• Non ci sono risultati.

La soluzione dei conflitti socio-spaziali: gli approcci allo zoning

Introduzione al secondo capitolo

2.2 La città industriale e l’espansione pianificata: zonizzazione e

2.2.1 La soluzione dei conflitti socio-spaziali: gli approcci allo zoning

I profondi mutamenti intervenuti nell’Occidente, originati dall’inno- vazione tecnologica e dalla diffusione di nuovi processi produttivi, determinano la nascita della città industriale e del suo sviluppo. Tali trasformazioni generano effetti nuovi che, divenuti quantitativa- mente rilevanti, sfociano in evidenti conflitti che necessitano di un

94. G. Campos Venuti, L’urbanistica ri-

formista. Antologia di scritti, lezioni e piani, cit., pp. 28–29.

“intervento riparatore”. Già con la metafora di Pierre Patte, dell’ur- banistica come “medicina per la città malata”, nella seconda metà del Settecento, era stato messo in luce un carattere di un ritardo del- la (futura) disciplina rispetto agli avvenimenti che dovrebbe con- trollare, di una capacità di intervento sostanzialmente a posteriori. Dall’inizio della Prima rivoluzione industriale alla metà dell’Otto- cento, i tentativi di soluzione ai “mali” della città industriale sono polarizzati ed estremi: l’opposizione alla città esistente attraverso l’ideazione e la sperimentazione di nuovi modi di vita associata, tra cui le sperimentazioni di Owen, Saint-Simon, Fourier, Cabet, Godin; il lavoro puntuale sui problemi della città esistente, in assenza però di una visione d’insieme, messo in atto da tecnici e funzionari at- traverso regolamenti e strumenti tecnico-giuridici che pongono le basi della moderna legislazione urbanistica. Dopo i moti del 1848, con l’organizzazione del movimento operaio e la contrapposizione ai partiti borghesi, si perde la connessione tra istanze urbanistiche e politiche, la cultura urbanistica viene isolata dal dibattito politico assumendo un carattere prevalente di tecnica al servizio del potere costituito, da cui deriva un’impostazione subalterna delle principali esperienze urbanistiche di quell’epoca, che coincide con gli anni di

nascita della disciplina moderna95.

È, infatti, negli anni compresi tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi anni del Novecento che l’urbanistica si va definendo come una disciplina specifica, “con pretese scientifiche e globalizzanti”, tesa alla regolazione della trasformazione degli insediamenti urbani e alla loro organizzazione, nonché e alla soluzione dei conflitti socia- li attraverso il controllo dell’uso del suolo. Attraverso la codifica di dispositivi come la zonizzazione, la categorizzazione di strade e tipi edilizi, la lottizzazione, la produzione regolamentare su allineamen- ti, distacchi e norme igieniche, l’urbanistica interviene attraverso gli uffici municipali sull’ampliamento della città e sulla sistemazione

dei tessuti esistenti96. Molti degli strumenti analitici, progettuali e

normativi predisposti in questa fase hanno caratterizzato più di un secolo di trasformazioni urbane e, in parte, sopravvivono ancora oggi.

Sono anni che vedono un cambio di prospettiva nella gestione della città ad opera di un nuovo gruppo professionale che mette a punto un sapere di tipo operativo, in cui si confrontano tesi diverse, e che inizia a predisporre un corpus disciplinare internazionale, fatto di saggi, riviste, cataloghi e manuali che avranno rilevante influenza nella redazione di leggi e nei regolamenti nella materia urbanistica dei diversi paesi. I manuali tecnici sostituiscono i trattati di origi- ne rinascimentale e hanno particolare successo come strumento operativo dedicato a professionisti e funzionari pubblici; il primo esempio è il lavoro di Reinhard Baumeister del 1876, Stadterwei- terungen in technischer, baupolizeilicher und wirthschaftlicher Be- ziehung, seguito da quello di Joseph Stübben del 1890, Der Städte- bau, e da quello di Rudolph Eberstadt del 1909, Das Handbuch des Wohungswesens und der Wohnungsfrag.

