 2014, pp. 139-142)
MESCOLANZA FUNZIONALE
INDIRIZZO E CONTROLLO DELL'INTEGRAZIONE
FUNZIONALE Progettazione di dettaglio
RIORGANIZZAZIONE IN RETE
NUOVI PRINCIPI
Vitalità
Interdipendenza Aree monofunzionali periferiche
a bassa densità accostate tra loro
Vuoti interstiziali per nuova edificazione Disegno d'insieme
Divisione in "ambienti insediativi" caratterizzati internamente e reciprocamente da rapporti funzionali
Individuazione di "corridoi multifunzionali" ad elevata densità che innervano tutto l'aggregato urbano
Permeabilità
INDIRIZZO E CONTROLLO DELLE COMPONENTI DELLA STRUTTURA FUNZIONALE
Reti delle funzioni della vita quotidiana
Centri
Disegno d'insieme
Centri
Assi principali (eventualmente corridoi multifunzionali)
Progettazione di dettaglio
Quartieri di edilizia sociale a schema aperto Progettazione di dettaglio
Radicamento al luogo per la ricomposizione della struttura funzionale dei tessuti adiacenti
Disegno d'insieme
Creazione di nuovi centri nelle aree esterne delle grandi aree urbane collegati alla rete di centri della città compatta Potenziamento degli addensamenti funzionali urbani esistenti o creazione di nuovi addensamenti negli interstizi Nuovi centri di condensazione delle funzioni di eccellenza (grappoli di attività collegati da corridoi multifunzionali)
Città compatta e storica Grandi assi urbani e centri
Aumento densità edilizie
Unire i modi di spostamento
Nuovo sistema di spazi pubblici Nuovi volumi edilizi
Sostenere funzioni a contatto con la strada
Integrare le funzioni esistenti con funzioni complementari e diverse
Consentire mescolanza funzionale entro l'edificio
Sistema funzionale [nodo irrisolto]
Privilegiare la mobilità dolce (pedonale, tram)
Agganciare i tessuti urbani adiacenti Ricomporre la trama funzionale
Connessione in rete dei punti nodali
Mantenere la varietà e contrastare le funzioni dominanti
Reintrodurre la compresenza di diversi modi di trasporto (pedonale, tram)
Valorizzare un sistema di assi come struttura portante delle funzioni urbane e ricomposizione della città in sistema unitario OBIETTIVI E STRATEGIE
Creare le condizioni per lo sviluppo (ambiente economico competitivo)
Elevare la qualità della vita (ambiente urbano vario e ricco di opportunità)
Centri rari di livello metropolitano e internazionale
Poli esistenti da potenziare
Poli nuovi da creare con funzioni integrate
Funzioni rare dominanti Funzioni tradizionali complementari
Centri di livello urbano e locale (Aree e assi per i quali trovare specializzazione finalizzata alla complementarietà)
Addensamenti esistenti da potenziare (valorizzazione e integrazione)
Nuovi centri da creare nei nodi interni alla città (estendere la rete delle interdipendenze, ridare vita ai tessuti circostanti) Corridoi multifunzionali (rendere stabile e visibile la rete delle
interdipendenze)
Assi portanti della vita urbana Nuova identità ai tessuti Sistema di centri vivi e interdipendenti
Nuovi elementi caratterizzanti
Varietà e diversificazione Differenziazione spaziale Flessibilità nel disegno di lungo periodo Valorizzazione delle specificità Integrazione
Interconnessione NUOVI PRINCIPI
Varietà
Mix funzionali diversi per ogni parte di città
Flessibilità
Gli spazi devono potersi adattare al cambiamento
Grappoli funzionali integrati e ricondotti a unità da un grande elemento catalizzatore
Edifici polifunzionali e addensamenti funzionali diversificati in base al loro ruolo nella composizione urbana
Nuovi elementi caratterizzanti Individuazione delle funzioni
di eccellenza e di livello urbano
(decisione economica, conoscenza, consumo) "Riconquista della strada" con
funzioni commerciali e di servizi
Logica della differenziazione,
edifici, con addensamenti funzionali diversificati in base al loro ruo- lo nella composizione urbana e, in particolare, di funzioni di livello elevato lungo gli assi e nei nodi principali. Come nuovo elemento comune caratterizzante queste strategie, vi è la “riconquista della strada” attraverso la previsione di un basamento continuo di attivi- tà aperte al pubblico che generano vivacità urbana e flussi continui. «Sono tutti fattori questi che, in ultima analisi, illustrano l’aspetto più innovativo della struttura funzionale della nuova idea della città compatta: il passaggio dalla logica della standardizzazione, dell’uni- formità insediativa, alla logica della differenziazione, all’attenzione
alle condizioni e alle risorse locali»310.