95. Cfr. L. Benevolo, Le origini dell’ur-

banistica moderna, Bari, Laterza,

1963.

96. Cfr. D. Calabi, Storia dell’urbanisti-

ca europea. Questioni, strumenti, casi esemplari, Torino, Paravia, 2000.

È rilevante, dunque, il contributo della cultura tedesca97, in partico-

lare attraverso l’attività degli ordini professionali degli ingegneri, degli architetti e dei medici, alla nascita e all’adozione di tecniche specifiche della disciplina (tra cui le analisi, le proiezioni, la zoniz- zazione), alla definizione del suo oggetto (tra cui il traffico, le pro- cedure di esproprio, le regole di edificazione, la funzione degli edi- fici pubblici e degli spazi non edificati) e alle proprie finalità (tra cui il contrasto alle precarie condizioni della vita urbana nella città industriale). A partire da questa matrice, con specifico riferimento all’applicazione della zonizzazione, vi saranno due particolari filoni di sviluppo, uno statunitense, che si relaziona in particolare al man- tenimento del valore dei suoli e alla segregazione dei gruppi sociali, e uno europeo, che eleva tale tecnica a proprio linguaggio attraverso il lavoro degli architetti del Movimento moderno. Nei successivi tre paragrafi, viene dato conto di tali approcci.

La suddivisione per funzioni prevalenti nella matrice igienista tedesca dell’Ottocento

La zonizzazione modernamente intesa nasce, quindi, come stru- mento di regolamentazione edilizia di matrice igienista per il go- verno dell’espansione urbana delle città industriali tedesche. Il suo primo fondamento teorico è una deliberazione del 1874 dell’asso- ciazione degli architetti e degli ingegneri che venne proposta da

Reinhard Baumeister e Franz Adickes98:

Secondo le esigenze, occorrerà destinare determinate strade, o intere zone della città a funzioni commerciali, industriali, residenziali, ecc. […]. Per la realizzazione di tali raggruppamenti funzionali, sono necessari: ubicazione adeguata, mezzi di trasporto adatti, grandezze volumetriche convenienti, norme edilizie razionali e una precisa regolamentazione delle attività industriali99.

L’azzonamento, in questa fase, è prevalentemente orientato al con- trollo dei rapporti di densità, altezza e distanza attraverso la pre- visione delle tipologie edilizie, prima ancora che al controllo della distribuzione delle funzioni che si affermerà a partire dalla fine del- la Prima guerra mondiale; esso guarda principalmente alle parti di espansione, dove la disponibilità dei terreni permette la realizzazio- ne dei nuovi principi igienici applicati alla residenza, che vengono

invece blandamente perseguiti nelle zone centrali100.

La prima e parziale applicazione di questo tipo venne effettuata a Dresda nel 1878, in cui si specificarono la parte di città da dedica- re agli impianti industriali – possibilità garantita dai nuovi poteri affidati alle municipalità – e si definirono tre zone destinate alla co- struzione di villini in cui l’insediamento delle fabbriche era vietato; seguirono il modello di Dresda molte altre città tedesche, tra cui Altona, Darmstadt, Breslavia e Colonia. Ma è con il regolamento di

Francoforte sul Meno del 1891101, elaborato da Baumeister con il so-

stegno di Franz Adickes, che si ha il primo esempio di piano in cui la

zonizzazione compare nella sua forma definitiva102 e che si afferme-

rà come modello di pianificazione a livello internazionale. In esso

97. Cfr. G. Piccinato, op.cit.

98. Borgomastro di Francoforte negli

anni 1890-1912, assieme a Baumei- ster applicherà per la prima volta a una grande città quanto da egli spe- rimentato ad Altona, di cui era stato borgomastro in precedenza. I suoi propositi sono quelli di contenere l’aumento dei prezzi dei terreni e di affrontare il problema delle abitazio- ni operaie, in particolare i sorgenti conflitti tra Mietkasernen e quartieri borghesi.

99. Passo riportato in D. Calabi, op.cit.,

p. 123.

100. Cfr. B. Ladd, Urban Planning and

Civic Order in Germany. 1860-1914,

Cambridge, Harvard University Press, 1990.

101. Polizeiverordnung vom 13

Oktoher 1891, das Bauen in der Aus- senstadt Frankurt a.M (Regolamento

di polizia del 13 ottobre 1891, sulle costruzioni nella città esterna, Fran- coforte sul Meno).

102. F. Mancuso, Le vicende dello zo-

ning, Milano, il Saggiatore, 1978, p.

compare l’espressione “Zone System”, alla quale fino ad allora Bau-

meister aveva preferito l’espressione “Abteilungen103” (parte, setto-

re), e gli strumenti per applicarla sono composti da una mappa di

perimetrazione delle zone104 (Bauzonenplan), in cui vengono indica-

ti gli usi previsti, e da un regolamento edilizio (Zonenbauordnung), in cui venivano nomate le densità di costruzione attraverso i tipi edilizi, l’altezza degli edifici in relazione alla strada, il rapporto di copertura. Questo dispositivo garantiva: l’igiene, allontanando le industrie dalle abitazioni; la regolamentazione degli usi, ancorché secondaria rispetto alla definizione delle densità; i valori dei suo- li, come conseguenza delle potenzialità edificatorie e, di riflesso, la

legalizzazione della ripartizione sociale105. Di fronte a una città che

stava crescendo disordinatamente, e in cui le abitazioni operaie si stavano mescolando con i quartieri delle classi borghese e aristo- cratica, la zonizzazione venne ritenuta lo strumento più efficace per il controllo dell’espansione.

Secondo Baumeister106, la suddivisione in zone “in base ai diversi

bisogni” è necessaria per porre un freno al “mescolamento inoppor- tuno” portato dalla crescita della città, tuttavia, è consapevole che si tratta di un’operazione delicata, cui prestare grande attenzione per le numerose conseguenze che comporta: «tale divisione “non dovrà essere affidata al caso né essere imposta per forza”, solo l’iso- lamento della parte industriale può essere imposto, se necessario,

per rispettare la condizione principale che è l’igiene»107.

Il lavoro di Baumeister viene ripreso e approfondito da Stübben nel

suo manuale108, con ulteriori scomposizioni tematiche e classifica-

zioni tipologiche, accompagnando la produzione scritta con disegni e schemi grafici. In un suo lavoro successivo, riassume efficacemen- te l’applicazione della zonizzazione nei piani tedeschi: non tanto una segregazione degli usi dato che “la separazione è raramente

rigida109”, quanto una suddivisione per attività prevalenti dettata

soprattutto, in modo indiretto, dalle decisioni riguardanti i modi dell’edificazione.

La differenziazione non è totale, ma relativa. Ma nelle zone commerciali sono i negozi, in quelle residenziali sono le abitazioni, in quelle indu- striali le industrie a dare il tono, gli elementi determinanti per la strut- turazione delle aree fabbricabili, per le prescrizioni di controllo edilizio e per il piano di fabbricazione110.