Va, infine, evidenziato come per il mix funzionale debba essere in qualche modo indicata una “misura della qualità”. In osservanza del principio di flessibilità, nei piani urbanistici è necessario non irrigi- dire il quadro delle previsioni, tenendo fermo il principio di integra- zione ma individuando il mix funzionale in modo ampio e relativo, mentre è nel progetto di dettaglio che il mix funzionale trova la sua concreta articolazione. Come illustrato, è importante che l’addensa- mento funzionale sia coerente con il proprio ruolo all’interno della struttura urbana per usi, forma e posizionamento; in ragione di ciò, è importante che negli addensamenti di rango più elevato, ai quali viene richiesto di contribuire al riequilibrio urbano e territoriale nell’ambito di un modello insediativo policentrico, non si limitino a riproporre le consuete destinazioni d’uso e tipologie di servizi, in quanto gli effetti della trasformazione rimarrebbero circoscritti all’ambito di intervento. Dovendosi invece relazionare con un con- testo ampio e porsi in complementarietà con esso, è necessario in- dividuare il mix di funzioni, servizi e attrezzature più adeguato ad attivare un processo di rigenerazione qualitativa che porti realmen- te alla nascita di un nuovo pezzo di città, componente integrante del funzionamento urbano complessivo e ben radicato con i tessuti cir- costanti, imperniato su una “caratterizzazione funzionale relativa” attivatrice di flussi (data da funzioni di eccellenza). La realizzazione di tale obiettivo può causare una maggiore difficoltà al processo, sia in termini finanziari sia gestionali, portando eventualmente ad una inefficacia delle previsioni: un argomento che solleva il problema delle modalità di trasferimento negli strumenti urbanistici dei prin- cipi di mescolanza funzionale e di flessibilità in termini quantitativi e spaziali; nella seconda parte della ricerca, verranno rintracciate, in esperienze di pianificazione contemporanea italiane, le soluzioni
adottate per affrontare tale questione311.
Questo paragrafo, a chiusura del secondo capitolo di contestua- lizzazione, riporta in una certa misura al carattere della città pre- industriale con cui si era aperto, la commistione funzionale, dopo aver ripercorso le diverse fasi evolutive del rapporto tra ambiente urbano e distribuzione al suo interno delle attività. Il ciclo si chiude, tuttavia, con una notevole acquisizione: la consapevolezza dell’im- portanza della varietà e della mescolanza delle funzioni nella città
310. Ivi, p. 142.
311. Cfr. par. 5.2.1 “La definizione del
– assente nella società rinascimentale, dove anzi qualche forma di “compartimentazione” era pure idealmente auspicata dai trattati- sti – e che è stata maturata a seguito dell’esperienza concreta della separazione perseguita attraverso lo zoning.
Tratteggiate così le grandi fasi dei paradigmi funzionali della città occidentale, nel prossimo e ultimo capitolo di contestualizzazione, essi verranno più dettagliatamente studiati con riferimento al caso nazionale e agli strumenti urbanistici, dall’Unità d’Italia ad oggi, evi- denziando le tappe del percorso verso l’integrazione funzionale.
In questo capitolo si indaga l’evoluzione della disciplina funzionale nel contesto del- la città italiana, ripercorrendo le varie fasi dell’urbanistica attraverso lo strumento interpretativo dell’analisi generazionale dei piani, formalizzata da Giuseppe Campos Venuti. Il capitolo si articola in tre paragrafi, corrispondenti a tre diverse macro-fasi socioeconomiche durante ciascuna delle quali si sono stabiliti obiettivi e modalità di intervento rispetto alla città esistente, alla città nuova e alle rispettive articolazioni della struttura funzionale.
Nel primo paragrafo, Lo sviluppo capitalistico post-unitario: risanamento, amplia-
mento e rappresentazione, si evidenzia come i piani di questo periodo, dall’Unità
d’Italia alla Seconda guerra mondiale, puntino essenzialmente a definire la maglia