Dunque, il primo riferimento per la regolamentazione in senso mo- derno degli usi del suolo è quello che si sviluppa in Germania nella seconda metà dell’Ottocento, nelle cui città la separazione di alcune industrie verso i margini urbani aveva una tradizione già piuttosto consolidata. I piani di questa fase sono estremamente schematici, ma fanno da apripista alla loro diffusione come strumento, tanto che entro il 1900 più di trenta grandi città tedesche avevano una qualche forma di separazione di zone residenziali da quelle indu- striali; tale successo è stato reso possibile anche per il consenso dovuto alla tutela che l’azzonamento riservava alle proprietà delle classi benestanti, anche se questa misura fu giustificata, oltre che

103. «Avremo pertanto in una metro-

poli del futuro tre parti [Abteilungen]: la città commerciale vera e propria come nucleo, i quartieri industria- li (eventualmente anche i quartieri del commercio all’ingrosso), i quar- tieri residenziali». R. Baumeister,

Stadterweiterungen in technischer, baupolizeilicher und wirthschaftli- cher Beziehung, Berlin, Ernst & Korn,

1876, cap. 4, riportato in C. Barattuc- ci, op.cit., p. 38.

104. Le zone erano la “città interna”

(esistente) e la “città esterna” (da edificare). La prima non viene quasi trattata, lasciando in vigore norma- tive risalenti anche al XIII secolo. La seconda viene divisa in “zona interna” e “zona esterna” con densità decre- scenti dal centro alla periferia, e ul- teriormente divisa secondo sei viertel con prescrizione degli usi: residen- ziale, misto, industriale. Va precisato che nella zona industriale le residen- ze non erano vietate, ma scoraggiate, mentre, al contrario, nella zona resi- denziale non potevano essere inse- diate industrie.

105. Cfr. C. Barattucci, op.cit., pp. 39–

40.

106. Cfr. R. Baumeister, op.cit.

107. C. Barattucci, op.cit., p. 38.

108. J. Stübben, Der Städtebau, Hand-

buch der Architektur, Darmstadt,

1890.

109. «Si è soliti fare le seguenti diffe-

renziazioni: zone commerciali, zone residenziali e zone industriali. […] la separazione è raramente rigida, i con- fini sono fluttuanti.

[…] I quartieri commerciali conten- gono i negozi, i grandi magazzini per il commercio al minuto, i magazzini all’ingrosso, i ristoranti e le osterie, le banche, i tribunali, i teatri, le sale di riunione, gli uffici degli impiegati e di molti liberi professionisti, i lo- cali di rappresentanza e di lavoro delle autorità, ecc. Le abitazioni pas- sano in seconda linea per numero e per rango.

Le zone residenziali non sono prive di negozi, ma le costruzioni vere e proprie sono preponderanti: ca- sermoni ad affitto per gli strati più bassi e medi della popolazione, condomini borghesi o signorili in si- stema edilizio chiuso o aperto, case borghesi vere e proprie con due o tre appartamenti, case unifamiliari a schiera, a gruppi e in costruzione singola, case di campagna signorili, inoltre agglomerati particolari per operai e per altri meno abbienti. I quartieri residenziali della città non dovrebbero essere completamente privi di negozi perché è una neces- sità economica il poter raggiungere, percorrendo un breve tratto di stra- da, i negozi d’uso quotidiano e le botteghe artigiane.

Anche le zone industriali non sono destinate esclusivamente alla gran- de industria. Non raramente vi sono frammiste abitazioni per operai, per gli impiegati e per i dirigenti e necessitano perciò anche di costru- zioni necessarie per la piccola indu- stria e per il commercio al minuto». J. Stübben, Über den Zusammenhang zwischen Bebauungsplan und Bauordnung, Berlin, Ernst, 1909, riportato in G. Piccinato, op.cit., pp. 108–111.

compare l’espressione “Zone System”, alla quale fino ad allora Bau-

meister aveva preferito l’espressione “Abteilungen103” (parte, setto-

re), e gli strumenti per applicarla sono composti da una mappa di

perimetrazione delle zone104 (Bauzonenplan), in cui vengono indica-

ti gli usi previsti, e da un regolamento edilizio (Zonenbauordnung), in cui venivano nomate le densità di costruzione attraverso i tipi edilizi, l’altezza degli edifici in relazione alla strada, il rapporto di copertura. Questo dispositivo garantiva: l’igiene, allontanando le industrie dalle abitazioni; la regolamentazione degli usi, ancorché secondaria rispetto alla definizione delle densità; i valori dei suo- li, come conseguenza delle potenzialità edificatorie e, di riflesso, la

legalizzazione della ripartizione sociale105. Di fronte a una città che

stava crescendo disordinatamente, e in cui le abitazioni operaie si stavano mescolando con i quartieri delle classi borghese e aristo- cratica, la zonizzazione venne ritenuta lo strumento più efficace per il controllo dell’espansione.

Secondo Baumeister106, la suddivisione in zone “in base ai diversi

bisogni” è necessaria per porre un freno al “mescolamento inoppor- tuno” portato dalla crescita della città, tuttavia, è consapevole che si tratta di un’operazione delicata, cui prestare grande attenzione per le numerose conseguenze che comporta: «tale divisione “non dovrà essere affidata al caso né essere imposta per forza”, solo l’iso- lamento della parte industriale può essere imposto, se necessario,

per rispettare la condizione principale che è l’igiene»107.

Il lavoro di Baumeister viene ripreso e approfondito da Stübben nel

suo manuale108, con ulteriori scomposizioni tematiche e classifica-

zioni tipologiche, accompagnando la produzione scritta con disegni e schemi grafici. In un suo lavoro successivo, riassume efficacemen- te l’applicazione della zonizzazione nei piani tedeschi: non tanto una segregazione degli usi dato che “la separazione è raramente

rigida109”, quanto una suddivisione per attività prevalenti dettata

soprattutto, in modo indiretto, dalle decisioni riguardanti i modi dell’edificazione.

La differenziazione non è totale, ma relativa. Ma nelle zone commerciali sono i negozi, in quelle residenziali sono le abitazioni, in quelle indu- striali le industrie a dare il tono, gli elementi determinanti per la strut- turazione delle aree fabbricabili, per le prescrizioni di controllo edilizio e per il piano di fabbricazione110.

Dunque, il primo riferimento per la regolamentazione in senso mo- derno degli usi del suolo è quello che si sviluppa in Germania nella seconda metà dell’Ottocento, nelle cui città la separazione di alcune industrie verso i margini urbani aveva una tradizione già piuttosto consolidata. I piani di questa fase sono estremamente schematici, ma fanno da apripista alla loro diffusione come strumento, tanto che entro il 1900 più di trenta grandi città tedesche avevano una qualche forma di separazione di zone residenziali da quelle indu- striali; tale successo è stato reso possibile anche per il consenso dovuto alla tutela che l’azzonamento riservava alle proprietà delle classi benestanti, anche se questa misura fu giustificata, oltre che

103. «Avremo pertanto in una metro-

poli del futuro tre parti [Abteilungen]: la città commerciale vera e propria come nucleo, i quartieri industria- li (eventualmente anche i quartieri del commercio all’ingrosso), i quar- tieri residenziali». R. Baumeister,

Stadterweiterungen in technischer, baupolizeilicher und wirthschaftli- cher Beziehung, Berlin, Ernst & Korn,

1876, cap. 4, riportato in C. Barattuc- ci, op.cit., p. 38.

104. Le zone erano la “città interna”

(esistente) e la “città esterna” (da edificare). La prima non viene quasi trattata, lasciando in vigore norma- tive risalenti anche al XIII secolo. La seconda viene divisa in “zona interna” e “zona esterna” con densità decre- scenti dal centro alla periferia, e ul- teriormente divisa secondo sei viertel con prescrizione degli usi: residen- ziale, misto, industriale. Va precisato che nella zona industriale le residen- ze non erano vietate, ma scoraggiate, mentre, al contrario, nella zona resi- denziale non potevano essere inse- diate industrie.

105. Cfr. C. Barattucci, op.cit., pp. 39–

40.

106. Cfr. R. Baumeister, op.cit.

107. C. Barattucci, op.cit., p. 38.

108. J. Stübben, Der Städtebau, Hand-

buch der Architektur, Darmstadt,

1890.

109. «Si è soliti fare le seguenti diffe-

renziazioni: zone commerciali, zone residenziali e zone industriali. […] la separazione è raramente rigida, i con- fini sono fluttuanti.

[…] I quartieri commerciali conten- gono i negozi, i grandi magazzini per il commercio al minuto, i magazzini all’ingrosso, i ristoranti e le osterie, le banche, i tribunali, i teatri, le sale di riunione, gli uffici degli impiegati e di molti liberi professionisti, i lo- cali di rappresentanza e di lavoro delle autorità, ecc. Le abitazioni pas- sano in seconda linea per numero e per rango.

Le zone residenziali non sono prive di negozi, ma le costruzioni vere e proprie sono preponderanti: ca- sermoni ad affitto per gli strati più bassi e medi della popolazione, condomini borghesi o signorili in si- stema edilizio chiuso o aperto, case borghesi vere e proprie con due o tre appartamenti, case unifamiliari a schiera, a gruppi e in costruzione singola, case di campagna signorili, inoltre agglomerati particolari per operai e per altri meno abbienti. I quartieri residenziali della città non dovrebbero essere completamente privi di negozi perché è una neces- sità economica il poter raggiungere, percorrendo un breve tratto di stra- da, i negozi d’uso quotidiano e le botteghe artigiane.

Anche le zone industriali non sono destinate esclusivamente alla gran- de industria. Non raramente vi sono frammiste abitazioni per operai, per gli impiegati e per i dirigenti e necessitano perciò anche di costru- zioni necessarie per la piccola indu- stria e per il commercio al minuto». J. Stübben, Über den Zusammenhang zwischen Bebauungsplan und Bauordnung, Berlin, Ernst, 1909, riportato in G. Piccinato, op.cit., pp. 108–111.

110. G. Piccinato, op.cit., p. 111.

per motivi igienici, come forma di tutela del paesaggio tradizionale, particolarmente sentita nella cultura tedesca.

Ma vale la pena sottolineare che, in ragione della non ancora svilup- pata motorizzazione privata e dei livelli di trasporto pubblico pos- sibile, il grado di separazione che si realizzava non era così forte: la manodopera delle industrie viveva in prossimità delle fabbriche – anche se ciò poteva costituire una minaccia alla sicurezza e alla salute – poiché le zone industriali lo permettevano; non si escluse- ro, inoltre, né il commercio né tutte le tipologie di industrie dalle zone residenziali, purché rispettassero regole di compatibilità; non si crearono delle zone esclusivamente commerciali, essendo previ- sta una zona “mista”; il centro antico e la sua varietà di attività non venne intaccata, proibendo solo gli usi nocivi.

La tecnica tedesca fu in seguito emulata in molti paesi europei che, a partire dall’inizio del Novecento, la inserirono nelle prime leggi in materia di pianificazione urbanistica: i Paesi Bassi con il Woningwet del 1901, che introdusse la zonizzazione nei regolamenti edilizi di molte città; la Svezia con il Stadsplanelag del 1907, che previde una zonizzazione per densità e caratteri edilizi, attraverso un piano inte- grato da regolamento; l’Inghilterra con il House and Town Planning Act del 1909; la Francia con la legge Plans d’extension et d’amenage- ment des villes del 1919; l’Italia con la Legge urbanistica del 1942. Particolarmente interessante è il caso degli Stati uniti dove le ap- plicazioni del modello tedesco e le sue conseguenze sono del tutto differenti, soprattutto in ragione della rigidità delle separazioni fun- zionali adottate.

L’irrigidimento del modello tedesco negli Stati Uniti del primo Novecento

Negli Stati Uniti, in ragione del differente ordinamento dello stato, non vi è una legge federale sull’urbanistica, e la zonizzazione tede- sca è stata declinata nei piani delle singole città, di cui il primo note-